Questione di linguaggio: Una storia sottosopra de La Baracca – Testoni Ragazzi, visto al Teatro Testori di Forlì

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ph Matteo Chiura

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Quando entri in dialogo con i bambini da 1 a 5 anni, tutto diventa una questione di linguaggio. Per questi (più o meno) neonati esseri umani la ricerca di significati è primaria: devono scoprire sé stessi, scoprire il mondo e mettere in relazione le due cose. Devono imparare il lessico dell’esistenza. L’essere, l’avere, il qui e il lì, l’io, il tu, il noi, il prima e il dopo, eccetera.

Dunque, nel fare teatro davanti a loro, bisogna rispondere a questa esigenza. I modi, le forme, le scelte messe in campo sono diverse ed è bello vedere come e quanto distino i vari approcci.

Sabato 17 febbraio, al Teatro Testori di Forlì, ho assistito allo spettacolo Una storia sottosopra, della compagnia La Baracca – Testoni Ragazzi, assieme ad una platea di bambini mediamente treenni.

Nello spettacolo, Andrea Buzzetti e Carlotta Zini interpretano due vicini di casa, abitano un piano sotto l’altro, entrambi sono visitati giornalmente da un gatto rosso. Quando il gatto scompare i due escono dalle loro case, si incontrano per la prima volta e collaborano nella ricerca del felino. Il tutto senza dire una parola.

Niente parole, ma niente paura, lo spettacolo rientra perfettamente nel discorso comunicativo che facevo prima.

Innanzitutto perché racconta questa storia, di per sé semplicissima, con la presenza e la gestualità dei due protagonisti. Per fare un esempio, l’iniziale difficoltà nel comprendersi, al loro primo incontro, viene mostrata quando Andrea porge la mano a Carlotta e lei gli porge invece un piede.

In secondo luogo per le immagini che propone. La scenografia infatti è interamente disegnata su fogli di carta di diverse dimensioni attaccati, staccati, srotolati, appesi ad una struttura a trabattello che viene essa stessa smontata, rimontata, ruotata, per diventare condominio, città, cartello stradale, albero, ponte.

 

ph Matteo Chiura

 

Questo gioco di fogli e metallo crea ambienti diversi in base allo spostamento dei due personaggi, partendo dalla casa, poi strada, quartiere, area giochi, bosco, laghetto, tornando, nel finale, alla casa.

I disegni offrono ai bambini immagini di facile lettura (un gatto, una mela, un ramo), che loro devono solamente sommare per creare un contesto, dunque un ambiente (ramo, più ramo, più ramo, uguale bosco).

È un alfabeto visivo che guida il linguaggio dell’immaginazione.

Ma c’è un altro aspetto dello spettacolo che riguarda il linguaggio e che è, probabilmente, il più importante.

Il titolo è Una storia sottosopra. Infatti lo spettacolo inizia con una storia sotto e una sopra (i due piani del condominio). Le due storie poi si incontrano in un fuori, si uniscono in un attorno, si addentrano in un attraverso e tornano a casa in un dentro. Il tutto è visivamente reso dalla struttura a trabattello: ci si può stare dentro e diventa una casa, sopra e diventa un tetto, smontarla e rimontarla come un ponte (per passare attraverso un fiume), aperta diventa un bosco, ruotata una finestra, eccetera.

Sotto, sopra, fuori, dentro, attorno, attraverso: tutto lo spettacolo si gioca in questi termini, concetti elementari che il bambino inizia a comprendere nei primi anni del suo sviluppo cognitivo e che sono i concetti alla base della sua relazione con il mondo.

Ma i bambini in platea come reagivano, interpellati dal triplice linguaggio di questo spettacolo?

Allo stesso modo, cioè stando sopra, sotto, fuori, dentro, attorno e attraverso, le sedie della loro fila.

Mai disattenti, piuttosto diversamente catturati, da chi restava imbambolato al suo posto a chi doveva correre a comunicare in giro qualcosa che aveva visto sul palco.
Occhi e bocche aperti, pronti a entrare in dialogo col mondo, facendo dell’esperienza una questione di linguaggio.

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