La trilogia dell’avamposto

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outpostIl cinema dell’orrore è uno di quelli che meglio si presta a sfornare sotto generi. Per fare un esempio fra i più noti: se c’è di mezzo un killer che si diletta a far secchi adolescenti tendenzialmente stiamo guardando uno slasher.

Ecco: ultimamente ho scoperto che mi piacciono un sacco gli horror nazisti. Che sono una specie di sotto sotto genere dell’horror bellico. In cui vengono miscelati, più o meno in modo elegante, bizzarro, weird fiction e steampunk. Con una vena trucida che non guasta mai.

Uno dei capolavori del genere, ovviamente mai uscito dalle nostre parti, si chiama Frankenstein’s Army, e racconta la storia di un manipolo di soldati russi alle prese con uno scienziato debosciato che utilizza parti umane di varia provenienza per costruire mostruosità anatomiche.

Ma qui scriverò, in breve, di una trilogia che spero tanto si conquisti una nutrita messe di seguiti. Tanto va di moda, passato il terzo, aggiungere a profusione finché ce ne sta.

I film si intitolano Outpost e, dal due, hanno per sottotitolo: Black Sun e Rise of The Spetsnatz. C’è poi un Outpost 11 che non va confuso nella saga. Sebbene possa valere la pena di un’occhiata. Però non ci sono nazisti zombie o altre chiccherie (da leggersi alla francese, s’il vous plait).

Il primo Outpost vede il consueto gruppo di mercenari alle prese con una località, presumibilmente centro est europea, teatro di un conflitto locale piuttosto acre. Questi, dopo una prima titubanza, vengono convinti da un personaggio misterioso a recarsi in un bosco dove si nasconde un segreto bunker nazista. Una volta sul posto scoprono che quei burloni degli hitleriani conducevano esperimenti su soldati del reich per ottenere il combattente perfetto. Peccato che il risultato, alla fine, sia un piccolo esercito di zombie che continuano ad attendere il ritorno del loro fuhrer. Botte da orbi e finale aperto, con il misterioso macchinario che continua a respirare come un gigantesco cuore sotterraneo.

Il secondo Outpost, sottotitolato Black Sun, succede qualche tempo dopo gli episodi narrati nel primo. Qui una giovane giornalista ebrea (lo si intuisce, eh…) è alla ricerca di un personaggio che avrebbe, in passato, dato il consueto filo da torcere ai suoi famigliari (eufemismi a pioggia). Scopre, la ragazza, che le tracce del maledetto Klausner, finiscono indovinate dove? Bravi: proprio in quella zona dell’est europeo in cui il conflitto ha assunto le sembianze dell’apocalisse. Pare infatti che un misterioso gruppo di soldati si stia bullando di entrambe le parti. Gli americani, ovviamente, mandano una piccola e ben armata squadra d’assalto. Contemporaneamente la nostra protagonista si accompagna ad un noto cacciatore di misteri nazisti. Si trovano tutti al famoso bunker, che durante il film svelerà altri inquietanti misteri. Finale quasi bondiano (nel senso di 007) e apertura a nuovi capitoli.

Il terzo Outpost, quello degli Spetsnatz, ci riporta alla seconda guerra mondiale. Qui un gruppo di russi capita nelle grinfie della soldataglia nazista proprio nel momento in cui gli esperimenti di Klausner cominciano ad ottenere gli effetti sperati. Il finale ci introduce al secondo capitolo ma niente ci dice come procederà la faccenda.

Di nascosto o di velato questi film hanno poco o niente. Di fatto sono una specie di Indiana Jones un tantino più violenti e orrorifici, con una scenografia e un ambiente da urlo (il primo incanta anche solo per come è organizzato il labirintico bunker) e offrono un crescendo di incredulità da pop corn movie di prima grandezza.

Inutile suggerirvi la visione: se non vi piacciono gli horror lasciate perdere, se non vi piacciono i nazisti correte a cercarlo (i nazisti, in generale, ne prendono a vagonate e non fanno proprio una bella figura), se vi piacciono gli horror immagino che abbiate già provveduto, se vi piacciono i nazisti fatevi curare.