Viaggio sentimentale: a Tokyo in dieci parole (più una)

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Quartiere di Harajuko_monaci del tempio Meiji Jingu

 

Imperfetta, tecnologica, cerimoniosa, delicata, così carina, spirituale, consolatoria, modaiola, perturbante, appetitosa, grata (con discrezione). Ciò nonostante, Tokyo si ostina a sfuggire.

Se è vero che è l’esperienza a creare il linguaggio, allora uno dei lasciti che più ci dicono di un viaggio sono le parole di un luogo. Quelle parole che traducono concetti che conosciamo ma non abbiamo ancora imparato ad esprimere, sentimenti senza forma.

Tornando da Tokyo la sensazione è di custodire un piccolo tesoro di informità, che chiedono tempo e riflessione per venire alla luce e trovare il proprio posto nel mondo. Ecco dunque un breve elenco di parole neonate.

1 – Wabi-sabi

Quartiere di Akihabara_manga store

Lo scrittore Andrew Juniper ci racconta che se qualcosa può provocare dentro di noi una sensazione di serena malinconia e di ardore spirituale si può dire che quell’oggetto è wabi-sabi. Wabi-sabi è un approccio estetico, che ci parla di come la bellezza nasca solo dall’imperfezione. Tokyo è una città rutilante, l’immaginario corre all’incrocio più trafficato del mondo, quello di Shibuya, al quartiere elettronico di Akihabara, alle sale da pachinko di Shinjuku, ai piccoli locali sempre affollati di Asakusa, ma sottesa a tutte le luci, i suoni, gli odori, rimane l’impressione di una saggezza quieta, di una comprensione pacificata e spirituale che tutto l’Occidente del mondo non potrà mai scalfire. Tra l’imperfezione da noi importata emerge soave e costante la bellezza, e anzi più forte emerge, anche grazie a ciò che è corrotto.

2 – Toto

Quartiere di Yanaka_statuine votive (mute)

Durante un viaggio in Giappone sarà quotidiano l’incontro con Toto. Toto ci accoglie al mattino, dopo pranzo e alla sera, Toto è un momento di conforto sempre a disposizione, un caldo abbraccio nel freddo pungente di una città spettinata la sera da venti oceanici. Toto è in hotel, nei locali e nelle taverne, al mercato, sui treni, nei parchi. Toto è il miglior w.c. con il quale entrerete mai in contatto, pulito come un paio di scarpe nuove, riscaldato come il maglioncino che si lascia sul termosifone la sera, complesso come l’elettronica delle automobili dei giorni nostri, discreto – con il tasto privacy che riproduce il rumore dello sciacquone su richiesta – come chi può esserlo chi è tenuto al rispetto del segreto professionale: Toto conosce tutto di te, tutto quello che sei disposto a svelare, ma non ne farà parola ad anima viva. Nemmeno su ingiunzione di un giudice.

3 – Bushidō

Quartiere di Chiyoda_fotografi del Palazzo Imperiale

Probabilmente tutti noi, italiani soprattutto, siamo cresciuti con il mito della yakuza, la famigerata mafia giapponese. Ci sintonizziamo, la sentiamo immediatamente nostra, e capiamo perché, ancora oggi, la maggior parte degli onsen (bagni pubblici, più simili a stazioni termali, popolari e molto frequentate) non permette l’ingresso a chi ha tatuaggi. In Giappone il tatuaggio è immediato segno di affiliazione alla famiglia.

Il bushidō riguarda il codice di condotta dei Samurai, nobili guerrieri, e si basa su quattro capisaldi incontrovertibili: vendetta, franchezza, lealtà e spregio della morte. L’organizzazione feudale dell’Impero è stata trasposta nell’odierna yakuza, che estremizza ciò che in realtà si può trovare a Tokyo per strada, tra il personale del proprio albergo ed in una stazione della metropolitana: spregio di chi non onora le regole, chiarezza nel trasmettere i corretti comportamenti da tenere in ogni contesto, rispetto e pace per i giusti e senso dell’onore che sfiora la psicosi.

4 – Hanami

Passeggiata per Shimokitazawa_sakura

Era inverno, sì, ma nonostante questo sembrava già partito hanami, l’osservazione del fronte della fioritura dei ciliegi. L’arrivo della primavera in Giappone è un evento epocale, seguito da tutti i media nazionali. Quando sakura, l’albero di ciliegio, inizia a sbocciare nel Kyushu – l’isola più a sud della quattro principali che compongono la nazione – è tutto un parlare ed approfondire la velocità con la quale il fronte raggiunge Hokkaido, l’isola più a nord. Gli impiegati si ubriacano e i ragazzi festeggiano, gli esperti si preoccupano se la percentuale della fioritura non rispetta la media annuale calcolata in decenni di paziente osservazione. O meglio, ammirazione. Era inverno, ma un albero di Shimokitazawa, forse perché è il quartiere che raduna gli hippie di Tokyo, si è ribellato all’ordine che il Giappone, terra scossa dai terremoti e coperta dai vulcani, lambita dalle tempeste e sferzata dai venti, vuole imporre alla natura nella delicata perfezione dei giardini che sorgono in ogni angolo della città. Abbiamo visto un ramo fiorito.

5 -Bentō

Negozio in metropolitana_kawaii

Il bentō è l’archetipo di ciò che potremmo definire kawaii. Carino, miniaturizzato, cuccioloso, adorabile. Insomma, irresistibile. Se il tempo lo permette, una delle gite che i visitatori di Tokyo amano fare è nel villaggio montano di Nikko, mecca scintoista per eccellenza. Un trenino super kawaii trasporta i pellegrini motorizzati più volte al giorno. Tutto è perfetto: la scocca anni ’60, i sedili lindi, il capotreno che toglie il cappello e rispettosamente si inchina al cospetto dei passeggeri ogni volta che passa in carrozza. L’atmosfera si fa subito gita delle elementari, ed il pranzo al sacco è la ciliegina sulla torta. Per strada, in stazione, in partenza o all’arrivo ci sarà sempre un pizzicagnolo pronto a conquistarvi con i suoi bentō, universi culinari in microscopici spazi vitali, così belli da guardare da far dimenticare anche la più vorace e primaria esigenza fisiologica.

6 – Bochi

Yanaka Bochi_protettori dei bambini

Il quartiere di Yanaka è un’oasi di tranquillità per ritemprare lo spirito. Strade strette e labirintiche, case ad un piano, piccoli negozi, deliziosi giardini, profusione di templi e soprattutto un rapporto con la morte che arriva come un’epifania. L’organizzazione dei cimiteri racconta molto di un luogo, e per questo una capatina nel posto dove riposano le anime dovrebbe essere nella to do list di ogni viaggio. Il cimitero (bochi) di Yanaka sorge nel quartiere. O per meglio dire, il quartiere si fa largo attraverso il cimitero. Vivi e morti coabitano in una situazione di equilibrata armonia. In Giappone i morti vengono cremati. Una volta avvenuta la pratica, i famigliari sono chiamati a raccogliere le ossa del caro estinto e a riporle in un’urna, facendo attenzione che l’ordine parta dai piedi, nella parte inferiore, alla testa, nella parte superiore, perché il defunto non si ritrovi condannato ad una vita eterna a testa in giù. Le ossa vengono raccolte con le bacchette, ed è questa l’unica occasione nella quale i bastoncini di più persone si possono incrociare in un solo “piatto”: quando si mangia sia mai che più bacchette dei commensali arrivino a trovarsi nella stessa scodella. Il sacerdote che celebra i riti di passaggio attribuisce al morto un nuovo nome, per liberarlo dai suoi condizionamenti terreni, e per lasciare la famiglia pacifica nel ricordarlo con il nome mortale senza che questi possa tornare a perseguitarli. Dopo il funerale, la famiglia fa addirittura un’altra strada per raggiungere la propria casa. In fin dei conti gli amabili resti sono lì, vicini ma non troppo, satelliti perfettamente orbitanti intorno all’esistenza dei vivi, gioiosamente rischiarati dal calore dei focolai, attentamente dissetati dal sakè e dalle tazze di tea verde così facili da trovare sulle tombe.

7 – Kombini

Quartiere di Tsukiji_mercato ittico

L’ospitalità giapponese è omotenashi: come una madre amorevole, sa prevedere le esigenze del visitatore prima che queste si manifestino persino alla sua coscienza, e, con discrezione, vi risponde. Il kombini è uno degli elementi che rende più doloroso il distacco dal seno della terra nipponica. È latte buono e nutriente fra quattro mura di cemento. Questi piccoli supermercati aperti 24 ore su 24, oltre a soddisfare qualsiasi genere di prima necessità, accolgono con la loro paziente perseveranza qualsiasi capriccio in qualsiasi orario (pensate ad una cosa: cibo? A profusione e freschissimo. Emergenza cerottino? Presente! Manca lo spazzolino? Cerchiamolo in un kombini. Che freddo! Sicuramente in quel kombini all’angolo ci sarà un paio di guanti. Cavolo, è il suo compleanno! Nel kombini sotto casa troverai una miriade di meravigliosi biglietti di auguri. Prodotti di bellezza? Meglio che dalla mia estetista). E i loro cortiletti sono uno degli unici spazi all’aperto nei quali è permesso fumare. Quando le esigenze di spazio non permettono ad un kombini di installarsi, se ne può trovare una versione ridotta nei distributori automatici che sorgono come funghi in qualsiasi angolo della città, dalle zone più residenziali a quelle più trafficate. La paura è una dimensione che vi capiterà di sperimentare raramente a Tokyo.

8 – Kabuki

Quartiere di Ginza_teatro Kabuki-za

Ho fatto un po’ fatica a recuperare le guide di viaggio per Tokyo. Il primo timore è stato che la città non fosse forse così interessante. Distrutta a ripetizione da guerre, calamità naturali, rivoluzioni modernizzanti che hanno cambiato la faccia del Giappone poco più di un secolo fa. Forse non sarà rimasto più nulla, forse l’europeo colonizzatore ha vinto anche ad Est, pensavo, da miscredente occidentale infarcita di pregiudizio culturale. Ora credo che scrivere una guida di viaggio per Tokyo sia complesso perché appena si pensa di aver afferrato un concetto, un’abitudine, uno stile, una routine, questa rivela un nuovo significato che ne rende la descrizione immancabilmente fallace ed incompleta. Lo scintoismo è animista. Grazie alla liberazione dal buddhismo tradizionale realizzata dal Kōbō-Daishi, monaco medioevale amato ed onorato in tutto il Paese, i giapponesi hanno ritrovato l’allegria nel rapporto con i propri dèi, e non perdono occasione per festeggiare, mangiare, bere quando c’è da onorare gli spiriti della terra, dei mari, dei fiumi, del cielo. La materia è spirituale a Tokyo, e il dinamismo cangiante di questa vita segreta rende la maggior parte delle descrizioni quantomeno perfettibili. Poi c’è l’arte, che forse meglio di ogni altra cosa conserva la tradizione, e fissa lo spirito in una forma estetica controllata e ripetibile. Andate a vedere un atto di teatro kabuki a Kabuki-za, nel quartiere di Ginza. Poi, guardandoci negli occhi, forse ci capiremo.

9 – Haori

Quartiere di Akihabara_japan dolls

I Giapponesi sono fighi. Pelle liscia, capelli neri – tanti – a qualsiasi età, ed uno stile invidiabile. Su corpi tali sta bene tutto. Abiti sformati, oversize, scarpe da rave, accostamenti cromatici improbabili. Una delle sensazioni che accompagna un viaggio a Tokyo è il sentirsi ingombranti, sgraziati, un “po’ troppo” di tante cose (pesanti, rumorosi, ciarlieri, scoordinati). In Occidente ci sono porte che fendono lo spazio. In Giappone pareti di carta di riso e legno che scorrendo lo rivelano. In Occidente si squarcia il cibo con la forchetta. In Oriente si accompagna alla bocca intonso con le bacchette. La città, di 15 milioni di abitanti, è silenziosa. Suoni lievi e musichette accompagnano arrivo e partenza della metro, prelievo al bancomat, ricarica di tessere varie. E poi ci sono gli abiti tradizionali. Haori è la giacca di seta che copre la parte superiore del kimono per proteggersi dal freddo. È morbida, cangiante, e se ne possono acquistare di bellissime per meno di dieci euro. Inoltre, si chiude con un piccolo fiocco da fare tra due fettuccine collegate alle estremità. Mica di bottoni stiamo parlando.

10 – Izakaya

Quartiere di Daikanyama_indicazioni

Definirei Tokyo una città accessibile. Dove non arriva la tecnica, compensa l’umano. Che sia per dovere (giri) o per vergogna (haji) o per ospitalità (la già citata omotenashi) sarà difficile ritrovarsi con una propria necessità non soddisfatta, indipendentemente dal gap linguistico (tutte le insegne e le indicazioni sono in kanji/hiragana/katakana, il triplice sistema di ideogrammi giapponesi). Alla bisogna le izakaya, taverne che offrono piatti “semplici” e squisitissimi, vi ospiteranno con le loro economiche prelibatezze e con le loro lanterne accese. Sempre che siate in pochi, così da poter trovar posto in locali che solitamente non sono pensati per poter accogliere più di sei persone. Kanpai!

11 – Kudasai

Quartiere di Harajuko_monaci del tempio Meiji Jingu

Ed eccoci arrivati alla bonus track. Kudasai. Per favore. Ma non proprio per favore. Piuttosto “io ti onoro perché dandomi qualcosa tu mi fai un favore”. Un oggetto in Giappone si porge e si prende con due mani, carta di credito compresa. Un oggetto si affida e si accoglie. Lo sentirete così tante volte (e così tanto a fondo) da non dimenticarlo mai più.

ELENA SORBI


Per approfondire:

Tokyo Stories, di Tim Anderson https://www.edt.it/libri/tokyo-stories

Tokyo Totem. A guide to Tokyo, di Monnik http://www.tokyototem.jp/

Autostop con Buddha, di Will Ferguson https://www.artedellalettura.it/recensione-autostop-con-buddha-will-ferguson/

Your name., film di Makoto Shinkai https://www.mymovies.it/film/2016/yourname/

Giri/Haji, serie televisiva coproduzione BBC/Netflix https://www.netflix.com/title/80190519