Poesia operaia

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apertura libri agosot settembre bugani-01-giuliano«C’è differenza, tra fare e non fare. Io l’ho fatto, il soldato. Di leva. Mi hanno levato un anno. Della mia vita». Inizierei da Terremoto per parlare di Anarkoressia di Giuliano Bugani, edito da Bébert Edizioni, neonata casa editrice bolognese capitanata da Matteo Pioppi, giovane reggiano emigrato sotto le torri con buone intuizioni letterarie e tanta voglia di ripartire dalle parole necessarie.

Un libro operaio quello di Bugani, una miscellanea di poesia, rivoluzione e sentimenti ridotti all’osso dove la rabbia talvolta si sprigiona attraverso invettive politiche e mette in luce ferite mai rimarginate di un Paese al collasso. Come anticipato in apertura, sovvertendo o invertendo l’ordine dei fattori, comincerei dall’anima più dolce e malinconica di Bugani, quella di Terremoto nella quale la poesia diventa intimo scampolo di vita, memoria privata e sociale. Ed è quella che ci piace. A differenza Anarkoressia si riempie di slogan come in Fabbrika, componimento dedicato a Luca Disarò, impiccatosi dopo aver perso il lavoro di operaio. Qui versi come «Figli di puttana. Ma se un giorno troveremo barrikate davanti ai nostri cancelli, sapremo che Dio è morto», dove le K prendono il posto delle conformiste C, non riescono a fornire la rivoluzione del linguaggio gramsciana tanto auspicata e invano cercata. Sono solo funzionali ad un tardo revanscismo dell’epoca del proletariato armato che, in tempi privi di substrato culturale e politico, perdono senso.

Tutto Anarkoressia sembra essere un altalenarsi tra malinconia e ferocia contro la barbarie. Gli angoli luminosi di questo libro rimangono comunque tanti e illesi, anche se, purtroppo, a volte sono da ricercare sotto un linguaggio che assume i connotati di manifesti politici e che richiama, in certi punti, il gusto e la struttura di lavori affini al Gruppo 63, come in Sanguineti e in Balestrini, ma senza una reale ricerca di rottura linguistica. Quindi viene piuttosto suscitato un effetto allucinatorio dove i testi sembrano quelli scritti da Giorgio Canali, chitarrista dei CCCP.

Si sente la mancanza di un lavoro di editing. E alla seconda edizione, a nostro parere, dovevano essere esaltati gli elementi della poetica di Bugani in relazione alla crescita della sua scrittura poetica.

Rimangono i contenuti: temi di una ferocia inaudita, lo shock di mostrare il sangue delle vittime, il tempo perduto e un concetto di politica da ripristinare attraverso dialogo e non spari all’impazzata. Confessa Bugani nelle note introduttive: «La poesia non è l’entità che deve dare risposte. La poesia è la risposta».

MARCO BOCCACCINI