Io ti giro intorno e ingoio fremiti, io ti giro intorno senza limiti

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Passo ore e ore a giocare col compressore, pulisco la tastiera a colpi di ossigeno, la libero da ogni impurità e dalle briciole che si annidano in ogni pertugio.

Vivo nell’esigenza di pulire gli angoli, di passarci su col dito e grattare via lo sporco, osservarlo sulla punta che l’unghia ha creato sulla pezza bagnata.

Ci sono delle manie in ognuno di noi, faccende che non riusciamo a sbrigare col raziocinio, insurrezioni isolate del subconscio. Rapine a mano armata con la canna da pesca. Ci sono addirittura dei funghi che manipolano il comportamento delle formiche al fine di garantire la distribuzione capillare delle proprie spore.

L’ unilateralis Ophiocordyceps colonizza le cellule nervose delle formiche-carpentiere tropicali che vivono nella foresta pluviale. Il suo micelio, che parassita in questi distretti, determina un’alterata percezione dei feromoni, e porta l’insetto a raggiungere una foglia posta esattamente a 25 cm di altezza dal suolo, dal lato della pianta rivolto verso nord, posta in un ambiente tra i 20 e i 30 gradi con una umidità del 94-95%. Man mano che la formica si sposta, il microclima diventa sempre più adatto alle condizioni riproduttive del fungo, il micelio riempie il corpo e la testa dell’ospite provocando atrofia dei muscoli e comprimendo le fibre muscolari, fino alle convulsioni: lo stroma del fungo, che protrude dall’interno della testa della formica con uno stelo , ne penetra il cervello provocandone la morte.

Parlavo di queste cose tristi l’altra sera con Antonio detto Maio.

Di quanto spesso ci ritroviamo ad agire contro noi stessi, contro le nostre aspettative, solo per assecondare dei dogmi imposti, da un fungo, dalle politiche aziendali, dalla felicità di Al Bano & Romina. E se invece cominciassimo a praticare un sentimento indifferente alla rigidità dell’Austerity, attività infeconde, piaceri irregolari, asseragliandoci in un insediamento multiforme di piccole perversioni?

Che poi diamo la colpa ai funghi.

Le nostre scelte sono troppo spesso insidiate dagli specchi neri che abbiamo davanti, da tutta quell’attenzione loquace che riserviamo al nostro passato. Sono accese cover band specializzate in fiacchi e vecchi successi degli Offlaga disco Pax. Mi piacerebbe andare a Cavriago (abbracciare il busto del sindaco onorario del paese). Mi piacerebbe avere una Musa (che giochi col mio senno, lasciando poche briciole). Mi piacerebbe vedere di nuovo i Marlene (e che i miei occhi fossero quelli del 1998)

“Pansonica”,è il nuovo progetto dei Marlene Kuntz, un album che vuole essere celebrativo del 20esimo anniversario dall’uscita di “Catartica”(1994), proponendo un collage di brani inediti prodotti nel periodo fra Catartica e il loro secondo disco, “Il vile”, ma che non hanno mai visto la luce di una sala d’incisione.

Il primo estratto è “Sotto la luna” che, francamente, non sembra nemmeno un canzone scritta da Cristiano Godano, almeno non il Godano del periodo compreso tra “Una Canzone arresa” e “Ape regina”. Ha un testo e un arrangiamento che sembra appartenere ad un periodo più recente o comunque post Skin, a quella fase di successo conclamato della band, al di fuori di ogni giudizio tediato dalla meritocrazia.

E’ sbagliatissimo fissarsi, sentirsi addirittura “traditi” se per caso il nuovo disco non è fedele alla linea, disattende i canoni pregressi.

I gruppi sono fatti di gente strana, che sul palco ti presenta solo l’antologia ed è meglio non avvicinarsi troppo.

Infrangerei volentieri questo dogma  il 13 novembre al Locomotiv: onoriamo “Il vile”?