PerformAzioni – International Workshop Festival. Intervista a Instabili Vaganti

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Nicola Pianzola e Anna Dora Dorno

 

Dopo l’anteprima a Valsamoggia, l’intenso viaggio interculturale compiuto dall’undicesima edizione di PerformAzioni – International Workshop Festival ideata e organizzata dalla Compagnia Instabili Vaganti entra nel vivo a Bologna e a Casalecchio di Reno (BO), dove fino a sabato 17 settembre sono in programma incontri, concerti e spettacoli di artisti provenienti da Italia, Spagna, Senegal India.

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L’approccio interculturale considera e mette in relazione le peculiarità, laddove quello transculturale indaga ciò che ci accomuna, prima e al di là di ogni differenza. Quale fil rouge lega le proposte del vostro Festival?

Anna Dora Dorno: Il fil rouge che lega le proposte del nostro Festival quest’anno è quello della rappresentazione della “ricchezza culturale”. Di fronte a un mondo che si uniforma sempre più a modelli e stereotipi semplicistici, spesso veicolati attraverso i social network, crediamo che il teatro possa ancora esprimere la complessità, elemento che racchiude in sé diversità e differenze, come aspetti positivi, arricchenti, e cioè come nutrimento capace di far crescere una proposta artistica e culturale e, allo stesso tempo, la comunità che ne prende parte, rendendola inclusiva, multiculturale e variegata.

Questa idea, che caratterizza il nostro modo di rapportarci a tradizioni e culture differenti, contiene quindi sia un approccio interculturale che transculturale e si manifesta nel nostro festival attraverso proposte variegate legate, in modo diverso, al nostro progetto internazionale Beyond Borders.

Beyond Borders è nato durante il lockdown con l’obbiettivo di superare ogni tipo di confine: tra le arti, stilistico, culturale, geografico, linguistico, di genere, di pensiero, e soprattutto di creare una comunità internazionale, multidisciplinare e cosmopolita capace di condividere progetti artistici e di creazione. Un obbiettivo utopico che tuttavia, se pensato limitatamente a specifici momenti di condivisione come quelli creati all’interno di un Festival, può diventare reale, creando un “luogo buono” non solo inteso dal punto di vista spazio-temporale ma anche metafisico e filosofico. Una Utopia che si realizza, anche solo per un attimo, e cioè un’Eutopia.

Tutti questi concetti si estrinsecano praticamente nel programma del nostro Festival combinando, da una parte, le proposte degli artisti che abbiamo conosciuto durante le tappe di lavoro all’estero e che ci hanno colpito proprio per la loro unicità, il legame con la tradizione di appartenenza e la specificità delle pratiche performative di riferimento. Mi riferisco in particolar modo, da una parte, al concerto delle Tetseo Sisters, di musica tradizionale Naga, e agli spettacoli di danza classica indiana ideati e coreografati da Anuradha Venkataraman, dall’altra, invece, a progetti di ricerca e sperimentazione che ci hanno portato ad indagare appunto “ciò che ci accomuna”, mettendo a confronto pratiche, tematiche e tradizioni differenti, al fine di creare un linguaggio comune per la creazione condivisa. È il caso per esempio dello spettacolo Dante Beyond Borders, che abbiamo co-prodotto con Ahum Trust – India, grazie al supporto degli Istituti Italiani di Cultura di Mumbai e New Delhi, in cui il linguaggio del corpo e quello poetico diventano gli strumenti principali di dialogo tra tradizioni e pratiche artistiche estremamente diverse fra loro.

 

Anuradha Venkataraman_ ph Ashwin Iyer

 

Il titolo di questa edizione è Il cerchio in espansione, che può evocare la possibilità di trascendere una forma attraverso la forma stessa. È così? Se sì: come ciò si realizzerà, davanti agli occhi del pubblico?

Nicola Pianzola: Ci ha molto colpiti questa immagine del “Cerchio in espansione” che è emersa durante gli incontri online del nostro progetto Beyond Borders grazie all’apporto del filosofo e ricercatore Enrico Piergiacomi. Una forma che trascende la forma stessa che ha confini mobili, capaci di aprirsi per includere quello che è appunto al di là del confine stesso. In pratica rappresenta la ricerca o anche l’azione rituale nel suo aspetto partecipativo. La partecipazione è proprio uno degli altri elementi fondamentali in questa edizione del Festival, che ha previsto quattro percorsi formativi completamente gratuiti e aperti a tutti ma anche incontri e discussioni con gli artisti. Un progetto quindi aperto che mira ad instaurare un dialogo con il pubblico ma anche con gli operatori, gli studenti e gli appassionati.

Sabato 17 settembre al Teatro Laura Betti di Casalecchio di Reno andrà in scena, in prima nazionale, Dante Beyond Borders, co-produzione italo indiana ispirata alla Divina Commedia. In questi ultimi mesi e anni abbiamo visto Dante in tutte le salse, potere degli anniversari. Quale peculiarità ha la vostra trasduzione e quali sorprese artistiche vi ha portato, l’incontro con questo testo?

Anna Dora Dorno: Credo che la peculiarità di questo lavoro consista appunto nel dialogo interculturale che si è generato lavorando con la danzatrice classica indiana Anuradha Venkataraman, ma anche nella sperimentazione dei linguaggi che vengono portati in scena. Il progetto nasce come trasposizione scenica del lavoro portato avanti in video attraverso la web video serie VideoDante #India e quindi è permeato di aspetti legati alle arti visive e cinematografiche. L’uso del video in scena è di fondamentale importanza per noi perché rappresenta l’elemento di separazione e allo stesso tempo di congiunzione tra due mondi, quello reale e quello virtuale, quello presente e quello passato, ma anche quello terreno e ultraterreno, che si ritrova non solo nell’opera dantesca ma anche nella tradizione dei grandi poemi epici indiani come il Ramayana e il Mahabharata.

 

Dante Beyond Borders

 

Le attività laboratoriali del vostro “Workshop Festival” sono rivolte solo a persone con esperienza o a tutt_? Come e quando ci si può informare ed eventualmente iscrivere, ai percorsi di quest’anno o dell’edizione 2023?

Anna Dora Dorno: I percorsi formativi del Festival sono rivolti a tutti, non solo a giovani artisti interessati ad accrescere la propria formazione ma anche a chi è incuriosito dai percorsi presentati e vuole entrare a far parte della comunità che si crea attraverso il Festival. Anuradha Venkataraman, per esempio, ha diretto sia un percorso per principianti sia per danzatori già praticanti sull’antica danza indiana Bharatanatyam.

Cosa non è possibile insegnare, dell’arte segreta dell’attore?

Anna Dora Dorno: La passione. Credo che sia possibile trasmettere una pratica, delle tecniche e anche una disciplina e un metodo di lavoro, e che, invece, la passione verso il Teatro debba già essere presente in un allievo e che un bravo maestro possa solo aiutarlo a manifestarla. 

Con quale precisa attitudine suggerite di approssimarsi alle proteiformi proposte di PerformAzioni?

Anna Dora Dorno: Credo che l’attitudine migliore sia quella dell’ascolto. Credo che ascoltare significhi in un certo qual modo anche comprendere e apprezzare. Porsi in ascolto è sicuramente un atteggiamento di apertura, che porta ad un cambiamento in sé stessi, capace di generare emozione.

 

Teatro Nucleo, Kashimashi

 

Infine: quali cambiamenti nella ricezione del vostro Festival avete registrato, in questi anni? E quale desiderio avete, in tal senso, per il futuro?

Nicola Pianzola: In questi anni il nostro Festival è cambiato molto, si è allargato sia a livello territoriale che in termini di collaborazioni, ma ha sempre mantenuto la sua vocazione internazionale. Siamo partiti da soli, dalla nostra sala di lavoro, in periferia a Bologna, dove condividevamo per lo più alcuni percorsi formativi legati alla nostra ricerca e a quella di colleghi di cui stimavamo molto il lavoro, tra cui anche alcuni nostri maestri, per spostarci poi quasi completamente all’Oratorio San Filippo Neri, in pieno centro a Bologna, dove abbiamo realizzato delle vere e proprie residenze artistiche e cominciato anche a ospitare alcuni spettacoli, grazie alla collaborazione con Mismaonda e il sostegno della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna. Quest’anno il Festival si è allargato ancora ad altri territori della città metropolitana di Bologna: Valsamoggia, comune dove abitiamo che ci ha sostenuti in questa impresa e dove abbiamo voluto portare il nostro sguardo internazionale e Casalecchio di Reno, dove chiuderemo il Festival con lo spettacolo Dante Beyond Borders, grazie alla collaborazione di ATER Fondazione.

Il nostro desiderio è quello di riuscire a dare continuità al Festival e di portare avanti le collaborazioni intraprese per poter ospitare sempre più artisti internazionali che difficilmente è possibile vedere in Italia.