Il bellissimo caos di Ivo Dimchev

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Perché passi un po’ di caos libero e ventoso: Crisalide Festival XXIII, in programma dal 28 al 31 ottobre a Forlì, è stato curato da Masque teatro. Spazio a incontri filosofici, spettacoli di teatro e di danza, dibattiti, workshop e mostre.

Tra le prime nazionali, Masque teatro ha trovato un bellissimo caos e un salutare vento in Ivo Dimchev, coreografo e performer bulgaro andato in scena domenica 30 ottobre al teatro Felix Guattari di Forlì.

Ivo Dimchev è bellissimo. Indossa una parrucca bionda, labbra rosso fuoco mai trascurate (anzi, costantemente ritoccate), un giacchettino verde e uno slip da bagno a righe.

Seduto con le gambe accavallate introduce il potere curativo della “ICure Card”: parte integrante del processo di guarigione, è stata consegnata a tutti i partecipanti. Si tratta di una piccola tessera in cui gli spettatori scrivono ciò che vogliono curare.

“Se vuoi guarire devi focalizzare esattamente. Indicare organi e persone che si vogliono curare, situazioni della propria vita, ecc”.

Lo spettacolo si propone come una “seduta di guarigione”: il pubblico viene  guidato come in una meditazione a visualizzare cosa vuole guarire. Meglio: di cosa vuole “prendersi cura”.

Ivo Dimchev è molto chiaro nelle indicazioni: il concetto che dona al pubblico è semplicissimo.

“Io ho due lavori: il primo è spargermi di olio abbronzante sotto il sole, il secondo è mandare pensieri d’amore”.

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disegno di Stefania Siclari
disegno di Stefania Siclari

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Focalizzare la cura, immaginarsi immersi nelle acque di una cascata rinfrescante che ha il potere di guarire noi e tutti quelli di cui vogliamo prenderci cura. Questo potere  diventa reale quando una giovane ragazza, un ragazzo e poi una donna si materializzano sul palco per regalare un piccolo gesto d’amore: un massaggio a colui che lo ha richiesto. La cura funziona, si manifesta ed è presente in tutte le sensazioni e le tempeste in cui ci ritroviamo, bisogna solo crederci.

Dimchev lancia frasi e gesti  fortissimi. I movimenti si alternano contrastandosi tra delicatezza e aggressività, tra sensualità e grottesco.  Canta con voce dolcissima“non mentirò mai più a me stesso” fino a che il canto diviene urlo.  Simula un rapporto di sesso orale con un orsacchiotto soprannominato Gesù. “A volte capita di non provare  niente. Ed è buono”. Colpisce i nostri tabù chiedendoci di  immaginare di essere  sperduti nel nulla, morti, senza sensi e  tanto annoiati da secoli e secoli, quando un bel  giorno ci si presenta davanti un pezzo di merda fluttuante. Se fossimo in grado di guardarci dentro con un enorme telescopio, saremmo capaci di ammirare la meravigliosa danza dei super batteri, ovviamente curativa.

La prima parte della performance ruota attorno alle aspettative che tutti nutriamo rispetto alla positività e alla cura, mentre nella seconda Ivo introduce i tabù come elementi curativi: sessualità, sporcizia e violenza diventano fonte di cura, veicoli di energia: “Vorrei incoraggiare le persone a non essere così serie… La performance vuole aprire un piccolo spiraglio dal quale guardare in una maniera diversa a elementi disgustosi, orribili o al di fuori della sfera del positivo”.

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Sul finale Ivo Dimchev pone il pubblico davanti al disgusto delle morti innocenti, chiedendo di immedesimarsi in quella immagine: “E se questi bambini morti in strada fossero i tuoi figli? Non riusciamo a toccare il loro sangue ma dobbiamo amarli lo stesso, così come sono”.

ICure ha diviso il pubblico: qualcuno non ha neanche applaudito, altri lo avrebbero fatto per ore.  Non solo per la bravura, il coraggio e la dedizione di Ivo Dimchev, ma per il messaggio che trasmette: “Impara a generare amore”.

Ivo Dimchev mi ha guarita, ha posto il teatro non come un evento culturale ma come una terapia, nella quale la ricerca e l’intenzione sono il prendersi cura. Dove l’unica possibilità di sopravvivenza è l’amore.  Perfino troppo semplice, per questo complicatissimo: “La mia preoccupazione è che la scena stia diventando sempre più un luogo in cui ci si sente a proprio agio. Il mondo non è il luogo del comfort, così come non lo sono la vita, le relazioni interpersonali”.

Dopo ci si sente più umani. Speranzosi. Come malati a cui vengono somministrate le giuste cure.

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STEFANIA SICLARI

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Visto al teatro Felix Guattari di Forlì il 30 ottobre 2016 – info: crisalidefestival.eu

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