Tra la Vita e la Morte. Due confraternite bolognesi tra Medioevo e Età Moderna

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Deposizione di Prospero Fontana
Deposizione di Prospero Fontana
Deposizione di Prospero Fontana

 

Un particolare sguardo rivolto alle confraternite di Santa Maria della Vita e di Santa Maria della Morte, un tempo ubicate una di fronte all’altra: quella della Vita aveva sede all’interno della Chiesa omonima, in via Clavature, quella della Morte si estendeva tra via Marchesana e il portico che ne conserva il nome, correndo lungo via dell’Archiginnasio e costeggiando il lato di San Petronio. 

L’esposizione ospitata all’interno del Lapidario del Museo Civico Medievale di Bologna vede esposte oltre cinquanta opere fra documenti storici, dipinti, miniature, sculture, ceramiche ed oreficerie, provenienti da importanti istituzioni cittadine, tra cui il Museo della Sanità e dell’Assistenza, in origine sede dell’Antico Ospedale di Santa Maria della Vita, la Biblioteca dell’Archiginnasio, la Pinacoteca Nazionale di Bologna, senza dimenticare le opere presenti all’interno dei tre Musei Civici d’Arte Antica (Museo Civico Medievale, Museo Davia Bargellini, Collezioni Comunali d’Arte) e quelle prestate da collezioni private. 

La prima parte della mostra indaga come, prima dell’ingresso dei Disciplinati a Bologna, avvenuto nel 1261, non fossero presenti in città confraternite, intese come sodalizi devozionali a larga base popolare. Solo a seguito del loro arrivo, sia a Bologna che nel contado, sorgeranno dunque delle vere e proprie confraternite spirituali con esclusivi scopi religiosi, dall’orazione, alla penitenza, all’esercizio di opere di misericordia verso i bisognosi.

Sarà Raniero Fasani da Perugia, dopo aver fondato nella città umbra il movimento dei Disciplinati o Flagellanti o Battuti, a dare vita a Bologna, insieme ai propri adepti, alla confraternita dei Battuti Bianchi o frati flagellanti, e ad adoperarsi, insieme ai bolognesi Bonaparte Ghisilieri e Suor Dolce, terziaria francescana, affinché nel 1275 circa venisse aperto un ospedale nel centro della città, che potesse dedicarsi all’accoglienza e all’assistenza degli infermi e dei pellegrini, il tutto con il sostegno anche di una confraternita.

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La Madonna della Misericordia
La Madonna della Misericordia

 

Accanto all’ospedale viene costruita anche una piccola chiesa, dedicata a San Vito: secondo le fonti, in seguito alle molteplici guarigioni e alla perizia dei suoi medici, la chiesa cambierà nome, divenendo chiesa della Vita. Di conseguenza oltre alla chiesa, anche l’ospedale e la confraternita assumeranno il nome di Santa Maria della Vita. Come è noto, col passare del tempo attorno a questo primo nucleo sorge il celebre santuario, un rinomato ospedale e una confraternita.

Nel 1801, a distanza di pochi anni dalle soppressioni napoleoniche, l’ospedale della Vita viene accorpato a quello della Morte, creando così un grande complesso denominato Grande Ospedale della Vita e della Morte. 

Attraverso le testimonianze artistiche e documentarie presenti in mostra vengono ricostruire anche le vicende legate alla storia dell’altra confraternita, quella di Santa Maria della Morte, la cui opera di misericordia verrà progressivamente percepita dal governo bolognese come un mezzo attraverso cui esercitare una sorta di controllo sociale sulla città. Le finalità della compagnia erano infatti quelle di assistere i carcerati e i condannati a morte, provvedendo anche alla loro sepoltura, oltreché prendersi cura degli ammalati acuti.

Dopo la fondazione avvenuta nel 1336, sulla scorta della predicazione che il domenicano Venturino da Bergamo aveva lasciato in città nei due anni che aveva trascorso nel convento di San Domenico (1332-1334), venne costruito, insieme alla chiesa, l’interno dell’ospizio per i poveri infermi; tale ospizio era strutturato in tre bellissimi ordini, in cui il primo era riservato agli uomini, il secondo alle donne, il terzo per “quei che son feriti”. Scrivono le fonti: “quivi tutti gli infermi sono attesi con maravigliosa caritate, sia della anima come del corpo, e da ottimi cittadini governati”.

Dal 1433 in poi, la Compagnia si dedicò anche al trasporto della Beata Vergine di San Luca dal Colle della Guardia in città: da qui, la comparsa in alcune opere del simbolo della Compagnia, affiancato a quello della Madonna di San Luca, documentato in mostra da quattro candelieri in bronzo argentato.

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Matricola di Prospero Fontana
Matricola di Prospero Fontana

 

La mostra è l’occasione per ricostruire l’attività delle due confraternite anche attraverso una ricca selezione di documenti figurativi (dipinti, miniature, sculture, ceramiche, oreficerie), con una particolare attenzione alle numerose miniature contenute entro i volumi degli Statuti di entrambe le Compagnie, a partire dal Duecento, fino a tutto il Seicento: fra queste emergono ad esempio, quella realizzata da uno dei protagonisti della miniatura bolognese del Duecento, il Maestro della Bibbia Latina 18, oppure quella presentata per la prima volta, di collezione privata, risalente al 1393, con gli Statuti di Santa Maria della Morte, che rappresenta uno dei documenti più antichi della confraternita. Tra l’altro, anche la produzione miniatoria del Cinquecento è documentata con un’illustrazione del 1555, di recente attribuita a Prospero Fontana, uno dei pittori bolognesi che dominano la scena artistica in Età Moderna. Dello stesso autore è esposta anche l’importante tavola con la “Deposizione”, in origine collocata nella chiesa della Morte, così come il “Transito della Vergine” di Alessandro Tiarini, entrambe custodite nella Pinacoteca Nazionale di Bologna.

La scultura è rappresentata da alcune opere, fra cui le due raffigurazioni allegoriche della “Chimica” e della “Morte”, in legno dorato, provenienti dall’antica farmacia dell’Ospedale della Morte. Sempre dall’arredo della farmacia sono esposti alcuni vasi in ceramica con dipinte le insegne delle due confraternite: essi sono parte della ricca e consistente collezione di 159 pezzi, che compongono una delle raccolte più rilevanti in Italia, sia per numero che per la qualità.

A questi si aggiungono alcuni significativi oggetti di oreficeria, conservati nel Museo della Sanità e dell’Assitenza, tra cui il raffinato servizio liturgico in argento sbalzato e cesellato, realizzato dal noto argentiere bolognese Filippo Carlo Providoni, e il reliquiario in argento del Beato Raniero. 

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Fino al 28 marzo – Bologna, Museo Civico Medievale, via Manzoni 4 – info: 051 2193916, museibologna.it/arteantica

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