Home Blog Page 210

Tu Quoco, Figlio Mio: la torta allo yogurt

0

Il piccolo grande Andrea oggi ci insegna come preparare una bella torta allo yogurt.

Ingredienti 

1 vasetto di yogurt
2 di zucchero
3 di farina
1 di olio di semi
3 uova
1 bustina di lievito
1 bustina di vanillina
1/2 bicchiere
Limone

 

 

Everyday Design: conoscete la storia del Tratto Pen?

0

Se volete capire cos’è il design, studiate il piccolo cappuccio del Tratto Pen. Il bordo, per esempio: un sottile rilievo che serve come grip per la presa, ma è dentato, in modo da evitare che il pennarello rotoli fuori dal tavolo. E dire che nacque da un problema tecnico, questo bordo: lo stampaggio ad iniezione implica sempre dei residui di lavorazione, che in questo caso impedivano la perfetta finitura del bordo stesso. E, come si fa nel Judo, il punto di debolezza fu trasformato in un punto di forza; i residui furono trasformati in dentelli e divennero un elemento funzionale ed identitario del progetto.

Non è finita: la cavità interna del cappuccio corrisponde alla controforma che si trova all’altra estremità della penna, dove ovviamente si incastra durante l’uso.

Ma – questo è difficile da indovinare – il tappino è perforato, in cima. Perché?

Mi risponde il mio amico Gianni Arduini, per anni collaboratore del Design Group Italia, che ne sviluppò il progetto: i tre fori nel cappuccio servono a salvare la vita a qualche bambino che – prima o poi – lo ingoierà. Il tappino resterà incastrato nella trachea, finché la mamma (se sopravvive allo spavento) lo porterà da un medico che con una pinzetta lo estrarrà. Ma quelle piccole aperture consentiranno al bambino di respirare. Che meraviglia, il design!

E che meraviglia il Tratto Pen, disegnato nel 1974 da Design Group Italia, su commissione di Fila, la storica azienda italiana di prodotti per il disegno.

Era uno studio strano, Design Group Italia. Fondato da Marco Del Corno, raggruppava vari designer con l’idea di privilegiare il lavoro di team rispetto a quello dei singoli progettisti (e scusate se è poco). Ed era strano anche il brief che Alberto Candela, presidente di Fila, aveva indicato: lui non voleva una nuova penna. Lui voleva un nuovo modo di scrivere.

Fila aveva acquisito il brevetto giapponese di una punta sintetica costituita da molti microscopici spicchi, attraverso i quali l’inchiostro scendeva fluido come da un pennino, ma non sgocciolava e non macchiava.

A questa funzione mancava però una forma adeguata per il fusto, che non avesse né la presunzione classista delle stilografiche, né l’ordinarietà della penne a sfera.

Il progetto che ne uscì, dopo molto tempo e molto lavoro, era innovativo e magico: ricordava lo stilo dell’antica Roma ma anche la bacchetta magica delle fate o quella del direttore d’orchestra.

Questo progetto rivoluzionario, iconico ed ideologico, venduto a 100 Lire di allora, vinse il prestigioso Compasso d’oro nel 1979, ed è in commercio tuttora.

Gli strumenti che usiamo influenzano il nostro comportamento, ed anche i nostri pensieri. Tratto Pen istituisce un rapporto emotivo con l’utente, porta a scrivere in modo immediato, quasi istintivo. La sua fluidità e scorrevolezza, insieme alla sua colta umiltà, nobilitano gli scarabocchi che si fanno mentre siamo al telefono, e regalano davvero un piacere sottile alla scrittura…

Insomma, sono certo che se dovesse scrivere l’Ulisse oggi, Joyce lo farebbe col Tratto Pen.

Roberto Ossani – Docente di Design della Comunicazione – ISIA Faenza

Gli appetiti della Wanda: “da pizoun” Trattoria Osteria “Vinho Verde”

0

Alessandro Gori, il suo locale lo ha chiamato Vinho verde dal nome di un vino portoghese che forse aveva conosciuto in vacanza, ma così non l’ha mai chiamato nessuno e allora lui ci ha dovuto mettere il soprannome del babbo sull’insegna.

San Mauro Pascoli si va da Pizóun, il nomignolo di suo padre Silvano, per via di un maglioncino con piccioni stilizzati che gli fece la mamma ai ferri quando era bambino. In Romagna è così: metti un maglione quando vai a scuola e ti trovi un soprannome per tutta la vita.

C’era un negozio di alimentari, lì. Lo aveva aperto, negli anni ’20, il papà di PizóunPavlón, al secolo Paolo Gori. La bottega fu inaugurata a 10 metri dalla Locanda Cavalli, gestita dal bisnonno detto in paese Pazàia, che pare fosse un po’ matto ma si vede che aveva il vino buono, perché ci andava anche Pascoli a bere da lui!

Negli anni ’90, forte di cotanta tradizione ma sprovvisto di soprannome, Alessandro, laddove il babbo affettava salumi, aprì l’osteria con la moglie di allora Silvia, che purtroppo non c’è più, poi, conosciuta Fulvia da Savignano, asso della cucina, della pasticceria e nuovo amore, è partito nel 2001 con una ristorazione tradizionale, ma con invenzioni goduriose e materie prime superbe.

Il locale è piccolo, moderno, colorato e nel cuore del paese. Stanno aperti cinque pranzi, dal martedì al venerdì e la domenica, e due cene, il venerdì e il sabato.

Fanno i «ravioli alla gricia romagnola». Sono fatti di sfoglia all’uovo che riempiono solo con formaggi: Squacquerone, ricotta, pecorino, parmigiano, formaggio di capra, senza aggiungere altro. Poi rosolano bene in padella una dadolata di goletta di maiale stagionata e ci saltano la pasta con il Fossa di Sogliano e pepe nero che poi aggiungono anche in tavola. È la degna risposta romagnola al tradizionale piatto romano.

In autunno iniziano a proporre i «passatelli asciutti con i carciofi». Li fanno secondo la ricetta classica poi li cuociono in acqua e li aggiungono ai carciofi tagliati a spicchi e cotti in padella con aglio (che poi eliminano) e olio. Ci grattugiano sopra la ricotta infornata. È una ricotta di mucca che la Fulvia fa cuocere al forno, come usa fare in Sicilia. Una vera furbata!

Di secondi fanno tagliate, fiorentine e baccalà ai ferri tutto l’anno, coniglio rosso nel coccio, le polpette… Se chiedi il dessert, puoi incappare in un tagliere di 20 tipi di dolci tutti fatti dalla Fulvia: tenerina, salame di cioccolato, ciambella, crostate, biscotti…

Il vino è quello di Capocollo di Bertinoro che l’ottimo Alberto Mazzoni non imbottiglia ma vende sfuso. C’è il rosso, il bianco e il dolce, fatti con uve di Sangiovese, di Albana, di Passerina. Ottimo! Speciale forse quanto quello che il buon Pascoli assaporava, ormai più di cent’anni fa, guardando la piazza del suo paese in mezzo alle fitte nebbie autunnali.

“da pizoun” Trattoria Osteria “Vinho Verde”, San Mauro Pascoli (FC), piazza Mazzini 16. Info: 340 3366142

 

Rimini riparte con speciali visite guidate

0
Ponte di Tiberio a Rimini

Il 2 giugno è una data importante che rappresenta quest’anno la ripartenza della stagione estiva. In questo giorno Visit Rimini propone un programma di visite guidate curiose, divertenti e poetiche alla scoperta di angoli mai visti, scontati ma affascinanti ed emozionanti.

Dopo l’apertura della giornata all’alba, gli appuntamenti continuano nel pomeriggio a partire dalle ore 16.30 con la visita guidata “Ogni passo, un tesoro”, alla scoperta dei preziosi tesori della città ricchi di storie e curiosità: dal Ponte di Tiberio con la nuova Piazza sull’Acqua ai murales di via Marecchia nel Borgo San Giuliano, dalle pietre del ponte nel recinto “fuori zona” ai racconti di marinari, pescatori, carrettieri che contribuiscono a nutrire il fascino di una zona tra le più ricche della città.

Dalle 18 alle 21 avrà luogo invece il percorso intitolato “Ponte di Tiberio e le pietre parlano”, un tour che parte dal Ponte Tiberio e che accompagna i visitatori alla scoperta di quest’opera, simbolo della città di Rimini. Aneddoti storici, leggende e tradizioni popolari incanteranno il pubblico. La visita proseguirà con una passeggiata nel centro storico per ammirare gli altri luoghi di rilievo della Rimini romana, come la Domus del Chirurgo (in esterna), una delle scoperte più importanti in ambito archeologico che ha preservato per secoli dei bellissimi mosaici e circa 150 attrezzi di ambito medico. Si raggiunge poi l’Anfiteatro romano, uno dei più grandi e importanti dell’impero, per chiudere il tour all’Arco d’Augusto, antica porta della città eretta per celebrare il primo imperatore romano.

Info: 0541 53399 – info@visitrimini.com, prenotazioni obbligatorie al https://emiliaromagnawelcome-rimini.trekksoft.com/it/cultura (fino alle ore 12 per “Ogni passo, un tesoro”; fino alle ore 15 per “Ponte di Tiberio e le pietre parlano)

Concerto del 2 giugno alla Lombardi Amplificazioni insieme all’Amor Mio non Muore

0

Un altro concerto e un appello perché la musica torni presto a vibrare sui palchi.

Il comune di Castrocaro (Fc) e la Lombardi Amplificazioni fanno il tris. Il 2 giugno, alle 20.30, propongono un’altra diretta live, questa volta per celebrare la Festa della Repubblica, a tutto watt sulla vallata, ma senza pubblico in attesa che il 15 giugno gli spettacoli riprendano.

Straordinario e inaspettato è stato il successo del concerto del 1° maggio con Don Antonio Gramentieri, Vince Vallicelli, Roberto Villa e Nicola Peruch che ha registrato oltre le venticiquemila visualizzazioni e che anche diventato un disco “The Lockdow Blues” uscito in questi giorni grazie alla collaborazione dello studio L’Amor mio non muore. “The Lockdown blues” oltre ad essere acquistabile on line e anche distribuito in alcuni negozi della Romagna (Calboli Dischi Forlì, Casa del Disco di Faenza, Rev Up Record Store Cesena, Lombardi Amplificazioni Castrocaro).

Questa volta il concerto è ideato dall”L’Amor Mio Non Muore” – studio che incide dischi rigorosamente in maniera analogica – che propone la sua musica con Chicco Montefiori alle prese con la rivisitazione dei classici del punk con il suo progetto “Monsieur Blumenberg”; Giacomo Toni, che presenterà alcuni brani del suo ultimo album; Paul Venturi, uno dei pochi bluesman italiani; Gabriele Graziani e Vanni Crociani della band “Equ”; Franco Naddei con i suoi “Mostri”; e Sabrina Rocchi, con l’anteprima di un nuovo disco dedicato alla straordinaria Jula de Palma. Presenta la serata Luigi Bertaccini.

L’evento è organizzato dalla Lombardi Amplificazioni in collaborazione con Strade Blu Festival e con il patrocinio del Comune di Castrocaro Terme.

Seguite la diretta su facebook.

Robert Doisneau. Riapre la grande retrospettiva dedicata al fotografo francese

0

Dal 21 maggio, Palazzo Pallavicini ha riperto al pubblico la grande retrospetittiva dedicata al fotografo francese Robert Doisneau (Gentilly, 14 aprile 1912 – Montrouge, 1º aprile 1994) celebre per il suo approccio poetico alla street photography, autore di Le baiser de l’hôtel de ville, una delle immagini più famose della storia della fotografia del secondo dopoguerra.

La mostra ROBERT DOISNEAU è curata dall’Atelier Robert Doisneau (Montrouge, Fr), creato da Francine Deroudille e Annette Doisneau per conservare e rappresentare le opere del fotografo, ed è organizzata da Pallavicini s.r.l. di Chiara Campagnoli, Deborah Petroni e Rubens Fogacci in collaborazione con diChroma photography.

Sono 143 le opere in mostra nelle prestigiose sale di Via San Felice, a Bologna, tutte provenienti dall’Atelier. L’esposizione è il risultato di un ambizioso progetto del 1986 di Francine Deroudille e della sorella Annette – le figlie di Robert Doisneau – che hanno selezionato da 450.000 negativi, prodotti in oltre 60 anni di attività dell’artista, le immagini della mostra che ci raccontano l’appassionante storia autobiografica dell’artista.

I sobborghi grigi delle periferie parigine, le fabbriche, i piccoli negozi, i bambini solitari o ribelli, la guerra dalla parte della Resistenza, il popolo parigino al lavoro o in festa, gli scorci nella campagna francese, gli incontri con artisti e le celebrità dell’epoca, il mondo della moda e i personaggi eccentrici incontrati nei caffè parigini, sono i protagonisti del racconto fotografico di un mondo che “non ha nulla a che fare con la realtà, ma è infinitamente più interessante”. Doisneau non cattura la vita così come si presenta, ma come vuole che sia. Di natura ribelle, il suo lavoro è intriso di momenti di disobbedienza e di rifiuto per le regole stabilite, di immagini giocose e ironiche giustapposizioni di elementi tradizionali e anticonformisti.

Influenzato dall’opera di André Kertész, Eugène Atget e Henri Cartier-Bresson, Doisneau conferisce importanza e dignità alla cultura di strada, con una particolare attenzione per i bambini, di cui coglie momenti di libertà e di gioco fuori dal controllo dei genitori, trasmettendoci una visione affascinante della fragilità umana.

Dal 6 marzo al 21 luglio 2020

Bologna, Palazzo Pallavicini, via San Felice 24. Info e orari: palazzopallavicini.com

Un artista chiamato Banksy

0

Originario di Bristol, nato intorno al 1974, inquadrato nei confini generici della street art, Banksy rappresenta il più grande artista globale del nuovo millennio, esemplare caso di popolarità per un autore vivente dai tempi di Andy Warhol. A parlare, al posto dell’artista inglese che nessuno ha mai visto e di cui nessuno conosce il volto, sono le sue opere. Opere di inaudita potenza etica, evocativa e tematica.

Inaugurata sabato 30 maggio, la mostra Un artista chiamato Banksy a Palazzo dei Diamanti, a cura di Stefano Antonelli, Gianluca Marziani e Acoris Andipa, racconta l’arte dell’anonimo artista inglese che rappresenta la miglior evoluzione della Pop Art originaria, l’unico che ha connesso le radici del pop, la cultura hip hop, il graffitismo anni Ottanta e i nuovi approcci del tempo digitale. Quello che arriva a Palazzo dei Diamanti è un imponente evento che riunisce oltre 100 opere e oggetti originali dell’artista britannico, in un percorso espositivo che dà conto della sua intera produzione: vent’anni di attività che iniziano con i dipinti della primissima fase della sua carriera, fino agli esiti dello scorso anno con le opere provenienti da Dismaland, come la scultura Mickey Snake con Topolino inghiottito da un pitone. Ci sono poi gli stencil e, ovviamente, le serigrafie che Banksy considera vitali per diffondere i suoi messaggi. Tra queste le ormai iconiche Girl with Balloon, serigrafia su carta del 2004-05 votata nel 2017 in un sondaggio promosso da Samsung, come l’opera più amata dai britannici, e Love is in the Air, una serigrafia su carta che riproduce su fondo rosso lo stencil apparso per la prima volta nel 2003 a Gerusalemme sul muro costruito per separare israeliani e palestinesi nell’area della West Bank, che raffigura un giovane che lancia un mazzo di fiori, messaggio potente a un passo dai lanciatori di pietre del palcoscenico più caldo del Mediterraneo.

«Banksy mette in discussione concetti come l’unicità, l’originalità, l’autorialità e soprattutto la verità dell’opera» spiegano due dei curatori, Stefano Antonelli e Gianluca Marziani «tratteggiando una nuova visione sulla relazione tra opera e mercato, istituendo, di fatto, un nuovo statuto dell’opera arte, una nuova verità dell’arte stessa, ovvero l’opera originale non commerciabile». Banksy preferisce da sempre la diffusione orizzontale di immagini rispetto alla creazione di oggetti unici. Una lezione mutuata da Andy Warhol, con il suo approccio seriale e l’uso sistematico della serigrafia.

Fondamentali nel percorso espositivo i dipinti realizzati con spray o acrilici su diversi tipi di supporto che raramente si possono incontrare nelle esposizioni dedicate all’artista inglese. Tra questi uno dei suoi primissimi lavori, Lab Rat, realizzato in spray e acrilici su compensato nel 2000, è una delle tante opere “riscoperte” di Banksy: originariamente pannello laterale di un palco allestito presso il festival di Glastonbury, venne dipinto sul posto; il pannello è rimasto poi per anni in un magazzino e alla sua riscoperta nel 2014 è stato autenticato dall’artista. In mostra anche il CCTV Britannia, spray su acciaio forato del 2009, che trasforma la lancia della figura femminile che personifica la nazione inglese in un supporto per una telecamera a circuito chiuso, messaggio non troppo nascosto contro il controllo esercitato sugli spazi pubblici, luoghi prediletti da Banksy per il suo agire.

«Banksy supera la stessa arte che finora abbiamo conosciuto. Ne riformula regole, usi e costumi, ricreando una filiera che elimina gli imbuti produttivi del modello tradizionale» spiega Gianluca Marziani «Banksy usa strumenti e materiali che tutti conosciamo, senza perdere aderenza con oggetti fisici e tangibili, con forme semplici e quasi banali, con un mondo lo-fi privo di utopie fantasy. Lo capiscono tutti in quanto usa la grammatica degli oggetti e la sintassi delle storie condivise. Si alimenta di cronaca e realtà, ribaltando storie che toccano l’umanità intera». Quello di Banksy è un immaginario semplice ma non elementare, con messaggi che esaminano i temi del capitalismo, della guerra, del controllo sociale e della libertà in senso esteso e dentro i paradossi del nostro tempo. Per la prima volta una mostra esamina le immagini di Banksy all’interno di un quadro semantico che ne veicoli origini, riferimenti, relazioni tra gli elementi e piani di pertinenza. Completano la mostra diversi poster da collezione, le banconote Banksy of England, alcune t-shirt rarissime e i progetti di copertine di vinili.

AVVISO IMPORTANTE: L’artista conosciuto come Banksy non è in alcun modo coinvolto in questa mostra. Il materiale per questa esposizione proviene interamente da collezioni private. Per quanto riguarda l’artista, il suo ufficio è stato informato.

Dal 30 maggio 2020 – 27 settembre 2020

Palazzo dei Diamanti, Ferrara, Corso Ercole I d’Este, 21. Info & Orari: palazzodiamanti.it

Erbario delle consolazioni #7 > Sequoia_Sequoia sempervirens. Sull’alchimia

0

 

Breve trattazione su come scorgere il movimento che rimandano le cose ferme.

Esistono grandi biografie. E altre piccolissime, stanziali, destinate a rimane nascoste sui davanzali, sulle ringhiere dei balconi, sulle mensole del soggiorno. Come la pietra nel fiume, che racconta la storia dell’acqua che l’ha modellata, dei fenomeni atmosferici che l’hanno movimentata e dei pesci che l’hanno sfiorata, ci sono elementi che ci circondano sui quali le nostre vite rimangono impresse come diari da sfogliare nei momenti di smemoratezza, come oracoli da consultare affinché ci indichino la via nei momenti oscuri. Questi elementi, di consolazione e resurrezione, vegetali e geografici, possono essere definiti piante.

Sequoia_Sequoia sempervirens
Sull’alchimia.

Il fuoco brucia il legno, trasformando la sostanza organica in sostanza inanimata. Eppure ci sono voci che affermano il contrario. La Sequoia sempervirens vive in California. Durante il secolo scorso l’uomo ha sviluppato una certa sensibilità nei confronti degli incendi boschivi, attivando piani di prevenzione e tutela per salvare le foreste. E le Sequoie hanno incominciato a morire. Il sole scalda la terra, ed il calore genera fiamma. Conseguenze di processi naturali. La chioma di questo imponente albero è troppo alta per essere lambita dai roghi, le vampe inceneriscono il sottobosco e la Sequoia, vegetale ignifugo, stimolata dalla temperatura apre le pigne e getta i semi sul terreno. La terra bruciata si comporta come fertilizzante. Il fuoco trasforma la materia organica in utero perfetto, chiaro dell’uovo, spazio accogliente e nutritivo per dar forma a nuova vita. È difficile descrivere l’esperienza totale dell’incontro con una Sequoia. Prima di tutto perché non può essere abbracciata in un singolo fotogramma, e la sua peculiarità può essere colta solo con un’azione sinergica di tutti i sensi. In secondo luogo perché è un atto di riconoscimento. Solo la Sequoia è come la Sequoia, con il suo tronco mutuato da un plastico, ed il suo verde che si perde nel cielo. Infine, perché ha improntato il proprio prosperare sulla distruzione, e questo movimento mette in crisi il nostro senso del sacro. Come una Fenice, od un batterio decompositore, ha tramutato quello che chiamiamo morte in un processo di trasformazione, e solo al suo cospetto si può ascoltare la parabola che ci libera dal vincolo dell’esistenza individuale riassegnandoci il ruolo ben più interessante di paladini del tutto. Quando sono andata a trovarla, la Sequoia me l’ha sussurrato. Ha detto “non è vero che animali e piante sono stati creati per voi”. E poi “ho qualche dubbio anche sulla questione del sapiens sapiens. L’intelligenza non si impone alzando la voce, amica mia”.

scrittura ELENA SORBI
disegno ALICE SCARTAPACCHIO

 

Assonanza: A cura di Michela Pereira, Alchimia. I testi della tradizione occidentale https://www.ibs.it/alchimia-testi-della-tradizione-occidentale-libro-vari/e/9788804558439

Kinodromo, ultimo incontro di Rassegna al femminile

0
Supereroi senza superpoteri  di Beatrice Baldacci

Lo sguardo femminile sul cinema sembra pressoché assente. Da questa osservazione, in seguito all’ultima edizione dei David di Donatello, è nata la rassegna dell’Associazione Culturale Kinodromo dedicata proprio ai film diretti da donne. Lunedì 1 giugno si terrà l’ultimo appuntamento con protagoniste Clara e le vite immaginarie di Giulia Casagrande e Supereroi senza superpoteri  di Beatrice Baldacci.

La visione dei due film, disponibili per la visione sulla piattaforma OpenDDB (Distribuzioni Dal Basso), sarà accompagnata alle ore 21 dall’incontro in diretta Facebook e YouTube con la documentarista Alina Marazzi, la registra Giulia Casagrande, la montatrice Enrica Gatto, la produttrice Monica Repetto, la regista Beatrice Baldacci e la montatrice Isabella Guglielmi. Un incontro tutto al femminile che ha lo scopo di indagare lo sguardo al femminile nel cinema e la ricostruzione della memoria attraverso l’uso dell’archivio.

Questi ultimi rappresentano infatti le tematiche centrali di entrambi i film proposti. In Clara e le vite immaginarie, disponibile solamente nella giornata di lunedì 1 giugno, la scoperta di una foto scattata alla fine degli anni ’30 è il punto di partenza della ricerca sul passato di Clara, nonna della regista. Mentre la memoria diventa sempre più fragile, Giulia Casagrande tenta di ricostruire l’infanzia e la giovinezza nell’Italia fascista interrogandosi sul senso di diventare donna in un’epoca in cui le immagini cinematografiche e quelle di propaganda partecipano alla costruzione identitaria di un’intera generazione. Supereroi senza superpoteri, disponibile invece fino all’8 giugno, è un percorso di elaborazione personale in cui Beatrice Baldacci che a partire da vecchie VHS rivive il rapporto con la madre malata. La ricerca è faticosa, le immagini si mischiano e si ricompongono assumendo significati del tutto nuovi.

info: kinodromo.org

Teatro Dimora di Mondaino pronto a ripartire

0
"Mi manchi" della Piccola Compagnia Dammacco

Dopo più di due mesi di chiusura e interruzione delle attività, il Teatro Dimora di Mondaino è pronto a ripartire con due appuntamenti: il primo, venerdì 29 maggio, con la web serie Mi manchi realizzata dalla Piccola Compagnia Dammacco durante il lockdown, in onda alle ore 21 sul canale YouTube; il secondo, lunedì 1 giugno, con la prima residenza creativa post Covid della coreografa e danzatrice Paola Bianchi.

Mi manchi è una web serie realizzata da Serena Balivo, Fabio Biondi, Paolo Brancalion, Mariano Dammacco, Elena Di Gioia, Erica Galante, Francesca Giuliani, Gerardo Guccini, Simonetta Piscaglia, Alessandro Toppi dalla Piccola Compagnia Dammacco, e dedicata al teatro. Le sue tre puntate diventeranno l’appuntamento fisso del venerdì sera: tre incontri online volti a raccontare la passione di chi ha cercato di “mettere in scena e in rete” le proprie riflessioni sul destino dell’arte e degli artisti. La prima puntata sarà dedicata alle “Residenze artistiche”, di cui la Piccola Compagnia Dammacco avrebbe dovuto essere protagonista nel mese di maggio. La seconda puntata, in programma per venerdì 5 giugno è destinata a “La trasmissione del sapere”, mentre l’ultima di venerdì 12 giugno sarà su “Lo spettatore e la comunità”.

Le residenze artistiche sono una delle attività fondanti dell’Arboreto, una delle prime realtà nazionali di residenza per la creazione di nuove opere nonché riconosciuto come Centro di Residenza Emilia-Romagna. A partire dall’1 giugno il teatro si appresta finalmente a ridare il via ai dialoghi con gli artisti e le comunità coinvolgendo la coreografa e danzatrice Paola Bianchi insieme al musicista Fabrizio Modonese Palumbo per il progetto creativo OtherNess, che riflette sull’immaginario collettivo dei contesti sociali e sull’influenza che questo genera sul corpo e le sue posture.

Due appuntamenti che anticipano i tempi della riapertura pubblica degli spazi per gli spettacoli dal vivo, prevista per il 15 giugno, e confermano il ruolo dell’Arboreto come una delle realtà di innovazione e sperimentazione delle buone pratiche per il teatro e la danza.

Info: arboreto.org

Ultimi giorni della mostra “Picasso. La sfida della ceramica”

0
Pablo Picasso, Civetta con testa femminile, ©Succession Picasso / Ph: RMN- Grand Palais (Musée National Picasso - Paris) / Mathieu Rabeau

Termina il 2 giugno la grande mostra “Picasso. La sfida della ceramica” a cura di Harald Theil e Salvador Haro con la collaborazione di Claudia Casali. L’esposizione, che doveva terminare il 13 aprile scorso, è stata prorogata ad ingresso gratuito ed i visitatori potranno accedere al museo dal lunedì alla domenica dalle 9 alle 14.

Picasso. La sfida della ceramica” si compone di 50 pezzi unici provenienti dalle collezioni del Musée National Picasso-Paris, un nucleo di inestimabile valore e un prestito eccezionale che affronta tutto il percorso e il pensiero creativo dell’artista spagnolo nei confronti dell’argilla. In particolare in questa esposizione, che rappresenta una delle più importanti dedicate al suo lavoro ceramico, sono analizzate le fonti di ispirazione di Picasso, proprio a partire dai manufatti presenti nelle collezioni del MIC. La ceramica classica (con le figure nere e rosse), i buccheri etruschi, la ceramica popolare spagnola e italiana, il graffito italiano quattrocentesco, l’iconografia dell’area mediterranea (pesci, animali fantastici, gufi e uccelli) e le terrecotte delle culture preispaniche che sono esposte in un fertile e inedito dialogo con le ceramiche di Picasso.

Lo scorso 18 maggio, il MIC è stato il primo museo della provincia di Ravenna e della Regione a riaprire le proprie porte ai visitatori che si sono dimostrati entusiasti e felici di poter finalmente tornare a godere delle sue collezioni, testimoniando anche la loro stima per il lavoro svolto sui canali social in questo periodo di chiusura. “Soprattutto, ci ha riempiti di gioia un cartello lasciato da un anonimo all’ingresso del museo con la scritta MIC CI SEI MANCATO“, racconta Claudia Casali, direttrice del MIC di Faenza. Alla riapertura si accompagnano ovviamente le nuove misure di sicurezza che invitano i visitatori a prenotare il proprio ingresso al museo tramite chiamata o mail e a presentarsi muniti di mascherina. All’ingresso verrà rilevata la temperatura e saranno sanificate le mani. Inoltre, il MIC ringrazia il Rotary di Faenza per la donazione di mascherine che verranno utilizzate dal personale del museo e dai suoi visitatori.

Dopo il 2 giugno il Museo sarà aperto dal martedì alla domenica dalle 9 alle 14, chiuso i lunedì non festivi, ma l’ingresso tornerà a pagamento.

Info: 0546 697311, info@micfaenza.org, micfaenza.org/it/

Picnic itinerante, il percorso fino alla Torre di Oriolo

0

Oriolo dei Fichi e il suggestivo parco della Torre medievale inaugurano il ritorno all’aria aperta con un evento del tutto esclusivo: un picnic itinerante che domenica 31 maggio delizierà i partecipanti con i sapori di stagione offerti dagli agriturismi e dalle aziende agricole dell’Associazione per la Torre di Oriolo, che per l’occasione metteranno a disposizione le loro golosità.

Si parte alle ore 11 all’agriturismo e cantina La Sabbiona: qui si potrà lasciare l’auto e si verrà a conoscenza del percorso da compiere in autonomia, lungo complessivamente 6,3 km, in parte asfaltato e in parte sterrato. Inoltre, fino alle 12 sarà possibile ritirare uno sfizioso antipasto a base di lombatina stagionata con misto bicolore di cavolo cappuccio marinato alla mentuccia e schiacciata della Sabbiona da lievito madre. L’itinerario prosegue poi con una tappa presso l’agriturismo letterario Ca’ de’ Gatti, dove dalle 12 alle 14 saranno serviti come primo piatto tortelli ripieni di patate e gorgonzola su pomodoro fresco. Per gustare il secondo piatto bisognerà spostarsi presso la Locanda della Fortuna, dove dalle 13 alle 15 verrà servito lo speciale spiedone della locanda, una selezione di tagli bovini, salsiccia e verdure in spiedo ai ferri. A conclusione del picnic, il dolce verrà servito all’aria aperta nel parco panoramico ai piedi della Torre di Oriolo, dove dalle 14 alle 17 l’azienda agricola Rio del Sol consegnerà un goloso cestino di mirtilli, albicocche e lamponi appena raccolti. Al termine del picnic e per tutto il pomeriggio i partecipanti potranno fare visita all’antico fortilizio nel pieno rispetto delle norme di sicurezza.

Le aziende e gli agriturismi metteranno a disposizione dei partecipanti non solo i propri piatti ma anche i propri spazi, prati e giardini dove mangiare insieme ma mantenendo comunque le distanze di sicurezza. Ogni partecipante deve essere munito di mascherina da indossare nel momento della consegna dei piatti, continuando sempre ad osservare le disposizioni sul distanziamento fisico.

Info e prenotazioni: la prenotazione, entro il 30 maggio alle ore 17, si potrà effettuare chiamando al 333.3814000, in caso di maltempo il picnic sarà rinviato a martedì 2 giugno. Per ulteriori informazioni: info@italianelbicchiere.it, torredioriolo.it

Tu Quoco, Figlio Mio: gnocchi alla sorrentina

0

Oggi Maria Pia Timo e Andrea ci fanno sognare con la ricetta degli gnocchi alla sorrentina.

Ingredienti (per 3 persone)

Mezzo chilo circa di patate
250 g circa di farina
Salsa di pomodoro
Aglio
Olio
Basilico
Sale
Mozzarelle

 

Everyday Design: la paper clip, in italiano “graffetta”

0

Se esistesse l’Oscar per la semplicità e l’eleganza, io lo assegnerei alla paper clip, la graffetta ferma fogli.

Se ne svolgete una, scoprirete che è costituita solamente da pochi centimetri di filo di acciaio piegato tre volte, e che la sua flessibilità e la sua memoria di forma sono le chiavi del suo funzionamento.

In realtà il problema non era mica semplice. Immaginiamo che la graffetta non esista. E che vi venga chiesto di ideare uno strumento per tenere insieme un po’ di fogli di carta, con alcuni vincoli. Tanto per cominciare, questo strumento dovrebbe esercitare una presa adeguata sulla carta. Ma non si vogliono stropicciamenti sui fogli, e tantomeno fori o tagli. Il suo uso dev’essere intuitivo, dev’essere facile da inserire e da estrarre. Non vogliamo macchie di ruggine sulla carta, né colla, ovviamente. Dev’essere un oggetto molto economico, facile da produrre, riutilizzabile all’infinito. Ah, dimenticavo: niente aggrovigliamenti nella scatola.

Forse adesso cominciamo a capire perché, quasi fino alla fine dell’800, per tenere insieme i fogli di carta, si usassero nastri o cordicelle. Il problema non era affatto facile.

Il primo brevetto registrato per una graffetta risale al 1867, a nome dell’americano Samuel B. Fay. In realtà il suo scopo era il fissaggio di biglietti su tessuti (non si poteva rovinare la seta…), ma il brevetto citava la possibilità di tenere insieme anche fogli di carta. In effetti il disegno era molto diverso dalla clip come la conosciamo noi, diciamo più simile a quelle che troviamo oggi sulle camicie vendute piegate.

Nei decenni successivi furono registrati diversi modelli di graffette (i più importanti furono quelli di Erlman J. Wright nel 1877 e di Frank Angell nel 1889), ma anche questi erano piuttosto lontani dalla forma più diffusa attualmente.

La prima apparizione della clip evoluta, nella configurazione odierna, risale al 1899, in un brevetto intestato a William Middlebrook.

Il problema è che il brevetto non riguardava la graffetta. Middlebrook brevettò una macchina per produrre le graffette.

E, in un angolo del suo disegno, c’era la clip che la sua macchina poteva produrre.

Qualche storico ha dimostrato che quella forma era già in commercio, in quegli anni. Quindi, sostanzialmente, il progetto della paper clip è anonimo.

Dal brevetto di Middlebrook la graffetta fu chiamata Gem clip, perché la macchina fu progettata su incarico della Gem Company, in Inghilterra.

Da allora ne sono state prodotte centinaia di tipologie, in infiniti colori e forme, ma la Gem clip originale è nel primo cassetto di ogni scrivania. E rimane inalterato il fascino di questo sottilissimo tondino di acciaio piegato, senza saldature, senza viti, senza batteria, che noi tutti utilizziamo quotidianamente senza pensare all’intelligenza che c’è, dietro a un oggetto così piccolo e umile…

Roberto Ossani – Docente di Design della Comunicazione – ISIA Faenza

Antica Osteria di Sarsina: una cena coi coglioni

0

Te la ritrovi sull’E45 e subito ti rievoca antiche cerimonie di collari, riti, frati, fratoni, nomidellarosa, esorcismi, cerimonie medioevalcrepuscolari. Poi, in realtà Sarsina è un paesino notevole, che merita una visita non solo per la Basilica di San Vicinio, ma perché, secoli fa, bello lo fu anche molto di più! Lo testimonia lo splendido, e ahimè troppo poco battuto, Museo Archeologico Nazionale. Da restare a bocca aperta! Una perla! Sotto una frana millenaria, ad inizio secolo, archeologi e sarsinesi che prestarono la forza lavoro dei loro buoi bianchi alla causa, scoprirono e portarono alla luce la necropoli dell’opulenta antica città romana. Di fronte al Museo, o quasi, in quella che fino al 1925 era l’unica via d’accesso alla piazza, tra le tante storiche locande e trattorie, c’è l’Antica Osteria.

Qui ci si mangia da più di 200 anni. Forse fu pure un stazione di posta per il cambio dei cavalli, come testimoniato dai tanti anelli ancora fissati in quella che fu una stalla e dall’enorme cantina con pozzo romano posti sotto il pavimento.

Dal 2011, Alessandro Rossi, sarsinese doc, di ritorno da una decennale esperienza gastronomica milanese, ha rimesso mano ai piatti di quando era bambino tra queste antiche pietre. «Qui in una zona davvero ristretta, e anche a Ciola, si sono sempre fatti i Coglioni di Polifemo. Sono dei grandi cappelletti di pasta all’uovo ripieni di ricotta, parmigiano, basilico, sale, pepe, uovo e noce moscata, conditi poi con burro e salvia. Ma cosa c’entrava Polifemo? Allora io li chiamo i Coglioni di Plauto! Che lui almeno è nato qui!». Buoni, come tutte le altre paste al mattarello. E come i fagioli coi porcini che Lorenza, la cuoca, prepara da un soffritto di carota, sedano e aglio triti in cui fa insaporire i borlotti lessati, con un niente di pomodoro e il rosmarino. A parte trifola i porcini a dadi con l’aglio e li mescola ai fagioli solo al momento di andare in tavola. Ottimi con il coniglio al lardo, il galletto, gli arrosti sugosi e le carne alla griglia.

Tra i dolci, tutti i classici, tra i quali un pregevole latte alla portoghese, inserito in carta col nome di «sguillon, come lo chiamava mio nonno – racconta Alessandro – perché è un budino morbido che ti scivola giù, ti sguilla, anche se non hai più i denti!», e se la ride il Rossi! Ride di gusto, con quel suo umorismo rude e piccante degno delle migliori commedie plautine!

Antica Osteria, Sarsina (FC), via Cesio Sabino 34. Info: 0547 94365

Young Tables a Faenza, dialogo tra giovani e territorio

0
Forum Young Romagna 2019

Qual è il futuro desiderato dai Millennials e dalla Generazione Z? In che modo le amministrazioni comunali possono dimostrare la loro vicinanza ed efficacia nel rispondere alle esigenze di questi giovani? Come aiutarli a realizzare iniziative e progettualità? Per queste domande, poste dell’Assessore alle politiche giovanili del Comune di Faenza Simona Sangiorgi, e per le loro possibili risposte nasce l’iniziativa Young Tables, in programma mercoledì 27 maggio alle ore 15 in diretta su Zoom, Facebook e Linkedin.

Young Tables propone una riflessione che coinvolge i giovani interessati a parlare del proprio futuro e numerosi esponenti del tessuto economico, culturale e istituzionale locale. L’iniziativa fa parte del progetto Young System, nato per far interagire i giovani delle due generazioni con il territorio, e nella sua tappa faentina prevede la partecipazione di Barbara Savorani di Gigacer, Gianluca Fantini amministratore delegato di Finceramica, il designer Marco Bartoletti e l’architetto Luigi Cicognani entrambi dello studio faentino che porta il loro nome, e altri personaggi del territorio affiancati da altri nomi ‘nazionali’ come Tatiana Coviello, HR Director Volksbank.Presente, e Vincenzo Tiani, avvocato e giornalista di Wired. Una riflessione che si svolge all’interno di un format interattivo, innovativo, con storyrecording di Alessandro Bonaccorsi ed entertainment, con lo show del Trio Eccentrico. Per partecipare è richiesta l’iscrizione a cui si può ancora accedere tramite il sito  forumyoung.it

Il progetto Young System di cui questo appuntamento fa parte si presenta come un grande contenitore che oltre alle tavole di riflessione comprende anche l’Osservatorio Young, una piattaforma di sondaggi permanente che raccoglie dati direttamente dai giovani, per condividerli in mappe di orientamento e tendenza, e il Forum Young Talk, l’evento annuale di sintesi delle idee e confronti emersi, che quest’anno si terrà il 27 novembre.

info: forumyoung.it

Corti alla finestra, il cinema sulle mura di Bologna

0
"Giorno di Gloria" di Federico Mottica

È in arrivo un nuovo appuntamento di “Corti alla finestra”, la rassegna a cura dall’associazione Kinodromo in collaborazione con il Ce l’ho Corto Film Festival, che ogni mercoledì sera tinge le mura della città di Bologna con i cortometraggi che hanno preso parte alla prima edizione del Festival.

Mercoledì 27 maggio alle ore 22, Corti alla finestra si sposta, per il suo quinto appuntamento, sulla facciata di via Santa Caterina 3 con Giorno di Gloria del giovanissimo Federico Mottica e Oranges della regista brasiliana Lud Mônaco. Due film che non solo hanno condiviso la partecipazione alla passata edizione del Festival, rispettivamente per la sezione Ce l’ho Corto e sezione Internazionale, ma che condividono anche una medesima tematica incentrata sulle relazioni umane. Mentre Giorno di Gloria infatti racconta la storia dell’incontro tra Marcello e una giovane ragazza, una passione improvvisa messa in pericolo da un terribile segreto, Oranges esplora l’universo femminile scegliendo come protagonista giovane donna persa nei ricordi condivisi con la sua ex ragazza.

Il pubblico che non potrà essere presente sul luogo della proiezione, potrà comunque fruire di questi film online sulla pagina Facebook di Corti alla finestra.

info: KinodromoCe l’ho Corto Film Festival e Cinema da Casa

Emilia Romagna Festival compie 20 anni

0

È una vera gioia sapere che l’Emilia Romagna Festival potrà festeggiare i suoi vent’anni dalla nascita con una nuova edizione che si terrà dal 26 luglio fino a metà settembre. Un compleanno dedicato ai compositori che nel corso di questi anni hanno scritto per il festival, che verranno ricordati grazie a eventi live, nel pieno rispetto delle nuove misure di sicurezza e con l’adozione di tutte le prassi igienico sanitarie richieste dal protocollo governativo.

Luoghi magnifici della nostra regione ospiteranno le note di alcuni compositori del passato, diventati leggenda come Vivaldi, Bach, Rossini, Verdi e Puccini e alcuni dei più recenti che hanno scritto per il festival come Morricone, Bacalov, Gubajdulina, Sollima, Nyman, Glass e Penderecki. A loro sarà anche dedicato il manifesto di questa nuova edizione.

Un’edizione che è una doppia dedica a loro, che sono le colonne portanti della manifestazione fin dalla sua nascita, e a tutti i musicisti che ci hanno da poco lasciato. Primo tra tutti Ezio Bosso, a cui è dedicata l’apertura del festival il 26 luglio al  Chiostro dei Musei di San Domenico a Forlì con il Concerto n. 2 di uno dei più celebri protagonisti della musica contemporanea internazionale, il pianista e compositore Michael Nyman, scritto per il flauto di Massimo Mercelli e da lui stesso eseguito in serata insieme a I Solisti Veneti. Ulteriori omaggi sono rivolti al Maestro Krzysztof Penderecki, ospite fisso di ERF che nel 2002 diresse la IX Sinfonia di Beethoven nella cornice di Piazza Maggiore a Bologna, e il Maestro Luis Bacalov, caro amico del festival a cui negli anni ha regalato concerti indimenticabili. Saranno inoltre ricordati diversi anniversari quali i 250 anni dalla morte di Giuseppe Tartini, poliedrica personalità musicale e culturale dell’Età dei Lumi, e i 250 anni dalla nascita di Ludwig van Beethoven.

Tra tutti questi ricordi del passato, non mancherà certo uno spazio dedicato ai compositori contemporanei, come Giovanni SollimaCristian Carrara e Lamberto Curtoni, accompagnati da novità e grandi ritorni di grandi artisti internazionali come Richard Galliano, Ramin Bahrami, Ivo Pogorelich, Moni Ovadia, l’ensemble dei Cameristi della Scala, insieme a giovani talenti di assoluto valore, tra cui Cristian Lombardi, Lorenzo Albanese e Giulia Rimonda.

Infine, ci saranno anche le tradizionali orchestre in residenza, quest’anno rappresentate da due compagini, fiore all’occhiello del territorio emiliano romagnolo: la Filarmonica Arturo Toscanini, acclamata da pubblico e critica nelle maggiori sale da concerto di tutto il mondo, e la Toscanini NEXT, il neonato progetto di alta formazione in campo musicale mirato all’accrescimento delle competenze dei musicisti under35, con sede nella scuola di musica Giuseppe Sarti di Faenza e nel centro di produzione musicale Arturo Toscanini di Parma.

Il festival, con il suo mix di novità e ricordi, di artisti nazionali e internazionali, si rivelerà anche quest’anno in grado di offrire un assaggio di quella che può e deve essere a tutti gli effetti considerata grande musica di qualità, esplorata nelle sue diverse sfaccettature, e confermerà il ruolo del Festival come indispensabile realtà di promozione culturale al servizio del territorio e degli artisti italiani e internazionali.

 info: emiliaromagnafestival.it  

andrà tutto bene?

0

La Dr.ssa Luciana Rasicci vive e lavora a Bologna. E’ psicologa e psicoterapeuta, scrittrice e pittrice.
Si occupa di psicoperapia psicanalitica, psicoterapia funzionale, bioenergetica, psicodramma, Rebirthing Integrativo da molti anni presso il suo studio a Bologna.

Possiamo dire che attualmente stiamo vivendo una fase matura di questa pandemia, dove ognuno a  suo modo  ha interiorizzato ed elaborato una strategia psichica e fisica come risposta all’evento. Ora questo materiale, cosi intimamente elaborato (speriamo), deve misurarsi con l’esterno e la società. Secondo lei come ci apriremo alla relazione?

“La relazione, con il suo corredo di stili comunicativi, era già disturbata prima all’avvento del virus, lo stile che Fromm definiva mercantile si è impossessato della nostra psiche e delle nostre stesse relazioni. La novità del “virus globale” dovrebbe, e vorrei che fosse così, ri-umanizzare il contatto tra gli umani. Come psicoterapeuta e come persona ho sentito molti dire che il primo effetto del lockdown è stato di grande sollievo nel non dover uscire di casa, nel non dover affrontare il mondo, traffico, colleghi, superiori, e anche la troppa gente in strada e dappertutto…Poi col passare dei giorni la solitudine, il silenzio, la riflessione calma ha portato ai più una grande pace interiore. Buone basi queste per un rinnovarsi positivo, affettivo, più empatico, meno egoistico della relazione. Su la mascherina antivirus e giù la maschera del narcisismo: i narcisisti soli non valgono nulla se il pubblico adorante o sfruttato non c’è. Spero che la cultura del narcisismo, dell’individualismo, dell’illusione economicista ed identitaria allo stesso tempo, dello shopping come svago o compulsione, dell’egoismo sociale, crolli, cambi, sparisca! Sicuramente molti, me compresa, nell’assenza dei contatti, delle solite relazioni, dei soliti riti sociali, hanno capito fin dentro il cuore, l’importanza di avere una, anche una sola persona al mondo che ti ami”.

Ci sono dei segnali per capire quando  la paura, la vulnerabilità  l’ansia rischiano di diventare parte della vita e non essere transitori cioè legati alla situazione che stiamo vivendo ?

“La consapevolezza della propria fragilità insieme a quella del nostro pianeta meraviglioso, la paura della precarietà dell’economia e dei legami affettivi, la paura di essere contagiato, della malattia ed infine della morte, penso che abbiano scosso in profondità l’animo delle persone.
Avremo un grosso e globale malessere post-traumatico. Fermarsi per due mesi ha portato la depressione e l’angoscia, latenti o nascoste sia dal proprio carattere che dalla follia economica della ‘crescita infelice’ ad ogni costo, ad affiorare, e ha convito molti, moltissimi, che ciò che facevano per vivere era un inganno, una schiavitù, una pura alienazione umana e spirituale. Altri purtroppo hanno preferito diventare già da ora più paranoici di quanto erano già, cercando “la colpa” nei luoghi, nelle persone e nei poteri ‘forti’, cioè luoghi dove fa più comodo a una mente sociopatica. Molti diventeranno più buoni, il resto spero non diventino più cattivi cercando di proiettare fuori di sè la paura della morte”.

Una suggestione e una domanda. PANdemia nasconde PAN e il suo mito, il dio della natura intesa nel cristianesimo, come repressione del naturale e quindi l’innaturale. Nel suo libro “L’epoca del panico” diventato un punto di riferimento sul tema, parla di panico correlato alla società della performance, dell’autorealizzazione e nel mercanteggiare illusioni.  Come si amplifica oggi,  il significato metaforico di questo mito?

“Povero Pan, già gli avevano da due millenni, portato via fiumi e foreste, istinto e felicità. L’hanno cacciato dalle più alte vette, dai ghiacciai, dai più profondi mari. C’è rimasto sono questo bipede avido, vanitoso, ladro e assassino che pensa di essere dio,( altrimenti mica l’inventava dio!). Si, credo anch’io che l’autostima, l’autorealizzazione, il mito del successo e del “tu puoi se vuoi!… sia scaduto, almeno per adesso, lo auspico almeno, ma il potere e il capitalismo troveranno altre forme di omologazione sociale, non sono molto ottimista, the show must go on”.

A quanto pare le varie fasi della gestione di questa pandemia portano tutte verso la soluzione salvifica di un vaccino miracoloso. Non crede che le società occidentali in primis, stiano rincorrendo la tecnica e al doping universale, tralasciando aspetti più profondi e complessi dell’esistenza umana? 

“Va bene cercare un vaccino, oramai siamo in ballo e balliamo. Ma è lo stile di vita, il suo ritmo, i suo valori o meglio dis-valori che andrebbero cambiati nel rispetto della natura. Le epidemie sono iniziate con l’abbandono della vita nomade e con l’inizio del neolitico, vita stanziale, agricoltura e addomesticamento degli animali, bovini, caprini, pollame, ecc.
Son stati questi a trasmette per primi all’uomo il vaiolo e gli orecchioni, per esempio, durante il processo di domesticazione. Piccole tribù umane decimate, ma si è andati avanti ugualmente, siamo una specie prolifica e tenace. Invece le enormi aggregazioni sociali attuali, i grandi stati e la globalizzazione hanno fatto in modo che un virus selvaggio colpisse la civilissima tribù umana in toto e totalmente. L’insegnamento? siamo troppi, e troppo avidi, egoisti e bulimici. L’intelligente neocortex è un filino, il cervello rettiliano non è molto profondo spiritualmente, tira a campare e a riprodursi. E ci governa nelle emozioni, buone e cattive, più profonde e nei bisogni fondamentali. Quando l’arte, la bellezza, l’amore fraterno diventeranno anche loro bisogni fondamentali, quando la terra, i fiumi, i mari e le montagne saranno la nostra casa e allo stesso tempo il nostro meraviglioso sacro tempio PANteista, quando non saranno più trattati come un supermercato e una discarica, si, forse faremo a meno dei vaccini”.

Un’ultima domanda con il nostro stile, venuta fuori cosi al volo, dopo una camminata al parco, distanziato da tutto ma non da me stesso,  le chiedo tra paura, ansia, tristezza e happy hour, chi vincerà ? 

“Risposta pessimista: l’happy hour, sennò che ce ne fanno di tutto questo vino e questi vigneti, non produciamo altro. Io da due anni ho fatto la scelta, indignata, di diventare astemia, se ci vogliamo vedere bastiamo noi due o noi tre, l’alcol è la droga perfetta, calma, euforizza e anestetizza il dolore, droga perfetta per fingere d’essere in gamba, contento, un gran tipo! Ma io preferisco non fingere d’essere calma o felice quando in verità l’alcol, gli happy hour, l’apericena e la movida dalle 18 in poi… ci stanno ubriacando i sensi e l’anima e la neocortex! Risposta ottimista: spero in un miracolo, che la paura sia servita alla gente per svegliarsi dall’orrido modo di vita che abbiamo, dal dover quasi in automatismo fare fare produrre, produrre e poi crepare, crepare. Oddio, forse non era proprio una risposta ottimistica, pardon…”.

Mi piacerebbe poter parlare anche d’immagini e simboli che diventano icone della contemporaneità. Come la commenterebbe la foto in testata.
E’ una foto surrealista? Situazionista? E’ una dichiarazione di guerra ai bambini? No, è un’immagine iconica come hai detto tu:” vietato giocare”.

www.lucianarasicci.it  –  FB:Studio di Psicologia corporea e psicodramma

 

Il Nuovo Forno del Pane in cerca di artisti

0
Aldo Giannotti, Nuovo Forno del Pane, 2020

Con il progetto Nuovo Forno del Pane: il MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna ridefinisce la propria azione e il proprio ruolo trasformandosi in centro di produzione e mettendo a disposizione della comunità creativa bolognese i propri spazi.

L’Istituzione Bologna Musei | MAMbo, al fine di favorire e promuovere l’arte contemporanea e le sue espressioni più attuali in questo momento particolarmente difficile, vuole offrire un supporto concreto ad artiste e artisti locali attraverso l’Avviso pubblico “Nuovo Forno del Pane” che ha lo scopo di selezionare 12 artiste/i che potranno utilizzare dal 1 luglio al 31 dicembre 2020 spazi a loro dedicati nella Sala Ciminiere del MAMbo per avviare o realizzare opere e progetti artistici in una cornice istituzionale.

L’Avviso pubblico è rivolto ad artiste e artisti domiciliati nella Città Metropolitana di Bologna senza vincoli di cittadinanza e/o residenza, di cui risulti recente e documentata attività nell’ambito delle arti visive contemporanee, che siano maggiorenni alla data di pubblicazione del presente Avviso pubblico e non siano in possesso in questo momento di uno studio in cui lavorare e produrre le proprie opere.

Testo completo dell’avviso

Per candidarsi: https://servizi.comune.bologna.it/bologna/NuovoFornoPane

Scadenza: 16 giugno 2020 h 12.00 ora italiana

Nuovo Forno del Pane è un progetto di Istituzione Bologna Musei | MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, realizzato grazie al supporto di UniCredit e ai partner Gruppo Hera e Gruppo Unipol

Sito ufficiale: www.nuovofornodelpane.it