La tragicomica orazione funebre fantozziana per ridere di noi

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A pochi giorni dall’attesissimo debutto del Fantozzi. Una tragedia del Teatro Nazionale di Genova con Gianni Fantoni, in scena un altro omaggio alla figura del ragioniere più vituperato d’Italia: è questo piccolo grande Com’era umano lui.

Francesco Merciai, alla sua prima volta in scena, ha sicuramente il phisique du rôle per ricoprire il ruolo, ha l’autoironia necessaria e una enorme formazione cinematografica, cinefila che sfocia nella tuttologia da quiz, musicofila e artistica, il che fanno di questo interprete fiorentino (di Reggello precisamente) un interessante incubatore di nozioni e aneddoti, di dialetti e racconti tutto in punta di penna (o di lingua o di fioretto), personaggio salottiero cinico e pungente alla Oscar Wilde (ha dei tratti che ricordano Paolo Poli) che veleggia sopra la mediocrità, sopra la normalità meschina delle nostre vite comuni. Rotondo e occhiali, grande grinta, il suo scudo diventa il perdente dei perdenti per eccellenza, la sua coperta di Linus è l’impiegatuccio grigio vilipeso da ogni altro essere umano incontrato sulla propria strada.

Fare Fantozzi per Merciai (due lauree: Lettere e Filologia Moderna e un Master in Editoria) è stato liberatorio e catartico, adesso è sbocciato, adesso è fiorito, adesso che la sua vocazione è lì luminosa e concreta deve coglierla al balzo senza più crogiolarsi nello stallo, adesso non ha più scuse per non mettere il suo talento al servizio di sé stesso e del pubblico. Ha spinto moltissimo per questa sua ribalta Lorenzo Degl’Innocenti, attore, regista e formatore (nonché uno dei tre direttori artistici del Teatro Manzoni di Calenzano), che ha visto e notato e scovato in Merciai (28 anni) doti non comuni di stare sulla scena, di tenere il palco, di maneggiare un testo, di ascolto dei momenti, della platea, del respiro, degli attimi, dei silenzi. E un plauso anche al Teatro Puccini che, oltre ad avere un’ampia programmazione ufficiale nella sala grande, ha allestito da un paio di stagioni questo Laboratorio da un centinaio di posti con innumerevoli piccoli gioiellini tutti da scoprire, monologhi intimi o stand up comedy, con numero di sedie ridotto, prezzo ridotto e proposte per un pubblico giovane dove poter vedere il teatro che verrà: un investimento per la città. E poi c’è stata Elisabetta Villaggio, la figlia di Paolo, che all’ultimo minuto ha concesso i diritti e tolto la diffida per poter portare in scena questa orazione tragicomica.

 

Francesco Merciai

 

Un pulpito, e bara in scena (sponsor l’Ofisa, una ditta fiorentina di funerali), nel quale si affaccia un personaggio altrettanto mediocre che ha tutta l’aria di essere l’alter ego fantozziano, la stessa cadenza e timidezza e inchini, l’inflessione e il gergo, i modi passivo-aggressivo e quell’iconico refrain Com’è umano lei che torna e ritorna a scandire le varie scene in questa sorta di via crucis a più tappe per ripercorrere gli step nazional-popolari, quel sunto delle fantozziadi, le vicende avventurose dell’impiegato genovese. Le sue prime parole sono: Io lo conoscevo bene. Ne esce un ritratto del ragioniere che non è soltanto banalmente del perdente e dello sconfitto cronico ma qui, tra le righe, attraverso questa collana di apparizioni estrapolate dai vari racconti e gesta del nostro antieroe, emerge un lato più nascosto sotto la patina del vittimismo, ovvero la capacità di incassare, stare alle corde, cadere distrutto ma sempre saper rialzarsi. Forse è proprio per questo che lo abbiamo amato tutti, in lui abbiamo visto non la riscossa o la rivincita ma un modo tutto italiano di risollevarsi anche dopo le batoste più cocenti, dopo i crack più dolorosi, dopo i fallimenti più rocamboleschi.

Fantozzi si è tirato su dal tappeto dopo débâcle indicibili, roba che avrebbe ammazzato un elefante o demoralizzato un gigante, eppure lui, epico e disgraziato, tra punizioni, torture e umiliazioni era nuovamente ancora lì a non mollare, ad esserci senza scappare né fuggire, appunto incassando la sfortuna, porgendo l’altra guancia, esorcizzando il male fattogli con una risata triste che, in fondo, ridicolizzava i potenti che ci apparivano così miseri e meschini per accanirsi con un uomo senza difese né protezioni. Tornano a galla la scena del dibattito post cinema d’essai in azienda costretti dal megadirettore invece che poter vedere Italia-Inghilterra con frittatona e rutto libero (infinite le frasi o i modi di dire passati dalle pellicole all’uso comune), la condanna a ricreare la scena della carrozzina della Corazzata Potemkin, l’accompagnare l’aristocratico elitario capo d’industria a giocare a Montecarlo e l’acqua gasatissima. E poi nel racconto si affacciano Pina la moglie e Mariangela la figlia-babbuina, il sodale Filini, l’agognata signorina Silvani e l’odiato Calboni. Ecco l’autobus preso al volo, la partita scapoli e ammogliati, la nuvoletta di pioggia, il varo della nave, Gigi il Troione, il ristorante giapponese, il profumo bruciante nelle mutande, la sciata millantando di essere stato nella Nazionale Azzurra di discesa libera, il Veglione dell’Ultimo dell’Anno in azienda e la cucina lanciata sulla sua Bianchina. Le persone sanno a memoria le battute prima che Merciai le concluda e qui si capisce quanto sia entrato nelle pieghe delle vite delle persone, a qualsiasi latitudine italiana, la matricola 7829/bis, quanto ci scorra nelle vene, quanto sia, anche a distanza di anni, nei nostri pensieri e sogni reconditi, nel nostro immaginario di uomini medi.

Fantozzi è protagonista di capitomboli che fiaccherebbero Polifemo ma la sua dote migliore, l’ho capito adesso, è proprio il coraggio di perseverare, il coraggio di sentirsi sempre inadeguato ma non per questo di abbandonare la contesa anche se la sconfitta è quasi certa. Fantozzi è Don Chisciotte, Fantozzi è il Gatto Silvestro sempre battuto da Titti, è Willy il Coyote sempre stracciato da Beep Beep, è Calimero e Paperino messi insieme. Lo abbiamo amato, lo amiamo perché ha fatto da specchio alle nostre miserie e ci ha aiutato a consolarci e soprattutto a perdonarci, a volerci un po’ più bene, non soltanto esorcizzando le nostre debolezze e inezie, ma proprio perché ci ha mostrato che è essere i corrotti, i vili, gli arricchiti, i maleducati e i bulli che godono nel calpestare gli altri, la sfortuna più grande, inettitudine e bassezza dalle quali non si guarisce e non c’è salvezza né redenzione. Adesso per Merciai è arrivato il momento di lasciare Fantozzi, la sua comfort zone, e lanciarsi in altre brillanti performance. Non sarà un’avventura. Non sarà una meteora.

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Sono laureato in Scienze Politiche alla Cesare Alfieri di Firenze, sono iscritto all'Ordine dei Giornalisti dal 2004 e critico teatrale. Ho scritto, tra gli altri, per i giornali cartacei Il Corriere di Firenze, per il Portale Giovani del Comune di Firenze, per la rivista della Biennale Teatro di Venezia, 2011, 2012, per “Il Fatto Quotidiano” e sul ilfattoquotidiano, per i mensili “Ambasciata Teatrale”, “Lungarno”, per il sito “Words in Freedom”; per “Florence is You”, per la rivista trimestrale “Hystrio”. Parallelamente per i siti internet: succoacido.it, scanner.it, corrierenazionale.it, rumorscena.com, Erodoto 108, recensito.net. Sono nella giuria del Premio Ubu, giurato del Premio Hystrio, membro dell'A.N.C.T., membro di Rete Critica, membro dell'Associazione Teatro Europeo, oltre che giurato per svariati premi e concorsi teatrali italiani e internazionali. Ho pubblicato, con la casa editrice Titivillus, il volume “Mare, Marmo, Memoria” sull'attrice Elisabetta Salvatori. Ho vinto i seguenti premi di critica teatrale: il “Gran Premio Internazionale di critica teatrale Carlos Porto '17”, Festival de Almada, Lisbona, il Premio “Istrice d'Argento '18”, Dramma Popolare San Miniato, il “Premio Città di Montalcino per la Critica d'Arte '19”, il Premio “Chilometri Critici '20”, Teatro delle Sfide di Bientina, il “Premio Carlo Terron '20”, all'interno del “Premio Sipario”, “Festival fare Critica”, Lamezia Terme, il “Premio Scena Critica '20” a cura del sito www.scenacritica.it, il “Premio giornalistico internazionale Campania Terra Felix '20”, sezione “Premio Web Stampa Specializzata”, di Pozzuoli, il Premio Speciale della Giuria al “Premio Casentino '21” sezione “Teatro/Cinema/Critica Cinematografica e Teatrale”, di Poppi, il “Premio Carlos Porto 2020 – Imprensa especializada” a Lisbona. Nel corso di questi anni sono stato invitato in prestigiosi festival internazionali come “Open Look”, San Pietroburgo; “Festival de Almada”, Lisbona; Festival “GIFT”, Tbilisi, Georgia; “Fiams”, Saguenay, Quebec, Canada; “Summerworks”, Toronto, Canada; Teatro Qendra, Pristhina, Kosovo; “International Meetings in Cluj”, Romania; “Mladi Levi”, Lubiana, Slovenia; “Fit Festival”, Lugano, Svizzera; “Mot Festival”, Skopje, Macedonia; “Pierrot Festival”, Stara Zagora, Bulgaria; “Fujairah International Arts festival”, Emirati Arabi Uniti, “Festival Black & White”, Imatra, Finlandia.