IL TRAGHETTATORE CAPOSSELA NELLA CITTA’ DI DANTE

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Siamo a Ravenna, casa del sommo poeta, Dante Alighieri, precisamente a Teatro Alighieri, meravigliosa cornice per spettacoli e concerti. Martedì 17 ottobre abbiamo partecipato alla seconda data nella città ravennate del Tour di Vinicio Capossela, “Con i tasti che ci abbiamo. Tredici canzoni urgenti in teatro”, concerto ispirato all’ultimo disco dell’artista, Tredici canzoni urgenti, uscito lo scorso 21 aprile, vincitore tra l’altro della Targa Tenco come miglior album in assoluto.

«Sono canzoni che non si sottraggono al tempo e che parlano da sé: – spiega Capossela – affrontano i temi del pericolo e della grazia, che viviamo in dimensione collettiva. Affrontarli insieme è meglio che affrontarli da soli. Uno spettacolo che non ha bisogno di maschere, scenografie e infingimenti, è un cuore messo a nudo, una radiografia a torace aperto. Soltanto riconoscendo la nostra finitezza possiamo costruire sui nostri limiti delle possibilità. Ed è quello che cercheremo di fare nei teatri»

Ci accomodiamo in platea, terza fila, decisamente postazione migliore non potevo desiderare. Sono le 21 e 15 circa e lo show inizia. Il sipario si apre e il menestrello Capossela e già pronto sul palco, accompagnato da talentuosi musicisti, Andrea Lamacchia (contrabbasso, basso elettrico, synth bass, rumori vari, cori), Piero Perelli (batteria, percussioni, cori), Daniela Savoldi (violencello, guiro, voce, cori), Alessandro “Asso” Stefana (chitarre, campionamenti, armonica, tastiere, pianoforte, cori), Raffaele Tiseo (violino, ribeca, tastiere, pianoforte, cori, arrangiamenti e direzione musicale) e Michele Vignali (sax tenore, sax baritono, flauto, clarinetto e cori) e il grandioso Taketo Gohara alla consolle come tecnico del suono.

Assistere ad uno spettacolo di Capossela è come entrare in un’altra dimensione, puoi aspettarti di tutto, non è solo un concerto fatto di musica, ma uno show teatrale fatto di parole e sentimenti che vengono a galla, grazie alla bravura dell’artista eclettico che ci ha regalato momenti di pura gioia ed emozione.

Gran parte dei pezzi fanno parte dell’ultimo album di Capossela come Sul divano occidentale, All you can eat, La parte del torto, Staffette in bicicletta, Il bene rifugio, Gloria all’archibugio, Ariosto governatore, La crociata dei bambini, (dove mi sono commossa) La cattiva educazione, Cha cha chaf della pozzanghera, facendoci immergere in una catapulta di mirabolanti emozioni che passano e trapassano attraverso l’animo umano che il cantautore ci ha raccontato, attraverso riferimenti letterari la storia dell’uomo e della società. Canzoni urgenti e necessarie appunto, in un periodo storico sempre più in declino, dove la musica, l’arte, il teatro e la bellezza hanno la capacità di reagire e hanno il dovere di combattere quest’oscurità donando luce.

“Il mondo cade a pezziIl gas sale alle stelleL’alluminio rincaraIl Brent impennaLa benzina si infiammaL’oro si rafforzaLa speranza si riduceMa tu sei
Il mio bene rifugio”
Intenso e poetico, quello a cui abbiamo assistito è stato un viaggio dove Vinicio come il traghettarore di anime nell’Inferno di Dante, Caronte, ci ha fatto navigare in queste acque, dolci in alcuni momenti, sorridenti in altre ma anche profondamente malinoniche e sensibili dove lo scopo è raggiungere lo spettatore in ogni sua sfaccettaura, così come la gigantesca luna appesa sul palco, di fronte a noi.
La denuncia della società, passando alla baronda è quello che vi attenderà. Un miscuglio realizzato appositamente, per creare stupore, ma non è solo questo, c’è la speranza di un mondo migliore dove l’umanità si è persa in qualche modo nelle atrocità che vediamo tutti i giorni davanti al nostro televisore o davanti ai nostri occhi, restando inermi sul nostro divano. Reagire a tutta questa barbaria è un diritto e dovere di tutto il popolo.

È un concerto che ha che fare con la sospensione dell’incredulità, quindi col mondo dell’immaginazione, perché l’immaginazione è la nostra grande opportunità di trasformare i limiti in possibilità…”

Non c’è una scaletta fissa in ogni concerto di Capossela, così come la formazione, che spesso e volentieri cambia, ed è questa la grande magia del maestro. Per l’occasione ospite d’eccezione Nadia Addis, grande artista circense e teatrale che sfoggia un meraviglioso spettacolo accompagnando Vinicio e la sua band sulle note di Zampanò. Tutto il pubblico è estasiato da tanta bellezza, con pezzi ripescati dal mar di repertorio di Capossela, come Il povero Cristo e Nostos, lo spettacolo inizia a scaldarsi con All’una e trentacinque circa, Che coss’è l’amor, Marajà, I Musicanti di Brema e L’uomo vivo (Inno al gioia), dove ci alziamo tutti in piedi e balliamo senza sosta, applaudendo le mani all’unisono con i tasti che ci abbiamo. Il teatro si è trasformato in un baccanale dove ognuno di noi era libero di cantare e danzare. Olè.

“Barcolla, traballa al cielo si solleva”

“Fino a che vita, che bellezza è la vita mai dovrebbe finirGioia, gioia, gioia, gioia, gioia, gioia”

Le sorprese non sono ancora finite, sul palco Vincio accoglie con grande affetto, Franco Severi, il custode dell’Associazione Musica Meccanica di Villa Silvia-Carducci a Cesena, che dal 1998, conserva, valorizza e diffonde la musica meccanica in Italia e all’estero. Un omaggio alla Romagna ferita, dove Severi con questo strumento a manovella intona le note di Romagna Mia, del caro Secondo Casadei e da veri romagnoli, forse un pò bifolchi e sterpigni, iniziamo a cantare tutti a squarciagola. Un momento davvero unico e irripetibile, dove ho sentito sulla mia pelle tutta l’unione e la forza di noi romagnoli e della nostra terra.

Dopo i vari ringraziamenti e le foto di tutta la band e ospiti al completo, un grandioso accenno a cappella di Ovunque Proteggi con lo strumento di Severi, ma lo spettacolo non poteva che finire con il brano Con i tasti che ci abbiamo, una canzone nata con quello che si ha, per ricordarci di accontenarci di quello che abbiamo e di esserne grati, cosa che a volte ce ne dimentichiamo e che la creatività è insista dentro di noi e non su quello che possediamo.

Sul finire della canzone Vincio si alza, prende i tasti del vecchio pianoforte logorati e se li infilza teatralmente addosso, un’immagine e potente metafora della vita, dell’uomo trafitto dalle atrocità di questo mondo e che solo l’istronico Capossela poteva regalarci. E sotto quella luna, cala il sipario.

Grazie e Grazia a Vinicio, a tutti i musicisiti, allo staff, al Teatro Alighieri, Pulp Concerti e ad ognuno di noi presente a questa indimenticabile serata. A noi sognatori.

“Con il cuore che hoCon quello ti amerò”