Di una piccola biblioteca sul crinale

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È il primo giorno del 2023, una domenica d’inverno anomala per l’Appennino: molto tiepida, troppo umida.

Il giorno precedente ero salita di buon passo verso il borgo di Monteacuto delle Alpi perché al baretto del paese avevo saputo che la piccola biblioteca era aperta. Nel risalire velocemente però mi ero persa. Ricordavo vagamente il vòlto sotto cui stava il portoncino d’entrata e così, in affanno, arrivo e la trovo chiusa. Troppo tardi. A pochi metri di distanza hanno già preparato il pupazzo di cenci e legno che verrà bruciato a mezzanotte. Ritrovo il nugolo di avventori del bar sulla piazza e dico loro “la biblioteca ormai è chiusa”. Li sento ridacchiare, qualcuno mi prende in giro “ah e come faremo mai se la biblioteca è chiusa?”. A me importa. L’avevo visitata alcuni anni prima, mi si era aperta davanti per caso e non l’avevo più dimenticata. Ogni volta che tornavo a Monteacuto la trovavo sempre chiusa, allora guardavo la porticina di legno e ricordavo tutti quei libri accatastati, forse in un ordine peculiare a chi a quel tempo la gestiva.

Enzo Biagi era nato nel borgo a fianco, a Pianaccio, e secondo me quella biblioteca gli sarebbe davvero piaciuta. “Ho girato il mondo da cronista ma in fondo non sono mai andato via da Pianaccio”. Con il suo borgo nativo aveva di certo un legame intimo, speciale, identitario. Anche Monteacuto è diversa dagli altri villaggi dei dintorni. Dal fondo valle del Reno si sale e si trova il bivio che conduce a entrambi i luoghi, luoghi sospesi tra terra e cielo e in cui radicarsi è cosa naturale. Montecauto è la borgata dove la strada finisce.

Prima di scendere a valle decido di tornarci e un cartello sul piazzale della chiesa mi anticipa con un messaggio che troverei rassicurante in ogni angolo del pianeta: “La biblioteca è aperta”. Mi fermo  per procedere poi lenta, per gustarmi l’immagine di quella porta aperta. Ho saputo che adesso ci sono alcune ragazze a gestire la biblioteca, non più il signore che avevo conosciuto. Mi trattengo nella bancarella posta all’esterno dove ci sono i libri per il libero scambio e alcuni pacchetti con un cartello ” Mercatino del libro ignoto”. Mi divertono molto gli indizi scritti a pennarello “L’altro visto dall’altro, Questo è il tempo delle Cattedrali, La gialla signora, Superare l’immobilismo durante l’estate“. Mi appare subito evidente che chi se ne prende cura è un lettore, una lettrice e poco importa come avrà organizzato lo spazio, più importante ancora è questa giocosa capacità di trasformare, interpretare, associare ciò che si legge. Henry James scriveva così “Il filo in cui le perle sono infilate, il tesoro nascosto, la cifra nel tappeto“: ecco come si dovrebbero raggruppare le storie dei libri.

 

 

La porta è socchiusa, mi accingo a bussare e quasi ci inzucchiamo io e questa ragazza, io nell’entrare e lei nell’aprirmi. Si sorride entrando, salutando. I miei occhi miopi da bibliotecaria notano subito una luce diversa tra gli scaffali: c’è più spazio, alcune etichette esplicative, alcune tazze sul tavolo. Segni vitali. Rivado subito con lo sguardo a quelle due finestre a strapiombo sul bosco che mi avevano rapita anni prima, già allora  mi avevano legata a quel luogo così minuto.

Ci presentiamo, scopro che Barbara e Anna hanno anche dato un nome a quello spazio, Solea la Biblioteca. La biblioteca sul crinale. Le cose piccole e folli mi piacciono a priori quindi diventa facile offrire il mio aiuto, darsi a chi osa con levità. Parliamo, chiedo come anni fa arrivarono lì quei libri e io oggi non ho il dovere di dirvelo perchè preferirei di gran lunga che vi recaste lì a farvelo raccontare.

I libri, lo so bene, si riuniscono tra loro per molte ragioni: il passare del tempo, per attenzione o trascuratezza, per volontà. Vedo libri nuovi, lucenti graphic novel accanto a letture spensierate: mai dimenticare il potere emotivo dei libri dozzinali, scriveva Martin Latham in I racconti del libraio, soprattutto in una piccola borgata dove ci vivono appena 12 persone e la maggior parte ci si reca per turismo, per camminare, per amore della montagna o dei vecchi tempi.

 

 

Libri a strapiombo su un bosco di faggi e castagni: gli alberi, lo sapete, si collegano e si sostengono a vicenda tramite dei filamenti micelici sotterranei. E i libri? Le persone? “La biblioteca”, scrive Latham, “è un sogno di connessione”. Ordini intenzionali e profondamente ispirati come “Viaggio in cammino” ed “Emilia” si affiancano a donazioni più casuali, vecchie edizioni un pò sciupate ricche di echi e di affetti dimenticati, danno a noi visitatori l’appagante illusione che i loro precedenti proprietari siano appena passati da qui. Ci sono i libri illuminati, sezioni privilegiate e file di libri poste molto in alto, magari vecchie enciclopedie, relegate nell’ombra. E siccome ogni biblioteca è autobiografica c’è anche il racconto di Barbara, della sua vocazione al viaggio e al cambiamento.

È che poi ho dovuto salutare, pur scambiandoci promesse che desidero mantenere, per tornare in pianura e poi ripartire di nuovo.

Fuori, in una cassetta di legno, ho trovato un paio di libri di un’autrice che vi suggerisco. Si tratta di consunte edizioni Mursia di Giana Anguissola. Scommetto che questa scrittrice d’altri tempi ve la siete dimenticata.

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