Anello San Pellegrino – Brento Sanico – Cava Pietra Serena

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Link per consultare il percorso QUI.

Ciceroni: Luca Marchesi e Anna Boschi.

Aspirare al cielo guardando il riflesso di una pozzanghera 

Se penso a Brento Sanico, non credo di poter trovare una frase più azzeccata di questo titolo; o meglio, se penso all’aria che ho respirato nelle due visite che gli ho fatto, nonché alle chiacchierate con chi sta combattendo per far tornare alla luce questo borghetto abbandonato definitivamente nel 1963. Aria fresca non perché in quota e respirata nel periodo autunnale, bensì perché anime del genere è raro trovarle in corsi affollati di città o sedute al bar del paese.

In Brento Sanico Luca e Anna – i nostri Ciceroni – hanno visto potenzialità degne d’essere valorizzate, il fascino di un borgo medievale solo un po’ nascosto dalla natura che, com’è giusto che sia, tende a riprendersi ciò che l’uomo abbandona.

Un borgo che non aveva bisogno di fiducia, ma d’essere amato tanto da impegnarsi con soldi e fatiche – sia fisiche che mentali – per essere riportato alla luce.

Con questo articolo invito chiunque a prenderlo in considerazione per una visita. Qui la meraviglia è un connubio inspiegabile tra astratto e concreto, dove gli occhi vengono appagati tanto quanto il cuore: ci si perde nei bellissimi boschi dell’appennino imolese, ma ancor di più nei racconti di chi, con lungimiranza, ha visto il cielo che questo borgo poteva essere dal riflesso della pozzanghera che era diventato.

Un’aspirazione che sta portando i suoi frutti, e che, un giorno, vi auguro di assaporare incrociando lo sguardo di chi vuole fare di questo posto casa propria.

 

 

Road to Brento Sanico

Arrivare a Brento Sanico è piuttosto facile. La macchina la lasciamo nel parcheggio del cimitero di San Pellegrino, sulla strada statale montanara imolese, località che incontriamo mezz’oretta dopo aver passato Castel Del Rio in direzione Firenzuola.

Una volta parcheggiata la macchina, attraversiamo la strada e arriviamo in fondo alla struttura formata dalla chiesa e la casa del custode: da qui parte il sentiero in salita, molto facile da scorgere e che subito regala panorami da immortalare.

Da qui la strada per Brento è una sola: seguendo dritto il sentiero arriveremo al borgo, che ci accoglierà con tanto di cartello di benvenuto.

Il borgo

Una volta arrivati siamo liberi di esplorarlo in lungo e in largo, sempre nel rispetto di chi ci abita.

Da vedere assolutamente la chiesa, di cui si sono conservati dettagli che lasciano senza fiato. Ad ogni modo, per questo Giretto non importa che descriva precisamente il luogo di maggior interesse: ci ha già pensato Luca, con la creazione di un tour virtuale del borgo visitabile QUI.

Con questa mappa, attraverso immagini a 360°, potete dare un’occhiata ai primi lavori effettuati: foto che risalgono a un paio d’anni fa, ma che già mostrano bene il progetto di rinascita in atto. Inoltre, il sito è provvisto di geolocalizzazione del borgo e contenuti aggiuntivi se vi farete prendere dalla curiosità.

La sua storia è assai affascinante. In breve, Brento nel medioevo era un possedimento degli Ubaldini di Susinana, signori della zona la quale veniva dominata dal loro castello sul Monte Caprile: fecero di questo luogo la loro dogana, in quanto ai tempi era sull’unica strada che collegava – in questa parte dell’Appennino – la Toscana ai territori emiliano-romagnoli.

Una storia durata fino a metà del secolo scorso (passando ad essere anche luogo molto famoso per le sue feste “sfrenate” negli anni ‘30, dove si dice che il divertimento non mancasse sotto alcun aspetto), terminata con l’abbandono dell’ultimo abitante nel ‘63.

Ad ogni modo, si possono trovare tante altre fonti su internet (nonché su un pannello informativo al centro del borghetto).

 

 

Luca e Anna

Questo paragrafo lo sento come dovuto ai nostri due Ciceroni, sia per onorare l’impegno che hanno messo per la rinascita di Brento, sia per dare un po’ di spazio ad esempi veri e propri di umanità e passione.

Luca, originario di Torino, si è stabilito in questa zona dopo la pandemia. Questo periodo ha messo tutti alla prova, facendoci rivalutare la vita e come vogliamo viverla: lui è uno dei pochi che ha avuto il coraggio di ascoltarsi e fare la scelta coraggiosa di amarsi, ma anche – come dice lui – per seguire il senso un po’ “fanciullesco” di poter contribuire a un mondo migliore.

Per Luca, Brento e i boschi circostanti sono “cellule di un tessuto sano, che come tali vanno coltivate, accudite, fatte crescere e messe in rete”. Una tipologia di tessuto sano che, oggi più che mai, è stata messa in risalto da un ambiente sociale sempre più crepato, inquinato, malato: in poche parole, qui si vuol ripartire con ciò che di buono abbiamo imparato come esseri umani.

“Fai ciò che puoi con ciò che hai e dove sei”: Luca non ha esperienze pregresse in questo campo, sta semplicemente “surfando le onde di una corrente, basata sul fatto che molta gente oggi ha capito che non sta bene nella società attuale ed ha bisogno di un riavvicinamento alla natura; una corrente che mi lascia vivere senza un obiettivo da seguire in maniera accanita, ma anzi con leggerezza, dal momento che ogni giorno che passa trovo riscontri positivi nella realtà che vivo e nelle persone che incontro”.

Anna, invece, si può considerare il cuore pulsante di questa rinascita: dopo una dozzina d’anni passata tra Alpi e Dolomiti, ha fatto ritorno nella sua Romagna e ai suoi Appennini. Qui ha riscoperto le meraviglie celate dai luoghi abbandonati da tempo, ma che ancora lasciano viaggiare l’immaginazione sulla brulicante vita che vi era un tempo: e Brento tra tutti ha particolarmente rapito il suo cuore.

Così nel 2016 si è decisa a far partire questo progetto, e dopo 8 mesi di disboscamento effettuato con alcuni amici prese contatti con Don Antonio Samorì – noto per il grande impegno messo nel risanare questo tipo di ambienti.

Il resto è storia, già magica nelle sue radici così come nelle prospettive, e che vi invito ad approfondire con la stessa Anna semmai vorrete saperne di più!

Ma qual è lo scopo preciso? 

Da come si può facilmente intuire, non c’è idea di fare business. Anche se l’obiettivo è quello di riportare la gente a viverci, l’ambizione di rinascita del borgo è studiata con cura: non si vuole creare un posto dove la gente può venire e andare per godersi un po’ di natura, ma dove venire a vivere nel più puro senso di civiltà, esente da tutto ciò con cui la società moderna macchia l’anima.

E di cosa si occupano i volontari? 

Lavori fisici sul campo, ovviamente, ma anche burocratici e di promozione: la ricerca di finanziamenti e costituzione di pagine web/social sono l’altra faccia della medaglia di cui occuparsi. E viene fatto con successo! Il progetto creato da Luca, Anna e Don Antonio ha già avuto la fiducia per essere finanziato.

Il primo degli obiettivi a lungo termine è l’auto sostenibilità del borgo: ristabilire varie colture – soprattutto di grani antichi – è uno dei principali step da raggiungere. Poi, tutto ciò che serve per un sostentamento sereno: soddisfazione di fabbisogno energetico e idrico vanno di pari passo, cose per cui già sono stati portati avanti i primi lavori necessari.

 

 

Verso la Cava Serena e chiusura del Giretto 

Brento si merita molta attenzione, ma il Giretto continua e il borgo ne è solo il checkpoint principale: da qui inizia un breve anello con meta Cava Serena e ritorno qui al borgo, da cui poi riprenderemo il sentiero d’andata per tornare verso la macchina.

In sé il tratto è molto semplice da seguire: tenendo alle spalle l’entrata della chiesa, andiamo verso il sentiero che si estende di fronte a noi addentrandosi nel bosco. Da qui, tra un paio di piccoli saliscendi e un fiumicello da guadare (se non è secco), arriviamo alla salita in direzione della cava.

Man mano che ci si fa strada grossi macigni e macchinari iniziano a contornare la strada, e il panorama prende sempre più le sembianze di qualcosa che sicuro Madre Natura non ha prodotto; ma, in fin dei conti, è affascinante. Si respira l’aria di un lavoro pesante, ruvido e distruttivo: particolarmente interessanti sono le vecchie strutture dei lavoratori ormai abbandonate.

Cava Serena prende il nome dalla pietra qui estratta, la cosiddetta “pietra serena”, una particolare arenaria usata per numerose costruzioni toscane (tante a Firenze!) ed emiliane.

Seguendo il percorso si passa sotto la Cava, ma attorno ci sono un paio di percorsi visibili che la contornano e che sicuramente permettono di averne una visione a 360°: farli è a discrezione di chi fa il Giretto, noi abbiamo continuato e siamo tornati a Brento per non perderci il pranzo comunitario.

MAGNÊ

Per mangiare ci siamo iscritti al pranzo comunitario effettuato dai volontari di Brento, che per portare un po’ più di attenzione alla rinascita del borgo hanno organizzato “Brento in Festa”. Una piccola festa con servito un piatto unico ma estremamente abbondante, gente che suona ogni tipo di strumento, età diverse che si scambiano opinioni nell’ambiente tipico di questi eventi: sereno, domenicale, capeggiato da sorrisi e cortesia. Non fatevelo scappare la prossima volta: per rimanere aggiornati sugli eventi di Brento potere seguire la pagina Facebook.

Se l’obiettivo dei volontari è ricreare un ambiente di serenità in natura – e anche se ancora c’è tanto lavoro da fare, di certo lo spirito l’hanno già cristallizzato nell’aura che si percepisce mettendo piede qui: insomma, se volete respirare aria fresca sia nei polmoni che nell’anima, fateci un salto per conoscere Luca, Anna, e chi quel giorno sarà lì deciso ad aiutarli.

L’impatto emotivo, che sia minimo o massimo, è assicurato: non ve ne pentirete 🙂