Underground (Revisited), l’omaggio a Marco Pesaresi

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THE SUBWAY: TIRSO DE MOLINA. GIRL LOOKING AT A POSTER. LA METROPOLITANA: TIRSO DE MOLINA. RAGAZZA OSSERVA UN POSTER.

L’ex Consorzio di Bonifica di Savignano sul Rubicone ospita fino all’8 agosto la mostra Underground (Revisited) che ripropone, dopo più di vent’anni, il viaggio metropolitano di Marco Pesaresi, offrendosi come anteprima alla prossima edizione di Si Fest 30 – Futura. I domani della fotografia. Con un allestimento a cura di Denis Curti e Mario Beltrambini, le fotografie che hanno rappresentato l’apice della carriera del giovane fotografo vengono restituite al pubblico e alla città con la quale Marco aveva instaurato un forte legame di amicizia.

«Questa mostra sostanzialmente è una replica e questo per noi è importante ribadirlo: è una replica che ha più di venti anni eppure mantiene un’attualità incredibile. Questa è stata la forza esplosiva di Marco, che vent’anni fa con modalità che oggi appaiono antiche, ha realizzato questa mostra, frutto di un racconto analogico», racconta Denis Curti. «Questo significa che Marco ha girato il mondo con una macchina fotografica e con un rullino, senza vedere i risultati del suo lavoro».

Nel rientrare a casa non c’era dunque, almeno apparentemente, nessuna certezza di avere immortalato il momento giusto e con il corretto punto di vista. Eppure, con Marco Pesaresi, si poteva sempre andare sul sicuro: «quando Marco tornava, c’era sempre la certezza di avere la foto giusta per ogni rullo. Ed è una cosa incredibile», continua Denis Curti. La prima edizione di questa mostra è stata «un lavoro di editing lungo, pieno anche di sofferenza, perché a volte i fotografi si innamorano delle immagini, non tanto perché sono particolarmente belle o riuscite, ma perché in quel momento è successo qualcosa: una parola, uno sguardo, un incontro. Marco parlava sempre della “fotografia addosso”. Sentirsela addosso era proprio il suo mantra e per lui scattare fotografie era guardare. Quello che Marco ha portato in questa mostra non è la storia delle metropolitane, ma l’autoritratto di un giovane che andava a cercare altri giovani, altre persone. Lui in queste fotografie ci si specchiava, ci si ritrovava e ce le restituisce con questa forza».

New York, Eastern Parkway

Una forza che si percepisce in ogni scatto, in ognuno dei quali si afferma la personalità di un fotografo che non vuole semplicemente documentare una realtà ma raccontare una storia, o meglio tante storie quanti sono i suoi protagonisti. «Quando scende nelle “viscere della terra”, Marco fa degli incontri con delle persone che lui conosce bene, queste persone guardano nell’obiettivo della sua macchina entrando in rapporto e creando un dialogo con lui. Con la fotografia noi vediamo solo quello che conosciamo e Marco queste situazioni le conosceva bene perché gli appartenevano, le aveva vissute. E quindi queste persone non scappavano davanti a lui, ma lo accoglievano come parte di questo mondo. Ed era un mondo fatto di nero, di ruggine, di sporcizia che diventava linguaggio. Però, in mezzo a tutto questo dolore, c’era anche molto gioia, voglia di vivere e umanità. È un continuo tra dolcezza e inquietudine, tra sofferenza e amore».

La mostra è disposta su due piani, ogni stanza una città: Berlino, New York, Londra, Calcutta, Mexico City, Mosca, Madrid, Tokyo, Parigi, Milano. Ottantaquattro fotografie raccontano dieci metropolitane, ognuna rappresentata da diversi scatti esposti e da un ingrandimento per ogni stanza che funge come sorta di filo conduttore in grado di unire le diverse storie tra loro. E questo viaggio in giro per il mondo è anticipato già all’esterno del luogo che ospita la mostra, in quel sottopassaggio che permette di raggiungerlo, dove dal 2019 – in occasione della riapertura del sottopasso pedonale/ciclabile sulla Via Emilia – sono stati collocati alcuni pannelli espositivi e alcuni scatti di Marco. Una scelta significativa che sembra suggerire un invito a compiere lo stesso viaggio del giovane fotografo, scendere nelle cosiddette “viscere della terra” per poi risalire. E se Marco lo faceva nelle metropolitane, gli spettatori lo fanno oggi in questo sottopassaggio.

La mostra ospita esclusivamente scatti a colori, nonostante Marco fosse un noto amante del bianco e nero. «Una scelta e una condizione dettate da un lavoro su committenza per “Sette” del Corriere della Sera, nato come magazine per raccogliere la pubblicità a colori», aggiunge Denis Curti. «Marco capisce subito che scattare a colori non è solo una condizione imposta, ma un’opportunità».

King’s Cross St. Pancras Londra

Infatti, gli scatti in mostra sono una vera e propria esplosione di colori, dai più vivaci ai più bui. Colori che non fanno da sfondo ma da protagonisti perché è proprio dalla loro forza che emergono i soggetti, che si stagliano così in primo piano. Non c’è fotografia in questa mostra priva di soggetto: uomini, donne e bambini i cui attimi di quotidianità vengono rubati dall’obiettivo di Marco. «Marco era capace di fermare l’attimo, il momento topico, quel momento che un attimo prima e un attimo dopo non è più lo stesso», racconta Mario Beltrambini. «Questo attimo si può ammirare in tutte le fotografie, che possono essere viste come l’inizio di una storia. Le fotografie più importanti di Marco sono infatti quelle dove c’è il soggetto e questo rivela la sua grande empatia. La fotografia buona era sempre dopo due o tre scatti, in seguito al primo approccio e alla nascita di un rapporto. Marco usava una macchina piccola, discreta, poco appariscente e questo evitava l’atteggiamento di irrigidimento delle persone davanti a un fotografo con uno strumento importante».

Anche questa piccola macchina si trova esposta all’interno della mostra insieme ad altri materiali, come i negativi, una selezione delle fotografie tratte dai reportage completi, le riviste italiane e straniere che ne pubblicarono alcune immagini e il catalogo. A questo si aggiunge il diario di viaggio di Marco, dove il giovane fotografo ha appuntato pensieri e considerazioni di oltre due anni di lavoro. Come ricorda Luigi Gariglio, compagno di studi e di stanza, ma anche suo grandissimo amico, nonostante i due fossero come il giorno e la notte, Marco amava scrivere e lo faceva in continuazione. Amava mettere per iscritto i suoi pensieri, le sue emozioni e tutto ciò che viveva. A completamento, la mostra presenta anche un breve video, con protagonisti alcuni amici e colleghi di Marco che prestano la loro voce per raccontarlo e per esporre alcune considerazioni sul suo lavoro.

Grazie a questa replica di Underground (Revisited), i visitatori potranno entrare in quel suo mondo, fatto di poesia ma anche di grande tecnica professionale e artistica. Un viaggio che potrà essere vissuto in autonomia oppure prendendo parte alle visite guidate condotte da Jana Liskova nelle giornate di domenica 13, sabato 19 e domenica 27 giugno (ore 11.30 e 17). In entrambi i casi, le fotografie di Marco Pesaresi non mancheranno di entrare nel cuore dei suoi visitatori, con quella loro patina, caratteristica della fotografia analogica, che ci ricorda come il mondo non sia affatto così perfetto come vorrebbero farci credere.

Info: sifest.it, prenotazione per le visite guidate a info@savignanoimmagini.it