Anello della Luna sul Trebbio

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Link per consultare il percorso. 

L’arte di sacrificarsi per trovare il proprio sole 

Quando ci sono le nuvole è normale ambire a una giornata di sole. E se ci venisse chiesto di sacrificarci per scacciare via il grigio dal cielo, tutti diremmo d’essere disposti a farlo; ma, se questo si dimostrasse più duro del previsto, pochi riuscirebbero a perseverare nei propri sforzi.

Se dovessi descrivere ciò che mi sono portato a casa da questo Giretto, lo definirei proprio così: incontrare Davide e la sua famiglia – con la quale porta avanti l’attività in cui mi sono fermato a fine trekking, sentire le loro storie riguardanti la nascita della Luna sul Trebbio, mi ha dato la sensazione di aver di fronte reali esempi di chi si è sacrificato per trovare il proprio sole.

I soli variano da persona a persona, certo, e alcuni sono oggettivamente più facili o difficili da raggiungere rispetto ad altri; tuttavia, spesso non è qui che risiede la differenza, bensì nell’atteggiamento assunto per raggiungerli, di qualunque entità essi siano. E di carattere da vendere la famiglia Di Domenico me ne ha dimostrato tanto.

Tuttavia, non è la prima che incontro con questa caratteristica; nonostante ciò, l’incontro con loro è stato una piacevole boccata d’aria fresca. Un piccolo remind di come, senza una goccia di sudore versata, la soddisfazione per un obiettivo raggiunto la si gusta solo a metà; di come a volte, anche se ci si è dovuti piegare sotto la pesantezza degli sforzi richiesti dalle proprie ambizioni, quel dolore sia dopotutto costruttivo: nelle facce stanche a fine servizio di Davide e sua madre ho visto, bello raggiante, un sorriso soddisfatto che non richiede alcuna spiegazione. Bello raggiante come il sole che sono riusciti a strappare alle loro nuvole.

 

 

Partenza 

Il Giretto n.8 lo possiamo considerare il riflesso del primo, poiché tocca la cima della Pietramora in cui ci sono il Castellaccio e le Grotte delle Fate. In poche parole, l’anello si sviluppa sul colle di fronte: il Trebbio.

Come punto di partenza prendiamo di riferimento il parcheggio del Camping La Luna sul Trebbio. Lasciata qui la macchina, scendiamo sulla strada e andiamo a sinistra, seguendo il tratto asfaltato (in direzione Santa Lucia) per qualche centinaio di metri; arrivati alla casa con n. civico 29, svoltiamo a sinistra nel sentiero diretto verso il bosco che affianca l’ingresso.

Qui ci immergiamo nel primo dei più sentieri alberati che incontreremo lungo il percorso, ambienti in cui passeggiare riesce a donare molta serenità. Andando dritti per un po’ incontriamo uno spiazzo che lascia perdere leggermente le tracce del sentiero: qui proseguiamo dritti e lo ritroveremo ben segnato, pronto a farci scendere abbastanza vertiginosamente di quota. Dopo un’altra piacevole immersione nel bosco, affiancata da immense pareti rocciose – ma anche condita di qualche scorcio di panorama selvaggio, ci troveremo di fronte a un altro ampio prato in salita.

Seguendo il sentiero che lo affianca sulla sinistra, arrivati in cima alla breve salita troveremo una prima casa sulla nostra a sinistra, sotto la quale c’è una sorta di bivio: proseguiamo dritto lungo il sentiero tracciato – dunque tenendo la destra del bivio, e che quindi si sviluppa lungo il percorso passa sotto essa. Poco più avanti troveremo una seconda casa mezza diroccata, che affiancheremo lungo la mulattiera che la affianca alla sua sinistra.

Da qui inizia un sentiero che sale leggermente e che, per seguirlo correttamente, ci basterà tenerci alla nostra sinistra i filari di viti. Questo fino a che, dopo un breve spiazzo d’erba medica che sostituirà i filari come nostri compagni a sinistra del percorso, ci troveremo a oltrepassare un cancello: qui sbuchiamo sulla Via Ceparano, di fianco alla casa con n. civico 8.

 

 

Verso la Torre di Ceparano

Dopo una meritata sosta, prendiamo la destra sul tratto di strada di fronte a noi. Questa strada sterrata ci porterà di fronte ai ruderi della Torre di Ceparano, e la percorreremo per un po’ di tempo. Tuttavia, segnalo volentieri una piccola salitina a sinistra dopo 5 minuti dalla ripartenza, che con un ciottolato rosso ci porta a un meraviglioso skyline con protagonista Modigliana.

Torniamo al percorso: dopo circa un quarto d’ora di percorrenza, la strada ci porterà di fronte a ciò che resta della Torre, che tuttavia non è la nostra prossima meta. Poco prima che inizi la salita verso di esso, all’altezza circa di un piccolo sistema idrico molto rustico, ci portiamo ai limiti dello spiazzetto che si trova alla sua – e nostra – destra. Da qui intercettiamo un sentierino stretto che in discesa percorre la cresta di un piccolo calanco: segnalato da alcune fasce riguardanti associazioni di trail che lo percorrono spesso, ci fa scendere vertiginosamente – qui bisogna prestare molta attenzione!

In fondo alla discesa ci troveremo immersi in un boschetto di cosiddetta “spagnera”, che ci introduce a un piccolo spazio che vede tre sentieri diramarsi a sinistra, dritto e a destra. Alla nostra sinistra, invece, un rustico ponte tibetano per oltrepassare il piccolo rio che sarebbe da guadare se ci fosse acqua.

In questo piccolo spiazzo noi prendiamo il sentiero che, dritto a noi, sale. Qui capirete cosa intendo quando dico che questo Giretto è il riflesso del primo: ci troveremo esattamente nello stesso punto di cui ho già parlato nel paragrafo “Il forcone del Diavolo” (qui il link).

Verso le antenne della Pietramora, passando da un antico ceppo di confine

Dopo la ripida salita del forcone ci troviamo nello spiazzetto contornato da ginestre: qui il percorso devia leggermente da quello spiegato nel primo Giretto. Adocchiate un palo con cartelli arancioni, e fatevi strada tra le ginestre che ricoprono il sentierino che parte alla sua destra.

Il percorso costeggia il crinale di Monte Torre e, prima di portarci al cospetto del prato di fronte ai ripetitori della Pietramora, ci dona un bel pezzo di storia: sulla sinistra troveremo un ceppo di pietra, all’apparenza senza significato ma che nasconde nella sua anonimità un fascino tutto suo. Ci troviamo di fronte a un ceppo di confine tra quelli che erano Stato Pontificio e Granducato di Toscana.

Maurizio, il nostro solito Cicerone per queste zone, ci afferma che nei dintorni ve n’erano presenti tanti altri; tuttavia, lungo i secoli sono stati asportati dagli abitanti delle campagne per farne altri utilizzi. A mio parere, questa parte del Giretto merita una sosta; sia per godere di questo reperto, sia per il bel paesaggio che si estende di fronte ad esso. Chiudendo gli occhi, di fianco ad esso sembra di poter respirare l’aria di un passato che non ci appartiene più.

Ad ogni modo, proseguendo poco oltre, il percorso a un certo punto virerà leggermente a sinistra, e qui troveremo una ripida – ma breve – discesa a destra del sentiero che ci porterà allo spiazzo ai piedi delle antenne. Proseguiamo in direzione di esse e, a metà della salita, prendiamo il sentiero che sulla destra interseca perpendicolarmente il nostro. Questo ci porterà a un prato che costeggia la strada provinciale, la quale – una volta intercettata – ci porterà dritti verso il parcheggio da cui siamo partiti, chiudendo così il nostro anello. In alternativa, si può proseguire verso il Castellaccio e le Grotte delle Fate, scendendo lungo la strada in discesa che porta ugualmente alla strada provinciale. Così facendo la strada si allungherà di una decina di minuti; fate vobis, in base a quanta energia e voglia avete ancora per camminare.

 

 

MAGNÊ

Come si sarà ben capito, il ristoro di questo Giretto è passato dal Camping La Luna sul Trebbio. Un luogo che fornisce un ampissimo ventaglio di esperienze: ristorante, alloggio (possibilità di camping, bungalow e simpatiche strutture in legno chiamate svernaze), piscina e campo da softair. Insomma, una realtà eclettica nei servizi che offre, e che dà l’idea d’essere attenta ad ogni singolo dettaglio.

La cucina è un mix di gastronomia molisana e romagnola: ciò è dovuto alla medesima amalgama della famiglia Di Domenico, in parte molisana e in parte romagnola. Oltre a dei taglieri che si fanno dare del voi, ci siamo poi buttati sulla prova del nove per ogni cucina regionale italiana: la pasta. Passando da due versioni di cappellacci (la prima con salsiccia, scalogno e sangiovese romagnolo; la seconda con ripieno di robiola e sugo di panna, spinaci, prosciutto e pinoli), abbiamo completato il tour gastronomico con i ciufelli (pasta corta di origine molisana) al ragù. Il tutto contornato da una gentilezza nel servizio che non conosce confini regionali, ma che è tipica di chi ha fatto del proprio lavoro una passione.

La serenità che si respira in questo posto è frutto di enormi sacrifici da parte dei genitori dei due proprietari (Giulia e Davide, sorella e fratello), che come mi hanno raccontato è frutto di un sogno dalle radici lontane: praticando l’amata arte di viaggiare tanto e vedere il mondo in tutte le sue sfumature, Nadia e suo marito hanno voluto riportare la magia dei Camping incontrati lungo le loro avventure; insieme, per molti anni hanno visualizzato nella loro mente la realtà che oggi Giulia e Davide hanno preso in carico.

Ciò che gli ha allungato il percorso è stata la burocrazia: per molti anni hanno dovuto subire rallentamenti su rallentamenti per la gestione del terreno, ma, con una forza di volontà la cui purezza si legge negli occhi di Nadia mentre lo racconta, l’8 luglio 2012 hanno finalmente aperto i cancelli del loro sogno.

Si conclude così un altro Giretto che, come ogni volta, ci rammenta di come dietro l’angolo di casa di possano trovare storie in grado di migliorarti la giornata.

Never stop exploring!

 

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Sono ragazzo faentino di 25 anni fortemente innamorato della propria terra, la Romagna. Le mie passioni principali sono viaggiare praticando trekking, cucinare e scrivere, ma soprattutto la costante ricerca dello stupore: è proprio quest’ultima mia tendenza ad essere la brace ardente che tiene viva la fiamma delle altre. Tutto ciò si traduce in una vita dinamica – a volte troppo – in cui cerco di voler scoprire sempre di più, di passare ininterrottamente da un’esperienza all’altra; e documentare ciò che scopro, cercando di trovare sempre il miglior modo possibile per esprimere le sensazioni che ho provato.