Torna WAM! Festival. Intervista a Valentina Caggio

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Il mondo altrove. Una storia notturna di Nicola Galli

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A Faenza, dall’ 1 all’ 8 luglio 2023 si terrà WAM! Festival, che tramite eventi artistici e performativi, propone una riflessione individuale e collettiva sull’identità umana, la relazione con l’ambiente e la costruzione di immaginari comuni.

Per l’occasione abbiamo dialogato con Valentina Caggio, nella direzione artistica del Festival.

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Valentina, puoi raccontarci da cosa nasce WAM! ?

WAM! nasce nel 2011, figlio di un grande amore per il teatro, la danza e per la città di Faenza, creando le condizioni di partenza per progettare altri discorsi sul contemporaneo, su ciò che attiene al nostro vivere presente.
La vocazione del Festival è sempre stata quella di essere una rassegna della città per la città, coinvolgendo anche realtà del territorio.

In questi ultimi anni tra il Covid e ora le alluvioni non è stato semplice andare avanti. Abbiamo deciso di continuare definitivamente con il Festival solo due settimane fa, dialogando proprio con l’Amministrazione Comunale, perché ci fosse un continuum con la vita precedente, perché ci fossero momenti di altro, che non fosse solo spalare, sgomberare, pulire, casa nostra casa degli altri, le vie nostre le vie degli altri.

Per aiutare ancora di più i nostri amici, vicini, parenti, conoscenti ma anche tutti quelli che non conosciamo e che sono stati colpiti dall’alluvione, quest’anno abbiamo deciso di non far pagare il biglietto d’ingresso, ma di raccogliere un’offerta libera e di devolvere l’intero ricavato in beneficenza per la popolazione alluvionata.

Il titolo di quest’anno è Orizzontare, che rispetto al suo sinonimo orientare, ha un valore più soggettivo, implica un legame più specifico tra soggetto e spazio. Qual è lo spazio che volete indagare, in cui volete orizzontarvi?

Ci interroghiamo sull’ ecologia, sulla nostra casa, il nostro ambiente e le relazioni complesse che contribuiamo a creare.

Una visione orizzontale è un insieme di prospettive che si aprono all’agire, non solo umano, in modo orizzontale. Relazioni in cui non ci siano piramidi di potere, ma uno sguardo che abbracci l’orizzonte.

Trovare una bussola che non indica sempre il nord, aiuta a vedere, rendersi conto della complessità dell’umano in ogni direzione. Come una postura dello sguardo che non risolve questioni, continua ad interrogare; prova a costruire immaginari comuni. Una visione che abbraccia l’orizzonte, la realtà, ma anche il sogno, l’ideale, l’astratto.

Orizzontare per noi è un modo di stare con il mondo, non in un ruolo di supremazia, ma accanto.

Riconosciamo il luogo in cui siamo, nell’orizzonte degli altri, dove l’Altro non è solo umano, è animale, è vegetale, sono i Fiumi, sono le nostre Colline, le nostre Montagne, le nostre Golene, le nostre Città.

Questo è il criterio che ha guidato la scelta della programmazione del Festival.

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Contact Improvisation di Nica Portavia

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I luoghi, dunque, diventano particolarmente simbolici e si crea una relazione tra essi, gli artisti e il pubblico?

Sì, i luoghi sono simboli.

Quest’anno due giovani danzatrici romagnole, Ana Clara Conti Siria Del Pomo, danzeranno in due piazze cittadine molto significative.
La prima è Piazza del Popolo che in questo mese terribile è tornata ad essere una piazza del Popolo, crocevia d’incontro, di sostegno, di sconforto e sorrisi, di lamentele e di ascolto (Dopotutto cos’è la danza se non anche questo? Un continuo ascolto dell’altro, tra tensioni e distensioni).

L’altra è Piazza Rampi, dove ci sono uffici comunali e le poste, servizi per le persone, alle persone.

Anche la compagnia Panzetti/Ticconi si muove in questa piazza, ma avrebbe dovuto danzare al Palazzo del Podestà, luogo emblematico per la città.
La loro performance, dove i danzatori usano le bandiere come i nostri sbandieratori faentini, si intitola AeReA. Titolo che richiama l’ara, luogo che in antico era deputato al sacrificio.

Viene da chiedersi che cosa, noi a Faenza, abbiamo sacrificato in questo mese? E soprattutto perché?

AeReA richiama anche una qualità fisica della stoffa, il suo potere di librarsi in aria. Ciò di cui abbiamo bisogno. Togliere peso. Toglierci il peso di miliardi di tonnellate di acqua e fango, di migliaia di tonnellate di macerie.

Il Festival propone occasioni di incontro e di riflessione sul legame tra individuo e collettività. Ad esempio con il laboratorio di Contact Improvisation di Nica Andrea Portavia. Perché è importante indagare questo legame?

Questo legame è un fil rouge che attraversa WAM! da sempre, la decisione di stare anche nelle piazze nei parchi vuole portarci più vicino alle persone.

Se non c’è incontro tra gli individui, non c’è collettività, se gli artisti non incontrano il pubblico non c’è l’arte.

Il momento proposto da Nica Andrea Portavia, aperto a tutti, vuole praticare una piccola esplorazione di se stessi in relazione agli altri e all’ambiente, un creare e trasformare lo spazio, viverlo nel presente, creando costellazioni di relazioni impreviste e inevitabili.

Proprio questo momento di incontro inaugura il Festival.

Ma ci saranno anche altre occasioni per indagare i complessi sistemi di connessioni nella pratica dell’incontro.

Le connessioni tra uomo, donna e società sono oggetto del lavoro politico sul corpo e l’individuo portato dal gruppo DNA di Elisa Pagani, dal titolo Alle cose invisibili. Una ricerca per rendere manifesti quegli invisibili fili tra tutti noi. In un’ottica fenomenologica che sempre ci accompagna; noi siamo con l’Altro, noi per l’Altro, noi nello sguardo dell’Altro.

La performance M.M.M che si terrà al MIC sabato 8 luglio alle ore 17:30 è un altro esempio di possibili incontri: Met, Meet, Melt (incontrato, incontrare, incontrarsi) esplora occasioni, potenzialità, opportunità, circostanze, condizioni che permettono il dialogo.

L’ultimo giorno, lo scrittore Wu Ming 2, del collettivo Wu Ming, aprirà un incontro dal titolo Mostri e spiriti del paesaggio, che esplora una nuova idea nella relazione con la Natura.
Per dirla con le sue parole: “Un’altra idea di paesaggio, che mette l’accento sulla comprensione, più che sulla percezione. Il paesaggio sta al territorio, come il significato al suono delle parole. Cosa significa quel filare di pioppi? Quale storia si nasconde dietro quella pieve? Con quali formule magiche si possono evocare gli spiriti del fiume?”

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Frasche installazione site specific dell’artista Thomas Berra

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Tra gli appuntamenti ci sono spettacoli che indagano il senso di sacralità.
Ad esempio 
Il mondo altrove una storia notturna di Nicola Galli e Totemica con Chiara Montalbani. Ritieni che sia importante mantenere o recuperare un rapporto con il sacro e lo spirituale?

Direi che è necessario mantenere e curare il nostro rapporto con gli dei dell’acqua, con la natura, con la Natura.

L’etimologia della parola sacro ci riporta ad un’ unione nell’ambito del divino, una realtà altra rispetto al quotidiano.

Il mondo altrove una storia notturna di Nicola Galli è una creazione coreografica in forma di rituale danzato che celebra l’inesplorato. Un viaggio tra spiritualità occidentale e orientale, dove una figura sciamanica cerimonia una possibile convivenza armonica tra habitat naturale e azione umana.
Siamo chiamati a decifrare i gesti donatici come una comunione, neanche vagamente laica, di questa religione selvatica antichissima, che pare ormai dimenticata e ritrovare una nuova umanità nello scambio di questo incontro.

Totemica, coreografata da Manfredi Perego e danzata da Chiara Montalbani è una ricerca (non c’è categoria che ricerchi come i danzatori!).

Ricerca di riti quotidiani per sopravvivere alla baumaniana liquidità, di qualcosa a cui appoggiarsi, qualche certezza.
I totem erano manufatti o fenomeni rappresentativi di qualche pianta o animale che erano in relazione identitaria con un gruppo.
Totemica è una divinità che non sa più chi è, che non ha più cittadinanza, né appartenenza, né riconoscenza. Gli artisti non fanno che cercarla, perché ne abbiamo bisogno. La divinità si percepisce, non la si vede più o non la si vede ancora, nella nuova etica contrattazione continua. Cercando se stessi, attraverso se stessi. Lo spettacolo vuole darci indizi per ritrovarla e ritrovarci.

Aggiungo infine che la parola sacro riporta anche ad una separazione, da ciò che è profano, e la performance di Siria Del Pomo, ispirata all’opera Sommario di Decomposizione di Emil Cioran ci rammenta quanto siamo divisi, con quanta inconsapevolezza agiamo, quante intolleranze abitiamo, quante incrollabili incertezze abbiamo. Quanta poca sacralità c’è in questo “dio-io” che tuteliamo.

Il Festival indaga diversi linguaggi artistici: teatro, danza, musica, ma anche cinema e arti visive. Qual è il vantaggio nell’uso di questi linguaggi per costruire un dialogo comunitario e reagire alle difficoltà che la società (e i territori) devono affrontare?

WAM! Festival cerca di combattere il pregiudizio secondo il quale l’arte, e ancor più nello specifico l’arte contemporanea, sia per pochi intenditori.

Ogni linguaggio parla a parti di noi, alcuni più a livello cognitivo, altri più ad un nostro sguardo estetico, altri più alla nostra sfera emozionale.
Le arti visive, la musica, il cinema, il teatro, la danza e la contaminazione tra tutte queste arti concorrono ad avvicinare pubblici diversi, con sensibilità diverse e sostengono un incontro generazionale creando dialoghi in tutte le fasce di età e provenienza di una comunità.

Fatti D’Arte cura la mostra La Borda, con opere di vari artisti, pensata proprio per unire le persone al territorio grazie alle evocazioni oniriche e fantasmatiche legate alla Romagna, insieme ad un’installazione scultorea “mitologica” di Alessandro Turoni, presente per interrogare i viandanti, qualsiasi viandante di qualsiasi provenienza, che voglia continuare il suo viaggio, fisico o metaforico che sia.

Che cosa augura a chi parteciperà agli eventi del Festival?

Ana Clara Conti nel suo Le cose che passano fa una dichiarazione d’amore, che vorrei riprendere.

Auguriamo a chi sarà presente al Festival di partecipare al legame che tiene insieme tutte le cose, tutti gli esseri viventi, un sentimento che muta, si trasforma e assume nuove forme.
Il rispetto per l’Altro e per la Natura.

L’amore per l’Altro e per la Natura.

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