Nick Cave c’è

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Ieri sera a Padova è successo qualcosa. Dentro e fuori di me.

Da sempre sono convinto che i concerti come altre esperienze artistiche “dal vivo” rappresentino per l’umano una necessità primaria. Ci si avvicina a qualcosa di cui hai bisogno. Mi avete capito vero? anche le preghiere in fondo sono dei canti.

Andare ai concerti con/per un motivo fa e farà la differenza. Crearsi un immaginario è lo sforzo minimo.

Nick ieri era una rock star. In cima al mondo ma dal punto più basso.

Lo chiamano Bardo quel punto intimo di trapasso tra la vita e la morte, dove ci si parla con una certa franchezza. Da sempre è terreno fertile di ispirazione ( Dante?)

Ieri sera è successo qualcosa. Istinti punk pieni di ribellione e rabbia come antidoti per la scomparsa del padre a 15 anni raccolti, vissuti e poi sconvolti dalla prematura morte del figlio nel 2015.

L’uomo caverna ha scavato ancora fino a trovare, nelle prime canzoni, il bisogno di accordarsi sui dei sospiri. Li ho capito che il concerto avrebbe parlato un’altra lingua. E cosi è stato.

Doveva capire con chi parlare ? Di chi fidarsi? Credo di sì .

Le basi ritmiche come flusso sanguigno ascoltate in laboratorio da un medico guaritore delle foreste Australiane, hanno fatto il resto.

Gli Angeli sopra Berlino stavolta bisognava proprio aver voglia di cercarli. Io li ho visti quando la sua band, un po’ ammaccata per la mancanza del fratello Conway Savage, c’era nei momenti del bisogno. Parlo di bassi in basso e di alti in alto cercati tra i cori angelici (sempre una gran finezza da richiedere ad una band come i bad seeds) e nei sinth. Poi non parlo di acustica (sob) ma in Italia i concerti si fanno nei palazzetti dello sport e viceversa (si fa sport ai concerti). Comunque lo show ha retto tutto questo, c’era del margine.

Sto meglio oggi. Ero solo come quando Warren Ellis ha registrato il giro di accordi di higgs boson blues, e quindi solo, ma con una direzione davanti a se (me) nascosta, libera, ogni tanto vicina, con un grande cuore che io chiamo dolcezza. Il blues rimane pur sempre uno stato d’animo, o no?  Non dico altro se no divento una maletta.

La sfida è vinta quando sul palco non c’era più solo lui e la sua band ma tutto il pubblico.  Quello di cuoi sopra. Un rischio, un colpo di classe, una esigenza di spettacolo, un bisogno profondo ? La risposta forse è arrivata dopo il concerto di Milano. Il rito si è perpetrato anche a Milano e forse tutto questo perde un pò di innocenza. But the show is the show.

Il rock and roll è vivo e non sa di esserlo.

Chi ha delle belle foto da girarmi le apprezzo ( io quel giorno, ero distratto )

By. Rifugiato poetico.