Uscire dai canoni riconosciuti e accettati dalla società, intenzionalmente o meno, può incidere fortemente sull’interiorità e la vita di una persona: il fatto stesso che “diversità” sia ancora un’etichetta da affibbiare a chi non corrisponde alle idee della maggioranza, dimostra quanto essa sia un fattore discriminante, invece di essere una caratteristica da valorizzare e accogliere.
È in questa cornice tematica che si inserisce Rosso | ATTO di sopravvivenza, terzo lavoro del danzatore e autore (1996), in anteprima sabato 23 marzo alle ore 21.00 nell’ambito di Rumore, la Stagione 2024 di Teatro Ridotto – Casa delle Culture e dei Teatri, spazio di creazione nella periferia bolognese, fondato dal regista Renzo Filippetti e ora diretto dall’attrice e pedagoga Lina Della Rocca. Un calendario che quest’anno accoglie un maggior numero di appuntamenti di danza «non solo perché nelle programmazioni spesso non trova spazio – racconta Antonella De Francesco, attrice e responsabile delle attività per l’infanzia di Teatro Ridotto – ma anche perché si tratta di un linguaggio che si sta sempre più rinnovando; un aspetto in linea con la nostra attenzione rivolta alle nuove proposte emergenti, di cui ospitiamo debutti e anteprime, come in questo caso».
Quella di Smedile è un’indagine fisica sulla complessa condizione interiore, tra oppressione e smarrimento, provocata dal peso dei giudizi e delle categorie imposte. L’ispirazione proviene Rosso Malpelo, il noto romanzo di Giovanni Verga.
«Più che al testo – spiega l’artista – mi sono rapportato al suo protagonista, additato ed etichettato per un fattore fisico ed estetico, ovvero per i suoi capelli rossi. Mi sono quindi concentrato su come la sua vita e le sue relazioni subissero l’influenza di questa considerazione sociale. In quel periodo ho provato una certa empatia con Rosso Malpelo, quasi mi ci rispecchiavo, ritrovandomi in un momento molto simile. Questa affinità è diventata la chiave per raccontare il peso dei giudizi su una persona e per ragionare attorno al tema dei canoni per metterli in discussione»
Rosso / Genesi
«Sono partito da un’immagine, ovvero quella della cava in cui Rosso Malpelo alla fine del romanzo si perde: questo luogo-simbolo è diventato per me metafora dello spazio oscuro interiore in cui risiede il proprio e/o l’altrui giudizio. Nel testo Malpelo si perde nei cunicoli della cava, perciò ho iniziato a immaginare le caratteristiche di quel luogo. Il lavoro ha quindi preso avvio dal senso di smarrimento in un luogo sconosciuto e oscuro in cui non ci sei finito per volontà, ma per una forza non determinata da te, per ricercare una chiave per un’emersione»
«Nel processo di creazione, nella prima fase del lavoro avvenuta all’aperto in uno spazio urbano, queste sensazioni si sono trasformate visivamente in un labirinto di sabbia, metafora dell’opinione negativa contro cui ci si scontra ossessivamente per liberarsi. Tale ostinazione che in scena si è tradotta in loop fisici, che sono poi le situazioni scomode della vita, i disagi interiori in cui spesso ci si incaglia».
Rosso / Sviluppi
«Lo spettacolo a Teatro Ridotto è la seconda fase del progetto e si presenta in una forma di 40 minuti, con proiezioni video e un lavoro sulla luce. Incarnando Rosso Malpelo porto con me il ricordo della sofferenza di smarrimento, per arrivare a un suo rilascio fino a un sollievo. La performance non ha un arco narrativo, ma lo sviluppo dell’azione avviene a livello di dinamicità: ho lavorato sul passare da una situazione condensata a un suo rilascio, dalla pesantezza alla leggerezza. Il processo di ricerca ha preso avvio durante la residenza a InCastro Festival, in cui ho dato attenzione al luogo e all’adattamento in site-specific. Poi, dopo le varie residenze (presso L’Arboreto – Teatro Dimora e Vera Stasi – Periferie Artistiche nell’ambito di Nuove Traiettorie – Network Anticorpi XL), ho approfondito l’aspetto legato alle immagini attraverso lo studio e la ricerca sul video, da cui è nato il progetto Indagine sull’identità. A Tuscania è arrivato inoltre il confronto con l’elemento della luce, che è diventato un altro corpo in scena, insieme a me e alla componente video. Quest’ultima nello specifico è stata sperimentata durante la presentazione del corso I corpi e le voci della danza alla Casa della Cultura Italo Calvino, ora in anteprima proprio a Teatro Ridotto.
«La massima aspirazione per questo progetto è poterlo allestire in una cava, mi immagino con delle vecchie TV accatastate, una sorta di discarica, ma con l’idea di riciclo: come una persona reclusa o emarginata può uscire da quel confinamento, così un oggetto può tornare forse in vita».
Rosso / Libertà e Confini
«Dal mio background formativo sull’Authentic Movement, quando creo cerco di non creare sovrastrutture a priori, ma di avvicinarmi a ciò che voglio trasmettere affidandomi al corpo e al suo ascolto. Solo in un secondo momento vado a definire maggiormente, in modo tale che il corpo abbia dei confini dentro i quali muoversi. In Rosso alcune parti sono improvvisate, altre invece sono strutturate coreograficamente. Tuttavia anche in quel caso il corpo rientra in una dinamica ma la forma effettiva è sempre mutevole, in base alle sensazioni e a tutto quello che si smuove in quel momento, cercando di integrare ogni cosa. Quando performo in urbano, c’è inoltre molto imprevisto, dal suono delle campane, alla gente che passa. Da questo traggo stimolo, facendo rientrare tutto nell’azione e nell’ambiente scenico: ogni imprevisto fisico, della musica, della luce e del contesto, è integrato e rielaborato, tanto da andare ad alimentare e arricchire la composizione ogni volta in modo diverso».
Rosso / Il pubblico
«Nelle performance all’aperto, la mia idea è che lo spettatore possa già trovarmi in un dato ambiente. Purtroppo non è facile controllare dove si posizionerà il pubblico, spesso quel che si viene a creare è una sorta di semicerchio attorno all’azione scenica. In teatro vorrei sdoganare la frontalità, ma è molto difficile, e ora ci sto provando attraverso l’introduzione dell’elemento del televisore. Con il pubblico cerco sempre di creare un ambiente in cui si percepisca una tensione e uno smarrimento anche nelle persone stesse, cerco di entrare in contatto visivo con loro senza forzare nulla, affinché ci sia una sorta di scambio di sguardi e di energie».
Chi è Danilo Smedile
«Sono un artista freelance, nato a Messina, dove mi sono inizialmente formato, e ora ho base a Parma. Finite le superiori ho avuto modo di lavorare a un progetto con Micha Van Hoecke, al Teatro Vittorio Emanuele di Messina e subito dopo ho iniziato la formazione al MoDem della Compagnia Zappalà Danza. Ho partecipato alla Biennale College a Venezia nel 2017, con un focus su Forsythe con cinque danzatori della compagnia. Durante questa Masterclass ci siamo concentrati sul corpo attraverso pratiche, tra le altre, di Authentic Movement guidate da Judith Koltai, mentre con il coreografo canadese Benoît Lachambre abbiamo realizzato due creazioni, sempre in Biennale. Loris Petrillo è stato un altro mio formatore e poi ho lavorato con compagnie e artisti, tra cui: Fabrizio Favale, Monica Casadei di Artemis Danza, Francesca Selva, Salvatore Romania, la Compagnia XL Dance Company, Giuseppe Muscarello. Nel 2020 ho iniziato progetti personali, creando all’interno di un festival un primo lavoro, Incontro, che poi ha debuttato a Parma in una rassegna organizzata da Artemis Danza. Il primo passo definito è stato Rosso, iniziato nel 2022 e da lì ho continuato a lavorare con altre compagnie e ho seguito corsi con Ater Balletto (percorso Next Generation Choreographers – Fondazione Nazionale della Danza / Aterballetto), I corpi e le voci della danza di Cronopios, L’arboreto – Teatro Dimora e Cantieri Danza). Nel mentre ho avviato una collaborazione con la compagnia di danza verticale Il Posto di Wanda Moretti a Venezia.
La versione di Rosso dedicata agli spazi urbani è stata selezionata per la Vetrina della giovane danza d’autore 2023, del Network Anticorpi XL. Rosso | ATTO di sopravvivenza è finalista del Premio Theodor Rawyler 2023».