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Gli appetiti della Wanda: Ristorante Da Neri di Roncofreddo (Fc)

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Dei Neri di Santa Paola sentii parlare per la prima volta a Milano, se ricordo bene da Savino Cesario, il mirabile chitarrista, colonna musicale, tra l’altro, degli ultimi spettacoli di Crozza.

Ci fu un periodo tra gli anni ’80 e ’90, quando lui, Riondino, Paolo Rossi e tanti altri avevano eletto la Romagna a roccaforte della propria vita professionale e non solo, in cui tutti loro pascolavano nei dintorni di Longiano. Ci abitarono proprio, per diversi anni. Da lì partivano memorabili transumanze enologico-gastronomiche verso le colline del cesenate e del riminese.

Spesso si ritornava a Roncofreddo, paesello medievale a 300 metri di altitudine, dal quale si può ammirare comodamente Rimini e tutta la riviera, nella frazione di Santa Paola. Ti ci devono portare o te la devono spiegare bene la strada, altrimenti non ci si arriva per caso in un posto così.

L’insegna, il locale, un camerone spartano e totalmente vintage ma pulitissimo, forse sono gli stessi di quando aprirono nel 1974. I piatti forti sono ancora i medesimi che mi raccontarono a Milano, una quindicina di anni fa. Nella più pura tradizione, il galletto in tegame la fa da padrone, però – in linea con le caratteristiche fenotipiche dei veri Romagnoli – i Neri di Santa Paola sono schivi e non sono interessati a parlare di sé, del loro locale e delle loro ricette, perciò andremo ad intuito. Secondo me il galletto lo fanno un po’ come mia suocera. Lo comprano che abbia razzolato per bene, lo fanno insaporire con una bella salatura di aglio e rosmarino e lo cuociono in tegame a fuoco vivo dalla parte della pelle. Lo bagneranno con il vino bianco dopo un po’ e poi lasceranno cuocere a lungo perché, se il pollo è ruspante, sul fuoco ci deve stare un bel po’. Le patate ovviamente andranno addizionate per tempo, in tocchi belli grandi e poi anche qualche pomodorino non guasta.

Sublimi i primi, le tagliatelle, ma più di tutti i nidi di rondine. La sfoglia è bianca, senz’altro lessata. Il ripieno in Romagna è diversissimo da zona a zona, la ricotta la fa da padrona, assieme al parmigiano, ma poi? C’è chi ci mette gli spinaci, chi ci mette la mozzarella, chi ci mette il prosciutto cotto. Il tutto andrebbe spalmato, arrotolato, tagliato a rondellone e poi passato in forno, però…

Chi se lo ricorda cosa c’era dentro i loro nidi di rondine? Perciò andateci di persona ad assaggiarli e fatevi la vostra idea. Di sicuro sopra ci va un bel po’ di sugo rosso! Poi troverete tutte le pietanze della tradizione tra cui il castrato, che è eccezionale. Lo sfuso della casa è un vino del contadino d’altri tempi, quindi, se il vostro palato è più moderno, prendete un vino in bottiglia. Mangerete porzioni abbondanti, abbondantissime, da farci un film!

E forse, in realtà, proprio il calore della cucina di queste vallate, il grigio dei calanchi, il rosso dei sangiovesi, hanno saputo ispirare tanti lavori di quegli artisti non autoctoni, più che tutto un plotone di Muse dell’Olimpo.

Ristorante Da Neri,  Santa Paola di Roncofreddo (FC), via Curiel 264Info: 0541 949 284

 

Tu Quoco, Figlio Mio: i passatelli di nonna

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Il caldo è ormai arrivato, ma per l’ultimo piatto di passatelli della nonna c’è ancora posto, dai!

Ingredienti (per 3 persone)

2 uova
100 g pangrattato
100 g parmigiano
Limone
Noce moscata
Brodo

Polis Teatro Festival 2020: “Quale teatro per il domani?”, online dal 20 al 24 maggio

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POLIS Teatro Festival, il festival del teatro e della partecipazione di Ravenna, non si ferma, ma si trasforma in un convegno internazionale onlineDal 20 al 24 maggio (dalle ore 18, sulla pagina Facebook ErosAntEros, sul canale Youtube ErosAntEros, sul sito polisteatrofestival.org e in contemporanea su emiliaromagnacreativa.it), sarà quindi possibile assistere virtualmente ad un ricco calendario di appuntamenti centrati sul ruolo del teatro all’interno della società. L’obiettivo è quello di chiamare a raccolta l’intera comunità teatrale internazionale, composta da artisti, operatori, spettatori e studiosi, che la compagnia ErosAntEros ha creato nei suoi primi dieci anni di attività.

Quale teatro per il domani? è il titolo scelto da Davide Sacco Agata Tomsic, direttori artistici del festival, per questa terza edizione, ma è anche la domanda che, durante le cinque giornate del convegno, verrà declinata in altri cinque quesiti sui canali web.

Quale spazio per il teatro di domani? è la domanda di mercoledì 20 maggio. Gli ospiti invitati a riflettere su questo tema saranno Csaba Antal, Chris Baldwin, Anna Bandettini, Francesca D’Ippolito, Marco De Marinis, Elena Di Gioia, Federica Fracassi, Eugenio Giorgetta, Frank Hoffmann, Miloš Latinović, Lucia Medri, Laura Palmieri, Amedeo Romeo e Julia Varley.

Il 21 maggio spazio a Quali parole per il teatro di domani?. Interverranno Federico Bellini, Nicola Borghesi, Ascanio Celestini, Ian De Toffoli, Renzo Francabandera, Gerardo Guccini, Florian Hirsch, Marco Martinelli, Maria Dolores Pesce, Pascal Rambert, Attilio Scarpellini e Marco Sgrosso.

Quali visioni per il teatro di domani?, venerdì 22, vedrà le riflessioni di Elena Bucci, Silvia Costa, Luigi De Angelis, Martina Gamboz, Roberto Latini, Vincent Jean Emile Longuemare, Marco Lorenzini, Jean Mallamaci, Luca Micheletti, Ermanna Montanari, Andrea Pocosgnich, Magda Siti e Stefano Vercelli.

Sabato 23, Quali linguaggi per il teatro di domani?  sarà il quesito su cui verteranno i contributi di Luigi Ceccarelli, Borut Jerman, Chiara Lagani, Maria Federica Maestri, Lorenzo Mango, Anna Maria Monteverdi, Silvia Mei, Fiorenza Menni e Andrea Mochi Sismondi, Silvia Pasello, Andrea Penna, Daniela Sacco e  Benedetta Saglietti.

La domanda della quinta e ultima giornata, Quali corpi per il teatro di domani?, verrà girata a Penny Arcade Aka Susana Ventura,  Sergio Ariotti e Isabella Lagattolla, Roberta Carreri, Claudio Cirri, Anna Dora Dorno e Nicola Pianzola, Lucia Franchi e Luca Ricci, Piergiorgio Giacché, Hervé Goffings, Raimondo Guarino, Bojan Jablanovec e Licia Lanera.

Sempre domenica, dopo il convegno, la diretta video lascerà spazio a PARTECI-POLIS, l’appuntamento con i progetti partecipativi del festival. Verrà dichiarato il vincitore del bando nazionale “L’Italia dei Visionari di Polis Teatro Festival”, scelto dai cittadini che hanno partecipato al progetto POLITAI VISIONARI.

Chiuderanno questa terza edizione del festival i contributi arrivati tramite “Chiamata agli spettatori della polis teatrale ideale”, nei quali i cittadini racconteranno il loro rapporto con il teatro, come stanno vivendo questo momento di sospensione degli spettacoli e come immaginano il ritorno nei teatri domani.

Quale teatro per il domani?, convegno internazionale online, Polis Teatro Festival. Dal 20 al 24 maggio (ore 18) su pagina Facebook ErosAntEros, sul canale Youtube ErosAntEros, sul sito polisteatrofestival.org e su emiliaromagnacreativa.it

 

 

 

 

Amplificare la capacità di ascolto. Ritorna Grenze – Arsenali fotografici

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Eolo Perfido_Tokyo-Japan-Street-Photography-098-LeicaQ

 

Dal 9 settembre al 2 novembre è in programma a Verona la terza edizione di Grenze. Ne abbiamo parlato con il co-direttore artistico Simone Azzoni, docente e critico d’arte contemporanea.

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Prima domanda d’obbligo: in un periodo così grandemente segnato dalla pandemia, con i lutti e i mille problemi che essa comporta, quale funzione vuole avere, il vostro progetto?

Sembra che la pandemia abbia messo in crisi l’utilità e la necessità delle visioni artistiche, relegandole alla retorica delle lamentele auto-referenziali. Quello che occorre è amplificare la capacità di ascolto del contesto in cui ci muoviamo: reinventare il medium direbbe la Krauss, a partire però da condizioni etiche e “in presenza”. Dobbiamo mettere in gioco nuove energie, consapevoli che chi sosteneva la fattibilità economica del festival ora ha altro a cui pensare. Quello che dobbiamo evitare è la contemplazione del disastro e peggio la sua traduzione estetica. Dobbiamo rimanere nella precarietà per farne balzo, magari di tigre. Non possiamo convivere con vecchie strutture sistemiche o pensare che l’online sia l’alternativa a cui obbedire. La rete è un modo eventualmente con cui raccogliere spunti, materiali per una identità che muta e propone modalità espressive diverse ad una comunità che ripartirà dalla partecipazione.

Il tema di quest’anno è Als Ob, “come se”. Sembra significare una delle possibili vie dell’immagine fotografica: la fuga nell’immaginario. È così? Se sì: ha un legame intenzionale con ciò che ci troviamo a vivere in questi mesi?

Adottiamo sempre un vocabolo tedesco perché è una lingua inequivocabilmente rigorosa e precisa. Il concept lo scegliamo in giugno, al termine dell’edizione di maggio. Als Ob è parola che ha trovato domicilio in me da molti anni: è una strategia di vita, una ironia che mette in diffrazione il reale rimandandone il suo compito di verificabilità e disponendoci su un piano di possibilità. L’insistenza in questa possibilità immaginaria rovescia il dato oggettivo. Come per “fuoco”, tema della scorsa edizione e altrettanto profetico, anche Als Ob è nato in tempi non sospetti e poi la realtà vi si è accomodata.

 

Brian McCarty_Survivor_Alone

 

La direzione artistica e la curatela sono tue insieme alla fotografa Francesca Marra e alla docente e studiosa di fotografia Arianna Novaga. Cosa questo doppio sguardo femminile aggiunge e problematizza, nelle scelte che effettuate?

Abbiamo approcci diversi ma non credo si tratti di una diversità di genere. La sensibilità di Francesca tocca questioni storiche della fotografia e il suo è un discorso di ricerca dei termini attuali entro cui si muove il linguaggio fotografico oggi. Arianna si muove su frontiere ibride cercando nella contaminazione tra le arti, nuove possibilità espressive. La diversità delle scelte artistiche non solo garantisce pluralità di approcci ma evita l’insostenibile pesantezza della ridondanza. C’è sempre una terza via, un’eccedenza, uno scartare rispetto alla strada maestra, una tangenza che evita chiusure circolari, facili riconoscibilità.

Presso l’ex Arsenale Militare di Verona, sede principale del festival, il Pad 20/1 ospiterà dal 9 settembre al 14 settembre: Archivio Luigi di Sarro, Jacob Balzani Lööv (Armenia Azerbaijan Sports), Silvio Canini (Cosa cerchi, il mare?), Gianluca Camporesi (Visioni di Ipercorpi), Daniel W. Coburn (The Hereditary Estate), Brian McCarty (War-Toys), Rowshanbakht Hossein & Hassan (The Wall Collection), Stefano Mirabella (DOM) e Alessandro Secondin (Il numero secondo). Quali occasioni hanno portato all’individuazione di questi artisti e di queste opere?

Guardiamo fuori porta sempre. Grenze è confine inteso come soglia. Abbiamo condiviso, lasciato sedimentare il tema Als Ob per trovarvi al proprio interno le ragioni con cui coinvolgere fotografi che seguiamo da tempo, che accompagniamo nel loro sviluppo creativo. Ci interessava la periferia che fermenta idee fuori dagli assi delle Biennali o degli appuntamenti nazionali fissi, così abbiamo inseguito quanto sta avvenendo in Iran e poi a Cuba e ancora in Armenia e Azerbaijan. Ci interessava rivedere la ricerca di Luigi di Sarro e come certe sue sperimentazioni fossero profezie di ciò che si avvererà poi nell’opera di LeWitt o Baldessari qualche anno dopo. Senza rinunciare ovviamente all’ironia.

 

Jacob Balzani Lîîv_Armenia and Azerbaijan_ Sports behind enemy lines

 

Sempre in Arsenale, in collaborazione con il Centro Internazionale di Fotografia Scavi Scaligeri verrà presentata una selezione di fotografie di Franco Fontana, Luigi Ghirri, Greg Gorman, Michael Kenna, Daniel Lee, Giuseppe Pino, Ferdinando Scianna, Tazio Secchiaroli, Enzo Sellerio, Oliviero Toscani, e Jerry Uelsmann, provenienti dall’archivio degli Scavi Scaligeri. Questi autori, noti a molti, appartengono all’empireo della grande fotografia del Novecento. A parte i riconoscimenti di storici e critici, è possibile sintetizzare cosa fa di un fotografo un grande fotografo?

La sua contemporaneità. E la sua capacità di non farci smettere di guardare e soprattutto “riguardare” per cogliere la palpitazione dell’evento, l’istantaneità di quella famosa coincidenza tra occhi, cuore e testa. C’è una frase di Diane Arbus che credo riassuma la definizione che mi chiedi: “Credo davvero che ci siano cose che nessuno riesce a vedere prima che vengano fotografate”. Il grande fotografo ti mette lì, tra la realtà e l’idea che ne abbiamo, assieme a lui, in quel mondo che, alla fin fine, è solo il suo specchio.

Il 15 settembre il musicista elettronico Vincenzo Scorza terrà presso il Teatro Laboratorio una performance audio-video dal titolo Isola – liveset per suoni inesatti e fotoni erranti. In che modo la proposta di altre arti, in una manifestazione dedicata principalmente all’immagine, può aiutare la percezione di ciò che il fruitore è invitato a vedere?

Grenze non può esistere se chiude i suoi confini, se non produce modelli virtuosi di gemmazioni perpetue. Il nostro festival guarda anche al Trentino, dove ha creato una proposta prima da Hub Trentino poi alla libreria Due Punti. La presenza di Vincenzo Scorza è il proseguo di un dialogo iniziato con il festival perAspera di Bologna che quest’inverno ha accolto il lavoro di Giorgia Chinellato. L’immagine nella misura in cui accede all’immaginario e ne produce variazioni di stato e materia, non può essere solo fotografica.

 

MICHELE PASCARELLA

  

info: www.grenzearsenalifotografici.com, www.facebook.com/grenzearsenalifotografici/

 

Giorno 1123

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Giornata bellissima. C’è il sole. Il solito sole meraviglioso che da tempo ha rimpiazzato l’andamento ondivago delle stagioni. Le giornate nuvolose infondono tristezza e sono state abolite tramite reticolati magnetici. Impediscono la formazione di nuvole, nessuna deve più occupare quel cielo terso e azzurro come la vernice azzurra. Ho perso il conto dei mesi, dei giorni, delle ricorrenze, delle festività. Ho perso anche la vista da un occhio e non è colpa del diabete. Con l’altro però ci vedo benissimo, anche da lontano. Vedo per esempio che da alcuni mesi stanno tirando sù delle impalcature alte fino ottocento metri, laggiù dove c’era San Marino. La stanno ricostruendo esattamente com’era, un lavoro mastodontico che impiegherà l’utilizzo di migliaia di carpentieri (per lo più schiavi forniti dalle prigioni di Modigliana) per oltre due anni con milioni di tonnellate di cemento armato e altrettanti quintali di fibra di vetro per la ricostruzione del castello e dell’antico borgo medievale. La tv ha annunciato, durante la mezz’ora di luce elettrica che ci è consentita, che la nuova struttura, perfettamente fedele all’originale, sarà tutta in tonalità di rosa e fucsia. Un colpo di genio dell’architetto francese di cui adesso mi sfugge il cognome. La nuova San Marino dovrà essere pronta per il grande giorno tanto atteso. La più grande opera pubblica mai concepita dall’uomo (a parte quella di asfaltare il mare Adriatico), inaugurerà l’inizio del mondo nuovo che ci promettono ormai dal giorno 235. Io trovo che una San Marino tutta rosa e fucsia sia una stronzata colossale, ma non andrò certo in giro a dirlo, si rischia la deportazione a Modigliana.

Sto morendo di fame, le scorte di cibo sono finite da un pezzo. Vado avanti coi vasetti di patè e con i crackers Nett-Flix che ci lasciano nella buchetta della posta, ma sono ormai allo stremo. Il Governo pensa a noi, ma che bello. Ci è stato regalato un barattolo di vernice da 25 chilogrammi e un pennello di setole sintetiche per tinteggiare i nostri appartamenti ormai neri di fuliggine. Non sono riuscito a portarlo sù, sono troppo debole per fare le scale con tutto quel peso. Ho provato a mangiarne una cucchiaiata facendo finta che fosse gelato Sammontana, ma non ha funzionato e mi sono venuti i crampi allo stomaco. Sono belli anche i crampi, sono qualcosa di nuovo che rende diversa una giornata dalle altre tutte uguali. Ho ricevuto una cartolina di mio figlio da Nizza, dice che il lavoro di assassino per il Governo lo ha portato là: stanno stanando un sacco di ribelli che commerciano in ostriche di contrabbando. Gli irriducibili ricchi che non vogliono accettare il cambiamento. Pensavo fosse morto, mio figlio. Non lo vedrò più, questo è certo.

Ho anche ricevuto un avviso della Guardia Naturalistica: sono sospettato di aver sequestrato e ucciso un gabbiano nel giorno 890. L’uccello era dotato di un microchip inserito nel cervello, lo usavano come drone. Ci siamo mangiati un drone del Governo, in poche parole. So già come andrà a finire. Verranno qui in tre, con la loro valigetta degli attrezzi e guanti di pelle nera, verrò sottoposto ad una seduta di tortura finchè non avrò confessato perfino di aver ucciso Kennedy. Credo che non mi troveranno vivo.

Adesso scendo giù e finisco di mangiare quel bidone di vernice bianca immaginando che sia sorbetto al limone. Uccidersi mangiando vernice lo trovo originale, forse verrò ricordato per questo. No, i ricordi sono roba della vita precedente. Mi consola soltanto il fatto che avvelenandomi non potranno usare il mio fegato per produrre del patè. Per un attimo mi è sembrato di vedere una piccola nuvola grigia in mezzo all’azzurro del cielo e mi è scappato un sorriso. Andrà tutto bene.

Riapertura graduale dell’Istituzione Bologna Musei

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Museo Davia Bargellini, Bologna Veduta di allestimento della collezione permanente Foto Giorgio Bianchi | Comune di Bologna

Per tornare ad aprire le proprie porte al pubblico, l’Istituzione Bologna Musei opta per una riapertura graduale delle collezioni permanenti e delle mostre temporanee, secondo un preciso calendario, a partire da martedì 19 maggio fino al 23 maggio. Variati sono anche gli orari di apertura, pensati secondo un modello di differenziazione “a scacchiera” tra i diversi musei, per evitare assembramenti e garantire una frequente sanificazione degli spazi. Si tratta di misure organizzative che hanno l’obiettivo da un lato di consentire al pubblico di svolgere le visite in sicurezza, e dall’altro di garantire la tutela del personale coinvolto in mansioni di front-office.

La riapertura parte dunque martedì 19 maggio con il MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, il Museo Morandi e il Museo internazionale e biblioteca della musica. I nuovi orari di apertura osservati da questi musei saranno: per il MAMbo e il Museo Morandi dal martedì al venerdì dalle 14 alle 18.30, il sabato e la domenica dalle 11 alle 18.30, chiusi il lunedì. Anche il Museo internazionale e biblioteca della musica resterà chiuso il lunedì, ma sarà aperto dal martedì al venerdì dalle 10 alle 13 e dalle 15.30 alle 18.30, mentre il sabato e la domenica dalle 10 alle 18.30.

Mercoledì 20 maggio riaprono anche le collezioni del Museo Civico Archeologico e il Museo del Patrimonio Industriale. Gli orari di apertura osservati saranno per Museo Civico Archeologico il lunedì e il mercoledì dalle 10 alle 14, il giovedì dalle 15 alle 19, il venerdì dalle 18 alle 22, il sabato dalle 14 alle 20 e la domenica dalle 10 alle 16, con la chiusura il martedì. Il Museo del Patrimonio Industriale resterà invece chiuso nelle giornate di lunedì e martedì, mentre aprirà al pubblico dal mercoledì al venerdì dalle 10 alle 13 e il sabato e la domenica dalle 10 alle 14.

La terza riapertura di giovedì 21 maggio vede protagonista il Museo Civico Medievale che fissa come giorni di chiusa il lunedì, il mercoledì e il venerdì, mentre martedì, giovedì, sabato e domenica resterà aperto dalle 10 alle 18.30.

Venerdì 22 maggio riaprono anche il Museo Davia Bargellini e ilMuseo civico del Risorgimento osservando i seguenti orari:
Museo Davia Bargellini 
lunedì, mercoledì, giovedì chiuso
martedì, venerdì h 9.00-14.00
sabato, domenica h 10.00-18.30
Museo civico del Risorgimento 
lunedì, martedì, mercoledì, giovedì chiuso
venerdì, sabato, domenica h 10.00-14.00

L’ultima riapertura prevista per sabato 23 maggio coinvolge il Museo per la Memoria di Ustica e Casa Morandi con apertura solo nel weekend. Entrambi i musei resteranno infatti chiusi tra settimana: il Museo per la Memoria di Ustica sarà visitabile solo il sabato e la domenica dalle 10 alle 18.30, mentre la Casa Morandi sarà aperta esclusivamente di sabato pomeriggio dalle 15.30 alle 18.30.

In sospeso le Collezioni Comunali d’Arte, situate al secondo piano di Palazzo d’Accursio, per le quali sono in corso verifiche organizzative che attengono alla gestione dei protocolli di sicurezza per l’accesso al vasto complesso architettonico che affaccia su Piazza Maggiore nel suo insieme.

Insieme alle collezioni permanenti riapriranno, secondo calendario, anche le mostre temporanee interrotte dall’emergenza e le cui aperture sono state prorogate, quali Noi siamo la Minganti. Bologna e il lavoro industriale tra fotografia e memoria (1919-
2019) al Museo del Patrimonio Industriale, fino al 15 novembre 2020; Imago splendida. Capolavori di scultura lignea dal Romanico al Duecento al Museo Civico Medievale, fino al 6 settembre 2020; Il Camino dei Fenicotteri. I disegni dei Casanova dall’Æmilia Ars alla Rocchetta Mattei presso il Museo Davia Bargellini, fino al 6 settembre 2020; ed infine Ebrei in camicia rossa. Mondo ebraico e tradizione garibaldina fra Risorgimento e Resistenza al Museo civico del Risorgimento, fino al 14 luglio 2020. Sarà inoltre visibile, con apertura prorogata in corso di definizione, la mostra La Galleria de’ Foscherari 1962 – 2018 allestita nella Project Room del MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna. Resta al momento in sospeso la riapertura del progetto espositivo Etruschi. Viaggio nelle terre dei Rasna che si spera di poter prorogare fino a dicembre 2020.

Oltre all’apertura graduale e ai nuovi orari di ingresso, non mancheranno nuove ma importanti regole da rispettare all’interno dei luoghi museali. Le disposizioni sono le seguenti:
• previsione dell’utilizzo del servizio di prevendita online del biglietto di ingresso sul sito
https://midaticket.it/musei-civici-di-bologna (il biglietto prenotato deve essere annullato alla biglietteria del museo, prima dell’ingresso alla collezione);
• obbligo di mantenere la distanza di sicurezza interpersonale;
• obbligo di indossare la mascherina durante la visita;
• contingentamento in slot per l’ingresso frazionato dei visitatori, calcolati in base alle peculiari
capienze delle sedi e sale espositive;
• adozione di accorgimenti logistici e istruzioni per il personale in servizio per garantire il rispetto del distanziamento interpersonale;
• esposizione di cartelli informativi e segnaletica per il rispetto delle norme di sicurezza;
• predisposizione di percorsi distinti in entrata e in uscita;
• dotazione di gel igienizzanti a disposizione dei visitatori.
Non mancheranno anche le istruzioni per i più piccoli, che verranno distribuite all’ingresso sotto forma di vademecum disegnato con le istruzioni sui comportamenti da tenere durante la visita.

Oltre a queste regole, si rende noto anche l’interruzione dei servizi di audioguide, schermi touch screen, altri ausili che prevedono contatti e del guardaroba, che non saranno dunque più a disposizione dei visitatori. Quest’ultimi sono invitati a presentarsi al museo con il minimo di accessori personali, evitando bagagli, nonché borse e zaini voluminosi.

La riapertura del Museo continuerà ad essere accompagnata dall’offerta di accessibilità digitale al patrimonio storico-artistico civico che prosegue con nuove proposte quali “La finestra sul cortile”: un dialogo interdisciplinare tra le collezioni permanenti dei vari musei realizzato tramite una serie di brevi video-storie della durata di 5 minuti che raccontano le migliaia di oggetti e opere contenute nei musei,  svelando intrecci su tematiche condivise. Il progetto partirà sabato 23 maggio e prevede la pubblicazione dei video sui canali Facebook dei musei ogni sabato e domenica alle ore 12. In preparazione o in approfondimento all’esperienza di visita, si ricorda che è inoltre disponibile MuseOn, la piattaforma scaricabile come app in versione iOS e Android, in corso di implementazione con percorsi che consentono di esplorare tutte le collezioni permanenti dell’Istituzione Bologna Musei.

info: museibologna.it

Tu Quoco, Figlio Mio: paglia e fieno al ragù di piselli

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Nuova settimana e nuova ricetta in casa Timo / Pozzi. Oggi paglia e fieno al ragù di piselli.

Ingredienti (per 3 persone)

2 uova
Un pugnetto di spinaci lessi
Farina
Ragù alla bolognese
Cipolla
Piselli
Olio d’oliva
Sale
Parmigiano

Erbario delle consolazioni #5 > Delosperma_Delosperma cooperi. Sulla biografia

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Breve trattazione su come scorgere il movimento che rimandano le cose ferme.

Esistono grandi biografie. E altre piccolissime, stanziali, destinate a rimane nascoste sui davanzali, sulle ringhiere dei balconi, sulle mensole del soggiorno. Come la pietra nel fiume, che racconta la storia dell’acqua che l’ha modellata, dei fenomeni atmosferici che l’hanno movimentata e dei pesci che l’hanno sfiorata, ci sono elementi che ci circondano sui quali le nostre vite rimangono impresse come diari da sfogliare nei momenti di smemoratezza, come oracoli da consultare affinché ci indichino la via nei momenti oscuri. Questi elementi, di consolazione e resurrezione, vegetali e geografici, possono essere definiti piante.

Delosperma_Delosperma cooperi
Sulla biografia.

Il primo trasferimento dalla casa natia al luogo dove ho scelto di vivere. Poi tre traslochi, una ristrutturazione, e la polvere di mattone a stazionare sulle foglie succulente. Neve e raggi cocenti sulle estremità. Vasi differenti con il passare delle stagioni. Pianta tappezzante e perenne, si riproduce e diffonde con sconcertante vitalità: se non si fa attenzione le talee migrano spontaneamente nei vasi vicini, e se ne appropriano. Compagne più o meno da una decina d’anni. Pazientemente ci adattiamo ai cambiamenti, e portiamo gli stessi segni. Piccole rughe, un rametto spezzato, una parte del corpo che cresce più dell’altra, perdite e acquisti di peso. Troppo sole ci scotta, troppo freddo ci fa ammalare. Siamo state coltivate dalla nonna, e abbiamo abitato in quattro dimore. Ogni anno attendiamo la primavera per rifiorire. Non ci piacciono gli insetti, anche se noi piacciamo a loro. Se non beviamo ci essicchiamo. Quando i peli ci crescono troppo dobbiamo tagliarli, e recidere i fiori appassiti. Non ci dispiace la terra arida perché ne apprezziamo il potenziale. L’inverno fa venir bianchi i nostri capelli. Possiamo star ferme per anni nello stesso punto, ma consideriamo un pregio il variare della compagnia. Sul nostro quaderno, la stessa grafia.

 

scrittura ELENA SORBI
disegno ALICE SCARTAPACCHIO

 

Assonanza: Jiro Taniguchi, L’uomo che cammina https://www.lospaziobianco.it/cammino-uomo-cammina/

 

IL BLUES DEL LOCKDOWN DI DON ANTONIO E VINCE VALLICELLI DIVENTA UN DISCO LIVE

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Cover del disco da un'incisione di Sara Paioncini

Quattro assi di casa nostra: Vince Vallicelli, Nicola Peruch, Don Antonio e Roberto Villa, l’unico vero live in Romagna di questi tre mesi, un momento magico da fermare. E un messaggio da fare passare: “I musicisti sono lavoratori”.

Come i musicisti del Titanic, sulla barca che affonda. La storia dira’ se qui, forse, la barca stava gia’ lentamente riemergendo, ma tutto intorno era ancora deserto e silenzio.

Primo Maggio 2020, strade vuote e gente chiusa in casa.

Nella sede della Lombardi Amplificazioni ci sono 30 mila watt di casse girate sulla vallata. Quattro persone sul palco, con un permesso speciale, a un metro e mezzo di distanza uno dall’altro. E zero persone di fronte. Un modo diverso di festeggiare la Festa del Lavoro. Per dire con decisione che anche la musica e le arti sono un mestiere.

“E’ stata un’esperienza surreale – dice Vince Vallicelli, decano dei tamburi romagnoli – ma dalla prima nota si e’ capito che stava succedendo qualcosa di speciale. Un’esperienza molto intensa da vivere, che e’ stato intenso anche riascoltare, dopo. Questo e’ il motivo per cui l’abbiamo voluta mettere su disco. Per fermarla, per ricordare certe sensazioni, quando tutto sara’ finito”.

Un live incerto fino al giorno prima, per tutta la girandola dei permessi speciali che servivano, promosso in streaming a ridosso del concerto, che comunque ha totalizzato quasi 30mila visioni, da tutto il mondo. “Un affetto e una nostalgia oltre ogni aspettativa, che ci ha commossi” – commenta Vince.

Sul palco con Vallicelli ci sono Don Antonio, Roberto Villa e Nicola Peruch. Davanti a loro, la squadra della Lombardi, e i locali della loro storica azienda, per ribadire che la musica non e’ solo fatta di chi la suona, ma anche di tutto quello che ci gira intorno.

Il gesto speciale di una piccola grande comunita’ di persone che vivono dentro la musica.

E la musica che ne e’ uscita pare avere rispecchiato l’intensita’ e l’unicita’ del momento.

“Non e’ stato un momento importante solo dal punto di vista simbolico. Lo e’ stato anche per la musica. Abbiamo suonato brani di Don Antonio e brani miei, trattandoli come se fossero jazz o blues, reinventadoli, rivoltandoli, rivivendoli da principio – spiega Vince – Non ci vedevamo, come tutti, da piu’ di due mesi, e non abbiamo voluto nemmeno metterci d’accordo prima. Siamo partiti e abbiamo visto subito che le cose stavano succedendo. Abbiamo solo seguito l’onda”.

Il disco e’ nato per assecondare fino alla fine quel gesto spontaneo. Nessun ritocco al live, nessuna correzione, nessuna variazione di scaletta. Il disco e’ esattamente il live di quel giorno, passato sui nastri de L’Amor Mio Non Muore, pochi chilometri a valle, solo per raggiungere il volume necessario alla stampa su cd.

Lo si trova sul sito Bandcamp de L’Amor Mio Non Muore, a questo link, sia nell’opzione digitale che in quella di cd fisico, spedito direttamente a casa.

“Non siamo soliti chiedere alla gente di comprare i nostri dischi – conclude Don Antonio – ma stavolta ci sentiamo di farlo. E’ un gesto che ribadisce due cose per noi molto importanti. La musica e’ un mestiere, e la musica e’ di tutti ma non nasce senza sforzi. Per farla arrivare a casa delle persone, o nelle piazze, servono competenze, risorse, denaro. Mestieri che non si possono perdere o dare per scontati. Pagare un disco e’ un gesto politico, in questo momento. E di rispetto per una categoria”.

https://www.facebook.com/donantoniogramentieri/videos/262088708276425/

Il 18 maggio il MIC di Faenza riapre al pubblico ad ingresso gratuito

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Dopo 75 giorni di chiusura al pubblico il 18 maggio, in occasione della Giornata Internazionale dei Musei, il Mic di Faenza finalmente riapre le porte. E per festeggiare questa ripresa, che è quasi una rinascita, propone fino al 2 giugno l’ingresso gratuito per tutti e l’apertura anche di lunedì (eccetto il 25 maggio) tradizionale giorno di chiusura.

Un’occasione unica per vedere, oltre alla meravigliosa collezione del museo, la mostra di “Picasso. La sfida della ceramica”, la cui chiusura è stata prorogata appunto al 2 giugno, grazie alla gentile concessione del Museo Picasso di Parigi.

La mostra, che purtroppo è rimasta inaccessibile al pubblico per circa un terzo della sua durata, espone in via del tutto eccezionale 50 capolavori di Picasso provenienti dal Museo Picasso di Parigi a confronto con le fonti delle ceramiche antiche del Mic che lo hanno ispirato. Un strumento eccezionale per capire come il genio assoluto dell’Arte del Novecento si sia avvicinato alla ceramica e come abbia seguito e allo stesso tempo trasgredito le regole di questa antichissima arte.

La riapertura ha un significato simbolico importante per noi e per tutto il comparto museale” commenta la direttrice Claudia Casali. “Non a caso la data scelta coincide con una celebrazione internazionale dei musei. Abbiamo voluto aprire per dare la possibilità soprattutto ai faentini di rivedere Picasso. Le difficoltà di questo momento impongono un orario ridotto e un totale ridimensionamento del programma del 2020. Siamo stati costretti per impedimenti logistici ad annullare i due grandi eventi internazionali programmati (Premio Faenza e Argillà) e posticiparli al 2021. Manterremo solo la mostra antologica di Alfonso Leoni per l’autunno. Ora abbiamo bisogno che i nostri visitatori ritornino al museo per fruire della bellezza delle nostre collezioni. Non è un appello solo per il MIC ma per l’intero comparto museale italiano. I musei sono in grande difficoltà, così come tante altre realtà legate a cultura e turismo. Il mio appello è “Partecipate!” e fateci sentire la vostra presenza”.

Il museo effettuerà orario ridotto e sarà aperto fino al 2 giugno dal lunedì alla domenica (chiuso il 25 maggio) dalle 9 alle 14.

Gli ingressi saranno contingentati e in sicurezza secondo protocollo, per questo motivo l’ingresso dovrà avvenire preferibilmente previa prenotazione telefonica o via mail.

I visitatori dovranno essere muniti di mascherina.

All’ingresso verrà rilevata la temperatura e saranno sanificate le mani.

IL MIC ringrazia il Rotary di Faenza per la donazione di mascherine da utilizzare per il personale e i visitatori del Mic.

Dopo il 2 giugno il Museo sarà aperto dal martedì alla domenica dalle 9 alle 14, chiuso i lunedì non festivi, ma l’ingresso tornerà a pagamento.

Info: 0546 697311, info@micfaenza.org

Il cinema di Paolo Virzì tra film e immagini dal set

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Ella & John - The Leisure Seeker (2017)

In attesa della riapertura di tutti i nostri locali di intrattenimento, continuiamo a passare le nostre serate facendo zapping tra un canale tv e l’altro e sfogliando all’infinito gli archivi delle piattaforme online di cinema. In un momento in cui la sala cinematografica ci manca terribilmente non possiamo fare altro che approfittarne per recuperare vecchi film e approfondire la nostra conoscenza su alcuni importanti registi. Perché allora non dedicarsi a una full-immersion nella filmografia di  Paolo Virzì?

Il cinema italiano e il suo genere prediletto, la commedia, devono molto a questo regista che dal 1994 fino ad oggi offre al suo pubblico pellicole di rara bellezza. Formatosi sotto l’ala degli insegnamenti di Furio Scarpelli, affermato sceneggiature conosciuto nelle aule del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, e messosi alla prova nella stesura di script al fianco di nomi come Montaldo, Salvatores, Farina e Giannarelli, fino dal suo film d’esordio La bella vita (1994) Virzì colleziona premi su premi: dal Leone d’argento del Festival di Venezia ai David di Donatello, dai Nastri d’argento ai Ciak d’oro e Globi d’oro.

Una carriera che conta quattordici titoli, con una distanza di uscita in media di due anni tra uno e l’altro, e che gli è valsa a più riprese il titolo di miglior regista italiano contemporaneo. L’esordio con La bella vita (1994) che lo afferma come miglior regista esordiente ai David di Donatello è seguito da Ferie d’agosto (1996), Ovosodo (1997) e Baci e abbracci (1999), che lo rafforzano sulla scena nazionale, confermando il suo primo successo e attirando l’attenzione non solo del pubblico ma anche della critica. La sua incredibile vena ironica applica al racconto l’animo umano che alterna sfumature comiche a tratti più drammatici si affina nelle opere successive My Name Is Tanino (2002) e Caterina va in città (2003), con le quali pone nuovamente al centro i problemi di giovani e adulti nell’affrontare le difficoltà del quotidiano. In questa parabola  N – Io e Napoleone del 2006 rappresenta una sorta di deviazione che lo porta a mettersi alla prova con un film in costume. Una parentesi dopo la quale Virzì torna sulla strada già battuta con Tutta la vita davanti (2008) e La prima cosa bella (2010) che lo porta addirittura ad essere selezionato per rappresentare l’Italia agli Oscar, pur non riuscendo alla fine a entrare nella top 5. A Tutti i santi giorni (2012) segue forse quella che è stata considerata la sua massima vetta, Il capitale umano (2014), un vero e proprio capolavoro in grado di portare nel dramma l’ironia che il pubblico del regista ha già conosciuto ed apprezzato. Uno stile e un successo che si confermano poi con le sue ultime tre realizzazioni: La pazza gioia (2016), il delicato Ella & John – The Leisure Seeker (2017) e Notti magiche (2018).

Il recupero di alcune di queste vere e proprie perle della nostra cinematografia, molte delle quali disponibili nelle principali piattaforme online, può essere accompagnato da una passeggiata dietro le quinte, sui set dei suoi film. Il Centro Cinema di Cesena infatti si è presto attivato, al pari di numerosi altri musei italiani, nel trasferire alcune delle sue mostre dedicate alla fotografia di scena sul portale online di Cesena Cultura. Tra queste figura proprio Paolo Virzì, la commedia e oltre, realizzata nel 2019 a Montpellier in occasione della 42° edizione di Cinemed. La raccolta conta ben trenta fotografie raccolte nel fondo “CliCiak” del Centro Cinema Città di Cesena e realizzate da Italo Tonni, Emiliano Grassi, Marta Spedaletti, Moris Puccio, Philippe Antonello, Gianfranco Mura, Paolo Ciriello, Stefano C. Montesi e Loris T. Zambelli. Immagini che testimoniano la sua presenza sul set, il suo entusiasmo e lo stretto rapporto che instaura con gli attori, mentre lo ritraggono dietro la macchina da presa, dare indicazioni e consigli di recitazione e, perché no, pensieroso davanti a una scena, magari con una sigaretta in mano.

#diamocidentro, la Cena Itinerante a casa tua

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Una foto della passata edizione

Niente ferma la Cena Itinerante che anche nel 2020 torna a proporre il suo abbinamento perfetto tra enogastronomia e arte. Con una piccola variante: dal 15 al 17 maggio per la prima volta saranno i ristoranti e le cantine a portare a casa di ognuno le proprie prelibatezze. Una nuova versione #acasatua che permette anche di ampliare il raggio d’azione, arrivando a coinvolgere diverse città della regione.

#diamocidentro è il titolo scelto per questa edizione 2020: una tematica che, data l’attuale situazione, restituisce alla perfezione quello spirito di ottimismo che spinge a tornare a divertirsi, a sentirsi vicini anche se lontani e a sostenere i ristoranti e le cantine particolarmente colpite da questo lungo periodo di difficoltà.

Già da ora, accendo al sito di Distretto A sarà possibile scaricare il menù di proposte culinarie a cui abbinare vini e drink di ogni tipo, in costante aggiornamento. Una vasta gamma di alternative che spazia dai classici locali faentini come Arbusto, La Baita, FM Market, ai locali della riviera come Maré, Tracina, La Rotonda, dagli stellati come Magnolia, ai vegani come Granadilla, passando per le osterie contemporanee come La Campanara e il Povero Diavolo, e da eventi pop up come RELèVANT e chef come Nicole Bartolini reduce dal talent con Antonino Cannavacciuolo, a cui aggiungere l’ampia scelta offerta dalle diverse cantine e birrifici della zona. Una volta effettuata la scelta, gli ordini raggiungeranno le case di ognuno attraverso i servizi di home delivery e di asporto a seconda delle modalità scelte dai diversi ristoranti e cantine che aderiscono all’iniziativa. Dalle loro disponibilità dipenderanno anche le modalità di ordinazione e pagamento.

Oltre al cibo, come ogni anno, non mancherà quell’aria di festa, di allegria e di convivialità che ha sempre animato ogni edizione della Cena Itinerante. Ma soprattutto non mancherà l’arte, ingrediente essenziale e indispensabile della manifestazione. Sarà grazie alla collaborazione con Buongiorno Ceramica che nelle giornate di sabato 16 e domenica 17 i partecipanti potranno prendere parte a una kermesse sul canale youtube, che li guiderà alla scoperta delle 46 città italiane della ceramica. Botteghe, musei, studi e atelier si offriranno agli sguardi dei curiosi visitatori con visite guidate, mostre, forni, laboratori, attività per bambini e performance. Insomma, un vero e proprio viaggio attraverso l’Italia e le sue tradizioni pur rimanendo a casa. Per chi desidera invece toccare con mano la ceramica, alcune botteghe e bar di Faenza quali Nove100, FM Market e Bar della Città offrono proposte di home delivery che coinvolgono Elvira Keller, Carla Lega e Andrea Kotliarsky. Non potrà inoltre mancare il tradizionale momento party grazie al balcone di dj Colli, che si riaccende per l’ultima volta venerdì 15 alle 18,30. Collegandosi infatti alla sua pagina facebooksarà possibile seguire la diretta con l’aperitivo a portata di mano.

Nonostante le numerose proposte, come ogni anno il vero protagonista della Cena Itinerante resta il suo pubblico, quest’anno invitato più che mai a condividere la propria personale esperienza di Cena Itinerante con foto e video sui social, taggando ristoratori, cantine e distretto A e utilizzando gli hashtag ufficiali di #diamocidentro2020 #diamocidentroacasatua #cenaitinerante2020

info: distrettoa.it

Doc a Casa, le novità della quinta settimana

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Le parole di Ventotene di Marco Cavallarin, Marco Mensa, Elisa Mereghetti

La piattaforma online Doc a Casa dedicata ai documentari si conferma un successo mentre si avvicina a festeggiare la sua quinta settimana dalla nascita. Ad oggi infatti si contano ben 12.461 utenti per un totale di 20.943 visite al sito, numeri che testimoniano la qualità dei prodotti e del servizio offerto a un pubblico nostalgico della sala cinematografica. Dal 15 al 21 Maggio si aggiungono nuovi otto documentari che andranno ad incrementare una vasta proposta d’archivio che comprende altri 30 film della sezione “Circuito Doc”.

Tra i nuovi protagonisti di questa settimana in arrivo figurano Cooperanti di Renato Giugliano, dalla caduta del Regime alle “nuove” cooperative, il lungo cammino di chi, partito per cambiare il mondo, ha trovato se stesso; Le parole di Ventotene di Marco Cavallarin, Marco Mensa, Elisa Mereghetti, il fondamentale contributo di Ernesto Rossi, “democratico ribelle”, all’elaborazione del progetto di Europa unita contenuto nel Manifesto di Ventotene, redatto con Altiero Spinelli e altri nel 1941; Les amourex des bancs publics – La strada che resiste con l’arte di Gaia Vianello e Juan Martin Baigorria, la street-art il genere estetico e politico che dalle contestazioni del dicembre 2010 si è impossessato delle strade e dello spazio pubblico tunisino; Lontano da qui di Alessandro Stevanon, la storia di Felice, un agricoltore di 80 anni che vive, insieme alla moglie, in un piccolo mondo rurale scandito dal ritmo lento delle stagioni; Man on the river di Paolo Muran, un racconto lungo 5.200 km, da Londra a Istanbul, attraverso i fiumi dell’Europa su una barca a remi e a vela; Niguri di Antonio Martino, il microcosmo di un piccolo villaggio calabrese, dove ha sede uno dei più grandi campi d’ accoglienza d’ Europa; Nord Est di Milo Adami, allontanandosi dall’eterna bellezza di Venezia, l’esplorazione di uno dei territori più industrializzati e urbanizzati d’Europa, il “mitico” Nordest italiano; Stragi d’Italia a cura dell’Associazione DER, da Piazza Fontana alla Uno Bianca gli studenti di quattro istituti scolastici emiliano-romagnoli si misurano con le stragi d’Italia.

Oltre alle visioni, non mancheranno anche momenti di confronto, dialogo e riflessione sui documentari e sul cinema in generale. Tra questi spiccano le tavole rotonde con gli autori, le produzioni e altri ospiti ed esperti: lunedì 18 maggio alle ore 17.30 si cercherà di dare il via a una riflessione in grado di offrire delle rispondere alle domande relative al mondo dell’audiovisivo, osservando le possibili reazioni, iniziative e nuove linee progettuali da poter applicare per far fronte alla crisi del settore. Resta inoltre sempre aperta a tutti è la possibilità di contattare via mail la produzione e/o gli autori per concordare un incontro online, individuale o collettivo. Un momento di dialogo dedicato invece ai più giovani delle scuole medie e superiori sono i “cineforum on line alla presenza dell’autore”, grazie ai quali gli studenti avranno la possibilità di riflettere su alcune tematiche suscitate dalla visione.

Infine, l’archivio “Circuito Doc“, giunto oggi a ben 30 titoli, continua di settimana in settimana ad incrementarsi con i diversi documentari presentati nel corso del progetto e rimasti disponibili al pubblico.

info: info@docacasa.it

Tu Quoco, Figlio Mio: le merende delle dade

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Di fronte alla parola “merenda” torniamo tutti un po’ bambini. Maria Pia Timo e Andrea ci hanno preparato una bella sorpresa.

Ingredienti 

1 uovo
Una tazza di latte
Farina
Zucchero
Cacao

 

Giorno 1051

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Una specie di boato mi ha svegliato nel cuore della notte, una delle poche volte che stavo sognando qualcosa di bello, forse delle tette. Mi sono alzato di scatto e ho esclamato “Hai sentito anche tu, cara?” Ma di fianco a me non c’è più nessuno, sono completamente solo in casa e non ho ricevuto alcuna risposta. Sono uscito sul balcone a guardare e forse sarebbe stato meglio non farlo. Le guardie hanno mitragliato un ragazzo che giace sulla strada immobile quasi tagliato in due dalla raffica. Lo riconosco perché il suo volto è intatto e sembra che dorma: è Andreino, il figlio del fornaio, abita in fondo alla via. Un bravo ragazzo, avrà si e no 15 anni soltanto.

“Scusate, ma perché gli avete sparato?”

I tre giovani militari, che sommati assieme avranno i miei anni, mi guardano in maniera interrogativa e un po’ spazientita.

“Ma a lei scusi, cosa importa? Torni a dormire, faccia il bravo.”

“Ma come, scusate, avete mitragliato Andreino? Se c’era una brava persona in questo schifoso mondo, era proprio lui!”

“Se ne andava in giro a correre come se fosse il 2019, se l’è cercata! Torni a dormire, faccia la cosa più giusta”.

“Ma siete pazzi, dico? Quel ragazzo soffriva di autismo, aveva un permesso speciale per poter uscire. Ma vi rendete conto?”

“Adesso lei sta cominciando ad esagerare sa? Noi non abbiamo visto nessun permesso e lei è pregato di rientrare in casa altrimenti saremo costretti a spararle!”

Mi conviene rientrare, anche se forse una raffica di mitragliatrice in questo momento sarebbe più utile di qualsiasi promessa. Sì, la promessa che fra 1000 giorni saremo tutti liberi di tornare a vivere come e pure meglio di prima. Nessuno sa più chi ci sia a capo di questo Paese. Il Premier Giovanotto è stato abbattuto sul suo jet privato mentre cercava di volarsene alle Canarie partendo dall’aeroporto militare di Cervia. Aveva inventato lo slogan “Io penso positivo finchè son vivo” ma adesso è morto, disintegrato sul cielo di Faenza. Non posso credere che là fuori abbiano appena sparato al piccolo Andreino. Ormai siamo abituati alle peggior cose, ci appare tutto estraneo, nessuno si espone più. Ce ne stiamo tutti nascosti, al sicuro dentro casa con la nostra follia, a impastare pane e pizza con la poca farina Nett-Flix rimasta in circolazione. Non posso andare a dormire, non riuscirei a prender sonno. Non posso uscire, non posso accendere la tv perché non c’è luce. Se ci fosse mia moglie le potrei dar la colpa, giusto per litigare un po’. Non posso neppure tirarmi un colpo di pistola perché se l’è presa mio figlio quando se ne è andato oltre due settimane fa. Sono sicuro che non lo rivedrò più. Anche se dovessi arrivare vivo alla fine di questa reclusione, alla fine di questi fatidici 1000 giorni che hanno un sapore biblico di totale redenzione, non avrebbe comunque senso. Non ci sarebbe nulla capace di darmi un buon motivo ad andare avanti. Potrei correre verso il mare, adesso in piena notte, cercando di schivare i proiettili e le camionette … ah, no! Hanno tolto pure quello, nascosto sotto un metro di catrame e scorie radioattive. Non ho più il conforto della lettura, i libri li ho bruciati tutti per alimentare il fuoco che uso per cucinare. Ho bruciato anche la pagina di giornale con la foto del mare. Tenerla sarebbe stato più doloroso. Posso soltanto pregare. O sognare ad occhi aperti, per esempio, che si tratti solo di un sogno.

Everyday Design: Futbolìn, il sempreverde calcio balilla

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Per come la vedo io, nessun videogame, nemmeno il più evoluto e sofisticato, potrà mai reggere il confronto con il calcio balilla, il gioco più consumato della nostra infanzia.

Il meccanismo è presto detto: immaginate una partita di calcio in miniatura, dentro una cassa di legno poco più lunga di un metro. All’interno, piccoli modellini di calciatori sono fissati su otto tubi di metallo, manovrati all’esterno da quattro giocatori. L’obiettivo, naturalmente, è far finire una piccola pallina bianca nella rete avversaria.

Difficile dire chi lo abbia inventato per primo: ci sono brevetti all’inizio del ’900 in Inghilterra (Harold Searles Thornton, 1921), Francia (Lucien Rosengart, 1930)  e Spagna (Alejandro Finisterre, 1937).

Ma è di quest’ultimo che vorrei raccontare la storia. Alejandro Finisterre (che, tanto per cominciare, non era il suo vero nome) è stato un militante anarchico, poeta, editore, ballerino di tip-tap, ed inventore spagnolo. Nel 1936, durante la Guerra Civile, rimase ferito in uno dei bombardamenti di Madrid, e fu ricoverato a Montserrat. Lì entrò in contatto con molti bambini e ragazzi che la guerra aveva mutilato, e ne rimase profondamente colpito. Pensò che molti di loro non avrebbero più potuto giocare a calcio e qui gli venne l’idea: inventò il futbolìn, il calcio balilla.
Lo brevettò a Barcellona nel 1937 (insieme al primo voltapagine a pedale per pianisti…), però poi perse i documenti della registrazione mentre scappava in Francia attraverso i Pirenei per sfuggire al regime franchista. Ma siccome anche la Francia imprigionava molti esuli, Finisterre si rifugiò prima in Ecuador (dove fondò una rivista di poesia), poi nel 1952 in Guatemala. Lì iniziò a fabbricare il suo calcio balilla, mentre per vivere faceva il muratore, l’imbianchino e il ballerino di tip-tap.

Fino a quando, in seguito al colpo di stato di Castillo Armas, nel 1954, venne arrestato e derubato di tutto. Estradato in Spagna, durante il viaggio aereo finse di essere armato (si narra che modellò una saponetta a forma di pistola) e dirottò l’aereo, rifugiandosi a Panama. Forse fu il primo dirottatore aereo della storia.

Dopo un altro periodo in Messico (dove fondò una casa editrice che pubblicò poeti e scrittori spagnoli, ovviamente antifranchisti), fece ritorno in Spagna negli anni ’70, alla fine del regime. E lì visse fino al 2007.

Nel frattempo, in Spagna e nel resto del mondo, il calcio balilla si era diffuso in modo capillare, ma nessuno a lui aveva mai riconosciuto nulla…

 Roberto Ossani – Docente di Design della Comunicazione – ISIA Faenza

Gli appetiti della Wanda: Ristorante Biagi, il regno dei tortellini bolognesi

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Potrebbe capitare anche a voi di arrivare una domenica mattina a Bologna, in via Saragozza, per vedere una delle belle mostre a Palazzo Albergati. E magari potreste anche voi trovare file chilometriche che perdurano fino all’ora di pranzo ed oltre. Potrebbe accadere anche a voi di avere un bimbo che già verso mezzogiorno manifesti il suo insano appetito. E potrebbe, quindi, anche a voi succedere di lasciare in fila il vostro compagno, marito o affine, e andare in cerca di un buon punto di ristoro.

A questo punto, dopo qualche passo verso San Luca, vi imbatterete nel Ristorante Biagi. È lì dal 1999, per irretirvi irrimediabilmente con la promessa del buon sapore della Bologna che fu. L’attività nacque a Casalecchio, nel ’37 dai nonni Adelmo e Maria. All’incrocio con la Bazzanese e la Porrettana c’è oggi la Rotonda Biagi proprio a ricordare l’affetto per la famiglia e il vuoto lasciato dalla loro transumanza in centro, dopo cinquant’anni di ristorazione in loco. Adesso in cucina ci stanno mamma Dina, che spostò l’attività in Bologna col marito Ivano, e la figlia Simona, mentre in sala Fabio Biagi supervisiona il resto dei camerieri.

Questo è il regno del tortellino, come da tradizione! «Piccolissimo! Come l’ombelico di un bambino. La ricetta depositata alla camera di commercio? Mi fanno ridere! Lo sanno tutti che non può essere vera. Non poteva essere tutto crudo il ripieno: non ce l’avevano mica il frigorifero allora! Per mantenerli almeno 3 o 4 giorni, bisognava che lo cuocessero il ripieno!».

Così si inizia soffriggendo nel burro la carne di vitello e di maiale, poi ci uniscono mortadella, parmigiano, uova e prosciutto crudo. Serviti in brodo o con la panna, sono dei gioielli! Verso maggio poi, puoi cominciare a gustarli nella grande veranda esterna, uno dei rari posti dove poter mangiare in tranquillità all’aperto entro le mura.

Le fettine di maiale, per diventar cotolette, vengono impanate due volte: parmigiano, poi uovo, infine pangrattato e si ricomincia. Rigorosamente fritte nell’olio. «Di semi?» chiedo io «Scherzerai? D’oliva! Non l’extravergine, quello lo usiamo per condire. L’olio d’oliva!» mi rimbrotta la Simona. Ci mettono poi sopra una fettina di prosciutto crudo e una crema di parmigiano, fatta unendo al formaggio un po’ di latte e un po’ di burro.

I doveri coniugali, però, pretendono che si pensi anche ai papà, quindi si chiede un po’ di mortadella da accompagnare con qualche fetta di pane per chi staziona da ore all’ombra dei loggiati.

Il profumo roseo e pungente precede il suo arrivo al tavolo. «Se ne ricorda signora? – le chiedo oggi – La mortadella che mi diede anni fa da portar via? Aveva un profumo!». «Stia buona! Quella mortadella non esiste più: la ditta Pasquini ha chiuso e ora siamo qui che cerchiamo di trovarne una che sia all’altezza. Ma è sempre più difficile, e andrà a finire che la gente il sapore della mortadella, come deve essere, non lo saprà più!» sentenzia rassegnata la signora Dina che, invece, i nomi dei piatti e i sapori giusti li ricorda ancora tutti.

Ristorante Biagi, Bologna, via Saragozza 65. Info: 051 47 00 49

Ipercorpo XVII: il Festival ritorna in un’edizione dedicata al tempo reale

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Annunciata la nuova edizione del Festival Ipercorpo che torna per il 2020 in una versione dedicata al “tempo reale”, sperimentando format e significati nuovi in linea con la realtà che stiamo attraversando.

A raccontare le novità è lo stesso Claudio Angelini, Presidente della Città di Ebla che promuove Ipercorpo – il Festival Internazionale delle Arti dal Vivo: “Il proposito di Città di Ebla è quello di dar vita alla prima parte di Ipercorpo, XVII edizione, negli spazi all’aperto di EXATR a Forlì. Il festival che avevamo immaginato non potrà avere luogo nell’estensione prevista e dunque si è deciso di dilatarlo, creando un ponte che dall’autunno 2020 ci porterà nella primavera 2021, nella quale auspichiamo di poter confermare tutte le presenze internazionali che realisticamente non potranno essere con noi in autunno. I consueti Simposi, nella loro abituale collocazione nei mesi di ottobre e novembre, si svolgeranno al Diagonal – interamente orientati a riflessioni sul “tempo reale” – e saranno pensati come una cerniera fra i due momenti di Ipercorpo.”

Il Festival è stato ideato come un sistema aperto, in grado di accogliere gli stimoli e i mutamenti che arrivano dal confronto con la realtà che attraversa. Lo stesso nome, Ipercorpo, come ricorda Angelini, è stato scelto con l’intento di esprimere un concetto che si arricchisse di senso nella sua evoluzione, simile a “un’idea di massa biologica in trasformazione”.

Il Festival Ipercorpo si prende il tempo necessario per riflettere, per confermare o riformulare le proposte in essere per questa nuova edizione e ripartire con nuovo slancio e nuova linfa.

 

Conversazione 6: Carlo Cresto-Dina, fondatore e direttore di “tempesta”

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Carlo Cresto-Dina

Le parole di Carlo Cresto-Dina, fondatore e direttore della casa di produzione “tempesta”, rappresentano il sesto incontro con i nostri dialoghi insieme agli operatori culturali. Corpo Celeste, Le Meraviglie e Lazzaro Felice di Alice Rohrwacher, L’intervallo e L’intrusa di Leonardo Di Costanzo sono solo alcuni dei titoli dei film prodotti dalla società di produzione, particolarmente attiva anche nel sostenere numerosi giovani autori europei di grande talento.

Partiamo dal lato puramente pragmatico, forse scontato. L’Arte e la Cultura sono anche mestieri. Realisticamente come vedi il ritorno in pista? Ci può essere, con quali accorgimenti e con quali strategie? E con quali tempi. E quali sono i danni?

“Domande ovviamente enormi in questo momento, ansiogene per non dire angoscianti. Nessuno sa prevedere. Apparentemente le strategie possono essere ovvie e “semplici”: dare subito mezzi e finanze a chi produce, in una parola cash, prima di tutto per cercare di preservare i posti di lavoro esistenti e poi per tornare a crescere. Vale per chi produce cinema come per chi produce tondini. Ma come? Qual è il modo migliore, diretto e insieme trasparente? E, ancora più importante, a che condizioni, verso quale crescita? La folle, esiziale crescita-per-la-crescita che la pandemia ha azzoppato nella sua corsa? Oppure un tentativo di miglioramento evolutivo?

Ci sono economisti che stanno lavorando in modo molto intelligente per proporre soluzioni. La Danimarca ha escluso da qualsiasi beneficio le imprese che hanno sedi o legami nei paradisi fiscali, altri propongono di “salvare” le linee aeree solo se si impegnano ad un drastico programma di riduzione dell’impatto ambientale. Ecco, io questi ragionamenti nel mondo dell’arte e della cultura non li sento ancora fare.

Chiediamo denaro pubblico, ma per cosa? Per un ritorno fotocopia al modello precedente? Chiediamo di distrarre denaro pubblico che potrebbe servire, retoricamente, a costruire scuole e ospedali, per farne che invece? Dovremmo chiederci che cosa significhi produrre valore pubblico con denaro pubblico.

Dovremmo intendere così il nostro lavoro, evitando scorciatoie didascaliche, esigendo la più grande libertà, ma con senso di responsabilità, Ripeto: chiediamo denaro pubblico in un tempo di crisi economica mai vista.”

Tolte le diverse declinazioni della “distanza sociale” in atto nei vari stati, esiste, e si sta intravedendo – magari proprio dall’osservatorio speciale delle nostre “professioni” – un limite oltre al quale la tutela statistica della salute rischia di ammalare troppo una civiltà, da altri punti di vista? Economico, ma non solo.

“Capisco il rischio ma c’è poco da dire, tocca ascoltare i sanitari e basta. C’è un dato ineluttabile: dobbiamo fare tutto il possibile per contenere il contagio perché la diffusione naturale dell’epidemia in crescita esponenziale semplicemente travolgerebbe le nostre società. Basta immaginare per un secondo il presente disastro moltiplicato per dieci, per cento, con gli ospedali sommersi da migliaia di contagiati e quindi incapaci di curare tutte le altre patologie, i morti in casa, il progressivo incepparsi per manutenzione mancata delle infrastrutture, tra le prime la Rete, complicata e delicata ragnatela che in questa crisi, strutturalmente ma anche socialmente, c’ha salvato.

Certo tutto questo cambierà la nostra antropologia, ciò che andiamo capendo e patendo ce lo porteremo dentro per un pezzo. Ma questi movimenti, come ci ha ben spiegato Harari nel suo Sapiens vanno visti su prospettive secolari, se non millenarie. Cosa sarà di tutto questo tra cent’anni? Sarà la spinta decisiva per un progressivo distanziamento dei corpi? E cosa inventerà l’umanità per ritessere la sua tela sociale, che è ciò di cui siamo fatti? Certo, se uno pensa al sesso è un po’ triste.”

Qual è a tuo parere il ruolo, o almeno l’angolo di ingresso, dell’Arte, di un artista, e di un intellettuale, di un operatore culturale in questo dibattito? Può esistere una cultura europea, a maggior ragione mediterranea, senza una agorà fisica, senza un contatto fisico?

“Dicevamo di ripensare la crescita, capire il valore, preservare i rapporti: è evidente che in un’epoca così il ruolo della cultura e dell’arte è centrale. Spero che i nostri dirigenti, politici ed economici lo capiscano. Perché si tratta di nutrire l’immaginazione dell’umanità, renderla più ricca, ramificarla. In altre parole espandere e approfondire l’immaginazione che abbiamo degli altri, come li capiamo. Penso ad esempio alla danza, arte del corpo, cosa sta elaborando, cosa ha da dirci in questa epoca di isolamento dei corpi? Quanto a cultura Europea o Mediterranea, mi pare che questi concetti vadano visti sempre soltanto in direzione evolutiva: il problema non è “preservare” qualche tipo di cultura, ma capire se noi che produciamo cultura, siamo capaci di evolvere e quindi rimanere rilevanti. E io purtroppo vedo tante teste volte all’indietro, interessate a conservare le forme, non ad ibridarle per renderle più resilienti. Se facciamo così è naturale che diventeremo obsoleti presto.”

Tu Quoco, Figlio Mio: la parmigiana di melanzane di mamma

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In casa Timo / Pozzi oggi si prepara un grande piatto: la parmigiana di melanzane di mamma!

Ingredienti (per 3 persone)

Due belle melanzane grandi
Sale grosso
Farina
Olio di arachide
Salsa di pomodoro
Aglio
Olio d’oliva
Sale
Basilico
Mozzarelle