Candido del Teatro Due Mondi: il debutto e l’incontro alla Casa del Teatro di Faenza

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Teatro Due Mondi, Candido - ph Paolo Ruffini

La Casa del Teatro di Faenza è, prima di tutto, un luogo di incontro.
Infatti domenica scorsa, 29 ottobre, c’è stato proprio un incontro, un dialogo, con alcuni esperti di psicologia, filosofia, educazione, teatro.

Giulia Negrini, Rocco Ronchi, Cesare Moreno, Ruggero Sintoni e l’anfitrione Alberto Grilli.

L’occasione è venuta dal debutto di Candido, il nuovo spettacolo del Teatro Due Mondi in coproduzione con Accademia Perduta, tratto dal romanzo di Voltaire.

Nel dialogo si è parlato del Candido. Anzi, si è partiti da lì e poi, molto liberamente, sono scaturite riflessioni sul ruolo del teatro nell’educazione, sulla natura del teatro, del mondo, del bambino, sulla mistica dell’infanzia e poi si è brindato con un po’ di vino, magari perché in vino veritas, ed è proprio la verità che abbiamo cercato, attraverso il confronto e il dialogo.

Tra le molte cose dette ci sono alcuni concetti che mi permetto di riportare in forma sintetica.

Il teatro è esperienza condivisa, educativa, ma non può essere terapia, non deve avere la pretesa di curare, di essere panacea. Questa riflessione è scaturita da Ruggero Sintoni di Accademia Perduta, ma è stata condivisa e ribadita da molti dei partecipanti.

Cesare Moreno, presidente dell’Associazione Maestri di Strada di Napoli, ha raccontato di alcuni suoi alunni che hanno vissuto storie di abbandoni, di violenze, di lutti, e ha affermato come il teatro, e più in generale la metafora, sia uno strumento potentissimo per far provare a questi ragazzi copioni diversi da quello che conoscono, fargli capire che è possibile scriversi un destino diverso.

Perché la finzione consente un accesso alla verità che la realtà non sempre consente.

Rifuggiamo dunque dalle opere che pretendono di essere realistiche e rifugiamoci nella finzione, nella metafora, per raccontare una storia che ci parli di noi stessi, anche senza che ce ne accorgiamo.

 

 

Poi il discorso si è spostato sulla natura dell’infanzia.

In molti, anche in platea, hanno riconosciuto l’eccezionalità dei bambini nel porsi domande e nel trovare connessioni speciali, quasi più intime, con la natura delle cose.

D’altronde un fanciullo fa, in media, 300 domande al giorno, che sarebbero circa 27 all’ora.

Ha iniziato così Giulia Negrini, Teacher in Philosophy for Children, che ha efficacemente raccontato l’approccio di Matthew Lipman all’insegnamento della filosofia ai bambini.

Anche Rocco Ronchi ha detto la sua: l’infanzia è il luogo dello stupore, e la radice etimologica di questa parola rimanda ad un colpo che si riceve. Perché è nell’infanzia che ci si lascia colpire dalla realtà. E il rapporto con essa è completamente differente da quello dell’adulto, che ha un approccio problematizzante, basato sulla negazione.

Cesare Moreno ha ricordato Lev Semënovič Vygotskij, il quale affermava che la distinzione tra soggetto e oggetto manca nei pazzi, nel sonno e nell’infanzia. Una distinzione che fa la distinzione (si perdoni il gioco di parole) tra esperienza razionale e mistica.

Tutti d’accordo, dunque, nel riconoscere che il bambino vive un rapporto con la realtà molto diverso da quello dell’adulto.

E questo si è visto molto bene un paio d’ore più tardi quando è andato in scena Candido.

 

Teatro Due Mondi, Candido – ph Paolo Ruffini

 

Lo spettacolo è un’equilibratissima sintesi del romanzo, dove tre attori (Tanja Horstmann, Angela Pezzi, Renato Valmori) interpretando i personaggi di Candido, Pangloss, Cunegonda, il Barone, Cacambo, l’Inquisitore, il capitano della nave e il re di El Dorado, mettono in scena un teatrino di situazioni ambientate in ogni parte del mondo, ma in cui di volta in volta si ripetono gli stessi modi, battute, toni (ne è un esempio il tormentone ricorrente del “migliore dei mondi possibili”).

Ad assistere a questo spettacolo c’era una platea mista, composta di bambini e adulti e ho notato, forse aiutato dalle riflessioni dell’incontro, che le reazioni delle due fasce di pubblico erano completamente diverse. Quando gli adulti ridevano i bambini restavano seri. E i bambini ridevano quando tacevano le risate dei grandi, spese perlopiù all’apparizione dei personaggi, tronfi e impacciati nei loro colorati costumi.

I bambini sono diversi dagli adulti.

Però i bambini sono gli adulti e viceversa.

Quindi come fare teatro per i bambini, da adulti?

Candido è uno spettacolo pensato per i bambini, scritto e messo in scena dai grandi e apprezzato anche e forse di più dagli stessi grandi. Non è una risposta al dilemma, ma è un tentativo di instaurare un dialogo, di coinvolgere nella rete della relazione e del discorso culturale grandi e bambini, per porre le fondamenta della costruzione di una società. È chiaramente votato a un impegno sociale, vuole suggerire al pubblico delle domande (esplicitate dalla rottura della quarta parete con la frase “e voi cosa ne pensate?”).

Il debutto, favorito dalla sua cornice, ha sicuramente fatto nascere molte domande in me e in buona parte del pubblico. Resta da vedere come questo spettacolo bambino, appena nato, crescerà. Perché, come ha ricordato il regista Alberto Grilli, gli spettacoli sono cose vive, che cambiano di replica in replica.

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