Misoginia e desiderio. Dentro di Susanna Moore

0
55
Susanna Moore

 

Siamo a New York, dove tutte le culture convivono: Frannie, la protagonista di Dentro (In the cut) di Susanna Moore, sconfina nel non conosciuto, con un’innocenza da agnello sacrificale.

Nel 1962 a diciasette anni, Susanna Moore lascia le Hawai dove è cresciuta, per New York, dove lavora come modella. In seguito lavorerà come lettrice di sceneggiature e anche come assistente per Warren Beatty e altri attori di Hollywood. Moore ha scritto sei romanzi (nel 1983 è finalista al National Book Award per la narrativa col suo primo romanzo, Tesoro mio), una biografia e alcuni saggi, ma Dentro, del 1995, è il devastante romanzo da cui è stato tratto l’omonimo film di Jane Campion del 2003. 

 

In the cut

 

DENTRO

«In genere non vado nei bar coi miei studenti. È quasi sempre un errore. Ma Cornelius aveva dei problemi con l’ironia». Così si apre la storia di Frannie, voce narrante, giovane docente di letteratura, divorziata, senza figli. Frannie vive sola a New York e rimane coinvolta in un’indagine per omicidio, dopo avere intravisto nel seminterrato di un bar una donna dai capelli rossi, inginocchiata a fare sesso orale ad un uomo il cui volto rimane in penombra. La donna viene rinvenuta cadavere proprio dove l’ha vista: interrogata dagli investigatori della omicidi, Frannie preferisce non rivelare la scena di cui è stata testimone, ma crea col detective Malloy un rapporto sempre più intimo, sebbene inizi a sospettare che possa essere l’uomo del seminterrato e forse anche l’assassino.

Il romanzo è catalogato come thriller erotico: altre donne vengono brutalmente uccise, fatte a pezzi, disarticolate. Frannie, più che collaborare all’individuazione del serial killer che sembra esserle pericolosamente vicino, compie azzardi e azioni inspiegabili, per capire di quali cedimenti è capace. Il romanzo ha richiamato l’attenzione soprattutto per gli aspetti erotici e violenti, ma in realtà al centro della storia sta una riflessione sul potere maschile, sulla misoginia, sul razzismo e la corruzione della polizia.

Frannie non respinge uomini che fino ad allora avrebbe tenuto a distanza, il poliziotto irlandese sposato e bugiardo, uno studente nero, inquietante nella sua ossessione per lei, e se per un verso vive un’attrazione intensa, appagata e autodistruttiva, dall’altro è attraversata da una diffidenza razionale, da un’intelligenza lucida che sfida se stessa e la propria capacità di lettura, per andare oltre anche all’istinto di sopravvivenza.

Come dice Susanna Moore in un’intervista, lei stessa nella vita ha oscillato tra la necessità di proteggersi e il rifiuto provocatorio, persino sconsiderato di assumersi la responsabilità di ciò che fanno gli uomini.

«Non sono abbastanza prudente» dice Frannie dopo il primo omicidio «Non dovrei prendere la metropolitana. Non dovrei parlare con gli estranei. Dovrei sempre chiudere la porta col chiavistello». E conclude però: «Mi rifiuto di lasciarmi intimorire. Sarò prudente, più prudente di quanto sia mai stata. Sarò tutta orecchi, ma non intendo cambiare stile di vita».

Tornare a casa da sola di notte a New York è per lei un’insistenza femminista sulla libertà personale.

Anche il superamento delle barriere morali ha a che fare con un mettersi nelle mani dell’altro in quanto corpo, un non voler temere, una sfida al tremendo.

«Malloy voleva aprire quello che era chiuso. Per questo insisteva. E mi teneva ferma. Voleva strapparmi il sigillo. Finalmente. Io che non volevo appartenere a nessuno. Io che non volevo essere tenuta ferma, io che non volevo essere messa sotto, né che ciò che era chiuso venisse aperto e il cuore infranto. Io ero la stessa, ma adesso volevo essere tenuta ferma, volevo essere messa sotto. Volevo che mi aprisse. Io, ora con l’antica brama di essere scelta assediata espugnata e di obbedire».

 

 

LINGUAGGIO E CONFINI

Moore ha insegnato a lungo scrittura creativa, non solo all’università, ma anche nelle carceri e nei centri di accoglienza per donne. Il linguaggio sta al centro della sue riflessioni ed è lì che Frannie trova rifugio, un nascondiglio che le permette di interpretare il mondo, di comprendere e mostrare la matrice di classe, genere e razza. Con il suo allievo nero, Cornelius, ad esempio, afferma di usare il linguaggio “in modo ironico e giocoso”, così da riequilibrare il suo ruolo di docente. Cornelius è anche una delle sue “cavie”, che utilizza per compilare le voci di un dizionario di slang di strada, pieno ovviamente di riferimenti sessuali. Cornelius è “sfacciato” e Frannie non si trattiene dal baciarlo.

Il titolo del romanzo stesso è tratto dallo slang che Frannie raccoglie. «Nel taglio. Dalla vagina. Un posto dove nascondersi».

Moore sottolinea l’effetto che ha un certo uso del linguaggio, come arma contro le donne e mette in luce il potere misogino delle allusioni anche nelle esplicite descrizioni di sesso.

Frannie è soprattuto una eroina dalla personalità complessa, che resiste alle convenzioni letterarie e sociali, una donna che vuole affermare il proprio desiderio sessuale e Moore ha dichiarato di averla voluta allarmante ed erotica.

Fino alla fine e mentre l’assassino si avvicina sempre più a lei, Frannie/Moore continua nella sua opera di decostruzione, persevera a gettare uno sguardo nell’oscurità che permea la vita e gli istinti.

Frannie espone il suo corpo, per capire dove si oltrepassa il confine, dove si va oltre le convenzioni sociali e getta uno sguardo sul vuoto di senso, sulla caducità del vivere, ma gli uomini che incontra sono destabilizzati e per questo sentono l’esigenza di riaffermare confini definiti e oggettivi tra il giorno e la notte, ristabiliscono l’ordine, in alcuni casi ricollocando al loro fianco mogli e relazioni regolari, fino all’estremo bisogno di annullare il corpo dell’altra per cancellare il nulla di senso.

Moore stessa ha raccontato di come il romanzo abbia innescato la dinamica, fin troppo deprecabile, secondo cui una donna che osa scrivere di sesso lo stia chiedendo. È proprio questa dinamica che Moore affronta nei suo romanzo: Frannie decide di negoziare con tutti gli uomini che incontra, oltre ogni logica di protezione personale, la libertà di decidere quando difendersi e quando essere scherzosa e accomodante.

Non parlerò del finale del libro, che non è un caso sia diverso da quello del film.

Per Moore non c’è consolazione: ciò che è più scioccante della violenza è ancora oggi la misoginia e il fatto che in ogni caso, sia proteggendosi che non proteggendosi, le donne si trovino in trappola.

Dentro è un classico di culto che permette di articolare un po’ meglio la nostra oscurità.

 

LAURA GAMBI

 

Susanna Moore, Dentro, Guanda, Parma, 1998, pp.192

 

Previous articleAL MUSA DI CERVIA TRA PRESENTE E PASSATO
Next articleNanni Menetti, Criografie.
Ho pubblicato ricerche, romanzi e testi sulla migrazione sia straniera che italiana, tra cui "I wolof del Senegal" (L'Harmattan, 1995) "Le strade di Lena" (Aiep editore, 2005). Per il teatro ho scritto alcune drammaturgie con Luigi Dadina, messe in scena dal Teatro delle Albe, tra cui "Amore e Anarchia" (2014) e con Davide Reviati "Mille anni o giù di lì" (2021). Tra le mie ultime pubblicazioni il romanzo "Allora io vado" (Pendragon, 2016) e con Laura Orlandini il saggio-racconto "Delitto d'onore a Ravenna. Il caso Cagnoni" (Pendragon, 2019). Dal 1997 sono presidente di cooperativa Librazione e dal 2009 al 2019 sono stata direttrice artistica del centro culturale Cisim di Lido Adriano.