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“CHI MANGIA IL DOLCE SCORDA L’AMARO”: I CONSIGLI DELLA SIGNORA IN DOLCE

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La Signora in dolce_Tiziana di Masi_ph Fabrizio Carollo

E’ carnevale e Bologna si veste e traveste a festa. Luci, colori, musiche e balli nei palazzi, nelle case degli amici di amici e party a tema nelle residenze storiche che rievocano gli anni ’20 piuttosto che i gran balli in costume della tradizione veneziana. Coriandoli, mascherine, trucco e parrucco per trasformarsi in un personaggio storico, in un super eroe o semplicemente per trasgredire alla monotonia del dress code imposto dalla quotidianità.

In questa settimana dove tutto è permesso, noi di Gagarin abbiamo trovato un modo del tutto originale per “trasgredire” e siamo andati sulle orme de La Signora in dolce, prima però conosciamola un po’.

Chi è La Signora in dolce?
Tiziana Di Masi, Cilentana di nascita, vive tra Bologna e Milano e di entrambe le città non le sfugge niente, soprattutto le sfumature in dolce.
«Come ogni artista o chissà – esordisce Tiziana – mi piace essere e non solo interpretare persone diverse e, dallo scorso giugno, ho avuto la possibilità di far emergere la mia seconda anima. La mia prima anima è quella più conosciuta di attrice sociale, da un ventina d’anni faccio teatro di impegno civile e giro l’Italia, ho portato in scena tematiche importanti come “l’antimafia sociale”, “il consumo consapevole” e sulla contraffazione, di cui sono anche referente per il MISE – Ministero dello Sviluppo Economico. L’ultimo mio spettacolo è sul mondo del volontariato – prosegue – dove racconto l’Italia bella, quella che si impegna».

Una carriera improntata all’impegno civile, ma…?
«…ma anche le cose belle ed impegnate hanno bisogno dopo un po’ di trovare uno sbocco che le acquieti e le ammorbidisca, come dire, come un cuscino morbido su cui riposare. E’ da qui che prende vita La Signora in dolce, è la mia seconda anima, il mio alter ego ed è la rappresentante più forte e più credibile della mia passione per i dolci. In ogni città dove mi trovo, già che sono in tourné, nel pomeriggio La Signora in dolce subentra, prende il sopravvento e va alla scoperta per vie, vicoli e grandi strade alla ricerca della migliore pasticceria e del miglior pasticciere di quella città, e quindi nomi famosi che ho già incontrato e nuovi talenti che vado a scoprire e mi incantano con la loro poetica e filosofia di vita».

La Signora in dolce_Tiziana di Masi_ph, Fabrizio Carollo

La Signora in dolce è un’investigatrice.
«Esattamente, indossa il suo trench rosa fosforescente e inforca sempre una lente, in quanto investigatrice deve verificare, andare nei laboratori e vedere come si cucina un dolce. Non cucina e non cucinerà mai, non preparerà mai dolci, ma dopo aver assaggiato il dolce, averlo annusato, sezionato e valutato ne farà una recensione che raccoglierà nel suo taccuino per poi restituire all’umanità queste piccole perle di dolcezza».

Come scopri i nuovi talenti?
«Alcune volte mi vengono segnalati, perché sono nomi famosi, poi considera sempre che sono una grande golosa, ho iniziato a mangiare i dolci da quando avevo 3 anni, quindi, prima ancora che il mio alter ego emergesse così prepotentemente, avevo già una specie di addiction, di dipendenza nei confronti dei dolci. In ogni città entravo nelle pasticcerie e assaggiavo un dolce tipico. Altre pasticcerie invece le trovo girando per le vie seguendo anche i profumi che tipicamente emanano i laboratori. Ad Asti, per dire, scoprii così un laboratorio che sfornava degli irresistibili Baci di dama».

Quali i criteri investigativi nelle missioni?
«Devo dire che il dolce – prosegue parlando come degustatrice, ancor prima che Signora in dolce -, non lo analizzo troppo dal punto di vista tecnico, certo, la scelta della materia prima è fondamentale altrimenti il dolce non sarà mai di qualità, però guardo a tutto l’universo del dolce, a tutto quello che mi comunica, il dolce è davvero una grandissima medicina. Se hai un dolce in mano non puoi che scivere una poesia, è fantasia, immaginazione, sogno. Per me ogni dolce rappresenta un’emozione e mi proietta in una visione del mondo, ecco perché il motto della Signora in dolce è: “Chi mangia il dolce scorda l’amaro“. E quindi ogni giorno dobbiamo mangiare qualcosa di dolce perchè la vita assume una visione diversa, è un modo per addolcire gli aspetti della vita».

Il dolce affranca lo spirito ma occorre tenere a bada le quantità. E’ questo il segreto della Signora in dolce?
«Il segreto va svelato – precisa – perché alla fine è quella la magia. Il dolce non va mai mangiato in grandi quantità e nemmeno a fine pasto. Come fai a degustare un dolce dopo aver mangiato a sazietà? Non potrai mai arrivare alla sua essenza, percepire tutti gli aromi, l’equilibrio, il mix perfetto degli ingredienti che si incontrano e restituiscono un dolce che diventa il coronamento di una cena. Consiglio di mangiarlo fuori pasto, nel pomeriggio o la mattina».

La Signora in dolce_Tiziana di Masi

Non solo pasticcerie quindi?
«La Signora in dolce non va solo per pasticcerie ma anche per ristoranti di buona qualità e di grandi chef, e a fine pasto l’attenzione ovviamente va sul dolce e valuta come il grande chef finisce una cena, e qui, devo dire, riescono sempre a trovare la perfetta fine. Eseguire la magia di un dolce non è semplice, il dolce non è mai mera composizione di zuccheri e di grassi, dev’essere una vera e propria elaborazione, una creazione artistica dai profumi che sublimano i sensi. E solo un grande pasticcere può fare un dolce in quel determinato modo».

Come si riconosce un dolce di qualità?
«Non è semplice. Nonostante si parli tanto di eccellenza e di pasticceria di qualità, le persone non sono abituate a mangiare dolci di quaità perchè non sono in grado di distinguere la qualità delle materie prime e queste fanno tutto. Sono tanti gli elementi da considerare – precisa -, ogni dolce richiede un metro di valutazione diversa, bisogna distinguere se si mangia un cannolo o una cassata da una ciambella o un plum cake anche perchè ogni dolce ha un’origine, una provvenienza e una storia diversa».

Estetica e bontà, come si coniugano?
«La bontà e semplicità nel dolce non sempre si sposa con l’estetica, per raggiungerla si deve veramente puntare tutto sull’eccellenza dei prodotti, solo così si arriva a quei dolci un po’ proustiani, che hanno la capacità di rievocare i bei momenti, l’infanzia. E poi, attenzione, del dolce occorre farne “buon uso”, il dolce non deve mai compensare una mancanza, semmai aggiungere bellezza. Il dolce di qualità riesce a proiettarti in una visione più bella del mondo, perchè ti connette ad un mondo di sensazioni, profumi, colori, sapori, il gusto. Io dico che i dolci sono gli unici capaci ad elevare i sensi, di esaltarli e poi di riportarti alla pace. E’ per questo che muovo una critica – aggiunge – i pasticceri forse per paura di far emergere davvero chi sono tendono spesso a realizzare dolci che sono perfetti però esteticamente tutti uguali. Non va bene, siamo italiani, prendiamoci la responsabilità di fare dolci che veramente ci rappresentano, in ogni pasticcere ed in ogni pasticceria devi sapere riscontrare la grande cifra stilistica, la sua identità».

Sfrappole_La Signora in dolce_Tiziana di Masi

Siamo a Bologna, è carnevale, trasgrediamo. Quali i dolci scoperti in missione?
«Sono partita dalle Sfrappole, le trovo deliziose, sono friabili, croccanti, leggerissime, le amo alla follia. E’ un dolce divertente, si sbriciola, con la sfrappola puoi giocare, sei con gli amici ti passi una sfrappola e ti cade lo zucchero a velo e intanto mentre la mangi ti inzuccheri il naso, cadono le briciole, è davvero il dolce di carnevale. Altro dolce carnevalesco sono le Castagnole, palline dorate, piccoli gioielli, ripieni di crema o semplici, e poi ci sono i Tortelli, richiamano il tortellino bolognese e sono ripieni di crema. Qui la sfoglia dev’essere davvero molto sottile altrimenti si rischia che nell’addentare il dolce il palato debba fare troppa strada per arrivare al cuore di crema pasticcera o cioccolato. Poi ci sono le Frittelle, che per la verità non sono bolognesi ma venete, e non si può immaginare la soddisfazione che danno quando le addenti e tanta è quella crema che ti cola dalla bocca. Ecco – apre una parentesi -, la frittella di certo non è il dolce da proporre se si vuole fare una perfetta figura e ci si vuole dare un tono, con la frittella si rischia di crollare un po’ come questa crema che sgorga».

Castagnole_La Signora in dolce_Tiziana di Masi

Il dolce che in generale rappresenta più Bologna?
«Ce ne sono vari, a marzo per esempio nelle vetrine dei fornai trovi scritto ” Marzo il mese della Raviola” ed ho capito il perché, perché marzo è la festa del papà e anticamente per tradizione contadina le Raviole, meravigliosi fazzoletti di pasta frolla riempiti di mostarda o marmellata, venivano fatte per celebrare la festività ed esposte lungo le siepi e offerte ai contadini che finivano il raccolto nei campi. E poi c’è la Zuppa inglese – prosegue –, nelle mie missioni in noti ristoranti della città e dell’Appennino ho avuto il piacere di assaggiare questo dolce tipico in due rielaborazioni diversissime e indubbiamente eccellenti entrambe: cremosissima ai limiti della scioglievolezza e del fiabesco l’una, più pulita come gusto e coloratissima come un piccolo quadro impressionista l’altra».

Zuppa inglese, degustazione_La Signora in dolce_Tiziana di Masi

Qual’è il dolce da passeggio bolognese?
Essendo una grande appassionata di biscotti non posso che consigliarlo. Possiamo azzardare con uno Zuccherino, anche se tipico di Porretta, oppure entrare in una pasticceria o in un fornaio e farci tentare dai biscottini di pastafrolla. La spesa ahimè non è sempre a buon mercato, in questi casi consiglio sempre di non eccedere con le quantità ma di privilegiare la qualità. Dirò di più – aggiunge – La Signora in dolce ha la sua teoria sul biscottino: “se hai mangiato tantissimo, come spesso accade durante le festività, puoi finire e asciugare il pasto con un biscottino, secco, di pastafrolla o di mais, purché sia di qualità”».

La Signora in dolce ha anche i suoi segreti, l’altra sua passione è quella, a fine pasto o a sera tarda, di bere rum, fumare un sigaro e accompagnare questo rito con un biscotto, una crostatina o del cioccolato.

A questo punto lasciamoci tentare anche noi e immergiamoci nella sweet experience della Signora in dolce.

www.lasignoraindolce.it

“Volevo nascondermi”, il film biografico sulla vita di Antonio Ligabue

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A breve nelle sale uscirà “Volevo nascondermi” il film biografico che racconta la vita dell’artista emiliano Antonio Ligabue, dall’autoesilio al successo.

Una vita fatta di rifiuti, un continuo spostarsi da un luogo a un altro, una ‘diversità’ che è causa di discriminazione e un’angoscia che deriva dalla solitudine e dal profondo desiderio di essere amato. Per Antonio Ligabue il riscatto umano e artistico è stato un vero e proprio cammino di sofferta conquista. Alla sua vita è dedicato l’ultimo film di Giorgio Diritti, Volevo nascondermi, che arriverà al cinema nelle prossime settimane.

La vita di Antonio (interpretato nel film da Elio Germano) è scandita da una serie di abbandoni: prima quello della madre naturale, poi quello della famiglia adottiva che dalla Svizzera, dove ha trascorso un’infanzia difficile contrappuntata da numerosi trasferimenti e internamenti presso istituti psichiatrici, lo rispedisce in Italia, terra di origine della sua famiglia. Una sorta di autoesilio passato lungo le rive del fiume Po, vivendo nei boschi e guadagnandosi da vivere come scarriolante.

Un’esistenza fatta di stenti, ma con un filo conduttore che lega il piccolo e solo Toni alla sua versione adulta: il disegno. Una passione in grado di farlo riemergere dai suoi momenti di depressione e di calmare le sue crisi. Una vocazione che germoglia grazie all’incontro con lo scultore Renato Marino Mazzacurati, che lo accoglie sotto la sua ala. Tra un fienile, una capanna e una serra prendono vita le sue tele: un mondo fantastico abitato da tigri, gorilla, giaguari. E in mezzo a tutta questa fauna, un uomo: Antonio dipinge costantemente se stesso nel tentativo di conferirsi un’esistenza di cui il mondo cerca di privarlo.

Poi una nuova fase, fatta di crisi, ricoveri e recuperata libertà. È il 1955 quando a Gonzaga ha luogo la sua prima mostra personale alla Fiera Millenaria. La prima tappa di una gloriosa ascesa: la partecipazione al Premio Suzzara di Zavattini, la Mostra alla galleria La Barcaccia, l’invito alla IV Biennale dell’Incisione contemporanea, la collaborazione con la Galleria d’arte Sergio Negri. Ligabue è ormai un artista affermato e famoso. Un idillio che dura poco: dopo appena una decina d’anni di successo, giungono i primi sintomi della paralisi e la morte sopraggiunge a breve, il 27 maggio 1965.

Volevo nascondermi traccia, dall’infanzia alla morte, un percorso di riscatto che porta il rachitico Toni dalla condizione di umiliato a quella di un uomo che ha riscoperto se stesso e la sua identità attraverso l’arte, restituendolo agli occhi del mondo per quello che è: un grande artista dall’incredibile talento.

VOLEVO NASCONDERMI, di Giorgio Diritti con Elio Germano, al cinema prossimamente.

Closer – Dentro il Reportage: dal 13 al 15 marzo torna a Bologna il Festival di Fotografia sociale

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Enrico Genovesi, Nomadelfia

La quarta edizione del Festival di Fotografia sociale Closer – Dentro il Reportage torna a Bologna da venerdì 13 a domenica 15 marzo 2020 tra mostre, incontri, workshop e letture portfolio.
Negli spazi di QR Photogallery (via Sant’Isaia 90) e nel vivaio urbano Senape (Via Santa Croce 10/ABC), Closer apre spazi di visibilità per fotografi e temi – selezionati tra le numerose proposte della open call provenienti da diverse parti del mondo– e promuove occasioni di confronto e formazione, tra internazionalità e territorio. Con Closer il mezzo fotografico si fa portavoce di istanze rilevanti e attuali, che arrivano dai diversi angoli del mondo nella città di Bologna a suscitare riflessioni condivise per una società inclusiva.
Nato dalla partnership tra le associazioni Witness Journal e Terzo Tropico, il festival Closer–realizzato con il sostegno del Comune di Bologna e in collaborazione con Azienda AUSL di Bologna, Arci Bologna, Festival della Fotografia Etica, Italy Photo Award– si esprime in tre filoni: le mostre, che vedono protagonisti 15 fotografi individuati attraverso una partecipata open call internazionale, la formazione con workshop e incontri condotti da professionisti di rilievo, e le letture portfolio che aprono opportunità di crescita per fotografi emergenti.

LE MOSTRE
Venerdì 13 marzo alle ore 18.30 negli spazi di QR Photogallery, fondata dall’associazione TerzoTropico nell’affascinante quadriportico dell’ex-ospedale psichiatrico Roncati (Via Sant’Isaia 90, Bologna), Closer -Dentro il Reportage inaugura la mostra collettiva dei fotografi selezionati tramite open call.
La quarta edizione del festival parte da lontano, dalla città di Lahore (Pakistan), protagonista di For the Love of Lahore, del fotografo Aun Raza: registrazione diretta sebbene metaforica di una città in via di disintegrazione ambientale e sociale, il reportage vuol essere al tempo stesso un antidoto ai poteri nefasti nelle cui mani Lahore è caduta. I panorami della città entrano quindi in risonanza e creano dittici mentali con i ritratti di musicisti, poeti, scrittori, artisti, artigiani, attivisti, che rappresentano il tessuto e l’anima della Lahore che cerca di resistere, di mantenere apertura, curiosità, amore per il dialogo.
Dalla città del Pakistan ci si sposta a Quito, la capitale dell’Ecuador costruita nel mezzo delle Ande, dove Chiara Negrello ha realizzato il progetto fotografico Recicladoras, che riflette sui temi della condizione femminile e dell’ecologia mostrando il lavoro –spossante, denigrato, rischioso – di donne che, dalle 6 del pomeriggio alle 3 del mattino, raccolgono più immondizia possibile prima che passi il camion per la raccolta dei rifiuti, per guadagnare pochi dollari al mese vendendo a privati il materiale salvato dagli scarti.
Ancora America Latina per Vita e morte – rapsodia messicana in cui Giuseppe Cardoni narra per immagini i rituali nel Dia de Los Muertos: dal 31 ottobre al 2 novembre i cimiteri diventano un’esplosione di vita, il lutto è esibito con suoni, costumi, musiche, danze, colori ma anche con maschere e presenze inquietanti, per esorcizzare la paura, rendere familiare e amica la morte. Una persistenza contemporanea delle culture precolombiane, nonostante il tentativo di soffocamento da parte delle dominazioni spagnole e della Chiesa.
Con Anima Nera di Claudio Rizzini Closer torna in Italia e testimonia l’avanzare del neofascismo, di quel «cuore di tenebra che è tornato a battere dal passato», come lo definisce il fotoreporter bresciano che documenta gli eventi di piazza, le periferie, i raduni segreti in cui il cameratismo, le dimostrazioni di forza, la xenofobia e lo slancio patriottico riempiono spazi vuoti e solitudini.
Di segno opposto è Nomadelfia descritta in immagini da Enrico Genovesi: un piccolo popolo comunitario, in un villaggio nei dintorni di Grosseto, con una sua Costituzione che si basa sul Vangelo. Una comunità fondata nel 1948 nell’ex campo di concentramento di Fossoli da don Zeno Saltini con lo scopo di «dare un papà e una mamma ai bambini abbandonati» come racconta il fotografo toscano, che dal 1984 si dedica prevalentemente a reportage a sfondo sociale su storie italiane.

Aun Raza, For The Love of Lahore

Le mostre, che saranno visitabili fino al 4 aprile dal lunedì al sabato dalle ore 9 alle 19, al termine di Closer saranno esposte al festival di fotografia indipendente Stop di Parma.
Contestualmente all’inaugurazione della mostra collettiva dei 5 reportage vincitori, il 13 marzo ci sarà l’apertura della mostra dedicata alle foto singole –anch’esse selezionate tramite open call– dei fotografi Nicola Zolin, Ignazio Sfragara, Emanuela Caiazza, Daniele Stefanizzi, Vincenzo Di Pilato.
Sabato 14 marzo alle ore 20.30 da Senape Vivaio Urbano (via Santa Croce 10/ABC, Bologna) sarà infine
inaugurata la mostra The Wretched and the Earth di Gabriele Cecconi: un intenso reportage sulla drammatica condizione della popolazione musulmana Rohingya a Cox’s Bazar, nel sud del Bangladesh.

FORMAZIONE
Fotografo documentarista indipendente premiato con numerosi riconoscimenti internazionali, come il NPPA – Best of Photojournalism di cui è stato insignito dieci volte, il “POY – Picture of the Year”, che gli è stato conferito otto volte, e Photographer of the Year 2016, Paolo Marchetti –i cui progetti sono pubblicati abitualmente su magazine di livello internazionale come L’Espresso, The Guardian, Le Monde, Der Spiegel, New York Times– sarà protagonista di un incontro aperto sabato 14 marzo alle ore 19 negli spazi di QR
Photogallery (via Sant’Isaia 90). Il 14 e 15 marzo, inoltre, Marchetti condurrà il workshop Raccontare per immagini, dedicato ai processi intellettivi e pratici necessari alla narrazione per immagini nella fotografia documentaria.
Maysa Moroni, photoeditor e responsabile della copertina del settimanale Internazionale, terrà nella giornata di sabato 14 marzo il workshop – comprensivo di lettura collettiva dei progetti fotografici dei partecipanti – Photoediting: il lavoro di scelta delle immagini per un settimanale di attualità e la creazione delle copertine.

 

Giuseppe Cardoni, Vita e Morte – Rapsodia Messicana

Infine, sempre sabato 14 marzo negli spazi di QR Photogallery, Giulio Di Meo e Amedeo Novelli saranno i conduttori del workshop Fotogiornalismo e nuovi media, che esplora la storia del fotogiornalismo, le sue regole, il codice etico, l’affermarsi ormai definitivo dei media online e i cambiamenti che lo stanno attraversando.

LETTURE PORTFOLIO
Per aprire spazi di visibilità per i fotografi emergenti, Closer – Dentro il Reportage organizza due sessioni gratuite di letture portfolio. Basta infatti la tessera associativa Witness Journal per accedere al confronto – domenica 15 marzo dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 17 presso QR Photogallery – con Aldo Mendichi e Alberto Prina del Festival della Fotografia Etica (Lodi), punto di riferimento nel panorama europeo della fotografia di reportage. Tre dei lavori proposti in sede di letture portfolio saranno inseriti nell’Italian Collection dell’Italy Photo Award e passeranno automaticamente alla selezione finale del Premio grazie alla
collaborazione e alla condivisione di intenti tra i due festival.
In Closer – Dentro il Reportage, la fotografia è infatti strumento di indagine, materia per riflessioni condivise, approfondimento di competenze, ma anche apertura di visioni e possibilità per una società sempre più inclusiva.

Dal 13 al 15 marzo

Per informazioni su Closer – Dentro il Reportage:
witnessjournal.com  
qrphotogallery.it
terzotropico.it
Per informazioni e iscrizioni ai workshop e alle letture porfolio: formazione@witnessjournal.com

LA COLLEZIONE FRANCO FARINA. ARTE E AVANGUARDIA A FERRARA 1963-1993

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«Se un giorno si farà la storia delle attività espositive in Italia, nell’ambito dell’ente pubblico e relativamente all’arte contemporanea, un capitolo di essa dovrà riguardare Franco Farina, forse il caso più perspicuo nel corso degli anni Settanta». A scriverlo, nel lontano 1993, è Renato Barilli, testimone di prima mano del lavoro che andava svolgendo il “Maestro Farina” a Palazzo dei Diamanti e alla Civica Galleria di Arte Moderna di Ferrara.

Dal 1963 al 1993, trentennio della sua direzione, la città è diventata un punto di riferimento per l’arte contemporanea. Nelle sue sedi museali sono transitati, tra gli altri, Warhol, Rauschenberg, Schifano, Vedova, i videoartisti e tanta parte della critica nazionale e internazionale. In pochi anni, come per incanto, l’antica capitale estense si risvegliava effervescente e vivace, affermandosi sulla mappa del contemporaneo accanto a poli ben più grandi e importanti. In questi decenni sono stati organizzati quasi 1.000 eventi, frutto di un preciso progetto culturale, fitto di incontri, relazioni, prospettive. È in questi anni che i Diamanti si impongono in Italia come la sede privilegiata di grandi mostre capaci di attrarre tanto il vasto pubblico, quanto i fruitori abituali del mondo dell’arte e gli addetti ai lavori.

Del fermento di quel tempo è certamente testimonianza la raccolta appartenuta a Franco Farina, scomparso nel 2018. Dando seguito alla sua volontà, Lola Bonora, sua erede e storica direttrice del Centro Video Arte, ha donato al Comune di Ferrara e alle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea un ampio nucleo di opere che vanno ad arricchire le civiche collezioni di un valore che è al tempo stesso artistico e memoriale.

Fino al prossimo 15 marzo, un’ampia selezione della donazione verrà presentata al pubblico in dialogo con opere delle Gallerie. Il duplice intento dell’esposizione è restituire uno spaccato organico del panorama culturale e del fermento creativo cittadino di quegli anni e, parallelamente, raccontare la raccolta privata in relazione all’attività di promozione artistica svolta da Farina. Si tratta di un articolato tracciato espositivo che, dagli studi e dalle opere su carta di maestri del Novecento come Carlo Carrà, Giorgio De Chirico e Filippo De Pisis, muove verso lo spazialismo di Lucio Fontana, l’informale di Emilio Vedova, il New Dada di Robert Rauschenberg, il Nouveau Réalisme e la pop art di Mimmo Rotella e Mario Schifano fino alle sperimentazioni cinetiche di Getulio Alviani e Gianni Colombo.

Il racconto della mostra ripercorre cronologicamente quella stagione espositiva, rileggendo alcuni tra i principali eventi allora promossi alla luce di preziosi e inediti materiali d’archivio. Casi esemplari sono la storica esposizione I pittori italiani dopo il Novecento, che riunisce i protagonisti del dibattito tra arte figurativa e astratta degli anni Cinquanta, o la memorabile prima assoluta di Ladies and gentlemen di Andy Warhol. Ad arricchire la narrazione figureranno manifesti, video e una documentazione fotografica delle mostre, oltre alla corrispondenza tra il direttore e artisti, intellettuali – tra i quali, Franco Solmi, Maurizio Calvesi, Janus o Arturo Carlo Quintavalle – e importanti realtà culturali, quali la Sonnabend Gallery di New York, il Cavallino di Venezia e la galleria Schwarz di Milano.

Infine, il reenactment di due rassegne degli anni Settanta – Omaggio all’Ariosto e Diversi aspetti dell’arte esatta – porrà in risalto alcune peculiarità del programma culturale di Farina, quali la volontà di testimoniare le tendenze contemporanee senza rinunciare a ripensare alla tradizione e l’attenzione al ruolo didattico e formativo dell’istituzione museale: «è una “galleria aperta” – dirà il maestro nel 1976 – uno dei pochi esempi nella nazione. Non possiamo rinunciare al compito di creare negli anni un pubblico consapevole, maturo e informato».

Fino al 15 marzo

Ferrara, Padiglione d’Arte Contemporanea, Corso Porta Mare, 5. Info & Orari: palazzodiamanti.it

 

Paolo Roversi – Studio Luce al MAR di Ravenna

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Il Comune di Ravenna, l’Assessorato alla Cultura e il MAR – Museo d’Arte della Città di Ravenna, presentano la mostra personale Paolo Roversi – Studio Luce, dedicata al grande fotografo ravennate. Realizzata con il prezioso contributo di Christian Dior Couture, Dauphin e Pirelli, main sponsors, la mostra si tiene dal 5 aprile al 5 luglio 2020.

L’allestimento si sviluppa sui tre piani espositivi del MAR e comprende molte immagini diverse tra loro, in una serie di accostamenti e sovrapposizioni sorprendenti. Ad aprire il percorso, le prime fotografie di moda e i ritratti di amici e artisti come Robert Frank, Anton Corbijn e Peter Lindbergh che si alternano a still life di sgabelli raccolti in strada e immagini che ritraggono la Deardoff, macchina fotografica con cui Roversi scatta da sempre.
L’autore mette in mostra i suoi lavori più recenti: una selezione del calendario Pirelli 2020 e una serie di scatti di moda inediti, esposti qui per la prima volta, frutto del lavoro decennale per brand come DIOR e COMME des GARÇONS e magazine come Vogue Italia, in una sequenza che arriva agli editoriali più recenti. Aperta al pubblico dal 5 aprile al 5 luglio 2020, l’esposizione coincide con la pubblicazione di un omonimo volume da collezione, catalogo della mostra.

Paolo Roversi – Studio Luce costituisce un’occasione unica per conoscere a fondo le immagini e l’immaginario dell’artista. In omaggio al settecentesimo anniversario della morte di Dante, sarà presente un’ampia selezione di scatti provenienti direttamente dall’archivio di Roversi che celebrano la figura della musa, la Beatrice cantata dal Poeta nella Divina Commedia, qui incarnata in donne leggendarie come Natalia Vodianova, Kate Moss, Naomi Campbell e Rihanna.

Paolo Roversi nasce a Ravenna nel 1947. Nel 1973 si trasferisce a Parigi, città dove ancora oggi vive e lavora nel suo atelier in Rue Paul Fort – lo “Studio Luce” che dà titolo alla mostra. Dell’infanzia ravennate porta con sé quasi tutto e, nonostante gran parte del suo lavoro si svolga oggi lontano dalla sua città, riconduce la sua ricerca di una bellezza pura, quasi spirituale, allo sfavillio dei mosaici di Sant’Apollinare, San Vitale e Galla Placidia, all’atmosfera rarefatta di un luogo pervaso da una bellezza serena, tersa, silenziosa e avvolto dalla nebbia. Non mancheranno quindi in mostra numerosi rimandi a Ravenna, la città che più di ogni altra ha plasmato il suo immaginario.

A parte rare eccezioni, Roversi lavora in studio, per lui spazio dalla duplice connotazione: da una parte infatti è un luogo fisico, un teatro essenziale e scarno dove mettere in scena i propri sogni e desideri; dall’altra è un luogo della mente, una sorta di contesto rituale che apre le porte ad una dimensione alternativa, la cui chiave è, da sempre, la luce. La mostra, a cura di Chiara Bardelli Nonino con le scenografie di Jean–Hugues de Chatillon, è pensata come un ritorno alle origini, tanto letterale quanto metaforico, ed è la prima esplorazione così approfondita di un universo visivo particolarmente ricco e complesso.

Che lavori a un servizio di moda, prepari un ritratto o componga una natura morta, Roversi tenta comunque di dar forma al mistero, di scoprirlo e di portarlo alla luce. Le sue foto hanno diverse anime ma appaiono prima di tutto come lampi di una bellezza illogica e perturbante, riflessi di un altrove fotografico sulla cui soglia, quasi sempre, ci fermiamo ma che questa mostra ci consente invece, per una volta, di visitare.

Dal 5 aprile al 5 luglio 2020

Ravenna, MAR – Museo d’Arte della Città di Ravenna, via Roma 12. Info & Orari: mar.ra.it

Il nuovo weekend di ForlìMusica

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Continuano gli appuntamenti della rassegna musicale di ForlìMusica: dal 21 al 23 febbraio un intero weekend dedicato alla musica presso la Fabbrica delle Candele.

Si parte venerdì 21 febbraio alle ore 15 con la prima selezione del Concorso Musicale “Adotta un musicista”. Il Premio, aperto ai giovani e giovanissimi musicisti provenienti da tutta Italia, è nato nel 2004 con l’intento di premiare talento ed impegno di giovanissimi musicisti offrendo loro una possibilità di esibirsi in pubblico. Il Premio mantiene tutt’oggi alcune delle sue caratteristiche originarie, come l’apertura a ogni genere musicale, la presidenza di giuria affidata alla prima viola della Scala di Milano, Danilo Rossi, e la giuria giovanile. Sempre nell’ambito del concorso, sabato 22 febbraio alle ore 9 sarà la volta della selezione categoria “grandi”, mentre domenica 23 febbraio alle ore 17 si svolgerà la finale con le premiazioni di tutte le categorie.

Sabato 22 febbraio sempre alla Fabbrica delle Candele un “fuori programma” del direttore artistico della programmazione musicale forlivese Danilo Rossi che terrà un incontro dal titolo “Una strana Masterclass” (dalle 15 alle 19). Concepita seguendo il percorso che anima il suo nuovo libro “24 giorni di studio”, ogni capitolo è affrontato in dialogo tra chi insegna e chi impara, in modo informale, con violisti di varie età e diverso livello. Un approccio che coinvolge anche gli uditori in un modo più aperto di far musica. La giornata si conclude  alle ore 20 con un recital di Danilo Rossi, “Una viola per Piero”, dove il Maestro esegue i capolavori del repertorio per viola sola di Reger, Hindemith e Bach.

Domenica 23 febbraio Filippo Maria Bressan torna a Forlì per dirigere l’Orchestra Orcreiamo, la nuova Orchestra giovanile di Forlì che per l’occasione ospita come solisti i finalisti della categoria “grandi” del Concorso “Adotta un musicista”, che eseguiranno un primo tempo di concerto accompagnati dall’Orchestra stessa. L’Orchestra Orcreiamo, infine, dal 19 febbraio al 23 febbraio è impegnata in uno stage che si svolgerà a Cesena e Forlì e in un concerto previsto venerdì 21 febbraio a Palazzo Ghini a ingresso libero.

Ludus Gravis in concerto all’Area Sismica

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In arrivo un nuovo appuntamento con la rassegna di musica inaudita dell’Area Sismica di Forlì: domenica 23 febbraio a partire dalle ore 18 protagonisti del palco saranno i Ludus Gravis, formati da Daniele Roccato, Francesco Platoni, Giacomo Piermatti, Paolo Di Gironimo, Andrea Passini, Simone Masina, Mauro Tedesco e Rocco Castellani.

Un ensemble di contrabbassi nato dall’incontro di Stefano Scodanibbio e Daniele Roccato e debuttato nel 2010, i Ludus Gravis sono assolutamente unici all’interno del panorama musicale contemporaneo. Una unicità che ha portato loro molta attenzione, molto inviti di partecipazione a festival internazionali e molti musicisti interessanti a scrivere per loro come Hans Werner Henze, Sofia Gubaidulina, Terry Riley, Gavin Bryars, Julio Estrada, Stefano Scodanibbio, Fabio Cifariello Ciardi, Luigi Ceccarelli, Nicola Sani, Filippo Perocco, Edgar Alandia e Tonino Battista.

Il loro lavoro intreccia brani contemporanei con trascrizioni ed elaborazioni del repertorio vocale dei secoli XIV – XVII seguendo l’antica prassi di trasposizione su consort strumentale, dando vita a una macro-polifonia dove ogni pezzo rappresenta solo un elemento trasversale. Una trasversalità che va oltre la sola musica, estendendosi ai campi del teatro, della danza, della letteratura, della poesia, delle arti visive e del cinema muto.

info: 346 4104884, info@areasismica.it, www.areasismica.it

Cinema documentario, il nuovo corso della Cineteca di Bologna

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Parigi, 1895. Un cospicuo gruppo di spettatori borghesi vive per la prima volta nella storia quel misto di meraviglia e terrore che è il cinema. È già a partire da quella stessa sera che al nuovo linguaggio artistico si riconosce un’incredibile novità: la capacità di registrare il reale e di farlo cogliendo il movimento. Il cinema, dunque, nasce documentario. Un’affermazione ormai abusata, ma non per questo meno vera. Il rapporto con il reale e con il mondo è una vera e propria vocazione che il cinema non ha mai abbandonato neanche dopo aver scoperto le infinite possibilità di costruzione di realtà alternative e spettacolari. Ecco perché anche oggi l’arte del fare documentario non deve essere dimenticata e la fioritura di festival che negli ultimi anni hanno visto come protagonisti questo tipo di prodotti ne testimonia da un lato l’importanza e dall’altro l’innovazione linguistica che questo genere è in grado di sviluppare.

Proprio al cinema documentario e sperimentale è dedicato il nuovo Corso di Alta Formazione promosso dalla Fondazione Cineteca di Bologna e dall’Università di Parma: una scelta che non nasconde il desiderio di far fiorire una nuova e sempre più vasta generazione di film maker, dotati di  competenze storico-teoriche, tecnico-professionali, produttive e distributive.

Come tutti i corsi promossi dalla Cineteca, non si tratta solamente di fornire ai partecipanti nozioni di tipo teorico, dalla storia e teoria del cinema documentario alle pratiche odierne di found footage e film sperimentale, passando per elementi di scrittura, regia, fotografia, ripresa, montaggio, produzione e distribuzione, ma anche di offrire loro la possibilità di compiere un’esperienza pratica di project work sul territorio che gli consenta di mettere in pratica le competenze acquisite attraverso la vera e propria produzione di un film, dalle fasi di sopralluogo e scrittura fino alle riprese e alla post-produzione.

Corso di Alta Formazione in Cinema Documentario e Sperimentale, sede Parma, scadenza iscrizioni 23 marzo 2020 – info: cinetecaformazioneparma@cineteca.bologna.it – 0521 252234 / 0521 036339, cinetecadibologna.it

HOBOS, VAGABONDAGGI SONORI SUL LUNGOMARE DI RIMINI

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Hobos, ovvero vagabondi di un’altra America. Migranti, a loro modo, del loro tempo, in cerca di pascoli più verdi. Uomini in movimento, fratelli dove siete, con tutto il carico di folklori del caso e il cuore gonfio di vecchie nostalgie del corpo e dell’anima, in forma di ballate e di blues.

Come tutto questo gioco di rimandi neo-mitologici arrivi sul lungomare di Rimini è un bel mistero, ma anche un mistero bello. Hobos, dunque, quasi uno street bar con un lato esposto al passeggio più truce e turistico, e un lato più intimo, quasi nascosto, distante una curva appena, dove arriva chi vuole arrivare, a sentire musica.

E non è mai musica a caso, non è musica per turisti né per turisti dei suoni. È una piccola comunità, costruita concerto per concerto, dove si sta stretti ma comodi, dove si mangiano e si bevono cose preparate con una certa cura, dove al musicista è concesso ancora quel minimo di ritualismo, di rispetto, di cura, che rende sensato il sedersi ad ascoltarlo.

Il programma ha una linea, un viaggio di canzoni e di accenti fra due sponde dell’oceano, digerite e parafrasate dai migliori interpreti nazionali. Ma i confini restano sempre aperti, e c’è sempre qualcosa che non ti aspetti. Da qui alla fine di aprile ci passano Massimiliano Larocca (21 febbraio), Eloisa Atti (24 aprile, nella foto), Giacomo Toni che rilegge Bukowski (14 marzo), Paul Venturi (3 aprile) e Maestro Pellegrini in uscita dagli Zen Circus (10 aprile), oltre a molti altri che potete consultare agilmente sui social.

Hobos, Rimini, viale Regina Elena 19. Inizio live circa alle 22, ingresso gratuito. Info e prenotazioni: 329 2933669

VIE Festival ai nastri di partenza al Teatro Storchi

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La della XV edizione di VIE Festival è ai nastri di partenza: si inizia venerdì 21 febbraio alle ore 21 presso il Teatro Storchi di Modena con Sweet Home Utopia. Dialogo tra Europa e democrazia, un incontro a ingresso libero in compagnia dello storico e scrittore britannico Donald Sassoon, del filosofo e autore spagnolo Fernando Savater, della scrittrice, filosofa e saggista Michela Marzano e dell’attore Lino Guanciale.

VIE Festival è l’ormai tradizionale rassegna dedicata al teatro, alla danza, alla musica e alla performance organizzato dall’ Emilia Romagna Teatro Fondazione. Un festival itinerante tra Modena, Bologna, Cesena Carpi e Spilamberto. Il programma di quest’anno si compone di ben tredici spettacoli, fra cui sette produzioni ERT, tre prime assolute e sei prime nazionali. L’Europa, la sua storia e la sua contemporaneità, non sono solo le tematiche dell’incontro inaugurale ma rappresentano un po’ il fil rouge di tutta questa nuova edizione del festival, inserendosi perfettamente all’interno della stagione di ERT Fondazione, Bye bye ’900?, che si interroga sul XX secolo e le sue eredità, tra ideologie e miti, cambiamenti climatici, politici ed economici.

Questa riflessione sull’Europa di oggi e su un ideale europeo continua infatti nel fine settimana con due seminari: Se la democrazia è la risposta, qual è la domanda? con Joan Subirats (sabato 22 febbraio alle ore 16.00 presso la Biblioteca Civica “Antonio Delfini” di Modena) e  Trasformazioni e deformazioni con Nadia Urbinati (domenica 23 febbraio alle ore 11.00 presso la Galleria Europa di Modena). Entrambi si inseriscono nell’ambito del progetto Between Lands, la rete di cooperazione europea che lega ERT Fondazione ad altri quattro teatri (KVS di Bruxelles, Teatro Calderón di Valladolid, FARaway / Comédie di Reims e Teatro National São João di Porto) e a un gruppo di autori quali Lena Kitsopoulou, José Manuel Mora, Pier Lorenzo Pisano, Charlotte Lagrange, Rachida Lamrabet e Mickaël De Oliveira.

L’inaugurazione del festival non si popone solamente come inizio di una riflessione che continuerà fino all’1 marzo, ma anche come trampolino di lancio per il nuovo progetto radiofonico Daily Kepler della compagnia Kepler-452 che nelle giornate del 25, 26, 27 e 28 febbraio dalle ore 18.30 alle ore 19 manderà in onda dagli studi di Radio Città del Capo una performance che unisce dati reali e supposizioni immaginarie con l’obiettivo di realizzare una riscrittura teatrale della cronaca locale.

Info: www.viefestival.com, www.emiliaromagnateatro.com

TUTTO IL MONDO È PAESE: LE CERTEZZE GLOBALI DELL’E-COMMERCE

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Il commercio elettronico è ormai una tendenza globale, diffusa praticamente – pur con le dovute differenze e implicazioni geopolitiche – in tutti i paesi del mondo.

Oltre alle caratteristiche intrinseche allo stesso, che – partendo dalla diffusione senza confini del web – ne hanno fatto un fenomeno internazionale nonché intergenerazionale,  l’e-commerce ha, in qualche modo, agevolato l’apertura tra culture e stili di vita.

Questo perché da un lato l’e-commerce ha stimolato l’omogeneità dei consumi e la conoscenza di altri stili di vita, mentre dall’altro lato ha favorito la diffusione di prodotti provenienti da lontano, attività non sempre agevolata dalle modalità del commercio al dettaglio.

Alcuni numeri sul commercio elettronico a livello mondiale – provenienti dalla ricerca di We Are Social – spiegano l’impatto globale di questa tendenza, che pare essere visibilmente in crescita:

  • il 58 per cento della popolazione mondiale (dati di aprile 2019) è online
  • il 52 per cento della popolazione mondiale (dati di aprile 2019) si connette a Internet attraverso i dispositivi mobile
  • il 75 per cento degli utenti attivi (dati di marzo 2019) ha acquistato almeno un prodotto o sottoscritto un servizio via web

Soltanto in Europa, nel 2017, il valore globale di tale mercato era di oltre 600 milioni di euro, già con una crescita percentuale di 14 punti rispetto all’anno precedente, con una preferenza per alcuni settori di traino, come ad esempio Moda, Elettronica & Media, Fai da Te e Hobby, Arredamento, Food & Personal Care.

La spesa online dunque rappresenta un nuovo approccio importante per le persone, grazie alla velocità e alla praticità d’uso – tenendo pure conto della crescente diffusione della tecnologia mobile e dei sistemi di pagamento elettronici – , ma anche grazie all’ampiezza della scelta, visto che molto spesso il web consente di acquistare prodotti o servizi anche provenienti da altri paesi.

Tenendo ad esempio conto delle principali categorie d’acquisto via web, emerse dalle maggiori ricerche di settore, il comparto della moda è esemplificativo di un approccio alle compere virtuali che rende possibile anche scegliere un capo di abbigliamento o una calzatura di manifattura straniera, altrimenti non reperibile, per ovvi motivi, in loco, nei negozi fisici.

Questo vale anche per i settori dell’elettronica e dei media – inclusi, in parte, nel comparto generico dell’entertainment -.

Molto spesso in questi casi si fa anche riferimento alle recensioni degli utenti oppure ai numerosi portali di comparazione specializzati, che consentono ad esempio di scegliere in modo saggio e oculato tra le innumerevoli proposte del web, che si tratti di confrontare i prezzi online di un prodotto tecnologico – come l’iPhone .

Entrando nello specifico, e tenendo conto dei settori più rilevanti dell’e-commerce per gli italiani, non si possono non menzionare le recensioni connesse all’ambito dei viaggi (in crescita di 9 punti percentuali, nell’ultimo periodo, secondo le stime).

Lo stesso vale per le recensioni connesse al gioco online, un comparto che ha fatto registrare un aumento di spesa di oltre 11 punti percentuali soltanto nel primo trimestre del 2019; molte delle recensioni pubblicate all’interno di tale settore consentono, ad esempio, di comparare tra loro i diversi casinò online europei, come anche di valutare le prestazioni di un qualsiasi altro servizio, il più delle volte differente da paese a paese.

 

Tra tendenze internazionali e specificità locali: il punto sulla situazione

Tutto questo non deve però far pensare che il web abbia portato esclusivamente a una pura e semplice omologazione dei consumi.

Molte volte, anzi, proprio grazie alla versatilità della Rete, gli utenti e gli acquirenti possono reperire prodotti tipici che esaltano le eccellenze di un luogo, senza per questo dover fare un viaggio o dover spendere un patrimonio per accedere alle stesse.

Basta fare un giro su Amazon, o su altre piattaforme generiche di vendita, per notare come siano in commercio prodotti tipici provenienti da ogni parte del mondo, segno dell’impatto “Glocal” introdotto dalla Rete, capace di combinare, come la stessa parola dice, il “globale” e il “locale”.

Si tratta, del resto, di un’attitudine alla vendita che non è sfuggita in ambito politico, almeno a livello italiano, per proporre un’amplificazione della promozione delle eccellenze locali, tenendo anche conto dell’impatto di traino dei beni alimentari sul settore. Si pensi soltanto che, secondo i dati dell’Osservatorio eCommerce B2c del Politecnico di Milano, il commercio elettronico alimentare italiano ha fatto registrare una crescita netta negli anni, arrivando a 1,1 miliardi, dopo gli 0,59 miliardi del 2016 e gli 0,83 miliardi del 2017, con un incremento percentuale di 34 punti nel 2018 e di 49 punti nel 2019.

Deriva da ciò un incremento dei negozi e-commerce che puntano sulla vendita di prodotti tipici italiani, come ad esempio i formaggi. Si tratta di un approccio alla vendita che – se saputa sfruttare grazie alle potenzialità del web – può generare un ritorno economico importante per le eccellenze locali.

Il Carnevale di Cesenatico

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I festeggiamenti di Carnevale a Cesenatico si raddoppiano: domenica 23 febbraio appuntamento sul porto canale per uno spettacolo circense, mentre martedì 25 febbraio, il martedì grasso, tutti al Museo della Marineria per una festa in maschera.

Circondati da sospetti circensi”, in scena domenica 23 a partire dalle 15.30, è uno spettacolo itinerante, curato della Compagnia Piccolo Nuovo Teatro e con protagonisti un gruppo di personaggi del circo. Insieme a loro sul palco ci sarà un grande cannone a pedali, con il quale creeranno una serie di situazioni comiche e divertentio, complici ma anche “nemici” del proprio capocomico.

Il Martedì Grasso si apre invece alle ore 14.30 con laboratori, attività di animazione, momenti musicali, giochi e scherzi per bambini di tutte le età. I volontari del Comitato Croce Rossa Sezione di Cesenatico offriranno a tutti i partecipanti una golosa merenda a base di zucchero filato e dolci di carnevale.

Info: www.cesenatico.it

Maternità, spettacolo e riflessione al Teatro Félix Guattari

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Monologo della buona madre è il titolo dello spettacolo che la compagnia berlinese Barletti-Waas porta sul palco del Teatro Félix Guattari di Forlì bella serata di venerdì 21 febbraio alle ore 21, nell’ambito della rassegna CORPO:PATHOS. Al termine dello spettacolo, il pubblico avrà la possibilità di dialogare con Florinda Cambria, docente di Antropologia della comunicazione all’università degli Studi di Insubria.

Sul palco una donna sola, seduta su uno sgabello. Un monologo profondo, una riflessione complessa su uno delle tematiche più dibattute del nostro tempo: cosa significa essere madre. O meglio, cos significa essere una “buona madre”. Un ideale, un ruolo, un’etichetta, una definizione che la società occidentale da sempre impone e a cui da anni milioni di donne cercano di confrontarsi e anche di adattarsi. Una lotta che non ha fine. Talvolta anche una sofferenza, un sentimento di non essere all’altezza. La verità è che la “buona madre” non esiste: esistono solo donne. Alcune hanno la possibilità di scegliere, altre no. Per alcune la maternità è motivo di gioia, per altre motivo di inadeguatezza, per altre ancora un tacito e vergognoso pentimento. La verità è che ci sono milioni di modi per essere madri. Non esiste un modo giusto o sbagliato: ogni donna è una buona madre a suo modo. Questo perché essere madri non è un punto di arrivo, come viene descritto, ma un lungo processo fatto di errori e di sogni, di frustrazioni ed amore, si rimpianti e coraggio di riprovarci di nuovo. Un processo a tempo pieno che come ogni buon percorso umano ed individuale non può non dipendere alla persona che lo mette in atto. E se ogni donna è diversa, inevitabilmente anche ogni madre lo è.

“Monologo della buona madre” non è però solo la storia di una madre, ma anche di un’artista, impegnata nel trovare un proprio posto nel mondo attraverso un percorso che è ancora una volta pieno di insidie e di difficoltà. E tuttavia guidata da un’insaziabile desiderio si trovare una propria espressione, un proprio modo di parlare.

La madre e l’artista si scontrano in un corpo di donna: una vera e proprio battaglia di coscienza, di ruoli, di immagini e di aspettative. E il palco teatrale si rivela l’unico luogo di esistenza, garantita dallo sguardo altrui, dalla relazione tra attore e spettatore e dal dialogo tra i loro ruoli.

La serata continua alle ore 22.15 con “Corpi Musici“, la lezione di Florinda Cambria. La docente affronta la tematica del corpo, in particolare nel momento in cui prende vita, impegnato in una sorta di danza del mondo che gli dà anima.

Info: 393.9707741 / masque@masque.it / www.masque.it

I Calibro 35 al Locomotiv Club con Momentum: tra passato e futuro, i suoni del presente

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Ascoltare i Calibro 35 è sempre un viaggio in una dimensione altra, uno spaccato immaginifico che la band è capace di creare attraverso l’uso del suono, una musica che dà vita a colori e odori, scenari e storie.

Così è stato anche venerdì 14 febbraio al Locomotiv Club di Bologna, un’emozionante tappa sold out del tour in cui la band − formata da Luca Cavina, Enrico Gabrielli, Mario Martellotta, Fabio Rondanini e il produttore Tommaso Colliva, cinque personalità cardine dell’attuale scena musicale nostrana, e non solo − sta presentando al pubblico il nuovo lavoro Momentum, uscito lo scorso 24 gennaio 2020 per la milanese Record Kicks.

Un tocco sicuramente inconfondibile e una genuinità creativa inimitabile sta dietro questo nuovo lavoro, che sembra decisamente cambiare rotta rispetto agli album precedenti, per tornare all’attualità. I Calibro 35 smettono di immaginare storie e inseguimenti legati agli anni passanti, a potenziali film, a vicende poliziesche, e si calano nel presente, con sonorità più jazz e leggermente hip hop che sembrano farci scorgere le luci abbaglianti delle nostre città, i rumori stridenti e il buio degli angoli in cui rifugiarsi.

“La vera generosità verso il futuro consiste nel donare tutto al presente” afferma il gruppo, citando il Premio Nobel Albert Camus, ed è come se il tempo si fermasse, tra eredità passate e fantasie future, scattando un’istantanea mossa del contemporaneo attraverso la musica.

“I suoni scelti oggi per Momentum sono aumentati come la realtà che ci circonda”: nei brani si intersecano più synth e suoni elettronici al soul e al funky ed è tutto meravigliosamente suonato.

Un collettivo di esploratori sonici, liberi per attitudine e al contempo fedeli a un percorso che li vede ancora una volta uniti nel creare un suono diverso da tutto il resto che li circonda e, oggi più che mai, attuale.

Un grande lavoro di squadra che ha visto sul palco in questa data bolognese anche Roberto Dell’Era, componente storico degli Afterhours e tra i fondatori di The Winstons, musicista e qui cantante meraviglioso, che si è presentato a sorpresa sul palco con una delle cover più belle de L’appuntamento di Ornella Vanoni, per concludere poi il concerto con un’emozionante versione con voce di Travelers.

SILVIA MERGIOTTI

 

 

 

THE GREAT GATSBY PARTY. IL GRAND HOTEL MAJESTIC RIEVOCA GLI ANNI VENTI

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A Bologna, sabato 22 febbraio ore 20.00, la più bella festa in costume.
Galeotti gli anni venti del terzo millennio che magicamente, nel periodo dell’anno dove tutto è possibile e con una maschera si può essere chiunque si desideri, hanno suggerito il tema per una serata speciale di Carnevale ospitata nel cuore di Bologna nella prestigiosa residenza del Grand Hotel Majestic “già Baglioni”.

Giubilo dunque! La Sala Europa si trasformerà in una sala da ballo d’antan in cui, sulle note briose del Charleston, suonato dal vivo dal gruppo MG Swing Quartet, i maestri della Swing Dance Society si esibiranno e regaleranno agli ospiti una breve masterclass di danza. Rigorosamente in costume twenties i ballerini inviteranno il pubblico a lasciarsi trasportare dal ritmo del ballo più irriverente del Novecento.

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Quanti di voi hanno letto Il Grande Gatsby, il capolavoro letterario di Francis Scott Fitzgerald e immaginato di immergersi nelle atmosfere eleganti, protagoniste suntuose del romanzo o sognato di far parte, almeno una volta nella vita, del bel mondo incantato così ben rappresentato nelle trasposizioni cinematografiche che da ultimo hanno visto come protagonista Leonardo Di Caprio.

In una cornice di luci caleidoscopiche e incanti, l’energia effervescente dei “Roaring Twenties”, la musica e la fotografia dell’epoca vengono rievocate dal grande cinema e consacrate nelle lussuose feste organizzate dal protagonista del romanzo, Jay, che accoglie gli invitati nella sua splendida villa a ritmo di jazz tra fiumi di champagne, gentleman in smoking, e affascinanti dame vestite di abiti leggeri con piume e paillettes. Si ballano il fox trot e il quickstep e impazza il brio del Charleston, un ballo nuovo e audace, che consente alle donne più emancipate di ballare da sole, senza l’obbligo di un cavaliere.

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E’ l’epoca della joie de vivre che arriva dopo la grande guerra, delle grandi icone femminili coma Zelda Fitzgerald, Louise Brooks, Coco Chanel che con le sue creazioni opera per sottrazione e “sveste” le donne con modelli morbidi e liberi da orpelli e costrizioni; e delle irriverenti “flapper girls” – “le ragazze che cercano di volare” – dallo stile rivoluzionario per gli atteggiamenti e il pensiero: emancipate e brillanti ascoltavano jazz, ballavano il Charleston, fumavano, portavano i capelli alla garçonne, scoprivano le gambe con abiti decorati con frange, perle e accessori di piume.

In occasione della festa si rinnova la collaborazione con la Cineteca di Bologna, grazie alla quale saranno esposte alcune foto di scena, tratte da grandi film d’ambientazione Anni Venti.

Arturo Martini Ritratto di Wally Toscanini 1925 (1)

Nulla è lasciato al caso, anche il menù rievocherà i cibi amati dall’alta società dell’epoca come i famosi “dolcetti al limone”, prediletti da Daisy nel Grande Gatsby e altri dolci tradizionali del periodo del Carnevale. Il cocktail sarà accompagnato da pregiati vini offerti dall’Azienda Frescobaldi Toscana.

L’eleganza degli Anni Venti sarà anche in mostra nelle suite della Galleria, dove gli ospiti potranno immergersi nell’atmosfera del tempo con un sapiente ritocco offerto da Beauty For Real e una “prova cappello” con la storica azienda Doria 1905. In mostra inoltre alcuni capi autentici, abiti, accessori e oggetti originali vintage.

Jean Patou, 1928 (1)

La festa sarà anche l’occasione per mettere alla prova la creatività e la voglia di osare nel pieno stile Anni Venti, una giuria di selezionati giornalisti che si occupano di moda e costume – tra i quali ci siamo anche noi di Gagarin – sceglierà tra le mise degli ospiti quelle più vicine al tema della serata: “The Majestic Cotton Club. Let’s celebrate the Great Gatsby Party”.

Dress code: Charleston style, e quindi, capelli a caschetto oppure raccolti per le signore. Incarnato diafano, trucco marcato smokey eyes e sopraciglia arcuate per rendere lo sguardo languido, rossetto rosso intenso e concentrato sulla parte centrale delle labbra per ottenere una forma a cuore a significare: guardami e scoltami. Abiti voluminosi a vita bassa, tessuti luminosi, frange, piume, lustrini. Lunghezza alla caviglia o al ginocchio. Collane e orecchini lunghi. Calze rigorosamente beige o color carne con la cucitura posteriore. Scarpe con tacco medio, non alto come la t-bar e la Mary Jane.

A dx acconciature Anni Venti, a sx figurino 1927

Per i gentleman l’abito di società, lo smoking. Papillon annodato a mano sopra la camicia, da collo con punte arrotondate, dal taschino deve spuntare un fazzoletto di seta e all’occhiello una gardenia. Via libera ai colori pastello, verde, rosa, giallo e corallo, in voga all’epoca. Scarpe stringate bicolore.

Gli ospiti che si saranno impegnati nella creazione di outfit adatti a un ballo del Grande Gatsby riceveranno premi speciali e di grande pregio.

Per prenotazioni: grandhotelmajestic.duetorrihotels.com

Young Marco e Autarkic al Dumbo per ROBOT

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Nel sabato di Carnevale, 22 febbraio dalle ore 23.00, ROBOT torna nella grande navata del Binario Centrale di Dumbo a Bologna per ospitare il dj olandese Young Marco con la sua sconfinata collezione di vinili e il producer di Tel Aviv Autarkic con il suo ipnotizzante show dal sapore mediorientale che unisce musica da club e liriche dark. A completare la line up, immancabili, i resident RBT Sound System
 
Young Marco fa parte di una singolare razza di producer in grado di mixare praticamente tutto, dalla psichedelica jazz all’house della west coast americana, dalle rare tracce afro all’ambient ottomana degli anni 70. La sua è una biografia ricca di collaborazioni, side projects, remix e re-editing e dj set in ogni parte del mondo, con due album all’attivo (pochi mesi fa è uscito “Bahasa” ispirato a un viaggio in Indonesia) ed ep su Rush Hour e Dekmantel. È anche parte del trio balearic Gaussian Curve con due bellissimi album pubblicati su un’altra label olandese, Music From Memory. Come se non fosse abbastanza, trova anche il tempo per dirigere la una propria etichetta discografica, Safe Trip, sulla quale ha pubblicato “Sorry For The Late Reply”, una raccolta di suoi remix di differenti autori provenienti dai generi musicali più disparati, e i due volumi della serie “Welcome to Paradise” dedicata all’house italiana tra la fine degli anni 80 e i primi dei ’90.
 
Autarkic è Nadav Spiegel, produttore e cantautore di Tel Aviv attivo dal 2015 su diverse etichette internazionali (Life and Death/Turbo Recordings/Disco Halal/Tel Aviv). Già riconosciuto per l’approccio originale alla scena elettronica, Autarkic è prima di tutto uno scrittore di canzoni che ci porta in un Medio Oriente contemporaneo, ipnotico e un po’ dark. Il suo set è descritto come un lungo e sporco viaggio attraverso il clubbing, eseguito con campionatore, synth, drum machine e, naturalmente, la sua voce.
SILVIA MERGIOTTI

The Lodger, Hitchcock musicato dal vivo

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Al Cinema Fulgor di Rimini si respira aria di novità: mercoledì 19 febbraio alle ore 21 arriva infatti il primo appuntamento con il cinema muto musicato dal vivo. Le immagini sono quelle di Hitchcock e del suo The Lodger – Il pensionante del 1927, mentre le note saranno quelle del maestro Davide Tura.

Si tratta di un’occasione unica per un pubblico che desidera gustarsi un classico hitchcockiano, probabilmente il primo film di suspence del famoso regista, accompagnato da una composizione originale pensata appositamente per accrescere la potenza di quelle immagini.

Il film forse non è tra i più noti oggi, ma al tempo della sua uscita fu un vero e proprio successo di critica e di pubblico, probabilmente il primo successo per Hitchcock. Il regista era tornato da poco dalla Germania ed infatti The Lodger dimostra l’ispirazione e l’influenza che il cinema tedesco ha esercitato sul regista britannico, soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo delle luci.

Tratti da un romanzo di successo di Marie Belloc Lowndes del 1913, The Lodger si ispira al caso di Jack lo Squartatore: un poliziesco perfetto per fare il via a una filmografia che farà del tema della caccia all’uomo il suo nucleo centrale. E con un divo, Ivor Novello, nei panni dell’assassino: un ruolo che anticiperà un uso degli attori in ruoli che disattendono le aspettative del pubblico.

Info: info@cinemafulgorrimini, cinemafulgorrimini.it

Clarice Assad e Fabrizio Bosso in concerto

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Sul palco del Salone Snaporaz arrivano due nomi d’eccezione: Clarice Assad e Fabrizio Bosso. Una coppia formidabile che condividerà il palco bella serata di giovedì 20 febbraio alle ore 21.15.

La voce e il pianoforte dell’artista jazz brasiliana si incontrano con la tromba del famoso musicista italiano dando vita a un concerto inedito che unisce il meglio del jazz e della world music.

Clarice Assad, figlia d’arte del chitarrista e compositore Sergio Assad, ha iniziato la sua carriera da giovanissima.  Ormai adulta, Clarice è un’artista estremamente versatile: pianista, produttrice e musicista jazz caratterizzata da uno spiccato talento per l’improvvisazione scat  e da un’ampia varietà di stili, che le permettono di passare dal portoghese al francese, dall’italiano all’inglese. La voce per Clarice è come uno strumento con il quale creare una vasta gamma di tecniche innovative.

info: teatrodellaregina.it

Al via a Parma i laboratori di formazione teatrale di Lenz Fondazione

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Lenz Fondazione, Pratiche di Teatro - immagine di Maria Federica Maestri | Valentina Barbarini

 

C’è tempo fino al 4 marzo per iscriversi al percorso di perfezionamento che porterà alla selezione di alcuni interpreti per La Vita è Sogno, in scena al Complesso Monumentale della Pilotta nell’ambito di Parma Capitale Italiana della Cultura 2020.

Pratiche di Teatro: questo il nome del progetto pluriennale, guidato dai Direttori Artistici Maria Federica Maestri e Francesco Pititto, attraverso il quale Lenz Fondazione da molti anni persegue con rigore e visionarietà il rinnovamento del linguaggio scenico contemporaneo. Nell’anno di  Parma Capitale Italiana della Cultura 2020 di cui Lenz è protagonista con la grande installazione visuale e performativa site-specific La Vita è Sogno, che vedrà la luce al Complesso Monumentale della Pilotta dal 16 al 27 giugno, si aprono le iscrizioni (da effettuarsi entro il 4 marzo) a un percorso di perfezionamento rivolto ad artisti con significative esperienze precedenti di danza, canto e teatro che desiderino accedere ad una pratica scenica contemporanea. Il laboratorio, che porterà alla selezione di alcuni interpreti per La Vita è Sogno, inizierà venerdì 6 marzo, per concludersi l’8 maggio 2020.

Gli incontri, guidati dai Direttori Artistici di Lenz Fondazione con la collaborazione di Sandra Soncini, Valentina Barbarini, Loredana Scianna, Davide Rocchi e Barbara Voghera, avranno luogo a Lenz Teatro, a Parma, dalle ore 19.30 alle ore 22, con il seguente calendario: 6, 9 e 13 marzo, 17, 20 e 24 aprile, 4 e 8 maggio per un totale di 20 ore.

Il laboratorio dà avvio a un progetto quadriennale di alta formazione, diretto da Maria Federica Maestri, dedicato alle virtù cardinali nel quadro di un più ampio progetto di indagine scenica sulle  Sacre Scritture: il percorso si apre con il tema concettuale Fortezza per proseguire nel 2021 con Giustizia, nel 2022 con Temperanza e terminare nel 2021 con Prudenza.

Obiettivi: la rimozione delle cornici formali e il restauro delle «tessiture sostanziali» dell’attore, la sua fortificazione attraverso la «drammaturgia sacrificale» enunciata nell’opera Il principe costante di Calderón de la Barca.

La quota comprende la visione di tre creazioni di Lenz secondo il calendario che verrà fornito agli allievi.

Costo: € 50 di quota d’iscrizione (non rimborsabile) + € 200 quota di laboratorio. La quota comprende la visione di tre creazioni di Lenz Fondazione, che s’intende parte integrante del percorso di formazione. La frequenza a tutti gli incontri è obbligatoria. L’attivazione del laboratorio è subordinata al raggiungimento di un numero minimo di iscritti.

Info e iscrizioni: Lenz Fondazione, 0521.270141, 335 6096220, formazione@lenzfondazione.it, lenzteatro@gmail.com.

Geumhyung Jeong. Upgrade in Progress

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Geumhyung Jeong, Upgrade in Progress, 2020. Fondazione Modena Arti Visive, Palazzina dei Giardini. Foto: ©Rolando Paolo Guerzoni, 2020.

Fondazione Modena Arti Visive presenta Upgrade in Progress, la prima personale dell’artista coreana Geumhyung Jeong in un’istituzione d’arte contemporanea italiana.
La mostra, a cura di Diana Baldon, curator-at-large di Fondazione Modena Arti Visive, inaugura venerdì 28 febbraio 2020 alle ore 18 alla Palazzina dei Giardini.

L’esposizione presenta una nuova installazione site-specific commissionata da Fondazione Modena Arti Visive, incentrata sul progetto più recente di Geumhyung Jeong. L’artista si è distinta a livello internazionale nell’ambito delle arti performative per le sue coreografie allo stesso tempo divertenti e inquietanti in cui si esibisce con apparecchi elettronici con sembianze umanoidi. Combinando diversi mezzi espressivi – danza, teatro, film e scultura – l’artista realizza le sue opere con una varietà di dispositivi protesici, strumenti hardware meccanici e tecnologici, cosmetici, manichini medici, inserendo performance dal vivo che “dimostrano” come i suoi oggetti possano essere utilizzati. Quando li presenta in contesti dedicati alle arti visive, l’artista dispone gli oggetti secondo strane sequenze e li ordina su piedistalli all’interno di ambienti molto illuminati, imitando gli archivi scientifici e le collezioni museali.

Nata nel 1980 a Seoul, dove vive e lavora, Jeong ha studiato recitazione alla Hoseo University di Asan (Corea del Sud), danza e performance alla Korean National University of Arts e cinema di animazione alla Korean Academy of Film Arts (entrambe a Seoul). Fin dall’inizio della sua carriera, l’artista ha dedicato il suo lavoro allo studio del rapporto tra il corpo umano e gli oggetti quotidiani inanimati attraverso delle produzioni che combinano linguaggi e tecniche provenienti dagli ambiti della danza contemporanea, del teatro di figura e delle arti visive.

La sua pratica performativa prevede movimenti ordinari e riduce al minimo indispensabile i codici specifici e le convenzioni dell’arte e del teatro. Durante l’interazione fisica tra il suo corpo e gli oggetti, è sempre più ambiguo chi controlla chi. Ciò che invece diventa evidente è l’indagine compiuta dall’artista sull’inesorabile legame tra il nostro corpo e la tecno-sfera contemporanea, ovvero il modello dominante attraverso cui facciamo esperienza della nostra quotidianità. Mettendo in discussione la falsa convinzione secondo cui saremmo in grado di controllare la realtà, le opere di Jeong analizzano il modo in cui si manifestano le inafferrabili e mutevoli sfumature dello sviluppo tecnologico, che modellano la nostra percezione, condizionano le nostre scelte e ci fanno fare esperienza del tempo e dello spazio.

Upgrade in Progress è l’ulteriore sviluppo di Homemade RC Toy, una serie di sculture meccaniche a controllo remoto realizzate dall’artista nel 2019 per la sua personale alla Kunsthalle Basel, e di Small Upgrade, presentato lo stesso anno alla 5° Ural Industrial Biennial of Contemporary Art (Russia). Per via della loro realizzazione fai-da-te con componenti acquistati online, e avendo Jeong imparato da autodidatta codici meccanici e di programmazione, i suoi “robot” risultano estremamente amatoriali e i movimenti ad essi infusi alchemicamente dall’artista appaiono imprevedibili e sgraziati. Come suggerisce il titolo della mostra, questo nuovo gruppo di opere è il prosieguo di una narrativa allegorica intrapresa lo scorso anno. Questi robot meccanici a controllo remoto sono costruiti con caratteristiche visive e strutturali simili a quelle dei “modelli” precedenti, ma possiedono una maggiore varietà di movimenti grazie a una progettazione che, oltre ad aumentarne la flessibilità, controlla anche lo strano aspetto di alcune parti del loro corpo. Le sculture sono collocate su una serie di piani di lavoro modulari che trasformano le sale della Palazzina dei Giardini in un unico palcoscenico e al tempo stesso in un’officina che l’artista utilizzerà concretamente nel corso della mostra. Grazie a questa specifica ambientazione spaziale, l’opera non è solo una statica rappresentazione del luogo in cui Jeong svolge test ed esperimenti sui propri “giocattoli”, ma si trasferisce, tramite l’azione dell’artista, in una serie di video che agiscono come tutorial, appositamente prodotti e disposti lungo il percorso espositivo.

Come sottolinea la curatrice Diana Baldon, “trasformando questa scenografia ipertecnologica con il solo potere dell’immaginazione creativa, la mostra di Jeong rivela ciò che sta oltre la profonda materialità del corpo tecnologico: una gabbia che ha bisogno di riappropriarsi sia del corpo mortale che del suo controllo, di cui però solo la mente dell’artista ha la chiave”.

Domenica 1 e 29 marzo alle ore 17, l’artista sarà protagonista di un Live Demonstration Tour pensato appositamente per Upgrade in Progress, in cui interagirà con gli oggetti che compongono l’installazione alla Palazzina dei Giardini.

In parallelo alla mostra modenese, Il focus su Geumhyung Jeong si estende su Bologna attraverso la collaborazione con Live Arts Week IX (26 marzo > 4 aprile 2020), evento dedicato alle live arts a cura di Xing, che presenta per la prima volta in Italia la performance Rehab Training (26 e 27 marzo presso la galleria P420). Un’occasione per ampliare lo sguardo su un’artista che interroga la relazione tra il proprio corpo e le tecnologie con delicata ossessione e forte sensualità. Nel caso di questa performance, si tratta di apparecchiature sanitarie utilizzate nella formazione degli infermieri con cui l’artista accompagna (o manipola?) un manichino per l’intero ciclo. La riabilitazione è un viaggio in una relazione intima e perturbante in cui sfuma il confine tra soggetto e oggetto.

Dal 29 febbraio al 2 giugno 2020

Modena, Fondazione Arti Visive – Palazzina dei Giardini, Corso Cavour 2. Info & Orari:  fmav.org