Il presente capovolto. Conversazione con Daniela Nicolò sul prossimo Santarcangelo Festival

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Daniela Nicolò e Enrico Casagrande | Motus, direttori artistici di Santarcangelo Festival

 

Innanzi tutto una domanda di servizio, forse utile a chi è meno aggiornato sulle novità della società dello spettacolo: avete annunciato l’edizione che avrà luogo dal 15 al 19 luglio come atto primo. Perché? 

A causa dell’emergenza Covid a marzo ci siamo trovati a dover re-immaginare il Festival. Abbiamo scelto di trasformarlo quindi in un progetto culturale lungo 12 mesi, che si dispiega tra luglio 2020 e luglio 2021. Data l’impossibilità quest’anno di realizzare appieno il programma artistico così come era stato concepito, il Consiglio di Amministrazione dell’Associazione Santarcangelo dei Teatri ci ha confermato fino al 2021 l’impegno alla direzione artistica, rimandando al triennio 2022/’24 l’incarico della nuova direzione.

Il cinquantennale pandemico che Santarcangelo Festival 2050 si appresta a celebrare è diventato dunque un viaggio in tre atti lungo un anno. Il primo ora, dal 15 al 19 luglio, il secondo – Winter is coming – si terrà nell’inverno 2020/’21 negli spazi del rinnovato Teatro Il Lavatoio e ospiterà le nuove creazioni in maggior parte di registe e coreografe italiane emergenti, con cui il dialogo era già stato avviato e che saranno invitate in residenza artistica nei prossimi mesi. Abbiamo voluto che il Festival non rinunciasse ad essere propagatore di novità e potesse rilanciare il proprio ruolo di valorizzazione della scena indipendente che mai come in questo momento non deve essere abbandonata alle cieche logiche del mercato teatrale, ma necessita di sostegno economico, accompagnamento e promozione. Il terzo atto si terrà a luglio 2021, momento nel quale potremo recuperare la dimensione internazionale della programmazione e invitare alcune delle più interessanti creazioni del panorama mondiale delle performing arts. I progetti che nell’estate 2020 non potranno essere realizzati, verranno posticipati in questa ultima tappa 2021, con inevitabili trasformazioni e riadattamenti.

 

Benjamin Kahn _ Cherish Menzo @ Bas de Brouwer

 

Questo cominciamento è nominato Futuro Fantastico: ottimismo della volontà, per dirla gramscianamente?

Bello questo tuo rimando a Gramsci… Non ci avevo pensato e invece ci sta in pieno! Ho trovato al proposito questo passo che ritorna in chiusura di una breve nota del quaderno 9, fra l’aprile-maggio 1932: “Passato e presente. Del sognare a occhi aperti e del fantasticare. (…) Tutto è facile. Si può ciò che si vuole, e si vuole tutta una serie di cose di cui presentemente si è privi. È, in fondo, il presente capovolto che si proietta nel futuro. Tutto ciò che è represso si scatena. Occorre invece violentemente attirare l’attenzione nel presente così come è, se si vuole trasformarlo. Pessimismo dell’intelligenza, ottimismo della volontà.”… Bellissimo ed è esattamente lo spirito con cui stiamo lavorando, anche se Futuro Fantastico era il claim legato all’edizione originaria di Santarcangelo Festival 2050, che nasceva unendo l’anno 2020 e 50 anni di storia: un gioco combinatorio che asseconda l’intento alla base dell’edizione, tutta rivolta ad aprire orizzonti e guardare lontano. Obiettivo primario era presentare opere che riflettessero sulle mescolanze identitarie, sul superamento delle barriere, perseverando nel lavorare sui confini porosi fra le arti. Avevamo messo in piedi progetti molto complessi e radicati internazionalmente… Il Festival era concepito come “opera corale” fatta da tante e tanti artisti da diversi Paesi, che lavorano sull’impollinazione reciproca fra cinema, teatro, musica, letteratura e antropologia. Al centro il dialogo tra opere dal Sud del mondo martoriato e in rivolta, con artisti del vecchio continente assopito e populista, per riflettere sul Futuro, appunto, quando l’attitudine a immaginare il domani pare affievolirsi, assorbita dal presente continuo dello “sciame digitale” come scrive Byung-Chul Han. Il pensiero della fine dell’Antropocene è sempre più incalzante: avevamo allora provocatoriamente deciso di usare “Futuro Fantastico” come claim del Festival,  che è il titolo di un racconto di Isaac Asimov che, nel 1990, prefigurava i nostri giorni (nel 2020 ricorrono anche i 100 anni della sua nascita). Eccone Un piccolo estratto: “Tanto per cominciare, le comunicazioni attraverso la rete dei computer possono spazzare via le distanze. Possono far apparire il globo piccolo come il nostro quartiere, e ciò può avere una conseguenza importante: lo sviluppo del concetto di umanità come società singola, non come una serie di segmenti sociali interminabilmente e inevitabilmente in guerra fra loro”. Abbiamo poi deciso che aveva senso mantenerlo anche per questa edizione di emergenza, con tutto il carico provocatorio che ne consegue.

 

Zimmerfrei – Family Affair

 

Al di là di titoli e nomi, cosa si è perso e cosa scoperto, nella nuova forma festivaliera che avete dovuto disegnare in questi ultimi mesi?

Tutto il Festival si è ovviamente trasformato radicalmente. La sfida è stata implementare strategie per permettere l’incontro fra artisti e pubblico in sicurezza e nel rispetto delle norme anti-Covid, valorizzando sia le potenzialità degli spazi aperti di Santarcangelo, sia la creatività delle artiste e degli artisti invitati, ripensando le opere in relazione al mutato contesto, sia le possibilità offerte dalle nuove tecnologie per assistere in differita o in diretta ad alcuni dei tanti appuntamenti di questa eccezionale edizione.

La dimensione fortemente orientata allo spazio pubblico su cui si basava tutto il progetto prima del lockdown, in particolare con Marea, un vero e proprio Festival nel Festival che avrebbe portato musica, teatro, danza ovunque nel paese, con piccoli e intimi interventi disseminati in luoghi inaspettati, non è andata persa. Abbiamo portato all’aperto quasi tutto il programma, valorizzando gli splendidi spazi di questo territorio e alcuni artisti sono stati invitati a ripensare le proprie opere in funzione di questa scelta. E’ il caso di Sorry but I feel slightly disidentified…, assolo-duello sul tema dell’identità e degli stereotipi razziali, interpretato da Cherish Menzo, performer olandese di ascendenza surinamese con la regia di Benjamin Kahn, che per la prima volta si terrà open-air. Nel caso della set performance ANUBI III di Zapruder, che invaderà uno spazio sorprendente del paese con un concerto di motori in equilibrio tra il minimo e il massimo dei giri, la novità sta nella relazione col pubblico, che è invitato a partecipare in modalità drive-in, a bordo di un’auto o di una moto.

Certamente la dimensione internazionale è stata drasticamente ridotta, in favore di numerose artiste e artisti emiliano-romagnoli, a comporre un panorama locale multiforme che anche in questa difficile situazione si dimostra eccezionalmente vitale. Ma alcuni preziosi contributi dall’estero sono stati conservati e trasformati. Oltre Kahn, anche El Conde de Torrefiel, che avrebbe dovuto debuttare al Festival con il progetto cinematografico in anteprima mondiale Mirar (posticipato al ‘21), resta in programma. A loro abbiamo chiesto di lavorare a distanza, inviandoci delle istruzioni per realizzare una performance senza la loro presenza, evocando le pratiche di Fluxus. Questa è una prospettiva che inaugura una diversa e nuova possibile eco-sostenibilità della creazione artistica e che offre l’opportunità di superare i tentativi di mediazione, digitalizzazione e bi-dimensionalizzazione dell’esperienza teatrale a cui si è assistito in questi mesi. È nato così Se respira en el jardín como en un bosque, un’azione site specific che coinvolgerà due persone alla volta. Simon Senn e Riccardo Benassi invece si congiungeranno al Festival da remoto, in dialogo con Giovanni Boccia Artieri e Laura Gemini. In tale occasione, Senn presenterà in una conferenza-spettacolo il suo Be Arielle F., spettacolo che avrebbe debuttato in prima nazionale a Santarcangelo e Benassi il nuovo libro “Morestalgia” (titolo della performance che avrebbe presentato al festival) edito da Nero Publishing, in collaborazione con Live arts week di Bologna.

Inoltre dato che la fruizione dal vivo sarà fortemente limitata nei numeri per rispondere alle direttive, abbiamo elaborato delle soluzioni per far assistere in diretta e in differita ad alcuni degli appuntamenti più persone possibili, grazie alla collaborazione del canale Lepida TV della Regione Emilia-Romagna, che trasmetterà sia su grande schermo in Piazza Ganganelli, sia sul canale 118 della Regione, sia in streaming su www.emiliaromagnacreativa.it e lepida.tv.

La 50esima edizione del Festival già prima della pandemia verteva molto anche sul dialogo tra cinema e teatro. Questo slancio è stato conservato e rilanciato: ora tutta l’edizione sarà un atto performativo lungo 5 giorni e le eccezionali modalità di rappresentazione trasformeranno il paese in un set cinematografico esploso. Abbiamo affidato a Luca Mosso e Matteo Marelli di Filmmaker Festival di Milano, in collaborazione con Fuori orario di Rai 3, la programmazione cinematografica in Piazza Ganganelli. La loro equipe porterà avanti il progetto Transfert per kamera, realizzato in coproduzione con Riccione Teatro, invitando al Festival 5 giovani registi/e italiani/e della scena cinematografica sperimentale per realizzare dei ritratti di alcuni degli artisti in programma e tradurli in brevi documentari, che comporranno anche una speciale puntata di Fuori orario su Rai 3, dedicata al Festival (in onda sabato 25 luglio). Gli stessi registi presenteranno poi i loro film nel palinsesto cinematografico, che ospiterà anche estratti dal documentario di Mellara e Rossi per Mammut Film dedicato ai 50 anni del Festival, in versione work in progress. Tutto questo progetto è stato rielaborato in funzione degli eventi degli ultimi mesi.

 

Masque – LUCE

 

Una delle reiterate critiche alle precedenti edizioni del Festival è il profondo scollamento fra la comunità di addetti ai lavori e appassionati che segue le molte proposte artistiche e gli abitanti del territorio, spesso scettici se non addirittura ostili verso le “stramberie” del contemporaneo. In che modo secondo voi è possibile un incontro non omologante fra le une e gli altri?

Non entro nel merito delle edizioni precedenti, che comunque rispetto per il coraggio verso tentativi di mescolanza estremi fra artisti e modalità performative… Negli ultimi anni il Festival è diventato un punto di riferimento internazionale ed è frequentato da centinaia di operatrici e operatori del settore. Questo ha aumentato la difficoltà di incontro con il pubblico date le capienze ridotte di alcuni allestimenti al chiuso che spesso le opere proposte richiedono.  Il nostro progetto Chroma Keys per piazza Ganganelli del 2018 era nato proprio per rompere questa barriera e il risultato è stato molto potente. Ancora gli abitanti se lo ricordano… Nonostante fosse anch’essa una performance piena di stramberie! Proprio in questa prospettiva avevamo presentato al Ministero il progetto speciale Marea per i cinquant’anni di Santarcangelo Festival. Dopo anni in cui il “teatro in piazza”, come recitava la prima dicitura di questo storico appuntamento culturale internazionale, si è lentamente dissolto – anche per ragioni legate all’attuale legislatura che non include e non conteggia le rappresentazioni a titolo gratuito – sentivamo necessario, per questo importante anniversario, riappropriarci degli spazi pubblici con una programmazione inclusiva che coinvolgesse artisti e spettatori in un unico abbraccio. Nel 2020 ricorrono anche i cento anni della nascita di Federico Fellini e Tonino Guerra, con Marea immaginavamo il centro della cittadina come un enorme set cinematografico, a partire dalla trasformazione fisica dell’architettura della piazza principale. Con la collaborazione di un team d’architetti, volevamo creare in Piazza Ganganelli zone d’incontro e di spettacolo, per momenti di dialogo e riflessione sullo stato attuale dell’arte e del senso di comunità. Stavamo intercettando negozi, case private e giardini per farli abitare da interventi creati appositamente da attori, artisti visivi, video maker, musicisti e performer. Un’inondazione di azioni creative per sconvolgere lo spazio e il tempo ordinario a cavallo tra passato e futuro. Penso dunque che con un progetto aperto e inclusivo come questo sia possibile spazzare via barriere culturali e sociali, e generare nuove connessioni e incontri per rinsaldare il senso di appartenenza al Festival. Quest’anno tutto ciò sarà realizzato in forma ridotta, ma avendo già avviato molti progetti per gli spazi pubblici ci sarà un’ampia presenza di opere spostate in questa direzione, che come puoi ben intuire per noi è una priorità.

 

Alessandro Berti – Bugie Bianche @ Daniela Neri

 

A partire dalle odierne proteste del movimento Black Lives Matter avete deciso di presentare tre spettacoli che pongono al centro i temi dell’accoglienza e della diversità culturale: L’Abisso di e con Davide Enia, Black Dick di e con Alessandro Berti e I sommersi e i salvati di Fanny & Alexander. Quale obiettivo di cambiamento sociale si propone, una tale scelta? Ritenete che uno spettacolo, qualunque esso sia, possa incrinare le convinzioni politiche di qualcuno?

Questa forse è “LA” domanda… Io per il nostro teatro voglio continuare a crederlo e ti assicuro che abbiamo esperienze personali di alcuni nostri giovani spettatori in cui ciò è avvenuto. Ce l’hanno direttamente testimoniato e per me è la cosa più potente che possa avvenire nel rito spettacolare… Questo non significa indottrinare o essere didattici, tutt’altro: piuttosto suscitare domande, interrogare, spingere a vedere le cose da un altro punto di vista. Oppure semplicemente smarrirsi, perdersi nell’opera e trovarsi a contatto con l’oscurità e i dubbi che ci abitano inevitabilmente. Poi dipende da cosa intendi per convinzioni politiche: per me non si tratta solo di quale partito si vota ma della densità in cui collochiamo tutte le nostre scelte di vita.

Paola Bianchi presenterà una versione site-specific di Energheia, assolo costruito a partire da immagini reperite interpellando varie decine di persone diverse per età, sesso e professione e poi composte attraverso un processo di embodiment da cui è scaturita, in dialogo con una partitura sonora live di pulsazioni elettriche e distorte sonorità chitarristiche, una coreografia di tensioni e linee spezzate, intrecci e sovrapposizioni nella quale la dimensione muscolare, finanche ginnica, incarna, e non imita, le immagini-stimolo ricevute. Vien da pensare ai celeberrimi cavalli di Kounellis: presentare in vece di rappresentare, trasdurre in vece di evocare. Quali altre proposizioni del Festival andranno in questa direzione?

“…presentare in vece di rappresentare, trasdurre in vece di evocare”: difficile fare queste equiparazioni, ogni opera è a sé ed è unica, di sicuro questa è una prerogativa del fare artistico che io apprezzo e di cui vorrei veder nutrite tante delle performance che seguiamo, dove invece tutto spesso è schiacciato solo sul fronte rappresentativo o mimetico. Penso che il lavoro di Zapruder, che però non abbiamo ancor visto perché debutterà al Festival, vada in questa direzione, data la loro attitudine a trasdurre il linguaggio stesso ibridandolo con il cinema… ma non vorrei nemmeno svelarne i contenuti perché è un evento unico e sarà una grande sorpresa per tutti! Anche Zimmer frei, che si collocano in una prospettiva più prossima al teatro documentario creeranno di sicuro questo spostamento:  anche loro partono da accogliere dati dalla realtà tramite interviste filmate e le ricompongono facendole divenire opere poetiche e sospese, mettendo da parte la matrice puramente documentaria di registrazione del reale, creando degli ambigui sfasamenti… poi ce ne saranno sicuramente altri, ma effettivamente ospitiamo molte opere al debutto (o riadattate in modalità site specific) su cui è difficile esprimersi al momento…. Ma in generale posso dire con certezza che di fondo tutti gli artisti e artiste che abbiamo coinvolto, e che conosciamo e stimiamo da anni, hanno questa attitudine al rompere i confini e fuggire le modalità di messa in scena facili (e commerciali).

 

Paola Bianchi – ENERGHEIA @ Valentina Bianchi

 

Sarà possibile partecipare a Quattro lezioni sul corpo politico e la cura della distanza, progetto creato ad hoc per il Festival da Virgilio Sieni sulle forme della trasmissione, della partecipazione e della visione: quali peculiarità avrà questa proposta, rispetto alle altre dell’Accademia sull’arte del gesto? 

Le lezioni di Virgilio, ognuna da circa 40 minuti, a cui si può partecipare (su iscrizione) senza limiti di età, provenienza o abilità, inclusi danzatori, attori, artisti, performer, o anche solo assistervi, saranno un’esperienza intorno alle forme della trasmissione, della partecipazione e della visione. Nella sua ricerca, il corpo assimila le immagini del passato e diviene la soglia attraverso la quale riflettere sul futuro. Questo progetto è, nelle sue parole “un viaggio del gesto da una figura all’altra, negli intrecci e i chiasmi, risonanze e svelamenti nell’opera: così il corpo esplora un atlante di dettagli in continua trasformazione e condivisione”. Virgilio insieme a due assistenti condurrà le quattro lezioni dedicate alla consapevolezza del corpo, utilizzando come “guida” allo studio del gesto otto opere pittoriche, in un processo di trasmissione fondato sulla lentezza e l’ascolto. Ogni lezione tenderà alla creazione di una danza, di una sequenza di gesti che “meditano sul formarsi della figura, sullo spazio empatico e tattile tra l’opera e la persona, sulla creazione di uno spazio condiviso secondo una gestualità fuori dai codici e sulla cura della distanza”. Fra le opere di riferimento: il Battesimo di Cristo di Piero della Francesca, la Cena in Emmaus di Caravaggio, le  Lezioni di canto, anche dette Le tre età dell’uomo di Giorgione, il Concerto di Tiziano, l’Annunciata di Palermo di Antonello da Messina e il suo Cristo in pietà.

Altra occasione di attivazione diretta sarà costituita da Il trattamento delle onde di Claudia Castellucci, un insegnamento per una nuova disciplina sportiva per bambine e bambini tra 8 e 12 anni di età seguìto da un “ballo dato pubblicamente”. Sapendo che solitamente la scolarca della Societas realizza questi percorsi con danzatrici e danzatori tecnicamente molto preparati, in base a quali principi verrà effettuata la selezione, in questo caso? 

Non abbiamo indicazioni sulla selezione, se non l’età. L’“insegnamento” di Claudia Castellucci sarà seguito da un Ballo dato pubblicamente. I giovani partecipanti seguiranno un seminario di movimento ritmico al suono delle campane, quelle del Monastero di St.Benoit di En-Calcat, registrate nel 1958, con un fastigio orchestrale di Stefano Bartolini. Per poi “manifestarlo” al pubblico, seguendo alcune semplici indicazioni, le regole del gioco, condivise da Claudia. Le campane, che dal Medioevo scandiscono la giornata di tutti i paesi e le città dell’Europa, continuano a proporci il ritmo elementare del rintocco e della pausa. Suono e silenzio sono dunque due elementi che si favoriscono a vicenda. Il seminario si baserà su movimenti semplici, precisi, avvolti da un’eco prolungata che i bambini interpreteranno, secondo la responsabilità di ognuno. Svolgeranno azioni identiche ma ognuno per conto proprio; distanti, raccolti in sé stessi. Il seminario si terrà dal 13 al 16 luglio nel pomeriggio / sera, mentre il Ballo dato pubblicamente avrà 4 repliche il 17 luglio all’Orto degli Ulivi del Convento dei Frati Cappuccini di Santarcangelo (per informazioni e iscrizioni, entro domenica 5 luglio, scrivere a Caterina alla mail callsantarcangelo@gmail.com, specificando in oggetto “Il trattamento delle onde” o chiamare il numero 0541 626185).  Qui la call: https://www.santarcangelofestival.com/il-trattamento-delle-onde/

 

Giacomo Cossio – foto di Daniele Mantovani

 

Il Festival accoglierà alcune installazioni e proposte che incrociano performance e arti visive: tra esse Giacomo Cossio con Contronatura, Masque con Luce e Sara Leghissa / Strasse con Fake Uniforms (public lecture). A favore di chi non conosce il lavoro di questi artisti puoi presentarci in breve ciò che sarà possibile incontrare?

Giacomo Cossio è un artista e architetto di Parma, attivo dal 2004 con esposizioni e collaborazioni con gallerie private e istituzioni pubbliche, tra mostre personali e collettive. Lavora da sempre intorno all’elemento naturalistico e l’intervento Contronatura porta avanti questo suo percorso di ricerca: una folla vegetale pietrificata, resa monocroma dall’artificio della pittura, che col passare del tempo e la cura affettuosa dei cittadini crescerà e riacquisterà vita, superando la barriera del colore. Sara Leghissa è un’artista, ricercatrice e performer con base a Milano. Insieme a F. De Isabella ha fondato Strasse, un collettivo, attualmente associato a Triennale Teatro dell’Arte di Milano, che produce progetti site specific nello spazio pubblico, utilizzando il linguaggio performativo e cinematografico come filtro di osservazione della realtà. Il suo Fake Uniforms è una conferenza pubblica temporanea che esplora alcune pratiche illegali della nostra vita quotidiana. Il testo, sviluppato a partire da interviste condotte con persone incontrate a Prato, Ramallah, Marsiglia, Madrid, Losanna e Nyon, evoca le pratiche utilizzate da movimenti, attiviste e attivisti in diverse parti del mondo, che consentono di aggirare la legge senza trasgredirla. Il pubblico è invitato a riflettere e posizionarsi sul confine tra ciò che è legale e ciò che no. Masque è una compagnia nata nel 1992 che basa la sua forza visionaria sul dialogo tra il discorso filosofico, la creazione di prodigiose architetture sceniche e il ruolo della Figura. Nel 2014, con i filosofi Carlo Sini e Rocco Ronchi, hanno dato vita a Praxis. Scuola di Filosofia. Dal 1994 curano ed organizzano il Festival Crisalide a Forlì. Luce è una performance per Tesla Coil e CO2: una danzatrice, posta su un alto piedistallo metallico e due bobine di Tesla, l’una di fronte all’altra, duettano amplificando la cornucopia di fulmini e saette. Le Tesla coil emettono delle scariche innocue per il corpo che trae però da esse l’ispirazione al movimento, che si vuole enigmatico, senza inizio né fine.

Come di consueto ci sarà spazio anche per la musica dal vivo: allo Sferisterio verrà allestito un mini festival a cura di Nicolò Fiori dal titolo BISONTE, dall’omonima canzone dei Camillas a cui la rassegna è dedicata (in memoria di Mirko Bertuccioli, vittima del Coronavirus). Quali strategie saranno attivate perché i pubblici della musica e del teatro si ibridino, senza restare contigui ma separati?

Santarcangelo è multidisciplinare da sempre. Questa è la strategia… La programmazione musicale incrocia quella delle performing arts, le installazioni, i laboratori, e lo scambio di pubblico tra i diversi ambiti è una caratteristica della nostra comunità. Chi partecipa al Festival lo fa credo proprio anche per questo: farsi sorprendere, esplorare situazioni inattese, incontrare l’inaspettato. La musica live è parte integrante del calendario e lo Sferisterio è la cornice giusta per questo mini festival. A inaugurare la serie di concerti, che da sempre si vogliono gratuiti, un momento di festa condiviso che raccoglie tutte e tutti intorno a un palco, quest’anno sarà la presentazione del nuovo libro di Ruben Camillas, seguita da un intervento di Pierpaolo Capovilla fondatore degli One Dimensional Man e de Il Teatro degli Orrori. Dany Greggio presenterà poi estratti del nuovo progetto Plutus con Cesare Malfatti dei La Crus e Atto Alessi.

Le serate successive saranno dedicate a sostenere alcune etichette italiane indipendenti, fra cui Bronson Recordings, Ribess Record, Ur Suoni, Gloryhole, con 6 gruppi della regione: Solaris, Sunday Morning, UnoAUno, Houdini Righini, So Beast, Moder. Chiuderà la serie domenica 19 luglio Angela Baraldi accompagnata da Giorgio Canali e Steve Dal Col, con Love Tore us Apart, speciale omaggio ai Joy Division. Gli ambienti sonori saranno animati dai djset di Luca Pasteris, Lucifer Rising, S.U.G.O. Anna Magnani.

 

foto Zimmerfrei – Family Affair

 

Infine: per tutta la durata del Festival sarà attiva una raccolta fondi a favore di Mediterranea Saving Humans. Perché avete scelto proprio questa organizzazione umanitaria?

Per noi il lockdown è stato un tempo di grande dolore, riflessione, ascolto e sostegno dei più svantaggiati, che hanno vissuto il periodo fra privazioni e abbandoni da parte della macchina statale. Abbiamo sin da subito pensato di andare avanti con il festival ridisegnandolo e dandogli un respiro solidale. Non sappiamo del resto come usciremo dalla pandemia – le cui condizioni sono create dal neoliberismo, dai tagli alla sanità pubblica, dall’iper-sfruttamento nervoso – potremo uscirne definitivamente soli, aggressivi, competitivi, oppure con una gran voglia di abbracciare, di socialità solidale, contatto, eguaglianza? “Il virus è la condizione di un salto mentale che nessuna predicazione politica avrebbe potuto produrre”, dice Franco Bifo Berardi. L’eguaglianza è tornata (da un lato) al centro della scena… E allora mi sono detta: immaginiamola come punto di partenza per il teatro che verrà!

Perché Mediterranea? Personalmente siamo dei sostenitori e la questione dei naufragi lasciati nelle mani dei criminali libici con il benestare dell’Europa ci tormenta, è intollerabile! Abbiamo iniziato ad occuparcene già nel 2013 con Nella Tempesta, se ben ricordi… Per me è una priorità e trovo che l’iniziativa dal basso di Mediterranea sia davvero miracolosa  – dato le ostilità politiche del nostro stesso paese – e ben organizzata. Penso sia più che mai necessario mettere l’attenzione su questa iniziativa in questi dark times  dove ribollono sotto traccia sovranismi e nostalgici sguardi ai regimi passati.  Il lockdown è perfetto terreno di coltura per nuove intolleranze e precipizi antidemocratici, e contesto ideale per rimuovere appunto il già scandalosamente rimosso della questione dei migranti, dei fuggitivi dalle guerre o dal land-grabbing, dei senza tetto e senza passaporto forte… Durante la pandemia più volte ci siamo domandati perché continuiamo a voler fare teatro quando potremmo fare assistenza sociale volontaria a tanti invisibili, ora in condizioni ancor più disperate. La tentazione ad abbandonare tutto è stata forte, ma dopo trent’anni, sentiamo che forse (solo) con il teatro, per noi, sia possibile davvero essere, esser-ci pienamente, nel mondo. Allora cerchiamo di “usare” il potere comunicativo del Festival per diffondere e sostenere questa iniziativa e fare qualcosa di materialmente utile.

 

MICHELE PASCARELLA

 

15-19 luglio – Santarcangelo di Romagna (RN) – info: santarcangelofestival.com