Pesare il tempo. 1 secondo, 1 grammo, la performance-installazione di Luisa Turuani

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Work in progress, Luisa Turuani '1 secondo 1 grammo', 2022, da baloonproject.it

In un’epoca frenetica in cui il tempo sembra sempre mancarci, l’artista e scultrice Luisa Turuani invita a sospendere la nostra quotidiana percezione e prendere fra le mani qualche minuto, per maneggiarlo e soppesarlo. 1 secondo, 1 grammo è una performance-installazione in cui i partecipanti possono recarsi a un tavolino e richiedere del tempo: questo verrà convertito in argilla, secondo il metro di conversione 1 secondo = 1 grammo. Un timer, tarato sulla quantità di minuti richiesti, scandirà la durata entro la quale si potrà maneggiare la creta. Cosa farsene di questo tempo-materia? Come gestire il countdown? Sono io a manipolare il tempo o lui a manipolare me?
Queste e altre domande animano questo progetto, realizzato grazie al sostegno dell’Italian Council (XI edizione, 2022), programma di promozione internazionale dell’arte italiana della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura.

La performance è in programma il 7 ottobre alle ore 16.00 presso il Museo Internazionale della Ceramica di Faenza, in occasione della diciannovesima Giornata del Contemporaneo, la grande manifestazione promossa da AMACI – Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani, realizzata con il sostegno del Ministero della Cultura.

La partecipazione è gratuita, con prenotazione è obbligatoria: 0546 697311 | info@micfaenza.org

1 secondo, 1 grammo, una performance sul tempo e sul senso del tempo. Quale urgenza ti ha spinto a lavorare su questo tema e come è nato il progetto?

«Sono partita da alcune riflessioni in merito al peso del tempo sulle nostre vite e su quanto questo ci plasmi e ci determini – racconta Turuani – Viviamo con l’urgenza nei confronti del fare, ci imponiamo e rispettiamo scadenze e tutto ciò ha un evidente peso che incide fisicamente sulla nostra persona e sulle scelte che compiamo. Da qui è nata l’idea di creare una performance in cui il tempo viene convertito in una quantità materiale. Tenere qualcosa tra le mani e avere un tempo determinato per poterla lavorare è il tentativo di investire di valore quell’esperienza affinché possa essere un momento di riflessione attorno al tema. La performance è fatta di secondi esattamente come la vita, soltanto che – mentre nella quotidianità difficilmente si ha coscienza del tempo – nel primo caso ci si trova in una situazione in cui è proprio il tempo a essere protagonista: risulta quindi inevitabile farci i conti, sia praticamente che dal punto di vista del pensiero. Mi interessava inoltre riuscire a creare un progetto che non fosse autoreferenziale, ma capace invece di coinvolgere un ampio spettro di pubblico: ragionare sul tempo lo ha reso possibile».

Si tratta infatti di un tema universale, che riguarda tutti e credo comunichi su più livelli, in base al momento della vita del singolo. Per entrare più nei dettagli, come è strutturata e l’esperienza?

«Io sono presente per l’intera durata dell’evento. Inizio presentando un kit, composto da uno zaino da rider al cui c’è un tavolino pieghevole, una bilancia, dei timer e degli strumenti per tagliare l’argilla. Un video illustra poi le istruzioni, in maniera poetica e accompagnato da una colonna sonora realizzata ad hoc per il progetto. Le persone si avvicinano al tavolino e possono chiedermi quanto tempo desiderano, da 1 secondo a 1 ora, sapendo che 1 secondo equivale a 1 grammo di argilla. Una volta deciso, consegno la quantità di creta prescelta e un timer corrispondente al tempo richiesto. A questo punto i partecipanti possono mettersi a un tavolo, far partire i minuti e viversi l’esperienza decidendo in autonomia cosa fare di quel tempo-materia: possono plasmarlo, ma anche non toccarlo affatto.

Il risultato è da una parte una performance partecipata e dall’altra un’opera installativa, composta non soltanto dal kit ma anche, alla fine, dai “tempi” manipolati (o meno) dal pubblico. Durante l’evento, infatti, è come se si generasse una mostra degli elaborati, ed è un esito molto interessante, perché è come se si arrivasse a un punto oltre il quale il lavoro del singolo entra in dialogo con quello di un altro, divenendo una grande esperienza corale. Si genera, in altre parole, un’esposizione di opere fatte nel tempo e di tempo.

Questo gioco di conversione del tempo da immateriale a materiale pone all’attenzione la pratica della manipolazione: c’è sottesa una riflessione in merito alla possibilità dell’uomo di poter maneggiare il tempo, di averne in qualche modo il controllo?

«Il tentativo è quello di portare all’attenzione due questioni opposte ma complementari: da un lato l’idea di poter manipolare il tempo e dall’altro la riflessione su quanto sia il tempo a manipolare noi. Tra le due c’è relazione, ma non vi è una risposta a senso unico. Durante l’esperienza è interessante vedere come spesso le persone si trovino prese alla sprovvista, non rendendosi conto che il timer è agli sgoccioli. Ciò rivela quanto il tempo sia un soggetto che va in relazione con le persone e che la nostra idea di mondo perfettamente coordinato e organizzato è in realtà un’illusione: il tempo fa emergere smagliature ed è lì che l’uomo scopre di non avere il pieno controllo».

Mi torna in mente una frase che Jack Kerouac  fa dire a Dean Moriarty in On the road: «Ma noi abbiamo la nozione del Tempo. Tutto va avanti da sé. Potrei chiudere gli occhi e questa vecchia macchina se la caverebbe da sola». Sal e Dean (ovvero Jack e Neal Cassady) viaggiano incessantemente per smettere di inseguire il tempo, ma lasciarlo scorrere: sembrano così suggerire che arrendersi all’incontrollabilità del tempo sia il vero potere dell’uomo su di esso. In altre parole, invitano a “perdere tempo” per essere davvero liberi, inconcepibile nella società odierna. Come pensi l’arte possa resistere alimentando il valore del perdere tempo?

È vero quello che dici, l’obiettivo è proprio creare un momento di sospensione del tempo per come siamo soliti pensarlo, per prenderselo e viverlo e basta. È curioso perché diventa una forma di apparente contraddizione: pur regolati da un timer, i partecipanti attraversano un momento di totale gratuità e libertà.

Sul come l’arte possa resistere e continuare ad alimentare la sua pratica di “sospensione del tempo” non credo di avere risposte, perché non esistono regole generali. Sono convinta che ogni artista debba fare delle scelte autonome capaci di dare, nel loro piccolo, una possibilità diversa dal reale, un’alternativa: se tutto va in una certa direzione e secondo una data maniera, si può ancora continuare ad affermare che esistono indirizzi e modi diversi di vivere e pensare. Sono le persone stesse, quindi, a essere l’alternativa. Io in quanto artista non penso di poter cambiare il mondo, ma posso mostrare che la trasformazione e altri punti di vista esistono e sono possibili.

‘1 secondo, 1 grammo’ di Luisa Turuani

Quali sono i tuoi riferimenti teorici e quali le tue ispirazioni estetiche?

È da molto che studio il tema, attraversando vari autori, ma forse la figura determinante, che ha fatto scoccare la scintilla per l’ideazione del progetto, è Tarkovskij con il suo Scolpire il tempo. Si tratta di un testo sul cinema e si può dire che 1 secondo, 1 grammo abbia avuto origine proprio da qui: io ho studiato scultura, ma a un certo punto mi sono avvicinata al video, chiedendomi quale potesse essere il nesso tra le due arti. Leggendo autori come Walter Morch e Eros Juger, giusto per citare due esempi, e lavorando al montaggio video – in cui si ha a che fare con blocchi di tempo che si spostano come fossero cubetti di materia – ho preso sempre più coscienza della questione. L’esito finale è un file digitale, ma “sovrapposizioni”, “incastri”, “taglia” e “incolla” sono tutte terminologie fisiche, scultoree. Tornando a Tarkovskij, è stato fondamentale non solo per l’idea ma anche da un punto di vista di metodo: nel testo pone domande su come lavorare, quanto un artista si può esporre o quanto deve preoccuparsi dei gusti altrui. È stato insomma il libro giusto al momento giusto.

Mi collego al tuo interesse per il video, per entrare nel merito della tua ricerca attorno alla relazione tra digitale, performativo e scultoreo. In che termini studi questo rapporto e come si concretizza in 1 secondo 1 grammo?

Da quando ho iniziato a lavorare nell’arte ho sempre trovato una divisione tra materiale e immateriale. Ora la situazione è mutata ed è evidente come in realtà scultoreo e digitale si muovano sullo stesso piano e credo che la natura del tempo mostra l’unione tra i due aspetti. Molti autori scrivono che è impossibile dare una definizione di ciò che è il tempo, sebbene noi siamo fatti di tempo. Da questo presupposto son partita per mettere in dialogo il fisico e l’immateriale.

Nella performance si crea inoltre un contatto con le persone: una volta una signora mi ha chiesto quasi “due chili di tempo” e nell’atto della conversione mi ha detto che era il peso di suo figlio appena nato. In quel momento ho capito come anche solo quel semplice gioco di trasformazione potesse rendere possibile altre diverse conversioni e connessioni. Diventa, in altre parole, un’occasione per far emergere storie, ricordi e racconti personali; un modo per connettersi a una vita. Da un punto di vista relazionale diventa interessante perché si tratta di un progetto molto scientifico, di conversioni numeriche, ma proprio per la sua struttura elementare, lascia spazio a risposte inaspettate.

Ogni partecipante è solo con il proprio tempo-materia, che poi andrà a condividere con gli altri. C’è forse un rimando alla relazionalità contemporanea dei Social Network in questa operazione?

Si, c’è una dimensione social in questo trovarsi in una situazione e vivere un’esperienza molto personale, che poi viene condivisa. Un esito non scontato e molto curioso è stato che, in questo contesto in presenza e collettivo, alcune persone regalassero del tempo agli altri.

In conclusione: proseguirai a lavorare sul concetto di tempo? Hai nuovi progetti in programma?

Innanzitutto 1 secondo, 1 grammo ha avuto e avrà varie tappe, anche all’esterno, come Locarno, Bruxelles e Zurigo. Sto inoltre lavorando a un piccolo libro, che raccoglierà diversi materiali e riflessioni tratti dai diversi appuntamenti. Il testo è stato presentato in occasione della performance a Zurigo in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura. Nel frattempo, tra gennaio e aprile, ho lavorato a una versione a domicilio del progetto: si tratta di un pacchetto da 5 minuti – quindi una pallina di 200 grammi d’argilla che si tiene nel palmo di una mano – inviata via posta insieme a un timer e a delle istruzioni. Come nel caso del tavolino nella performance collettiva, anche il pacchettino ha sia una valenza pratica che estetica. Si tratta di una versione più intima e devo dire che mi sta dando molte soddisfazioni. Oltre a 1 secondo, 1 grammo, sto immaginando altri progetti legati al tema del tempo, ma in una forma diversa, meno diretta, tra disegno, video e audio.