Le macerie del tempo: Gli anni di Annie Ernaux

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Ne Gli anni, “un’autobiografia impersonale”, Annie Ernaux, Premio Nobel per la letteratura 2022, mette in scena la sua storia e quella della sua generazione, dove gli avvenimenti sociali e politici sono parte della vita quotidiana così come gli oggetti, le merci, le emozioni, gli eventi personali, gli affetti.

Annie Ernaux, scrittrice francese di famiglia operaia, nasce nel 1940 in Normandia e svolge per tutta la vita il lavoro di insegnante. Al centro dei suoi scritti sono le questioni legate alle differenze di classe, assieme a un’importante ricerca autobiografica, che scandaglia le istanze fondamentali della condizione femminile. Ernaux, quando riesce, dopo anni di rifiuti, a pubblicare i suoi romanzi presso Gallimard, diviene una delle voci francesi più autorevoli, “per il coraggio e l’acutezza clinica con cui scopre le radici, le estraneità e i vincoli collettivi della memoria personale“, come da motivazione del Nobel. 

GLI ANNI

Ne Gli anni, pubblicato nel 2008, Ernaux ripercorre la sua vita dagli anni Quaranta fino al presente. Il Novecento viene attraversato, decennio dopo decennio da una voce narrante che evita la prima persona singolare, adottando invece il plurale o l’impersonale.

L’autobiografia emerge scandita dalla descrizione di fotografie di famiglia e pranzi dei giorni di festa, in un continuo movimento tra gli eventi personali e quelli della cronaca francese e del mondo, che sottolineano il filo comune che lega le vite delle persone.

Il nodo che affronta la lunga narrazione è quello del processo che porta la protagonista e ciascuno di noi a essere le persone che siamo, del tempo vissuto che diviene la nostra vita, della trasformazione che subiamo nel corso degli anni.

La ricerca di ciò che si è stati, anche attraverso quelle immagini che ci guardano dalle diverse età della nostra esistenza, si intreccia al vento della storia. La Liberazione, il progresso e le réclame, la guerra d’indipendenza d’Algeria, e poi la presidenza de Gaulle che dialoga col tempo della maternità, il Sessantotto, l’emancipazione femminile, Mitterrand, le nuove merci e il consumismo, il distacco dalla politica, l’avvento di internet, l’undici settembre, la riscoperta del desiderio.

I ricordi personali di Ernaux, intrecciati alla memoria collettiva, tracciano la storia di una generazione che riconosce il proprio fallimento, sopraffatta da un presente senza futuro.

Gli anni passano inesorabili e noi ci trasformiamo assieme a ciò che accade attorno a noi e nel mondo. Che cosa resterà di tutto questo? 

«Tutte le immagini scompariranno. la donna accovacciata che, in pieno giorno, urinava dietro la baracca di un bar al margine delle rovine di Yvetot, dopo la guerra, si risistemava le mutande con la gonna ancora sollevata e se ne tornava nel caffè, il volto pieno di lacrime di Alida Valli mentre ballava con George Wilson nel film L’inverno ti farà tornare, l’uomo incrociato su un marciapiede di Padova nell’estate del ’90…».

 

 

LE MACERIE DEL TEMPO

Ne Gli anni è sempre un Noi a parlare, determinando la temperatura e lo stile del racconto, e se l’infanzia trasmette ancora una forza emotiva e uno slancio vitale, questi sembrano affievolirsi col passare degli anni.

Il mondo di ieri appare tuttavia pieno di pregiudizi e dolorose sopraffazioni di classe e di genere. Ma gli anni giovanili delle lotte sono continuamente superati da un presente in cui l’esistenza sembra atrofizzarsi, oppressa da un eccesso di immagini, di informazioni e di azioni sempre più individualistiche, dove qualsiasi orizzonte futuro sembra cancellato dall’ineluttabile susseguirsi degli eventi che segnano le vite (divorzio, crescita dei figli, relazioni passeggere, pensionamento).

La scrittura, pur nella sua tersa precisione, è stata definita egotica. A lungo andare la narrazione si fa soffocante, prevalgono appunto il culto di sé e il compiacimento narcisistico. Il passato anche se rivisitato e descritto in dettagli oggettivi, non è superato, ma trascina l’esistenza come “un’unica catastrofe, che ammassa incessantemente macerie su macerie e le scaraventa ai suoi piedi”, per dirla con Benjamin.

«Noi che avevamo abortito nelle cucine, che avevamo divorziato, che avevamo creduto che i nostri sforzi per liberarci sarebbero serviti ad altre, noi provavamo una grande stanchezza. Non sapevamo più se la rivoluzione delle donne ci fosse stata davvero. Continuavamo a vedere il sangue anche dopo i cinquant’anni (…) Indossavamo jeans, pantaloncini e magliette come le quindicenni, come loro dicevamo “il mio moroso” per parlare del nostro amante regolare. Invecchiando non avevamo più età».

L’incapacità di superare il passato fa il paio con l’impossibilità di immaginare un futuro, dove il Noi della Ernaux sembra non conoscere una dimensione interiore profonda, calda, capace di dare senso all’esistenza e di rimettere insieme i frantumi.

Il presente sembra continuamente imprigionare la vita in una finzione di realtà, impedendo il desiderio.

Non a caso Ernaux esprime la sua catastrofica premonizione: «si annienteranno d’un tratto le migliaia di parole che sono servite a nominare le cose, i volti delle persone, le azioni e i sentimenti, che hanno dato un ordine al mondo, che ci hanno fatto palpitare».

Punto di forza di Ernaux è senz’altro la sua ricerca ininterrotta, nella quale ogni nuovo testo costituisce un tassello della medesima opera complessiva che racconta il suo percorso di donna, di militante, di un’epoca intera. Le sue storie vanno oltre i confini del vissuto per produrre riflessione e discorso, dove la scrittura costituisce il compimento della realtà e anzi è lo strumento per esplorare la rottura tra ciò che accade in un dato momento e il modo in cui il ricordo ri-significa il vissuto.

Nel suo ultimo libro, Il ragazzo, gli intenti della scrittura di Ernaux sono espressi in modo anche più provocatorio. Dice nell’incipit: «Spesso ho fatto l’amore per obbligarmi a scrivere […] Speravo che la fine dell’attesa più violenta che ci sia, l’attesa di godere, mi facesse provare la certezza che non esiste piacere superiore a quello della scrittura di un libro».

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Annie Ernaux, Gli anni, L’Orma, Roma, 2015, pp.276

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Ho pubblicato ricerche, romanzi e testi sulla migrazione sia straniera che italiana, tra cui "I wolof del Senegal" (L'Harmattan, 1995) "Le strade di Lena" (Aiep editore, 2005). Per il teatro ho scritto alcune drammaturgie con Luigi Dadina, messe in scena dal Teatro delle Albe, tra cui "Amore e Anarchia" (2014) e con Davide Reviati "Mille anni o giù di lì" (2021). Tra le mie ultime pubblicazioni il romanzo "Allora io vado" (Pendragon, 2016) e con Laura Orlandini il saggio-racconto "Delitto d'onore a Ravenna. Il caso Cagnoni" (Pendragon, 2019). Dal 1997 sono presidente di cooperativa Librazione e dal 2009 al 2019 sono stata direttrice artistica del centro culturale Cisim di Lido Adriano.

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