NOAM, il primo festival cinematografico di Faenza

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Faenza e Nord America andata e ritorno.

La città si appresta infatti a puntare gli occhi verso oltreoceano, ma senza dimenticare la ricchezza artistica del proprio territorio. Questo è possibile grazie alla nascita di NOAM, il primo festival cinematografico faentino, evento di punta della giovane associazione Filmmeeting APS che si terrà dall’1 al 5 marzo, con un’anteprima sabato 25 febbraio.

“Filmmeeting APS nasce nel 2021 durante il Covid. In questo periodo, insieme a un gruppo di miei giovani coetanei cinefili, ci siamo chiesti quale potesse essere la soluzione migliore per far avvicinare il pubblico giovane alla sala”, racconta il direttore artistico Andrea Valmori. “Così, pensando alle piattaforme di streaming che sempre più disincentivano la frequentazione della sala e ai grandi festival a cui noi stessi abbiamo preso parte, abbiamo pensato potesse essere una buona idea provare a proporre un festival sul territorio. Abbiamo scelto Faenza perché, oltre ad essere una città molto cinefila, ha tre sale in centro: cinema Italia, cinema Sarti e cinema Europa”.

Il cinema Sarti e il cinema Europa saranno infatti i principali teatri del festival, a cui si aggiungono altri luoghi simbolici della città come il Clan Destino, il Ridotto del Teatro Masini e il Museo Carlo Zauli, tra gli altri. Numerosi sono gli eventi che prenderanno luogo in questi spazi rendendo la prima edizione di questa manifestazione già particolarmente ricca ed unica nel suo genere. “Frequentando diversi festival d’Italia, mi sono accorto che, tra le tante soluzione che erano state trovate, mancava una proposta sul Nord America inteso come continente e territorio da raccontare”, specifica Andrea. NOAM è infatti l’abbreviazione di NOrd AMerica. “Così, in questi anni, abbiamo iniziato a fare attività anche per raccogliere le risorse necessarie per poter realizzare questa manifestazione e alla fine ci siamo lanciati un po’ nel buio e abbiamo deciso quest’anno di dare vita al festival che speriamo di rinnovare di anno in anno”.

Il Festival si struttura in tre sezioni principali, NOAM Classic, NOAM Concorso e NOAM Special, a cui si aggiungono eventi collaterali al Clan Destino e al Mens. Per quanto riguarda i film in concorso “abbiamo deciso di focalizzarci sul mondo Usa: era inutile nascondere che, tra i tre paesi, gli Stati Uniti sono ovviamente un grande protagonista. In realtà alla fine abbiamo trovato un buon equilibrio perché inizialmente avevamo 8 film in concorso di cui 4 dagli Usa, 2 dal Messico e 2 dal Canada, a cui poi si è aggiunto un quinto titolo statunitense. Il concorso ha un equilibrio al suo interno tra anteprime e seconde visioni nazionali: ci saranno 3 anteprime nazionali e un’anteprima europea, mentre le altre visioni hanno comunque ricevuto riconoscimenti e candidature in festival importanti”

Il cuore del festival, accanto ai film, è rappresentato dal suo pubblico in sala. “La prima cosa alla base della selezione è stata far vivere al pubblico un’esperienza di scoperta: l’obiettivo è infatti far scoprire a chi non è abituato a frequentare i festival i numerosi film che per diversi motivi non arrivano in Italia. Per questo la nostra ricerca è andata nella direzione di trovare un equilibrio tra anteprime e visioni di qualità”. Inoltre il pubblico non sarà solo semplice spettatore ma anche vero e proprio protagonista assegnando i due premi del Festival. “Abbiamo creduto tanto in questa idea del premio del pubblico”, racconta Andrea. “Da un lato c’è quello che abbiamo chiamato Premio della Città di Faenza, che è assegnato da tutto il pubblico in generale, dall’altro abbiamo selezionato una fetta di giovani under 30 che assegneranno il Premio giovani, perché la vocazione di Filmmeeting e del festival privilegia l’incentivo verso un pubblico giovane che è da coinvolgere in più maniere”.

 

American Graffiti

 

NOAM Classic è invece la sezione di apertura e chiusura ufficiale del festival con due grandi cult della storia del cinema: American Graffiti di George Lucas, presentato da Emanuela Martini, e The Warriors (I guerrieri della notte) di Walter Hill. “American Graffiti festeggia il suo 50esimo anniversario dell’uscita in sala e abbiamo deciso di affiancarlo a un workshop, in collaborazione con Longtake, dedicato alla New Hollywood e tenuto da Simone Soranna. Ovviamente sono tanti i film usciti nel 1973, però la New Hollywood era per noi l’ideale con la sua freschezza e l’idea di tanti registi che con le loro idee hanno cambiato l’industria, ma anche le prospettive e le convinzioni della Hollywood classica. L’evento di chiusura è invece la proiezione del restauro di The Warriors (I guerrieri della notte), in collaborazione con la Cineteca di Bologna. Al festival verrà presentato in anteprima, per poi essere distribuito in tutta Italia dal 6 marzo”.

Infine, c’è NOAM Special, una sezione speciale per l’appunto che riunisce diversi appuntamenti. In questa sezione “abbiamo inserito film fuori concorso, una proiezione speciale per le scuole di This Must Be The Place di Paolo Sorrentino, pensato per riflettere sui casi di italiani che sono riusciti nel passaggio dall’Italia agli Usa. Avendo Andrea Pallaoro come ospite della masterclass di domenica, abbiamo scelto questo film che può essere esplorato in diverse maniere. Pallaoro sarà infatti il protagonista di una masterclass, che avrà come oggetto il suo ultimo film Monica, un esperimento di sensibilità europea e italiana trasmessa negli Stati Uniti e che parla degli Stati Uniti stessi, perché è un film che sulle tematiche transgender ma che ragiona sulla famiglia legata alla narrazione di un certo tipo di America”.

Il programma di NOAM Special si arricchisce inoltre di numerosi momenti di dialogo e incontro. La specialità di questa sezione e anche la particolarità del festival sono infatti i talk che anticipano le proiezioni serali, che vedono tra i protagonisti Francesco Oggiano, Linton Johnson, Roy Menarini, Eva Sangiorgi, Simone Spoladori e Stefano Malosso. “Essendo un’associazione giovane, dovevamo trovare una formula per proporre un festival di cinema diverso rispetto a quelli tradizionali. Così ogni serata avrà un appuntamento che parte alle 20.30 di anticipazione della proiezione e che va a legarsi con le altre arti”, specifica Andrea.

In questo contesto si inseriscono anche la mostra fotografica 17 Western American Wood Utility Poles & Other Stories di Francesco Lusa (dal 25 febbraio al 5 marzo all’Officina Matteucci) e la collaborazione con Strade Blu e Don Antonio sia nella sonorizzazione del vivo di The Gilgames’ Tales, un esperimento di videoarte del faetino Heriz Bhodi Anam (3 marzo) sia nella proiezione del making of di Un’antenna sul tetto di Alessandro Quadretti, un documentario sulla storia dell’emittente televisiva TeleModigliana, nata nel 1968 da un’idea di Pierantonio Sangiorgi.

 

Un’antenna sul tetto

 

Per l’appunto, Faenza e Nord America andata e ritorno. Perché è proprio la ricerca di questo trait d’union che caratterizza il festival. “Francesco Lusa è un fotografo faentino che abita a Berlino e torna in Italia grazie a noi con un lavoro inedito proprio dedicato agli Stati Uniti. Eva Sangiorgi è direttrice della Biennale, ha vissuto e lavorato tra Faenza e Castel Bolognese, per poi fondare un festival di cinema in Messico. Il cortometraggio fuori concorso Keepers di Max Garavini è arrivato al festival di Toronto”.

“Tutti questi appuntamenti vanno ad intercettare la linea che lega Faenza con gli Stati Uniti: una linea che era tutta da inventare e che ci siamo divertiti a scoprire”, continua Andrea. “La questione era raccontare anche la parte più faentina della nostra manifestazione. La stessa amministrazione comunale, quando abbiamo presentato il progetto, ci ha chiesto quale fosse il collegamento con la città. Da qui anche la grafica e l’illustrazione del festival, con questo ufo che arriva su Faenza. In realtà ci sono altri casi di festival che non hanno legami con il territorio, tipo il Far East Film Festival di Udine, ma sono riusciti a costruire una comunità. Avendo fatto partire la macchina, abbiamo intercettato una serie di personaggi che ci hanno detto di avere in realtà legami con gli Stati Uniti. Da qui quindi Eva Sangiorgi, Francesco Lusa, Don Antonio, Max Garavini e tutti gli altri”.