Teatro in tempo di elezioni. Su Sbum! Yes we cake, dei Fratelli Dalla Via

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ph Nicola Sandrini

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È tempo di elezioni!

In giro compaiono i manifesti elettorali e la propaganda è alle stelle.

Il tempo giusto per parlare di uno spettacolo che ho visto di recente, presso il Teatro Testori di Forlì (bisogna stare attenti e notare, oltre ai manifesti elettorali, anche quelli dei teatri).

Lo spettacolo in questione è Sbum! Yes we cake, dei Fratelli Dalla Via, vincitore del premio Eolo Award 2023, nell’ambito del teatro ragazzi.

Ma perché il tempo giusto per parlarne?

Sbum! Yes we cake (da qui in avanti per brevità di linguaggio, Sbum!) è uno spettacolo, che, per dirla con le parole del critico Mario Bianchi: “mette in relazione con rara efficacia la precaria situazione ambientale del nostro pianeta con il generale deficit di Democrazia e di Informazione” e “propone una riflessione profonda, intrisa di amara ironia, sul futuro del nostro pianeta e della nostra civiltà”.

E, aggiungo io, si scaglia molto esplicitamente contro le logiche politiche, quasi sempre demagogiche, accusandole di farsi scudo di parole potenti e positive (“democrazia”, “sostenibilità” “uguaglianza”) per creare confusione e detenere il potere.

Ma come lo fa? Con quale narrazione e con che linguaggio?

Lo spettacolo è breve, meno di un’ora, e pensato appositamente per un pubblico molto specifico: i ragazzi delle scuole medie.

Il testo usa la parola con scioltezza in diverse forme, tutte contraddistinte da velocità e ritmo: discorso motivazionale, dialogo botta e risposta, canto rap.

Il contesto è fantascientifico, futuristico, surreale.

La scena si apre con due computer antropomorfi, Dato e Data, che processano dati, filtrano informazioni, in un’epoca di moltiplicazione delle stesse che le rende sfuggenti, difficili da decifrare. Il loro motto è “Se non vi fidate, verificate”. Più facile a dirsi che a farsi.

Dopo il loro prologo inizia la vicenda, con un bel monologo del Presidente dello Stato Unito del Mondo. L’ambientazione sembra un po’ distopica, quasi Orwelliana, ma le parole del Presidente sono rassicuranti: vuole la democrazia, vuole l’uguaglianza e vuole dare a ognuno la sua fetta di torta. Letteralmente.

In occasione di una grande festa mondiale, il governo farà preparare una grandissima torta e ogni abitante del mondo ne avrà una fetta. Tutti saranno uguali davanti alla torta e a nessuno sarà fatto un torto (torto e torta è solo uno dei numerosissimi giochi di parole del testo).

 

ph Nicola Sandrini

 

Ecco allora che si staccano, dall’alto, due drappi da parata, che diventano lunghissimi grembiuli da cucina, indossati da due cuochi, incaricati di preparare questa incredibile torta.

Ma non è semplice realizzare una torta che accontenti tutti gli abitanti del mondo, sia chi è allergico al cioccolato, sia chi non ama la panna, sia chi la vuole in un modo, sia chi la vuole in un altro. E dopo parecchi battibecchi la soluzione è una torta senza sapore.

Risolto il problema dei pasticceri inizia quello di due costruttori, che devono progettare la forma della torta e risolvere il problema del trasporto. Torta rotonda che rotola? Torta quadrata volante? Usare uno stormo di uccelli? Costruire la festa attorno alla torta?

Dopo i costruttori è la volta di altri due personaggi alle prese con il boccone amaro della torta: due esperti in comunicazione, gli addetti stampa del Presidente, che però, anziché essere ai suoi ordini, si permettono di dargli ordini.

Secondo loro la torta democratica è una promessa che non può essere mantenuta. Il Presidente deve fare marcia indietro ed escludere qualcuno (altre discussioni per capire chi: se i più poveri, i più ricchi, i più giovani o i più vecchi). E il Presidente, dopo qualche resistenza, molto a malincuore, china il capo e acconsente.

Qui, finalmente, capiamo che tipo è questo Presidente.

Uno che ci credeva davvero, nella democrazia. Uno che pensava di poter fare del bene. Uno che però non ci aveva mai pensato davvero troppo. Uno stupido, un semplicione, che alla fine si risolve a prendere una scelta di comodo. Uno come tanti (e forse è questo il bello del personaggio).

 

ph Nicola Sandrini

 

Nel suo discorso finale, apologetico, utilizza quelle parole che nello spettacolo vengono chiamate “formule magiche” o “supercalifragilistichespiralidoso” e che servono a confondere le menti, coprire gli errori, sembrare più di quel che si è. Sono parole come “uguaglianza”, “democrazia”, “sostenibilità”.

Poi si dimette, lasciando al suo posto una persona a caso, una manifestante, e tutto quanto scompare nella nebbia.

Sbum! ha un messaggio forte e ha il grande pregio di parlare chiaro. Offre, cioè, ai ragazzi una metafora concreta, quella della torta gigante, facile da visualizzare e da immaginare. Con questa torta e i suoi problemi qualunque spettatore può facilmente confrontarsi, immaginando risoluzioni, ipotesi, calandosi subito nei panni di chi deve realizzarla, trasportarla o dividerla.

Nonostante il finale sia abbastanza cupo e abbia un sapore amaro, Sbum! riesce a far aprire la bocca a tutti, per dire la propria. È uno spettacolo che invita al dialogo, al confronto e alla presa di responsabilità.

Ecco perché è un bel racconto da fare oggi, in tempo di elezioni.

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