MigrArti: un racconto a più voci con rifugiati e italiani. Intervista a Alberto Grilli

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Il Teatro Due Mondi di Faenza vince il Bando MigrArti-MiBACT 2018 alla sua III edizione, con un racconto a più voci sulle migrazioni fra teatro, danza, poesia e musica dal titolo La Tempesta. Un progetto che, come precisa Alberto Grilli, regista del Teatro Due Mondi, è stato realizzato grazie ai tanti collaboratori che da anni li aiutano e condividono il loro lavoro, un riconoscimento quindi che merita di essere dedicato a tutti quelli che donano energia al loro operato, una piccola comunità che li affianca costantemente. Questa è la prima affermazione di Grilli, che abbiamo incontrato, per farci raccontare la nascita e gli sviluppi di questo intenso disegno.

Il vostro impegno sociale, in particolare con il progetto “Rifugiati” va avanti da tempo, com’è nato e com’è cresciuto?

Il progetto con i rifugiati va avanti da sette anni, MigrArti è lo sviluppo del lavoro fatto fin’ora a Faenza con il laboratorio permanente “Senza Confini”. Attualmente stiamo condividendo e ampliando il lavoro laboratoriale con Fernando Battista, coreografo di Roma che lavora da tempo con i migranti.

Cosa aggiunge questa collaborazione alla vostra esperienza passata?

È la prima volta che in maniera particolare entriamo in contatto con la danza, anche se per la nostra formazione non ne siamo lontani: le nostre Azioni in strada (brevi momenti di spettacolo al pubblico) sono soprattutto fisiche e la parola viene usata marginalmente, per cui abbiamo già sperimentato in passato un lavoro coreografico. In questo caso incontriamo uno “specialista”, quindi la sua collaborazione è per noi sicuramente una ricchezza.

Quanti migranti riuscite a coinvolgere in questo progetto?

A Faenza il gruppo di lavoro coinvolge circa cinquanta persone a sera, molte delle quali partecipano in maniera stabile, anche se poi il numero è complessivamente più alto perché il laboratorio permanente è libero e gratuito per cui alcune volte raggiunge un numero di partecipanti maggiore. In ogni caso per MigrArti tra Faenza e Roma saremo circa circa persone, tra cittadini italiani e stranieri. Ci saranno poi quattro ragazzi migranti scelti da noi che faranno un percorso artistico più articolato e fungeranno da “protagonisti” dello spettacolo.

Quando debutterà La Tempesta e dove?

Debutta a fine giugno al MIC di Faenza e poi luglio a Roma, al GNAM di Valle Giulia e al Museo Etnografico Pigorini: il museo è un altro punto focale del progetto, inteso come luogo della cultura in senso lato e bene comune. A Bologna stiamo ancora definendo il luogo che ospiterà La Tempesta.

Lavorate con tante persone di diversa provenienza e tradizioni, come vi approcciate a loro? E quanti poi dopo aver preso parte alle vostre “azioni” continuano a seguirvi?

Lavoriamo principalmente sulle biografie di gruppo, sulla creazione di azioni che possono essere riconosciute da tanti, una sorta di biografia collettiva: può assumere tante forme diverse, in base alla provenienza delle persone e ai loro percorsi. Il gruppo è infatti misto: stranieri, italiani,  ragazzi immigrati di seconda generazione. Un lavoro che riusciamo a svolgere anche grazie ai mediatori culturali che lavoreranno nelle scuole, entrando direttamente a contatto con le contraddizioni che vivono quotidianamente i ragazzi nati qui, a partire dalle tradizioni famigliari e dalla realtà che poi si trovano ad affrontare, le differenze religiose e di costume.

I partecipanti migranti – quelli che ovviamente rimangono a Faenza – solitamente continuano a seguire le attività. La nostra compagnia è diventata così nel corso del tempo un punto di riferimento per loro: sanno che qui a Teatro c’è qualcuno che li ascolta e se può, li aiuta.

SILVIA MERGIOTTI