MARIO TURCI: VIAGGIO NELL’INFRA-ORDINARIO

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Mario Turci, ph. Andrea Ceresoli

Il quotidiano diventa stra-ordinario attraverso punti di vista altri, inaspettati, inediti e forse inauditi. L’intreccio di competenze in una trama di contenuti, sensibilità e storie personali differenti sostanzia un’eccezionale avventura espositiva e installativa sui temi della memoria e dell’incontro delle diversità.

Ci riferiamo al progetto Visioni dall’infra-ordinario, TTT – Tempo, Terra, Trame al “Museo Ettore Guatelli”, un piccolo museo etnografico ad Ozzano sul Taro a Collecchio (Parma), a cura di Elisabetta Pozzetti e Mario Turci, che si sviluppa nel percorso espositivo denominato Straordinarie Alchimie in mostra fino al 28 novembre.

A confrontarsi e generare Straordinarie Alchimie sono l’artista Francesca Martinelli e i due artisti Luca Piovaccari e Kagnedjatou Joachim Silué, in dialogo con le antropologhe Monica Citti e Anna Gulia Della Puppa e l’antropologo Matteo Volta.

«Il Museo Guatelli può essere definito un museo d’antropologia con lo scopo ultimo, – commenta Mario Turci, direttore del Museo Guatelli – perché questa era la volontà di Ettore Guatelli, il suo autore, che è morto nel settembre del 2000 (quest’anno sono 100 anni dalla sua nascita), di contenere le meraviglie della vita quotidiana. L’attenzione di Guatelli è rivolta in particolare verso le persone umili, che nel suo mondo erano i contadini e le contadine. Il museo si configura come una sorta di scrittura espositiva che si esprime tramite composizioni parietali di oggetti (ne contiene in totale 60.000) ognuno dei quali è lì per raccontare una vicenda umana. Il Museo è diviso sostanzialmente in due grandi macro-aree. La prima è quella dove Ettore ha allestito negli ambienti dell’edificio rurale destinati al lavoro agricolo, facendo le sue prove di museografia. Poi c’è la parte dell’abitazione, dove viveva con la sua famiglia e dove viene fuori in maniera chiara l’anima del collezionista. Come in una sorta di grande catalogo tematico, tutti gli oggetti sono ordinati sugli scaffali. In altre parole possiamo dire che nella casa sono raccolte tutte le parole, le espressioni, le idee, mentre nell’altra parte tutto questo prende forma. Le guide del museo sono volontari e volontarie, persone preparate che propongono la loro interpretazione del museo, perché questo luogo non si arroga il diritto di promuovere un’autorità interpretativa, al contrario vuole permettere al pubblico di vedere le cose, entrare nelle storie e vivere delle esperienze narrative».

Il museo gioca sempre su forme molto ibride in quanto esso stesso è indefinibile perché non rientra in una concezione tradizionale. Qual è il modo migliore per relazionarsi con questo posto? 

«Consiglio di affrontare il Museo Guatelli con leggerezza, senza pregiudizi, lasciandosi prendere per mano in questo viaggio, che è come una passeggiata nel bosco (Il bosco delle cose. Il Museo Guatelli di Ozzano Taro è un libro-catalogo del museo a cura di Pietro Clemente ed Ettore Guatelli ). Ettore stesso trattava i visitatori e le visitatrici come ospiti con cui amava interloquire e condividere esperienze, storie, punti di vista».

Luca Piovaccari, ph. Andrea Ceresoli

Ho seguito il suo intervento nel webinar I musei della restanza organizzato dal “Museo Internazionale delle Marionette Antonio Pasqualino” dove ha definito l’istituzione museale come un “cantiere di costruzione del patrimonio”. Ritiene dunque che la necessità dei musei contemporanei sia quella di aprirsi al dialogo e al confronto, sia con discipline diverse sia con il pubblico? E per la mostra in corso come nasce l’idea di aprire un cantiere di lavoro e di confronto fra arte e antropologia? 

«Assolutamente sì. Un museo non deve esporre, non deve essere un luogo dello spettacolo, ma una macchina capace di produrre dialoghi ed incontri, capace di offrire alle persone delle occasioni per intervenire sulla qualità della loro vita. Se una persona esce dal museo tale e quale a com’è entrata il museo ha fallito. Essere contemporanei per un museo significa dialogare con il pubblico. L’idea di aprire un cantiere di lavoro e di confronto fra arte e antropologia, quindi fra queste due discipline in particolare, nasce per due motivi. Per un incontro con l’esperienza di Ettore, che costruisce un museo che punta sul dialogo legato al rapporto fra meraviglia e risonanza, e la meraviglia scaturisce da un incontro con la bellezza che apre una via alla conoscenza. L’altro motivo è legato al fatto che il rapporto fra queste due discipline è un ambito di studi contemporaneo. Oggi l’antropologia vede negli artisti e nelle artiste dei compagni e delle compagne di strada, quindi è stata fatta questa scelta per trovare insieme delle forme comunicative capaci di coinvolgere le persone, e in questi anni abbiamo visto che la cosa può funzionare».

Francesca Martinelli, ph. Andrea Ceresoli

In quali modalità è avvenuto il confronto e quali sono i temi principali che emergono dalle opere?

«Le antropologhe e l’antropologo hanno posto questioni, l’artista e gli artisti hanno realizzato l’installazione in relazione a questo scambio, facendo cantiere insieme. È stato un incontro che ha richiesto una particolare attenzione, ci sono state anche delle prime difficoltà, ma poi tutto si è sciolto, in senso positivo. L’antropologia e l’arte si sono incontrate definendo anche i propri paletti, le proprie prerogative. Le opere trattano temi guatelliani: Kagnedjatou Joachim Silué parla del diritto degli ultimi e delle ultime, del colonialismo; Francesca Martinelli racconta le storie femminili della sua famiglia; le fotografie di Luca Piovaccari tentano di fissare la memoria anche nei momenti in cui si fa evanescente. Tutto quello che facciamo è un modo per fare dialogare il contemporaneo con il Museo Guatelli perché la nostra intenzione è quella di ospitare esposizioni che possano dare al museo qualcosa in più, e viceversa».

Kagnedjatou Joachim Silué, ph. Andrea Ceresoli

Francesca Martinelli parlando del rapporto tra la sua opera e il museo, afferma la necessità di esprimere un punto di vista sul mondo, di schierarsi, e trova una forte somiglianza con l’approccio del Museo Guatelli, che non è fraintendibile nelle sue intenzioni. Quale posizione occupa e quale messaggio manda a chi lo penetra?

«Un museo è sempre un’espressione politica, sempre, qualunque scelta faccia, perché si rivolge al pubblico dichiarando la sua visione del mondo. Il Museo Guatelli prende coscienza di questa sua natura politica, come ogni museo contemporaneo, e ne fa uno strumento. Il lavorare per il rispetto di ogni diversità è una scelta, come il mettersi dalla parte di tutte e di tutti coloro a cui non viene riconosciuta la dignità, che siano emigranti oppure persone che scelgono di vivere come meglio pensano la loro sessualità, il loro stare al mondo. Il museo celebra la vita quotidiana come luogo dell’espressione dell’umanità. È chiaro che questa è una posizione forte. Quando c’è stato uno dei primi drammi nel Mediterraneo (si riferisce al naufragio di Lampedusa del 3 ottobre 2013 che provocò 366 vittime) abbiamo fatto una grande installazione d’arte partecipata (“Lampedusa 366”. Un’installazione partecipata al Museo Guatelli in ricordo delle vittime di Lampedusa – Fondazione Museo Guatelli) piantando 366 pali nel prato e chiedendo alle persone di portare le loro scarpe usate, che abbiamo poi annodato ai pali. In questo modo ogni scarpa veniva simbolicamente offerta a chi non ha più avuto la possibilità di camminare. L’obiettivo di Guatelli era quello di impegnarsi per il riconoscimento della dignità della vita, in modo particolare nei riguardi di coloro a cui non è stata riconosciuta o è stata schiacciata. Per questo motivo in questi anni abbiamo lavorato molto sui temi dell’incontro delle diversità, delle scelte, sul tema dell’emigrazione. Il Museo Guatelli è questo, perché Ettore lo ha voluto così». Visioni dall’Infra-ordinario sarà un progetto triennale e il catalogo che verrà presentato il 28 novembre in occasione del finissage sarà, più che un compimento, l’avvio di un percorso.

Mostra: da sabato 9 ottobre a domenica 28 novembre 2021. Aperto solo su prenotazione con almeno 48 ore di anticipo (telefono: +39 350 1287867, email: info@museoguatelli.it). Ingresso gratuito. Presentazione del catalogo e finissage: Domenica 28 novembre ore 15.00. Info: Fondazione Museo Ettore Guatelli, Ozzano Taro (museoguatelli.it), Meg202021 – meg202021 (studiochiesa.it)