Visto da noi: Esterno notte di Marco Bellocchio

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Al di là della politica ma senza dimenticare la politica, avendo cioè presente intimamente che prima di quella c’è sempre qualcosa (l’esistenza e l’esserci) o qualcuno (noi tutti consapevoli o inconsapevoli, protagonisti o comparse) che la genera e la informa.

Marco Bellocchio torna sul caso Moro e se nel 2003 con Buongiorno, notte era penetrato nel cuore del rapimento, artisticamente traslando il racconto di una delle sue protagoniste, ora in Esterno notte, come in calco, recupera ciò che all’esterno di quel nucleo si muoveva, tra imbarazzo e condivisione, confusione e oscuri calcoli, tutto ciò a cui i quasi quarantacinque anni da allora trascorsi hanno cercato di dare (con non molto successo) forme meno confuse.

Come nel precedente racconto, anche qui tutto ruota attorno a quella tragica primavera del 1978 (storicamente e politicamente solo un ieri), tra il 16 marzo dell’eccidio di Via Fani a Roma e del rapimento del presidente della DC da parte delle Brigate Rosse e la sua uccisione, con il ritrovamento della famosa Renault Rossa con il suo cadavere in Via Caetani, sempre a Roma.

Un tempo già dilatato a un prima che ripercorre gli ultimi momenti della trattativa guidata da Moro per coinvolgere al Governo il PCI di Berlinguer, con le sorde opposizioni di apparati dello Stato inquinati che sembrano anticipare l’esito tragico.

Ma invece che dentro, il racconto si svolge all’esterno di quella tragica prigione, agli eventi di un esterno opaco come la notte (molti ricorderanno al riguardo lo storico programma di Sergio Zavoli La notte della Repubblica), che forse ne ha determinato o quanto meno condizionato quello stesso esito.

E più che sulle dinamiche storiche e politiche, ancora da chiarire fino in fondo, lo sguardo cinematografico ed estetico di Bellocchio sembra man mano concentrarsi sull’umanità di alcuni dei principali protagonisti di quella stagione e di quell’evento, che è stato e rimane un discrimine tra un prima e un dopo che si deforma.

A partire da Aldo Moro, quasi cercando e sperando, in quella umanità trasfigurata dalla narrazione cinematografica, una verità o anche una semplice motivazione/giustificazione di quanto accadde, una luce che si cerca di accendere sulla catena di quegli eventi.

È un po’ come nella scultura, ricostruire la matrice di una statua perduta e dimenticata per recuperarne le forme più autentiche.

Fianco a fianco, in questo lavorio di scavo e prospettiva, emergono le figure dei principali protagonisti di una mancata liberazione, forse una opportunità per qualcuno, certo una sconfitta tragica per molti.

Insieme a loro, quasi testuggini schierate a difesa dei propri privilegi, la cinepresa di Bellocchio indugia a volte a lungo su questi schieramenti di uomini, rigorosamente solo uomini, di potere, rigidi, freddi e lontani da ogni condivisione. Immagini anche queste a contrasto rispetto alla ricerca della intimità che il film sembra spesso tentare.

Così scorrono le anime e le menti, più che i corpi, di Andreotti e Cossiga, di Paolo VI e Zaccagnini, anime e menti che si agganciano, ciascuna per la sua diversa natura, al problema dell’assenza, al dolore e al lutto per chi è stato rapito.

Con i politici man mano ombra di sé stessi, quasi opachi esecutori sballottati tra forze contrapposte, interne ed esterne, ovvero il Papa che cerca la salvezza dell’amico Aldo anche attraverso la via della trattativa segreta e del riscatto miliardario, senza successo. Rimangono nella storia le parole impotenti di quest’ultimo, di cui il film ripercorre encomiabilmente la genesi “Mi rivolgo a voi, uomini delle Brigate Rosse…”.

Ne nasce l’immagine di un meccanismo che supera quasi le loro volontà, anche quando sembra guidarle o esserne guidato, un meccanismo che si è mosso e si muove comunque verso un esito forse non voluto ma già scritto, nel momento stesso in cui ucronicamente se ne tratteggia l’alternativa possibile, anche senza prendere esplicita posizione intorno alla polemica tra trattativa e fermezza che allora avvampò, ma solo mostrandola.

Infatti, riprendendo in fondo il sogno della terrorista di Buongiono Notte, il film si apre con un Aldo Moro ritrovato vivo e in ospedale, tra lo sconcerto degli altri.

Un potere che si mostra compatto, senza esserlo, e con un unico volto rigorosamente maschile come nelle improvvise apparizioni che costellano il film, schiera di potenti e di loro adepti, ciascuno dei quali però paga a quel potere un tributo in termini di umanità a partire dall’assenza evidente di donne tra di loro.

Un potere all’apparenza compatto e solido ma in cui proprio quell’assenza evidente, in un periodo di grandi rivolgimenti sociali che proprio molte donne stavano promuovendo, segna le prime crepe che Bellocchio artisticamente così sembra evidenziare.

Ma, io credo, proprio per questa evidenza e per ciascuno di questi personaggi, c’è una sorta di deuteragonista in controscena nel racconto, all’apparenza ininfluente e sempre sulla soglia della irrilevanza, ma in realtà essenziale per definire, quasi sfondo o riflesso rivelatorio e portatore di senso, quell’umanità che si riversa nelle scelte e nelle decisioni della politica (almeno così un tempo accadeva).

Questo deuteragonista è la presenza femminile che va imponendosi sia in modo attivo, come la moglie e la figlia di Aldo Moro, custodi in fondo e poi testimoni del futuro che a lui verrà a mancare, sia passivo, come la moglie di Cossiga, la cui assenza enfatizza in lui la quasi patologica solitudine interiore.

Poco il tempo per loro in questa prima parte, ma a mio avviso già essenziale per rintracciare uno spessore di umanità che rimane comunque anche se rimosso o addirittura scotomizzato.

Un bel film che guarda dove pochi hanno guardato e che anche per chi, per età, era allora testimone della storia, è fonte di nuove suggestioni e scoperte, su cosa era allora e su cosa è profondamente cambiato nell’oggi, rispetto ad un evento che ancora brucia e non s’acquieta nelle coscienze dei più avveduti.

Fabrizio Gifuni è un Aldo Moro straordinariamente ‘credibile’ e intenso, ma con lui tutti gli altri protagonisti danno ottima prova.

Marco Bellocchio si conferma uno dei pochi registi capaci di guardare il reale negli occhi senza piattezza e senza retorica, capace cioè di raccontarlo artisticamente nell’intento di farne emergere non una idea precostituita o preconcetta, ma l’idea del mondo che solo dentro quello sguardo si forma, per lui e per lo spettatore.

Un importante appuntamento che attendiamo di completare il prossimo nove giugno con la seconda e ultima parte, in sala prima del passaggio in tv.

ESTERNO NOTTE. Regia: Marco Bellocchio. Attori:Fabrizio Gifuni, Margherita Buy, Toni Servillo, Fausto Russo Alesi, Gabriel Montesi, Daniela Marra,Vito Facciolla, Paolo Pierobon, Fabrizio Contri, Pier Giorgio Bellocchio, Antonio Piovanelli, Bruno Cariello, Gigio Alberti, Emannuele Aita. Durata:160 min. Distribuzione:Lucky Red. Sceneggiatura:Marco Bellocchio, Stefano Bises, Ludovica Rampoldi, Davide Serino. Fotografia Francesco di Giacomo. Montaggio: Francesca Calvelli. Musiche: Fabio Massimo Capogrosso. Produzione:The Apartment, società del gruppo Fremantle, in collaborazione con Rai Fiction, in coproduzione con Arte France.

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Ho conseguito la Laurea in Estetica al DAMS dell'Università di Bologna, con una tesi sul teatro di Edoardo Sanguineti, dando così concretezza e compimento alla mia passione per il teatro. A partire da quel traguardo ho cominciato ad esercitare la critica teatrale e da molti anni sono redattrice e vice-direttrice di Dramma.it, che insieme ad altri pubblica le mie recensioni. Come studiosa di storia del teatro ho insegnato per vari anni accademici all'Università di Torino, quale professore a contratto. Ho scritto volumi su drammaturghi del 900 e contemporanei, nonché numerosi saggi per riviste universitarie inerenti la storia della drammaturgia e ho partecipato e partecipo a conferenze e convegni. Insieme a Fausto Paravidino sono consulente per la cultura teatrale del Comune di Rocca Grimalda e sono stata chiamata a far parte della giuria del Premio Ipazia alla Nuova Drammaturgia nell'ambito del Festival Internazionale dell'eccellenza al femminile.