Venga a prendere un ‘ca phe sua da’ da noi!

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Nonostante il nome porti la mente ad immaginare un luogo antico di commercianti, fumerie d’oppio, coloni con abiti di lino bianchi e donne bellissime dagli occhi a mandola e unghie con lo smalto rosso, Saigon non è più nulla di tutto questo (o forse è solo il mio immaginario asiatico un po’ confuso e distorto dai film anni ’50). Saigon non ha certo lasciato un segno indelebile, come altri luoghi del Vietnam, ma conserva comunque un certo fascino di provincia.

Sebbene stia cercando di trasformarsi in una moderna metropoli, Ho Chi Minh City conserva ancora ben cucito addosso l’abito da grande città di provincia. La zona centrale è ricca di alberghi di lusso, viali con negozi di alta moda di respiro internazionale e qualche grattacielo ad interrompere il piatto skyline ed annunciare l’arrivo di una nuova era. Poi ci sono grandi parchi urbani ben curati, con prati e arbusti perfetti, e attrezzati con macchine per gli esercizi quotidiani, gazebi dove improvvisare lezioni pomeridiane di ballo e campi di dacau – shuttlecock, un fantastico badminton da giocare coi piedi (finchè non avete visto una partitella, non potete capire la bravura di questi giocatori!). Tante pagode in piccoli angoli nascosti o semplicemente in mezzo ad una moltitudine di negozi, con gli interni in legno intagliato e dipinte d’oro e rosso, ed  i fedeli che passano per la preghiera accendendo falò di incensi. Vialoni alberati a tre corsie letteralmente invase dai motorini e qualche risciò qua e là a ricordare di un tempo che fu.

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Ma quando si lasciano i viali per addentrarsi in una qualsiasi delle viuzze interne si scoprono piccoli quartieri che hanno più l’aria di un paese, con la sua comunità, i suoi negozi e tanti artigiani a cui rivolgersi per le necessità di ogni giorno.

Ovviamente, un po’ per ragioni di budget un po’ per non essere troppo a contatto con altri turisti, scegliamo di alloggiare in una pensioncina, nel distretto 1, quindici minuti a piedi dal cuore della città. A parte le quotidiane passeggiate di chilometri (perché a noi europei piace proprio camminare) per visitare una parte o l’altra di Saigon, per il resto della giornata siamo perfettamente immerse dentro questa realtà di paese.

Prendiamo l’ottimo ca phe sua da (caffè vietnamita con latte condensato e ghiaccio) servito con tanto di the al gelsomino, come nelle migliori tradizioni vietnamite, insieme con i 3-4 clienti abituali, che dopo un paio di secondi identifichi subito come i “matti” del paese. E ti senti dire “ see you tomorrow”, come se fossimo già entrate a far parte del piccolo ghetto (ed in effetti questo diventa il nostro baratto indiscusso per il caffè postprandiale).

Quando scende la sera il quartierino si accende di luci e bancarelle, disvelando un variegato tesoro di piatti per gli appassionati di cibo e di nuovi sapori. A dieci metri sulla destra c’è la signora che cuoce i banh xeo (crepes vietnamita farcita di maiale, gamberi e germogli di soia), di fronte un’altra che prepara Cơm tấm, un piatto a base di carne di maiale marinata e cotta alla griglia servita con riso rotto bollito, verdure all’agro e salsa nước chấm (un piatto che ti fa perdere interesse per qualsiasi altra cosa).

All’angolo a sinistra ci sono le signore che servono saporitissime pho, zuppe di noodles, e poco più avanti una vecchietta con il suo carretto per i banh mi, i famosi sandwiches vietnamiti preparati con baguettes farcite con salsa di pesce, patè di maiale, vari affettati di maiale, carote e daikon sott’olio, verdura fresca, pesto di peperoncino fresco e aglio: il solo pensiero mi fa venire l’acquolina in bocca! La strada prosegue così per un centinaio di metri: c’è solo l’imbarazzo della scelta!

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Nel quartiere lo scoglio linguistico è abbastanza forte, solo qualche persona sa poche parole di inglese, ma Sanja si è dotata di un traduttore simultaneo inglese-vietnamita e va in giro chiedendo ingredienti e spiegazioni, cercando di portare a casa con noi più informazioni possibili.

L’albergo, a conduzione più o meno famigliare, è gestito da Miss Loi, una signora dai modi eleganti, sempre vestita con abiti floreali e con lo chignon ben acconciato sulla nuca. Sam Nang, il ragazzo che sta alla reception, si impegna molto per cercare di parlare inglese ma i risultati sono sempre imprevedibili, ride molto e più che altro ci ripete di non preoccuparci, anche se non lo siamo affatto.

Ogni giorno, nella grande sala al pian terreno, lo staff e i membri della famiglia mangiano quelle che sembrano essere delicatessen da cibo casalingo. Non che miss Loi abbia l’aria di una che cucina, ma la cuoca, miss Huong, che prepara anche le colazioni per gli ospiti, certamente si! La nostra richiesta di poter seguire miss Huong in una delle sue mattinate in cucina, appare piuttosto strana, ma la cordiale Miss Loi non si oppone. E per fortuna perché miss Huong oggi cucina proprio il com tam , il nostro piatto serale preferito, che credo manderà in visibilio anche più di un amico in Italia. La ricetta a brevissimo sul nostro sito!

mattarelloaway.com

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Per lavoro: ufficio stampa e comunicazione di progetti artistici e culturali. Per passione: critico e studioso di teatro, danza e arti visive. Curioso di altre arti. Camminatore. Collaboro con Gagarin dal 2012: interviste, presentazioni, recensioni, in alcuni periodi ho anche distribuito la rivista cartacea in giro per la Romagna. Quello che mi piace di Gagarin: la varietà, la libertà.