In bilico con Marcos Morau, in Pasionaria de La Veronal

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ph Alex Font

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In bilico: si potrebbe così sintetizzare, Pasionaria de La Veronal, creazione ideata e coreografata da Marcos Morau incontrata domenica 7 aprile al Teatro Rossini di Pesaro per la Stagione Capitale Danza di Pesaro capitale italiana della cultura 2024, nata dalla rinnovata collaborazione tra Comune di Pesaro e AMAT.

Il celebre e celebrato artista spagnolo costruisce un dispositivo, sorta di mobile performativo e performante à la Alexander Calder, che senza posa si costituisce di e in equilibri sempre mobili che stanno sul filo della (apparente) precarietà.

In bilico, appunto.

In questa breve nota proverò almeno a nominare, senza pretesa di esaustività, tre coppie di opposti che emergono da questa popolata creazione.

 

ph Alex Font

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PRESENTAZIONE / RAPPRESENTAZIONE

La scena è circondata da un algido neon bianco: una cornice che rende quadro, dunque luogo per antonomasia della rappresentazione, l’azione agita nel qui e ora, da otto corpi biologici, in un luogo materico che un po’ ricorda uno scantinato da film espressionista in bianco e nero e un po’ si manifesta come spazio bianco, finanche astratto.

Analogamente, la qualità di movimento delle Figure danzanti evoca a tratti un immaginario post-umano, finanche robotico, a tratti vale in quanto semplici punti e linee in esistenza e consistenza dinamica nello spazio (Merce Cunningham avrebbe apprezzato).

Morau, in questo, è un maestro: puntualmente suggerisce immagini e immaginari riconoscibili e subito li destruttura, lasciando allo sguardo una teoria di puri significanti.

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REALTÀ / IMMAGINARIO

La formazione di Morau, tra danza, teatro e fotografia, si esprime anche in una delle ontologiche contrapposizioni di quest’ultima disciplina: documentazione della realtà vs costruzione di immaginario.

Anche il cielo mutante al di là della grande finestra sul fondale alternativamente evoca il procedere diacronico e il collocarsi al di là del tempo.

Questo spettacolo non pacifica, pone senza posa in dubbio le categorie interpretative di ciò che si sta esperendo.

UMANO / ULTRAUMANO

Il punto centrale di questa creazione rimane il rapporto sempre dialettico tra la dimensione umana e ciò che la eccede: sia dal punto di vista delle passioni evocate nel titolo (nomen omen) in contrapposizione alla glaciale disumanizzazione di alcune Figure (a partire dal nascondimento dei volti, luogo con cui convenzionalmente si identifica l’ecceità della Persona), sia nelle molteplici consistenze dinamiche e toniche dei corpi (ad alternare flessuosità organiche e segmentazioni robotiche), che agiscono in campiture monocrome in bilico tra le luminescenti rarefazioni metafisiche di James Turrel e un cupo ballet d’action dal sapore postmoderno.

 

ph Mario Zamora

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