Bellezza imperfetta: Diego Dalla Palma e la madre Agnese, dolore e rinascita

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ph Roberto De Biasio

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Una intera vita a cercare la bellezza assoluta, decenni di professione con i trucchi in mano per esaltare la bellezza insita in ogni persona. Diego Dalla Palma non è un truccatore ma il truccatore per eccellenza. Con i suoi cosmetici non ha mai cercato di applicare una bellezza posticcia e falsa ai volti ma, come scultore e cesellatore, ha tentato di valorizzare linee e lineamenti interiori, facendoli emergere, tratteggiandoli, esaltandoli. E il titolo, di questa sua prima volta in teatro, sembra proprio un ossimoro, Bellezza imperfetta, che proprio perché non perfetta, e quindi propria, singolare, autonoma e non omologabile a mode o culture, risulta avere quella luce, quella fascinazione, quella che lui chiama luccicanza, quello scintillio negli occhi che non è il piacere agli altri ma la consapevolezza di piacersi, prima di tutto come persone, come percorso di vita, come parabola, anagrafe, esperienza, soddisfazione, respiro esistenziale. Il progetto, che ha debuttato nell’ambito del 76° Ciclo di Spettacoli Classici al Teatro Olimpico per la direzione artistica di Giancarlo Marinelli e che in questa stagione avrà repliche anche a Roma al Parioli e a Milano al Manzoni, era stato concepito in tutt’altra maniera: in scena ci doveva essere un’attrice-narratrice. La sorpresa è stata vedere proprio Diego Dalla Palma, sul palco scenografico e affascinante del Teatro Olimpico tra marmi e statue e proiezioni visionarie, narrare e portarci dentro, catarticamente, la sua vita, soprattutto i dolori, le sofferenze, le sconfitte, le perdite, le frustrazioni.

Niente trucco, per me, via le luci stasera, che a guardarti negli occhi sia la faccia, mia vera. Niente trucco per me, perché tu creda ancora, che quest’uomo sia un uomo, cantava Renato Zero.

 

ph Roberto De Biasio

 

La grande lezione che ci ha consegnato DDP è che non ci può essere successo senza passare dai tormenti e che sono proprio questi a darci la spinta per migliorarci, per tirare fuori il meglio di noi stessi, per portare in superficie energie nascoste, per sopravvivenza, per ambizione, per sentirsi vivi. Il suo racconto, che ci ha ricordato la piece Ferzaneide di Ozpetek (anche se lo story telling del regista turco virava sui toni brillanti e leggeri), è un incedere commovente e delicato, straziante e tagliente, dei suoi primi passi dalla malga di Enego, in provincia di Vicenza tra le montagne e le stalle e le mucche, un cammino di inciampi e torture, prima di arrivare alle stelle, a quel sorriso malinconico che gli vela ancora oggi il filo di barba bianca. Il leit motiv della sua storia familiare è senz’altro il rossetto della madre, donna di campagna ma che senza le sue labbra colorate di rosso non andava neanche a mungere le vacche, simbolo di femminilità ma anche di cura e rispetto verso se stessi. E’ questo accessorio, che alla fine nel momento più alto di transfert psicanalitico e di passaggio da un corpo all’altro, una sorta di reincarnazione, passerà dalla bocca della madre a quella del figlio, un’eredità che non si è cancellata con il tempo. Dalla Palma ha grazia, garbo e tenerezza mentre si racconta (con a fianco la cantante e attrice Vera Dragone e la violoncellista Livia de Romanis), con il giusto distacco e distanza ma anche con la sincera dedizione, amorevolezza e riguardo verso il bambino da proteggere che era, verso il ragazzo che era, verso l’uomo che poi sarebbe diventato.

I traumi ci formano (e deformano a volte) e ce li portiamo dietro come rughe, come stimmate, come solchi su un vinile, incancellabili possiamo tentare di seppellirli in fondo al mare ma prima o poi torneranno a galleggiare, possiamo provare a combatterli uscendone sempre sconfitti, oppure possiamo farci i conti, con fatica e lacrime e lacerazioni profonde, a conviverci per non farci fare più male dai ricordi, dai denti del passato che, famelico, vuole ancora azzannarci. Il processo di identificazione, in un rapporto quasi carnale e viscerale che riesce a instaurare con il suo pubblico, è straordinario e stimolante, come pifferaio magico ci conduce a piccoli passi dentro il suo Tempo, ci apre le porte segrete della sua anima nella quale camminiamo in punta di piedi tra cristalli appuntiti e momenti da maneggiare con cura. Ci sentiamo impotenti e inutili davanti a questo martirio e scempio, perché non possiamo cambiare le cose, non possiamo salvare questo bambino e questo ragazzo ma possiamo solamente ammirare la forza e il coraggio di questo grande professionista che a 73 anni, si mette in gioco e si libera dai pesi e dalle zavorre, dai fardelli e dagli incubi che gli hanno avvelenato le notti. Non possiamo che dirgli grazie perché sono queste le storie che aiutano chi le sta sentendo a non sentirsi soli perché le fiabe non insegnano che i draghi non esistono, le fiabe insegnano che i draghi si possono sconfiggere, di qualsiasi mostro sotto il letto si tratti. Ognuno di noi ha i propri demoni che ritornano, che fanno capolino e pensiamo che nessuno ci possa capire e accogliere. Diego Dalla Palma ci dice che non siamo soli, che la vita è apertura e abbraccio e condivisione e che dobbiamo perseguire i nostri sogni e che ci saranno sicuramente ostacoli e che cadremo ma che la vita è una maratona e che ci si deve rialzare perché siamo più forti di ogni problema che può capitarci.

 

ph Roberto De Biasio

 

L’uomo dei trucchi che qui ha usato, e osato, soltanto la verità, l’onestà come un bisogno innato, una necessità latente, un desiderio sbocciato, un’esigenza conclamata, senza paure, senza timori. E’ una confessione a cuore aperto lanciata e rilasciata sul palco con carisma e dolcezza, sensibilità e la fragilità che è giusto riservare ai segreti covati troppo a lungo. Impossibile non amarlo per questa forza tenue, per questa tenacia gentile. Bellezza imperfetta (per la regia proficua di Ferdinando Ceriani) è anche una prova fisica, un recital liberatorio che lo prosciuga di energie emotive. La madre è l’inizio di tutto e il forte rapporto tra Agnese e Diego non si è mai spezzato, è sempre stato saldo e solido e si è rinforzato nel tempo anche dopo la scomparsa di questa figura centrale e cardine che gli ha sempre fatto sentire la sua vicinanza e supporto ma che non è mai stata capace di fargli una carezza. Non sarà un viaggio di specchi, ci avverte. Ci sarà più fango che lustrini, e bisogna tirarsi su le maniche, bisogna scavare, approfondire la materia, quel magma in fiamme che sta là sotto e non servono guanti di velluto ma forza di volontà per andare a cercare i nodi e finalmente scioglierli, aprire le parentesi che abbiamo tenuto chiuse da tempo sepolte.

Sei i quadri, ognuno con il suo colore di riferimento, con i quali ci ha raccontato se stesso, sua madre, la sua crescita, il loro rapporto che fossero vicini o fisicamente lontani. L’importanza dei valori, la loro robustezza e stabilità, il loro peso: ecco il Coraggio rosso, la Diversità rosa, il Dolore nero, la Consapevolezza verde, la Disciplina argento, il Destino bianco. I brividi colpiscono trasversalmente la platea piena in questo Tutto su mia madre in salsa nostrana che è anche la storia di trasformazione di un Paese da contadino a urbano, dove ci sono i sogni che prima parevano irrealizzabili e che diventano realtà, la grande lezione che tutto si paga sulla propria pelle e chi non suda e non soffre, se alla fine ottiene, non ne gusta la soddisfazione della scalata ripida e faticosa. Per ritrovarsi bisogna perdersi, non ci si salva stando sotto una campana di vetro sul divano. Il tutto e subito non è una grande soluzione. Basta mantenere la dignità, la schiena dritta: Siamo gente povera, non povera gente, gli diceva il padre. Si può non aver studiato senza essere gretti. Diego che non doveva nascere, Diego che doveva morire di meningite, Diego abusato dai salesiani, la madre molestata per riammetterlo a scuola. E’ un cammino, una Via Crucis nell’anima collettiva di un mondo sporco dove occorre lottare senza perdere l’occasione di diventare noi stessi, senza farsi incattivire dalle asperità incontrate, senza diventare quello che ci hanno fatto, restando umani.

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Sono laureato in Scienze Politiche alla Cesare Alfieri di Firenze, sono iscritto all'Ordine dei Giornalisti dal 2004 e critico teatrale. Ho scritto, tra gli altri, per i giornali cartacei Il Corriere di Firenze, per il Portale Giovani del Comune di Firenze, per la rivista della Biennale Teatro di Venezia, 2011, 2012, per “Il Fatto Quotidiano” e sul ilfattoquotidiano, per i mensili “Ambasciata Teatrale”, “Lungarno”, per il sito “Words in Freedom”; per “Florence is You”, per la rivista trimestrale “Hystrio”. Parallelamente per i siti internet: succoacido.it, scanner.it, corrierenazionale.it, rumorscena.com, Erodoto 108, recensito.net. Sono nella giuria del Premio Ubu, giurato del Premio Hystrio, membro dell'A.N.C.T., membro di Rete Critica, membro dell'Associazione Teatro Europeo, oltre che giurato per svariati premi e concorsi teatrali italiani e internazionali. Ho pubblicato, con la casa editrice Titivillus, il volume “Mare, Marmo, Memoria” sull'attrice Elisabetta Salvatori. Ho vinto i seguenti premi di critica teatrale: il “Gran Premio Internazionale di critica teatrale Carlos Porto '17”, Festival de Almada, Lisbona, il Premio “Istrice d'Argento '18”, Dramma Popolare San Miniato, il “Premio Città di Montalcino per la Critica d'Arte '19”, il Premio “Chilometri Critici '20”, Teatro delle Sfide di Bientina, il “Premio Carlo Terron '20”, all'interno del “Premio Sipario”, “Festival fare Critica”, Lamezia Terme, il “Premio Scena Critica '20” a cura del sito www.scenacritica.it, il “Premio giornalistico internazionale Campania Terra Felix '20”, sezione “Premio Web Stampa Specializzata”, di Pozzuoli, il Premio Speciale della Giuria al “Premio Casentino '21” sezione “Teatro/Cinema/Critica Cinematografica e Teatrale”, di Poppi, il “Premio Carlos Porto 2020 – Imprensa especializada” a Lisbona. Nel corso di questi anni sono stato invitato in prestigiosi festival internazionali come “Open Look”, San Pietroburgo; “Festival de Almada”, Lisbona; Festival “GIFT”, Tbilisi, Georgia; “Fiams”, Saguenay, Quebec, Canada; “Summerworks”, Toronto, Canada; Teatro Qendra, Pristhina, Kosovo; “International Meetings in Cluj”, Romania; “Mladi Levi”, Lubiana, Slovenia; “Fit Festival”, Lugano, Svizzera; “Mot Festival”, Skopje, Macedonia; “Pierrot Festival”, Stara Zagora, Bulgaria; “Fujairah International Arts festival”, Emirati Arabi Uniti, “Festival Black & White”, Imatra, Finlandia.