Home Blog Page 222

LA COLLEZIONE FRANCO FARINA. ARTE E AVANGUARDIA A FERRARA 1963-1993

0

«Se un giorno si farà la storia delle attività espositive in Italia, nell’ambito dell’ente pubblico e relativamente all’arte contemporanea, un capitolo di essa dovrà riguardare Franco Farina, forse il caso più perspicuo nel corso degli anni Settanta». A scriverlo, nel lontano 1993, è Renato Barilli, testimone di prima mano del lavoro che andava svolgendo il “Maestro Farina” a Palazzo dei Diamanti e alla Civica Galleria di Arte Moderna di Ferrara.

Dal 1963 al 1993, trentennio della sua direzione, la città è diventata un punto di riferimento per l’arte contemporanea. Nelle sue sedi museali sono transitati, tra gli altri, Warhol, Rauschenberg, Schifano, Vedova, i videoartisti e tanta parte della critica nazionale e internazionale. In pochi anni, come per incanto, l’antica capitale estense si risvegliava effervescente e vivace, affermandosi sulla mappa del contemporaneo accanto a poli ben più grandi e importanti. In questi decenni sono stati organizzati quasi 1.000 eventi, frutto di un preciso progetto culturale, fitto di incontri, relazioni, prospettive. È in questi anni che i Diamanti si impongono in Italia come la sede privilegiata di grandi mostre capaci di attrarre tanto il vasto pubblico, quanto i fruitori abituali del mondo dell’arte e gli addetti ai lavori.

Del fermento di quel tempo è certamente testimonianza la raccolta appartenuta a Franco Farina, scomparso nel 2018. Dando seguito alla sua volontà, Lola Bonora, sua erede e storica direttrice del Centro Video Arte, ha donato al Comune di Ferrara e alle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea un ampio nucleo di opere che vanno ad arricchire le civiche collezioni di un valore che è al tempo stesso artistico e memoriale.

Fino al prossimo 15 marzo, un’ampia selezione della donazione verrà presentata al pubblico in dialogo con opere delle Gallerie. Il duplice intento dell’esposizione è restituire uno spaccato organico del panorama culturale e del fermento creativo cittadino di quegli anni e, parallelamente, raccontare la raccolta privata in relazione all’attività di promozione artistica svolta da Farina. Si tratta di un articolato tracciato espositivo che, dagli studi e dalle opere su carta di maestri del Novecento come Carlo Carrà, Giorgio De Chirico e Filippo De Pisis, muove verso lo spazialismo di Lucio Fontana, l’informale di Emilio Vedova, il New Dada di Robert Rauschenberg, il Nouveau Réalisme e la pop art di Mimmo Rotella e Mario Schifano fino alle sperimentazioni cinetiche di Getulio Alviani e Gianni Colombo.

Il racconto della mostra ripercorre cronologicamente quella stagione espositiva, rileggendo alcuni tra i principali eventi allora promossi alla luce di preziosi e inediti materiali d’archivio. Casi esemplari sono la storica esposizione I pittori italiani dopo il Novecento, che riunisce i protagonisti del dibattito tra arte figurativa e astratta degli anni Cinquanta, o la memorabile prima assoluta di Ladies and gentlemen di Andy Warhol. Ad arricchire la narrazione figureranno manifesti, video e una documentazione fotografica delle mostre, oltre alla corrispondenza tra il direttore e artisti, intellettuali – tra i quali, Franco Solmi, Maurizio Calvesi, Janus o Arturo Carlo Quintavalle – e importanti realtà culturali, quali la Sonnabend Gallery di New York, il Cavallino di Venezia e la galleria Schwarz di Milano.

Infine, il reenactment di due rassegne degli anni Settanta – Omaggio all’Ariosto e Diversi aspetti dell’arte esatta – porrà in risalto alcune peculiarità del programma culturale di Farina, quali la volontà di testimoniare le tendenze contemporanee senza rinunciare a ripensare alla tradizione e l’attenzione al ruolo didattico e formativo dell’istituzione museale: «è una “galleria aperta” – dirà il maestro nel 1976 – uno dei pochi esempi nella nazione. Non possiamo rinunciare al compito di creare negli anni un pubblico consapevole, maturo e informato».

Fino al 15 marzo

Ferrara, Padiglione d’Arte Contemporanea, Corso Porta Mare, 5. Info & Orari: palazzodiamanti.it

 

Paolo Roversi – Studio Luce al MAR di Ravenna

0

Il Comune di Ravenna, l’Assessorato alla Cultura e il MAR – Museo d’Arte della Città di Ravenna, presentano la mostra personale Paolo Roversi – Studio Luce, dedicata al grande fotografo ravennate. Realizzata con il prezioso contributo di Christian Dior Couture, Dauphin e Pirelli, main sponsors, la mostra si tiene dal 5 aprile al 5 luglio 2020.

L’allestimento si sviluppa sui tre piani espositivi del MAR e comprende molte immagini diverse tra loro, in una serie di accostamenti e sovrapposizioni sorprendenti. Ad aprire il percorso, le prime fotografie di moda e i ritratti di amici e artisti come Robert Frank, Anton Corbijn e Peter Lindbergh che si alternano a still life di sgabelli raccolti in strada e immagini che ritraggono la Deardoff, macchina fotografica con cui Roversi scatta da sempre.
L’autore mette in mostra i suoi lavori più recenti: una selezione del calendario Pirelli 2020 e una serie di scatti di moda inediti, esposti qui per la prima volta, frutto del lavoro decennale per brand come DIOR e COMME des GARÇONS e magazine come Vogue Italia, in una sequenza che arriva agli editoriali più recenti. Aperta al pubblico dal 5 aprile al 5 luglio 2020, l’esposizione coincide con la pubblicazione di un omonimo volume da collezione, catalogo della mostra.

Paolo Roversi – Studio Luce costituisce un’occasione unica per conoscere a fondo le immagini e l’immaginario dell’artista. In omaggio al settecentesimo anniversario della morte di Dante, sarà presente un’ampia selezione di scatti provenienti direttamente dall’archivio di Roversi che celebrano la figura della musa, la Beatrice cantata dal Poeta nella Divina Commedia, qui incarnata in donne leggendarie come Natalia Vodianova, Kate Moss, Naomi Campbell e Rihanna.

Paolo Roversi nasce a Ravenna nel 1947. Nel 1973 si trasferisce a Parigi, città dove ancora oggi vive e lavora nel suo atelier in Rue Paul Fort – lo “Studio Luce” che dà titolo alla mostra. Dell’infanzia ravennate porta con sé quasi tutto e, nonostante gran parte del suo lavoro si svolga oggi lontano dalla sua città, riconduce la sua ricerca di una bellezza pura, quasi spirituale, allo sfavillio dei mosaici di Sant’Apollinare, San Vitale e Galla Placidia, all’atmosfera rarefatta di un luogo pervaso da una bellezza serena, tersa, silenziosa e avvolto dalla nebbia. Non mancheranno quindi in mostra numerosi rimandi a Ravenna, la città che più di ogni altra ha plasmato il suo immaginario.

A parte rare eccezioni, Roversi lavora in studio, per lui spazio dalla duplice connotazione: da una parte infatti è un luogo fisico, un teatro essenziale e scarno dove mettere in scena i propri sogni e desideri; dall’altra è un luogo della mente, una sorta di contesto rituale che apre le porte ad una dimensione alternativa, la cui chiave è, da sempre, la luce. La mostra, a cura di Chiara Bardelli Nonino con le scenografie di Jean–Hugues de Chatillon, è pensata come un ritorno alle origini, tanto letterale quanto metaforico, ed è la prima esplorazione così approfondita di un universo visivo particolarmente ricco e complesso.

Che lavori a un servizio di moda, prepari un ritratto o componga una natura morta, Roversi tenta comunque di dar forma al mistero, di scoprirlo e di portarlo alla luce. Le sue foto hanno diverse anime ma appaiono prima di tutto come lampi di una bellezza illogica e perturbante, riflessi di un altrove fotografico sulla cui soglia, quasi sempre, ci fermiamo ma che questa mostra ci consente invece, per una volta, di visitare.

Dal 5 aprile al 5 luglio 2020

Ravenna, MAR – Museo d’Arte della Città di Ravenna, via Roma 12. Info & Orari: mar.ra.it

Il nuovo weekend di ForlìMusica

0

Continuano gli appuntamenti della rassegna musicale di ForlìMusica: dal 21 al 23 febbraio un intero weekend dedicato alla musica presso la Fabbrica delle Candele.

Si parte venerdì 21 febbraio alle ore 15 con la prima selezione del Concorso Musicale “Adotta un musicista”. Il Premio, aperto ai giovani e giovanissimi musicisti provenienti da tutta Italia, è nato nel 2004 con l’intento di premiare talento ed impegno di giovanissimi musicisti offrendo loro una possibilità di esibirsi in pubblico. Il Premio mantiene tutt’oggi alcune delle sue caratteristiche originarie, come l’apertura a ogni genere musicale, la presidenza di giuria affidata alla prima viola della Scala di Milano, Danilo Rossi, e la giuria giovanile. Sempre nell’ambito del concorso, sabato 22 febbraio alle ore 9 sarà la volta della selezione categoria “grandi”, mentre domenica 23 febbraio alle ore 17 si svolgerà la finale con le premiazioni di tutte le categorie.

Sabato 22 febbraio sempre alla Fabbrica delle Candele un “fuori programma” del direttore artistico della programmazione musicale forlivese Danilo Rossi che terrà un incontro dal titolo “Una strana Masterclass” (dalle 15 alle 19). Concepita seguendo il percorso che anima il suo nuovo libro “24 giorni di studio”, ogni capitolo è affrontato in dialogo tra chi insegna e chi impara, in modo informale, con violisti di varie età e diverso livello. Un approccio che coinvolge anche gli uditori in un modo più aperto di far musica. La giornata si conclude  alle ore 20 con un recital di Danilo Rossi, “Una viola per Piero”, dove il Maestro esegue i capolavori del repertorio per viola sola di Reger, Hindemith e Bach.

Domenica 23 febbraio Filippo Maria Bressan torna a Forlì per dirigere l’Orchestra Orcreiamo, la nuova Orchestra giovanile di Forlì che per l’occasione ospita come solisti i finalisti della categoria “grandi” del Concorso “Adotta un musicista”, che eseguiranno un primo tempo di concerto accompagnati dall’Orchestra stessa. L’Orchestra Orcreiamo, infine, dal 19 febbraio al 23 febbraio è impegnata in uno stage che si svolgerà a Cesena e Forlì e in un concerto previsto venerdì 21 febbraio a Palazzo Ghini a ingresso libero.

Ludus Gravis in concerto all’Area Sismica

0

In arrivo un nuovo appuntamento con la rassegna di musica inaudita dell’Area Sismica di Forlì: domenica 23 febbraio a partire dalle ore 18 protagonisti del palco saranno i Ludus Gravis, formati da Daniele Roccato, Francesco Platoni, Giacomo Piermatti, Paolo Di Gironimo, Andrea Passini, Simone Masina, Mauro Tedesco e Rocco Castellani.

Un ensemble di contrabbassi nato dall’incontro di Stefano Scodanibbio e Daniele Roccato e debuttato nel 2010, i Ludus Gravis sono assolutamente unici all’interno del panorama musicale contemporaneo. Una unicità che ha portato loro molta attenzione, molto inviti di partecipazione a festival internazionali e molti musicisti interessanti a scrivere per loro come Hans Werner Henze, Sofia Gubaidulina, Terry Riley, Gavin Bryars, Julio Estrada, Stefano Scodanibbio, Fabio Cifariello Ciardi, Luigi Ceccarelli, Nicola Sani, Filippo Perocco, Edgar Alandia e Tonino Battista.

Il loro lavoro intreccia brani contemporanei con trascrizioni ed elaborazioni del repertorio vocale dei secoli XIV – XVII seguendo l’antica prassi di trasposizione su consort strumentale, dando vita a una macro-polifonia dove ogni pezzo rappresenta solo un elemento trasversale. Una trasversalità che va oltre la sola musica, estendendosi ai campi del teatro, della danza, della letteratura, della poesia, delle arti visive e del cinema muto.

info: 346 4104884, info@areasismica.it, www.areasismica.it

Cinema documentario, il nuovo corso della Cineteca di Bologna

0

Parigi, 1895. Un cospicuo gruppo di spettatori borghesi vive per la prima volta nella storia quel misto di meraviglia e terrore che è il cinema. È già a partire da quella stessa sera che al nuovo linguaggio artistico si riconosce un’incredibile novità: la capacità di registrare il reale e di farlo cogliendo il movimento. Il cinema, dunque, nasce documentario. Un’affermazione ormai abusata, ma non per questo meno vera. Il rapporto con il reale e con il mondo è una vera e propria vocazione che il cinema non ha mai abbandonato neanche dopo aver scoperto le infinite possibilità di costruzione di realtà alternative e spettacolari. Ecco perché anche oggi l’arte del fare documentario non deve essere dimenticata e la fioritura di festival che negli ultimi anni hanno visto come protagonisti questo tipo di prodotti ne testimonia da un lato l’importanza e dall’altro l’innovazione linguistica che questo genere è in grado di sviluppare.

Proprio al cinema documentario e sperimentale è dedicato il nuovo Corso di Alta Formazione promosso dalla Fondazione Cineteca di Bologna e dall’Università di Parma: una scelta che non nasconde il desiderio di far fiorire una nuova e sempre più vasta generazione di film maker, dotati di  competenze storico-teoriche, tecnico-professionali, produttive e distributive.

Come tutti i corsi promossi dalla Cineteca, non si tratta solamente di fornire ai partecipanti nozioni di tipo teorico, dalla storia e teoria del cinema documentario alle pratiche odierne di found footage e film sperimentale, passando per elementi di scrittura, regia, fotografia, ripresa, montaggio, produzione e distribuzione, ma anche di offrire loro la possibilità di compiere un’esperienza pratica di project work sul territorio che gli consenta di mettere in pratica le competenze acquisite attraverso la vera e propria produzione di un film, dalle fasi di sopralluogo e scrittura fino alle riprese e alla post-produzione.

Corso di Alta Formazione in Cinema Documentario e Sperimentale, sede Parma, scadenza iscrizioni 23 marzo 2020 – info: cinetecaformazioneparma@cineteca.bologna.it – 0521 252234 / 0521 036339, cinetecadibologna.it

HOBOS, VAGABONDAGGI SONORI SUL LUNGOMARE DI RIMINI

0

Hobos, ovvero vagabondi di un’altra America. Migranti, a loro modo, del loro tempo, in cerca di pascoli più verdi. Uomini in movimento, fratelli dove siete, con tutto il carico di folklori del caso e il cuore gonfio di vecchie nostalgie del corpo e dell’anima, in forma di ballate e di blues.

Come tutto questo gioco di rimandi neo-mitologici arrivi sul lungomare di Rimini è un bel mistero, ma anche un mistero bello. Hobos, dunque, quasi uno street bar con un lato esposto al passeggio più truce e turistico, e un lato più intimo, quasi nascosto, distante una curva appena, dove arriva chi vuole arrivare, a sentire musica.

E non è mai musica a caso, non è musica per turisti né per turisti dei suoni. È una piccola comunità, costruita concerto per concerto, dove si sta stretti ma comodi, dove si mangiano e si bevono cose preparate con una certa cura, dove al musicista è concesso ancora quel minimo di ritualismo, di rispetto, di cura, che rende sensato il sedersi ad ascoltarlo.

Il programma ha una linea, un viaggio di canzoni e di accenti fra due sponde dell’oceano, digerite e parafrasate dai migliori interpreti nazionali. Ma i confini restano sempre aperti, e c’è sempre qualcosa che non ti aspetti. Da qui alla fine di aprile ci passano Massimiliano Larocca (21 febbraio), Eloisa Atti (24 aprile, nella foto), Giacomo Toni che rilegge Bukowski (14 marzo), Paul Venturi (3 aprile) e Maestro Pellegrini in uscita dagli Zen Circus (10 aprile), oltre a molti altri che potete consultare agilmente sui social.

Hobos, Rimini, viale Regina Elena 19. Inizio live circa alle 22, ingresso gratuito. Info e prenotazioni: 329 2933669

VIE Festival ai nastri di partenza al Teatro Storchi

0

La della XV edizione di VIE Festival è ai nastri di partenza: si inizia venerdì 21 febbraio alle ore 21 presso il Teatro Storchi di Modena con Sweet Home Utopia. Dialogo tra Europa e democrazia, un incontro a ingresso libero in compagnia dello storico e scrittore britannico Donald Sassoon, del filosofo e autore spagnolo Fernando Savater, della scrittrice, filosofa e saggista Michela Marzano e dell’attore Lino Guanciale.

VIE Festival è l’ormai tradizionale rassegna dedicata al teatro, alla danza, alla musica e alla performance organizzato dall’ Emilia Romagna Teatro Fondazione. Un festival itinerante tra Modena, Bologna, Cesena Carpi e Spilamberto. Il programma di quest’anno si compone di ben tredici spettacoli, fra cui sette produzioni ERT, tre prime assolute e sei prime nazionali. L’Europa, la sua storia e la sua contemporaneità, non sono solo le tematiche dell’incontro inaugurale ma rappresentano un po’ il fil rouge di tutta questa nuova edizione del festival, inserendosi perfettamente all’interno della stagione di ERT Fondazione, Bye bye ’900?, che si interroga sul XX secolo e le sue eredità, tra ideologie e miti, cambiamenti climatici, politici ed economici.

Questa riflessione sull’Europa di oggi e su un ideale europeo continua infatti nel fine settimana con due seminari: Se la democrazia è la risposta, qual è la domanda? con Joan Subirats (sabato 22 febbraio alle ore 16.00 presso la Biblioteca Civica “Antonio Delfini” di Modena) e  Trasformazioni e deformazioni con Nadia Urbinati (domenica 23 febbraio alle ore 11.00 presso la Galleria Europa di Modena). Entrambi si inseriscono nell’ambito del progetto Between Lands, la rete di cooperazione europea che lega ERT Fondazione ad altri quattro teatri (KVS di Bruxelles, Teatro Calderón di Valladolid, FARaway / Comédie di Reims e Teatro National São João di Porto) e a un gruppo di autori quali Lena Kitsopoulou, José Manuel Mora, Pier Lorenzo Pisano, Charlotte Lagrange, Rachida Lamrabet e Mickaël De Oliveira.

L’inaugurazione del festival non si popone solamente come inizio di una riflessione che continuerà fino all’1 marzo, ma anche come trampolino di lancio per il nuovo progetto radiofonico Daily Kepler della compagnia Kepler-452 che nelle giornate del 25, 26, 27 e 28 febbraio dalle ore 18.30 alle ore 19 manderà in onda dagli studi di Radio Città del Capo una performance che unisce dati reali e supposizioni immaginarie con l’obiettivo di realizzare una riscrittura teatrale della cronaca locale.

Info: www.viefestival.com, www.emiliaromagnateatro.com

TUTTO IL MONDO È PAESE: LE CERTEZZE GLOBALI DELL’E-COMMERCE

0

Il commercio elettronico è ormai una tendenza globale, diffusa praticamente – pur con le dovute differenze e implicazioni geopolitiche – in tutti i paesi del mondo.

Oltre alle caratteristiche intrinseche allo stesso, che – partendo dalla diffusione senza confini del web – ne hanno fatto un fenomeno internazionale nonché intergenerazionale,  l’e-commerce ha, in qualche modo, agevolato l’apertura tra culture e stili di vita.

Questo perché da un lato l’e-commerce ha stimolato l’omogeneità dei consumi e la conoscenza di altri stili di vita, mentre dall’altro lato ha favorito la diffusione di prodotti provenienti da lontano, attività non sempre agevolata dalle modalità del commercio al dettaglio.

Alcuni numeri sul commercio elettronico a livello mondiale – provenienti dalla ricerca di We Are Social – spiegano l’impatto globale di questa tendenza, che pare essere visibilmente in crescita:

  • il 58 per cento della popolazione mondiale (dati di aprile 2019) è online
  • il 52 per cento della popolazione mondiale (dati di aprile 2019) si connette a Internet attraverso i dispositivi mobile
  • il 75 per cento degli utenti attivi (dati di marzo 2019) ha acquistato almeno un prodotto o sottoscritto un servizio via web

Soltanto in Europa, nel 2017, il valore globale di tale mercato era di oltre 600 milioni di euro, già con una crescita percentuale di 14 punti rispetto all’anno precedente, con una preferenza per alcuni settori di traino, come ad esempio Moda, Elettronica & Media, Fai da Te e Hobby, Arredamento, Food & Personal Care.

La spesa online dunque rappresenta un nuovo approccio importante per le persone, grazie alla velocità e alla praticità d’uso – tenendo pure conto della crescente diffusione della tecnologia mobile e dei sistemi di pagamento elettronici – , ma anche grazie all’ampiezza della scelta, visto che molto spesso il web consente di acquistare prodotti o servizi anche provenienti da altri paesi.

Tenendo ad esempio conto delle principali categorie d’acquisto via web, emerse dalle maggiori ricerche di settore, il comparto della moda è esemplificativo di un approccio alle compere virtuali che rende possibile anche scegliere un capo di abbigliamento o una calzatura di manifattura straniera, altrimenti non reperibile, per ovvi motivi, in loco, nei negozi fisici.

Questo vale anche per i settori dell’elettronica e dei media – inclusi, in parte, nel comparto generico dell’entertainment -.

Molto spesso in questi casi si fa anche riferimento alle recensioni degli utenti oppure ai numerosi portali di comparazione specializzati, che consentono ad esempio di scegliere in modo saggio e oculato tra le innumerevoli proposte del web, che si tratti di confrontare i prezzi online di un prodotto tecnologico – come l’iPhone .

Entrando nello specifico, e tenendo conto dei settori più rilevanti dell’e-commerce per gli italiani, non si possono non menzionare le recensioni connesse all’ambito dei viaggi (in crescita di 9 punti percentuali, nell’ultimo periodo, secondo le stime).

Lo stesso vale per le recensioni connesse al gioco online, un comparto che ha fatto registrare un aumento di spesa di oltre 11 punti percentuali soltanto nel primo trimestre del 2019; molte delle recensioni pubblicate all’interno di tale settore consentono, ad esempio, di comparare tra loro i diversi casinò online europei, come anche di valutare le prestazioni di un qualsiasi altro servizio, il più delle volte differente da paese a paese.

 

Tra tendenze internazionali e specificità locali: il punto sulla situazione

Tutto questo non deve però far pensare che il web abbia portato esclusivamente a una pura e semplice omologazione dei consumi.

Molte volte, anzi, proprio grazie alla versatilità della Rete, gli utenti e gli acquirenti possono reperire prodotti tipici che esaltano le eccellenze di un luogo, senza per questo dover fare un viaggio o dover spendere un patrimonio per accedere alle stesse.

Basta fare un giro su Amazon, o su altre piattaforme generiche di vendita, per notare come siano in commercio prodotti tipici provenienti da ogni parte del mondo, segno dell’impatto “Glocal” introdotto dalla Rete, capace di combinare, come la stessa parola dice, il “globale” e il “locale”.

Si tratta, del resto, di un’attitudine alla vendita che non è sfuggita in ambito politico, almeno a livello italiano, per proporre un’amplificazione della promozione delle eccellenze locali, tenendo anche conto dell’impatto di traino dei beni alimentari sul settore. Si pensi soltanto che, secondo i dati dell’Osservatorio eCommerce B2c del Politecnico di Milano, il commercio elettronico alimentare italiano ha fatto registrare una crescita netta negli anni, arrivando a 1,1 miliardi, dopo gli 0,59 miliardi del 2016 e gli 0,83 miliardi del 2017, con un incremento percentuale di 34 punti nel 2018 e di 49 punti nel 2019.

Deriva da ciò un incremento dei negozi e-commerce che puntano sulla vendita di prodotti tipici italiani, come ad esempio i formaggi. Si tratta di un approccio alla vendita che – se saputa sfruttare grazie alle potenzialità del web – può generare un ritorno economico importante per le eccellenze locali.

Il Carnevale di Cesenatico

0

I festeggiamenti di Carnevale a Cesenatico si raddoppiano: domenica 23 febbraio appuntamento sul porto canale per uno spettacolo circense, mentre martedì 25 febbraio, il martedì grasso, tutti al Museo della Marineria per una festa in maschera.

Circondati da sospetti circensi”, in scena domenica 23 a partire dalle 15.30, è uno spettacolo itinerante, curato della Compagnia Piccolo Nuovo Teatro e con protagonisti un gruppo di personaggi del circo. Insieme a loro sul palco ci sarà un grande cannone a pedali, con il quale creeranno una serie di situazioni comiche e divertentio, complici ma anche “nemici” del proprio capocomico.

Il Martedì Grasso si apre invece alle ore 14.30 con laboratori, attività di animazione, momenti musicali, giochi e scherzi per bambini di tutte le età. I volontari del Comitato Croce Rossa Sezione di Cesenatico offriranno a tutti i partecipanti una golosa merenda a base di zucchero filato e dolci di carnevale.

Info: www.cesenatico.it

Maternità, spettacolo e riflessione al Teatro Félix Guattari

0

Monologo della buona madre è il titolo dello spettacolo che la compagnia berlinese Barletti-Waas porta sul palco del Teatro Félix Guattari di Forlì bella serata di venerdì 21 febbraio alle ore 21, nell’ambito della rassegna CORPO:PATHOS. Al termine dello spettacolo, il pubblico avrà la possibilità di dialogare con Florinda Cambria, docente di Antropologia della comunicazione all’università degli Studi di Insubria.

Sul palco una donna sola, seduta su uno sgabello. Un monologo profondo, una riflessione complessa su uno delle tematiche più dibattute del nostro tempo: cosa significa essere madre. O meglio, cos significa essere una “buona madre”. Un ideale, un ruolo, un’etichetta, una definizione che la società occidentale da sempre impone e a cui da anni milioni di donne cercano di confrontarsi e anche di adattarsi. Una lotta che non ha fine. Talvolta anche una sofferenza, un sentimento di non essere all’altezza. La verità è che la “buona madre” non esiste: esistono solo donne. Alcune hanno la possibilità di scegliere, altre no. Per alcune la maternità è motivo di gioia, per altre motivo di inadeguatezza, per altre ancora un tacito e vergognoso pentimento. La verità è che ci sono milioni di modi per essere madri. Non esiste un modo giusto o sbagliato: ogni donna è una buona madre a suo modo. Questo perché essere madri non è un punto di arrivo, come viene descritto, ma un lungo processo fatto di errori e di sogni, di frustrazioni ed amore, si rimpianti e coraggio di riprovarci di nuovo. Un processo a tempo pieno che come ogni buon percorso umano ed individuale non può non dipendere alla persona che lo mette in atto. E se ogni donna è diversa, inevitabilmente anche ogni madre lo è.

“Monologo della buona madre” non è però solo la storia di una madre, ma anche di un’artista, impegnata nel trovare un proprio posto nel mondo attraverso un percorso che è ancora una volta pieno di insidie e di difficoltà. E tuttavia guidata da un’insaziabile desiderio si trovare una propria espressione, un proprio modo di parlare.

La madre e l’artista si scontrano in un corpo di donna: una vera e proprio battaglia di coscienza, di ruoli, di immagini e di aspettative. E il palco teatrale si rivela l’unico luogo di esistenza, garantita dallo sguardo altrui, dalla relazione tra attore e spettatore e dal dialogo tra i loro ruoli.

La serata continua alle ore 22.15 con “Corpi Musici“, la lezione di Florinda Cambria. La docente affronta la tematica del corpo, in particolare nel momento in cui prende vita, impegnato in una sorta di danza del mondo che gli dà anima.

Info: 393.9707741 / masque@masque.it / www.masque.it

I Calibro 35 al Locomotiv Club con Momentum: tra passato e futuro, i suoni del presente

0

Ascoltare i Calibro 35 è sempre un viaggio in una dimensione altra, uno spaccato immaginifico che la band è capace di creare attraverso l’uso del suono, una musica che dà vita a colori e odori, scenari e storie.

Così è stato anche venerdì 14 febbraio al Locomotiv Club di Bologna, un’emozionante tappa sold out del tour in cui la band − formata da Luca Cavina, Enrico Gabrielli, Mario Martellotta, Fabio Rondanini e il produttore Tommaso Colliva, cinque personalità cardine dell’attuale scena musicale nostrana, e non solo − sta presentando al pubblico il nuovo lavoro Momentum, uscito lo scorso 24 gennaio 2020 per la milanese Record Kicks.

Un tocco sicuramente inconfondibile e una genuinità creativa inimitabile sta dietro questo nuovo lavoro, che sembra decisamente cambiare rotta rispetto agli album precedenti, per tornare all’attualità. I Calibro 35 smettono di immaginare storie e inseguimenti legati agli anni passanti, a potenziali film, a vicende poliziesche, e si calano nel presente, con sonorità più jazz e leggermente hip hop che sembrano farci scorgere le luci abbaglianti delle nostre città, i rumori stridenti e il buio degli angoli in cui rifugiarsi.

“La vera generosità verso il futuro consiste nel donare tutto al presente” afferma il gruppo, citando il Premio Nobel Albert Camus, ed è come se il tempo si fermasse, tra eredità passate e fantasie future, scattando un’istantanea mossa del contemporaneo attraverso la musica.

“I suoni scelti oggi per Momentum sono aumentati come la realtà che ci circonda”: nei brani si intersecano più synth e suoni elettronici al soul e al funky ed è tutto meravigliosamente suonato.

Un collettivo di esploratori sonici, liberi per attitudine e al contempo fedeli a un percorso che li vede ancora una volta uniti nel creare un suono diverso da tutto il resto che li circonda e, oggi più che mai, attuale.

Un grande lavoro di squadra che ha visto sul palco in questa data bolognese anche Roberto Dell’Era, componente storico degli Afterhours e tra i fondatori di The Winstons, musicista e qui cantante meraviglioso, che si è presentato a sorpresa sul palco con una delle cover più belle de L’appuntamento di Ornella Vanoni, per concludere poi il concerto con un’emozionante versione con voce di Travelers.

SILVIA MERGIOTTI

 

 

 

THE GREAT GATSBY PARTY. IL GRAND HOTEL MAJESTIC RIEVOCA GLI ANNI VENTI

0
The Great Gatsby Party_GHMajestic_poster

A Bologna, sabato 22 febbraio ore 20.00, la più bella festa in costume.
Galeotti gli anni venti del terzo millennio che magicamente, nel periodo dell’anno dove tutto è possibile e con una maschera si può essere chiunque si desideri, hanno suggerito il tema per una serata speciale di Carnevale ospitata nel cuore di Bologna nella prestigiosa residenza del Grand Hotel Majestic “già Baglioni”.

Giubilo dunque! La Sala Europa si trasformerà in una sala da ballo d’antan in cui, sulle note briose del Charleston, suonato dal vivo dal gruppo MG Swing Quartet, i maestri della Swing Dance Society si esibiranno e regaleranno agli ospiti una breve masterclass di danza. Rigorosamente in costume twenties i ballerini inviteranno il pubblico a lasciarsi trasportare dal ritmo del ballo più irriverente del Novecento.

gatsby-car-cropped_600 (1)

Quanti di voi hanno letto Il Grande Gatsby, il capolavoro letterario di Francis Scott Fitzgerald e immaginato di immergersi nelle atmosfere eleganti, protagoniste suntuose del romanzo o sognato di far parte, almeno una volta nella vita, del bel mondo incantato così ben rappresentato nelle trasposizioni cinematografiche che da ultimo hanno visto come protagonista Leonardo Di Caprio.

In una cornice di luci caleidoscopiche e incanti, l’energia effervescente dei “Roaring Twenties”, la musica e la fotografia dell’epoca vengono rievocate dal grande cinema e consacrate nelle lussuose feste organizzate dal protagonista del romanzo, Jay, che accoglie gli invitati nella sua splendida villa a ritmo di jazz tra fiumi di champagne, gentleman in smoking, e affascinanti dame vestite di abiti leggeri con piume e paillettes. Si ballano il fox trot e il quickstep e impazza il brio del Charleston, un ballo nuovo e audace, che consente alle donne più emancipate di ballare da sole, senza l’obbligo di un cavaliere.

Life Magazine The_Flapper_by_Frank_Xavier_Leyendecker, 1922 (1)

E’ l’epoca della joie de vivre che arriva dopo la grande guerra, delle grandi icone femminili coma Zelda Fitzgerald, Louise Brooks, Coco Chanel che con le sue creazioni opera per sottrazione e “sveste” le donne con modelli morbidi e liberi da orpelli e costrizioni; e delle irriverenti “flapper girls” – “le ragazze che cercano di volare” – dallo stile rivoluzionario per gli atteggiamenti e il pensiero: emancipate e brillanti ascoltavano jazz, ballavano il Charleston, fumavano, portavano i capelli alla garçonne, scoprivano le gambe con abiti decorati con frange, perle e accessori di piume.

In occasione della festa si rinnova la collaborazione con la Cineteca di Bologna, grazie alla quale saranno esposte alcune foto di scena, tratte da grandi film d’ambientazione Anni Venti.

Arturo Martini Ritratto di Wally Toscanini 1925 (1)

Nulla è lasciato al caso, anche il menù rievocherà i cibi amati dall’alta società dell’epoca come i famosi “dolcetti al limone”, prediletti da Daisy nel Grande Gatsby e altri dolci tradizionali del periodo del Carnevale. Il cocktail sarà accompagnato da pregiati vini offerti dall’Azienda Frescobaldi Toscana.

L’eleganza degli Anni Venti sarà anche in mostra nelle suite della Galleria, dove gli ospiti potranno immergersi nell’atmosfera del tempo con un sapiente ritocco offerto da Beauty For Real e una “prova cappello” con la storica azienda Doria 1905. In mostra inoltre alcuni capi autentici, abiti, accessori e oggetti originali vintage.

Jean Patou, 1928 (1)

La festa sarà anche l’occasione per mettere alla prova la creatività e la voglia di osare nel pieno stile Anni Venti, una giuria di selezionati giornalisti che si occupano di moda e costume – tra i quali ci siamo anche noi di Gagarin – sceglierà tra le mise degli ospiti quelle più vicine al tema della serata: “The Majestic Cotton Club. Let’s celebrate the Great Gatsby Party”.

Dress code: Charleston style, e quindi, capelli a caschetto oppure raccolti per le signore. Incarnato diafano, trucco marcato smokey eyes e sopraciglia arcuate per rendere lo sguardo languido, rossetto rosso intenso e concentrato sulla parte centrale delle labbra per ottenere una forma a cuore a significare: guardami e scoltami. Abiti voluminosi a vita bassa, tessuti luminosi, frange, piume, lustrini. Lunghezza alla caviglia o al ginocchio. Collane e orecchini lunghi. Calze rigorosamente beige o color carne con la cucitura posteriore. Scarpe con tacco medio, non alto come la t-bar e la Mary Jane.

A dx acconciature Anni Venti, a sx figurino 1927

Per i gentleman l’abito di società, lo smoking. Papillon annodato a mano sopra la camicia, da collo con punte arrotondate, dal taschino deve spuntare un fazzoletto di seta e all’occhiello una gardenia. Via libera ai colori pastello, verde, rosa, giallo e corallo, in voga all’epoca. Scarpe stringate bicolore.

Gli ospiti che si saranno impegnati nella creazione di outfit adatti a un ballo del Grande Gatsby riceveranno premi speciali e di grande pregio.

Per prenotazioni: grandhotelmajestic.duetorrihotels.com

Young Marco e Autarkic al Dumbo per ROBOT

0
Nel sabato di Carnevale, 22 febbraio dalle ore 23.00, ROBOT torna nella grande navata del Binario Centrale di Dumbo a Bologna per ospitare il dj olandese Young Marco con la sua sconfinata collezione di vinili e il producer di Tel Aviv Autarkic con il suo ipnotizzante show dal sapore mediorientale che unisce musica da club e liriche dark. A completare la line up, immancabili, i resident RBT Sound System
 
Young Marco fa parte di una singolare razza di producer in grado di mixare praticamente tutto, dalla psichedelica jazz all’house della west coast americana, dalle rare tracce afro all’ambient ottomana degli anni 70. La sua è una biografia ricca di collaborazioni, side projects, remix e re-editing e dj set in ogni parte del mondo, con due album all’attivo (pochi mesi fa è uscito “Bahasa” ispirato a un viaggio in Indonesia) ed ep su Rush Hour e Dekmantel. È anche parte del trio balearic Gaussian Curve con due bellissimi album pubblicati su un’altra label olandese, Music From Memory. Come se non fosse abbastanza, trova anche il tempo per dirigere la una propria etichetta discografica, Safe Trip, sulla quale ha pubblicato “Sorry For The Late Reply”, una raccolta di suoi remix di differenti autori provenienti dai generi musicali più disparati, e i due volumi della serie “Welcome to Paradise” dedicata all’house italiana tra la fine degli anni 80 e i primi dei ’90.
 
Autarkic è Nadav Spiegel, produttore e cantautore di Tel Aviv attivo dal 2015 su diverse etichette internazionali (Life and Death/Turbo Recordings/Disco Halal/Tel Aviv). Già riconosciuto per l’approccio originale alla scena elettronica, Autarkic è prima di tutto uno scrittore di canzoni che ci porta in un Medio Oriente contemporaneo, ipnotico e un po’ dark. Il suo set è descritto come un lungo e sporco viaggio attraverso il clubbing, eseguito con campionatore, synth, drum machine e, naturalmente, la sua voce.
SILVIA MERGIOTTI

The Lodger, Hitchcock musicato dal vivo

0

Al Cinema Fulgor di Rimini si respira aria di novità: mercoledì 19 febbraio alle ore 21 arriva infatti il primo appuntamento con il cinema muto musicato dal vivo. Le immagini sono quelle di Hitchcock e del suo The Lodger – Il pensionante del 1927, mentre le note saranno quelle del maestro Davide Tura.

Si tratta di un’occasione unica per un pubblico che desidera gustarsi un classico hitchcockiano, probabilmente il primo film di suspence del famoso regista, accompagnato da una composizione originale pensata appositamente per accrescere la potenza di quelle immagini.

Il film forse non è tra i più noti oggi, ma al tempo della sua uscita fu un vero e proprio successo di critica e di pubblico, probabilmente il primo successo per Hitchcock. Il regista era tornato da poco dalla Germania ed infatti The Lodger dimostra l’ispirazione e l’influenza che il cinema tedesco ha esercitato sul regista britannico, soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo delle luci.

Tratti da un romanzo di successo di Marie Belloc Lowndes del 1913, The Lodger si ispira al caso di Jack lo Squartatore: un poliziesco perfetto per fare il via a una filmografia che farà del tema della caccia all’uomo il suo nucleo centrale. E con un divo, Ivor Novello, nei panni dell’assassino: un ruolo che anticiperà un uso degli attori in ruoli che disattendono le aspettative del pubblico.

Info: info@cinemafulgorrimini, cinemafulgorrimini.it

Clarice Assad e Fabrizio Bosso in concerto

0

Sul palco del Salone Snaporaz arrivano due nomi d’eccezione: Clarice Assad e Fabrizio Bosso. Una coppia formidabile che condividerà il palco bella serata di giovedì 20 febbraio alle ore 21.15.

La voce e il pianoforte dell’artista jazz brasiliana si incontrano con la tromba del famoso musicista italiano dando vita a un concerto inedito che unisce il meglio del jazz e della world music.

Clarice Assad, figlia d’arte del chitarrista e compositore Sergio Assad, ha iniziato la sua carriera da giovanissima.  Ormai adulta, Clarice è un’artista estremamente versatile: pianista, produttrice e musicista jazz caratterizzata da uno spiccato talento per l’improvvisazione scat  e da un’ampia varietà di stili, che le permettono di passare dal portoghese al francese, dall’italiano all’inglese. La voce per Clarice è come uno strumento con il quale creare una vasta gamma di tecniche innovative.

info: teatrodellaregina.it

Al via a Parma i laboratori di formazione teatrale di Lenz Fondazione

0
Lenz Fondazione, Pratiche di Teatro - immagine di Maria Federica Maestri | Valentina Barbarini

 

C’è tempo fino al 4 marzo per iscriversi al percorso di perfezionamento che porterà alla selezione di alcuni interpreti per La Vita è Sogno, in scena al Complesso Monumentale della Pilotta nell’ambito di Parma Capitale Italiana della Cultura 2020.

Pratiche di Teatro: questo il nome del progetto pluriennale, guidato dai Direttori Artistici Maria Federica Maestri e Francesco Pititto, attraverso il quale Lenz Fondazione da molti anni persegue con rigore e visionarietà il rinnovamento del linguaggio scenico contemporaneo. Nell’anno di  Parma Capitale Italiana della Cultura 2020 di cui Lenz è protagonista con la grande installazione visuale e performativa site-specific La Vita è Sogno, che vedrà la luce al Complesso Monumentale della Pilotta dal 16 al 27 giugno, si aprono le iscrizioni (da effettuarsi entro il 4 marzo) a un percorso di perfezionamento rivolto ad artisti con significative esperienze precedenti di danza, canto e teatro che desiderino accedere ad una pratica scenica contemporanea. Il laboratorio, che porterà alla selezione di alcuni interpreti per La Vita è Sogno, inizierà venerdì 6 marzo, per concludersi l’8 maggio 2020.

Gli incontri, guidati dai Direttori Artistici di Lenz Fondazione con la collaborazione di Sandra Soncini, Valentina Barbarini, Loredana Scianna, Davide Rocchi e Barbara Voghera, avranno luogo a Lenz Teatro, a Parma, dalle ore 19.30 alle ore 22, con il seguente calendario: 6, 9 e 13 marzo, 17, 20 e 24 aprile, 4 e 8 maggio per un totale di 20 ore.

Il laboratorio dà avvio a un progetto quadriennale di alta formazione, diretto da Maria Federica Maestri, dedicato alle virtù cardinali nel quadro di un più ampio progetto di indagine scenica sulle  Sacre Scritture: il percorso si apre con il tema concettuale Fortezza per proseguire nel 2021 con Giustizia, nel 2022 con Temperanza e terminare nel 2021 con Prudenza.

Obiettivi: la rimozione delle cornici formali e il restauro delle «tessiture sostanziali» dell’attore, la sua fortificazione attraverso la «drammaturgia sacrificale» enunciata nell’opera Il principe costante di Calderón de la Barca.

La quota comprende la visione di tre creazioni di Lenz secondo il calendario che verrà fornito agli allievi.

Costo: € 50 di quota d’iscrizione (non rimborsabile) + € 200 quota di laboratorio. La quota comprende la visione di tre creazioni di Lenz Fondazione, che s’intende parte integrante del percorso di formazione. La frequenza a tutti gli incontri è obbligatoria. L’attivazione del laboratorio è subordinata al raggiungimento di un numero minimo di iscritti.

Info e iscrizioni: Lenz Fondazione, 0521.270141, 335 6096220, formazione@lenzfondazione.it, lenzteatro@gmail.com.

Geumhyung Jeong. Upgrade in Progress

0
Geumhyung Jeong, Upgrade in Progress, 2020. Fondazione Modena Arti Visive, Palazzina dei Giardini. Foto: ©Rolando Paolo Guerzoni, 2020.

Fondazione Modena Arti Visive presenta Upgrade in Progress, la prima personale dell’artista coreana Geumhyung Jeong in un’istituzione d’arte contemporanea italiana.
La mostra, a cura di Diana Baldon, curator-at-large di Fondazione Modena Arti Visive, inaugura venerdì 28 febbraio 2020 alle ore 18 alla Palazzina dei Giardini.

L’esposizione presenta una nuova installazione site-specific commissionata da Fondazione Modena Arti Visive, incentrata sul progetto più recente di Geumhyung Jeong. L’artista si è distinta a livello internazionale nell’ambito delle arti performative per le sue coreografie allo stesso tempo divertenti e inquietanti in cui si esibisce con apparecchi elettronici con sembianze umanoidi. Combinando diversi mezzi espressivi – danza, teatro, film e scultura – l’artista realizza le sue opere con una varietà di dispositivi protesici, strumenti hardware meccanici e tecnologici, cosmetici, manichini medici, inserendo performance dal vivo che “dimostrano” come i suoi oggetti possano essere utilizzati. Quando li presenta in contesti dedicati alle arti visive, l’artista dispone gli oggetti secondo strane sequenze e li ordina su piedistalli all’interno di ambienti molto illuminati, imitando gli archivi scientifici e le collezioni museali.

Nata nel 1980 a Seoul, dove vive e lavora, Jeong ha studiato recitazione alla Hoseo University di Asan (Corea del Sud), danza e performance alla Korean National University of Arts e cinema di animazione alla Korean Academy of Film Arts (entrambe a Seoul). Fin dall’inizio della sua carriera, l’artista ha dedicato il suo lavoro allo studio del rapporto tra il corpo umano e gli oggetti quotidiani inanimati attraverso delle produzioni che combinano linguaggi e tecniche provenienti dagli ambiti della danza contemporanea, del teatro di figura e delle arti visive.

La sua pratica performativa prevede movimenti ordinari e riduce al minimo indispensabile i codici specifici e le convenzioni dell’arte e del teatro. Durante l’interazione fisica tra il suo corpo e gli oggetti, è sempre più ambiguo chi controlla chi. Ciò che invece diventa evidente è l’indagine compiuta dall’artista sull’inesorabile legame tra il nostro corpo e la tecno-sfera contemporanea, ovvero il modello dominante attraverso cui facciamo esperienza della nostra quotidianità. Mettendo in discussione la falsa convinzione secondo cui saremmo in grado di controllare la realtà, le opere di Jeong analizzano il modo in cui si manifestano le inafferrabili e mutevoli sfumature dello sviluppo tecnologico, che modellano la nostra percezione, condizionano le nostre scelte e ci fanno fare esperienza del tempo e dello spazio.

Upgrade in Progress è l’ulteriore sviluppo di Homemade RC Toy, una serie di sculture meccaniche a controllo remoto realizzate dall’artista nel 2019 per la sua personale alla Kunsthalle Basel, e di Small Upgrade, presentato lo stesso anno alla 5° Ural Industrial Biennial of Contemporary Art (Russia). Per via della loro realizzazione fai-da-te con componenti acquistati online, e avendo Jeong imparato da autodidatta codici meccanici e di programmazione, i suoi “robot” risultano estremamente amatoriali e i movimenti ad essi infusi alchemicamente dall’artista appaiono imprevedibili e sgraziati. Come suggerisce il titolo della mostra, questo nuovo gruppo di opere è il prosieguo di una narrativa allegorica intrapresa lo scorso anno. Questi robot meccanici a controllo remoto sono costruiti con caratteristiche visive e strutturali simili a quelle dei “modelli” precedenti, ma possiedono una maggiore varietà di movimenti grazie a una progettazione che, oltre ad aumentarne la flessibilità, controlla anche lo strano aspetto di alcune parti del loro corpo. Le sculture sono collocate su una serie di piani di lavoro modulari che trasformano le sale della Palazzina dei Giardini in un unico palcoscenico e al tempo stesso in un’officina che l’artista utilizzerà concretamente nel corso della mostra. Grazie a questa specifica ambientazione spaziale, l’opera non è solo una statica rappresentazione del luogo in cui Jeong svolge test ed esperimenti sui propri “giocattoli”, ma si trasferisce, tramite l’azione dell’artista, in una serie di video che agiscono come tutorial, appositamente prodotti e disposti lungo il percorso espositivo.

Come sottolinea la curatrice Diana Baldon, “trasformando questa scenografia ipertecnologica con il solo potere dell’immaginazione creativa, la mostra di Jeong rivela ciò che sta oltre la profonda materialità del corpo tecnologico: una gabbia che ha bisogno di riappropriarsi sia del corpo mortale che del suo controllo, di cui però solo la mente dell’artista ha la chiave”.

Domenica 1 e 29 marzo alle ore 17, l’artista sarà protagonista di un Live Demonstration Tour pensato appositamente per Upgrade in Progress, in cui interagirà con gli oggetti che compongono l’installazione alla Palazzina dei Giardini.

In parallelo alla mostra modenese, Il focus su Geumhyung Jeong si estende su Bologna attraverso la collaborazione con Live Arts Week IX (26 marzo > 4 aprile 2020), evento dedicato alle live arts a cura di Xing, che presenta per la prima volta in Italia la performance Rehab Training (26 e 27 marzo presso la galleria P420). Un’occasione per ampliare lo sguardo su un’artista che interroga la relazione tra il proprio corpo e le tecnologie con delicata ossessione e forte sensualità. Nel caso di questa performance, si tratta di apparecchiature sanitarie utilizzate nella formazione degli infermieri con cui l’artista accompagna (o manipola?) un manichino per l’intero ciclo. La riabilitazione è un viaggio in una relazione intima e perturbante in cui sfuma il confine tra soggetto e oggetto.

Dal 29 febbraio al 2 giugno 2020

Modena, Fondazione Arti Visive – Palazzina dei Giardini, Corso Cavour 2. Info & Orari:  fmav.org 

Viaggio sentimentale: a Tokyo in dieci parole (più una)

0
Quartiere di Harajuko_monaci del tempio Meiji Jingu

 

Imperfetta, tecnologica, cerimoniosa, delicata, così carina, spirituale, consolatoria, modaiola, perturbante, appetitosa, grata (con discrezione). Ciò nonostante, Tokyo si ostina a sfuggire.

Se è vero che è l’esperienza a creare il linguaggio, allora uno dei lasciti che più ci dicono di un viaggio sono le parole di un luogo. Quelle parole che traducono concetti che conosciamo ma non abbiamo ancora imparato ad esprimere, sentimenti senza forma.

Tornando da Tokyo la sensazione è di custodire un piccolo tesoro di informità, che chiedono tempo e riflessione per venire alla luce e trovare il proprio posto nel mondo. Ecco dunque un breve elenco di parole neonate.

1 – Wabi-sabi

Quartiere di Akihabara_manga store

Lo scrittore Andrew Juniper ci racconta che se qualcosa può provocare dentro di noi una sensazione di serena malinconia e di ardore spirituale si può dire che quell’oggetto è wabi-sabi. Wabi-sabi è un approccio estetico, che ci parla di come la bellezza nasca solo dall’imperfezione. Tokyo è una città rutilante, l’immaginario corre all’incrocio più trafficato del mondo, quello di Shibuya, al quartiere elettronico di Akihabara, alle sale da pachinko di Shinjuku, ai piccoli locali sempre affollati di Asakusa, ma sottesa a tutte le luci, i suoni, gli odori, rimane l’impressione di una saggezza quieta, di una comprensione pacificata e spirituale che tutto l’Occidente del mondo non potrà mai scalfire. Tra l’imperfezione da noi importata emerge soave e costante la bellezza, e anzi più forte emerge, anche grazie a ciò che è corrotto.

2 – Toto

Quartiere di Yanaka_statuine votive (mute)

Durante un viaggio in Giappone sarà quotidiano l’incontro con Toto. Toto ci accoglie al mattino, dopo pranzo e alla sera, Toto è un momento di conforto sempre a disposizione, un caldo abbraccio nel freddo pungente di una città spettinata la sera da venti oceanici. Toto è in hotel, nei locali e nelle taverne, al mercato, sui treni, nei parchi. Toto è il miglior w.c. con il quale entrerete mai in contatto, pulito come un paio di scarpe nuove, riscaldato come il maglioncino che si lascia sul termosifone la sera, complesso come l’elettronica delle automobili dei giorni nostri, discreto – con il tasto privacy che riproduce il rumore dello sciacquone su richiesta – come chi può esserlo chi è tenuto al rispetto del segreto professionale: Toto conosce tutto di te, tutto quello che sei disposto a svelare, ma non ne farà parola ad anima viva. Nemmeno su ingiunzione di un giudice.

3 – Bushidō

Quartiere di Chiyoda_fotografi del Palazzo Imperiale

Probabilmente tutti noi, italiani soprattutto, siamo cresciuti con il mito della yakuza, la famigerata mafia giapponese. Ci sintonizziamo, la sentiamo immediatamente nostra, e capiamo perché, ancora oggi, la maggior parte degli onsen (bagni pubblici, più simili a stazioni termali, popolari e molto frequentate) non permette l’ingresso a chi ha tatuaggi. In Giappone il tatuaggio è immediato segno di affiliazione alla famiglia.

Il bushidō riguarda il codice di condotta dei Samurai, nobili guerrieri, e si basa su quattro capisaldi incontrovertibili: vendetta, franchezza, lealtà e spregio della morte. L’organizzazione feudale dell’Impero è stata trasposta nell’odierna yakuza, che estremizza ciò che in realtà si può trovare a Tokyo per strada, tra il personale del proprio albergo ed in una stazione della metropolitana: spregio di chi non onora le regole, chiarezza nel trasmettere i corretti comportamenti da tenere in ogni contesto, rispetto e pace per i giusti e senso dell’onore che sfiora la psicosi.

4 – Hanami

Passeggiata per Shimokitazawa_sakura

Era inverno, sì, ma nonostante questo sembrava già partito hanami, l’osservazione del fronte della fioritura dei ciliegi. L’arrivo della primavera in Giappone è un evento epocale, seguito da tutti i media nazionali. Quando sakura, l’albero di ciliegio, inizia a sbocciare nel Kyushu – l’isola più a sud della quattro principali che compongono la nazione – è tutto un parlare ed approfondire la velocità con la quale il fronte raggiunge Hokkaido, l’isola più a nord. Gli impiegati si ubriacano e i ragazzi festeggiano, gli esperti si preoccupano se la percentuale della fioritura non rispetta la media annuale calcolata in decenni di paziente osservazione. O meglio, ammirazione. Era inverno, ma un albero di Shimokitazawa, forse perché è il quartiere che raduna gli hippie di Tokyo, si è ribellato all’ordine che il Giappone, terra scossa dai terremoti e coperta dai vulcani, lambita dalle tempeste e sferzata dai venti, vuole imporre alla natura nella delicata perfezione dei giardini che sorgono in ogni angolo della città. Abbiamo visto un ramo fiorito.

5 -Bentō

Negozio in metropolitana_kawaii

Il bentō è l’archetipo di ciò che potremmo definire kawaii. Carino, miniaturizzato, cuccioloso, adorabile. Insomma, irresistibile. Se il tempo lo permette, una delle gite che i visitatori di Tokyo amano fare è nel villaggio montano di Nikko, mecca scintoista per eccellenza. Un trenino super kawaii trasporta i pellegrini motorizzati più volte al giorno. Tutto è perfetto: la scocca anni ’60, i sedili lindi, il capotreno che toglie il cappello e rispettosamente si inchina al cospetto dei passeggeri ogni volta che passa in carrozza. L’atmosfera si fa subito gita delle elementari, ed il pranzo al sacco è la ciliegina sulla torta. Per strada, in stazione, in partenza o all’arrivo ci sarà sempre un pizzicagnolo pronto a conquistarvi con i suoi bentō, universi culinari in microscopici spazi vitali, così belli da guardare da far dimenticare anche la più vorace e primaria esigenza fisiologica.

6 – Bochi

Yanaka Bochi_protettori dei bambini

Il quartiere di Yanaka è un’oasi di tranquillità per ritemprare lo spirito. Strade strette e labirintiche, case ad un piano, piccoli negozi, deliziosi giardini, profusione di templi e soprattutto un rapporto con la morte che arriva come un’epifania. L’organizzazione dei cimiteri racconta molto di un luogo, e per questo una capatina nel posto dove riposano le anime dovrebbe essere nella to do list di ogni viaggio. Il cimitero (bochi) di Yanaka sorge nel quartiere. O per meglio dire, il quartiere si fa largo attraverso il cimitero. Vivi e morti coabitano in una situazione di equilibrata armonia. In Giappone i morti vengono cremati. Una volta avvenuta la pratica, i famigliari sono chiamati a raccogliere le ossa del caro estinto e a riporle in un’urna, facendo attenzione che l’ordine parta dai piedi, nella parte inferiore, alla testa, nella parte superiore, perché il defunto non si ritrovi condannato ad una vita eterna a testa in giù. Le ossa vengono raccolte con le bacchette, ed è questa l’unica occasione nella quale i bastoncini di più persone si possono incrociare in un solo “piatto”: quando si mangia sia mai che più bacchette dei commensali arrivino a trovarsi nella stessa scodella. Il sacerdote che celebra i riti di passaggio attribuisce al morto un nuovo nome, per liberarlo dai suoi condizionamenti terreni, e per lasciare la famiglia pacifica nel ricordarlo con il nome mortale senza che questi possa tornare a perseguitarli. Dopo il funerale, la famiglia fa addirittura un’altra strada per raggiungere la propria casa. In fin dei conti gli amabili resti sono lì, vicini ma non troppo, satelliti perfettamente orbitanti intorno all’esistenza dei vivi, gioiosamente rischiarati dal calore dei focolai, attentamente dissetati dal sakè e dalle tazze di tea verde così facili da trovare sulle tombe.

7 – Kombini

Quartiere di Tsukiji_mercato ittico

L’ospitalità giapponese è omotenashi: come una madre amorevole, sa prevedere le esigenze del visitatore prima che queste si manifestino persino alla sua coscienza, e, con discrezione, vi risponde. Il kombini è uno degli elementi che rende più doloroso il distacco dal seno della terra nipponica. È latte buono e nutriente fra quattro mura di cemento. Questi piccoli supermercati aperti 24 ore su 24, oltre a soddisfare qualsiasi genere di prima necessità, accolgono con la loro paziente perseveranza qualsiasi capriccio in qualsiasi orario (pensate ad una cosa: cibo? A profusione e freschissimo. Emergenza cerottino? Presente! Manca lo spazzolino? Cerchiamolo in un kombini. Che freddo! Sicuramente in quel kombini all’angolo ci sarà un paio di guanti. Cavolo, è il suo compleanno! Nel kombini sotto casa troverai una miriade di meravigliosi biglietti di auguri. Prodotti di bellezza? Meglio che dalla mia estetista). E i loro cortiletti sono uno degli unici spazi all’aperto nei quali è permesso fumare. Quando le esigenze di spazio non permettono ad un kombini di installarsi, se ne può trovare una versione ridotta nei distributori automatici che sorgono come funghi in qualsiasi angolo della città, dalle zone più residenziali a quelle più trafficate. La paura è una dimensione che vi capiterà di sperimentare raramente a Tokyo.

8 – Kabuki

Quartiere di Ginza_teatro Kabuki-za

Ho fatto un po’ fatica a recuperare le guide di viaggio per Tokyo. Il primo timore è stato che la città non fosse forse così interessante. Distrutta a ripetizione da guerre, calamità naturali, rivoluzioni modernizzanti che hanno cambiato la faccia del Giappone poco più di un secolo fa. Forse non sarà rimasto più nulla, forse l’europeo colonizzatore ha vinto anche ad Est, pensavo, da miscredente occidentale infarcita di pregiudizio culturale. Ora credo che scrivere una guida di viaggio per Tokyo sia complesso perché appena si pensa di aver afferrato un concetto, un’abitudine, uno stile, una routine, questa rivela un nuovo significato che ne rende la descrizione immancabilmente fallace ed incompleta. Lo scintoismo è animista. Grazie alla liberazione dal buddhismo tradizionale realizzata dal Kōbō-Daishi, monaco medioevale amato ed onorato in tutto il Paese, i giapponesi hanno ritrovato l’allegria nel rapporto con i propri dèi, e non perdono occasione per festeggiare, mangiare, bere quando c’è da onorare gli spiriti della terra, dei mari, dei fiumi, del cielo. La materia è spirituale a Tokyo, e il dinamismo cangiante di questa vita segreta rende la maggior parte delle descrizioni quantomeno perfettibili. Poi c’è l’arte, che forse meglio di ogni altra cosa conserva la tradizione, e fissa lo spirito in una forma estetica controllata e ripetibile. Andate a vedere un atto di teatro kabuki a Kabuki-za, nel quartiere di Ginza. Poi, guardandoci negli occhi, forse ci capiremo.

9 – Haori

Quartiere di Akihabara_japan dolls

I Giapponesi sono fighi. Pelle liscia, capelli neri – tanti – a qualsiasi età, ed uno stile invidiabile. Su corpi tali sta bene tutto. Abiti sformati, oversize, scarpe da rave, accostamenti cromatici improbabili. Una delle sensazioni che accompagna un viaggio a Tokyo è il sentirsi ingombranti, sgraziati, un “po’ troppo” di tante cose (pesanti, rumorosi, ciarlieri, scoordinati). In Occidente ci sono porte che fendono lo spazio. In Giappone pareti di carta di riso e legno che scorrendo lo rivelano. In Occidente si squarcia il cibo con la forchetta. In Oriente si accompagna alla bocca intonso con le bacchette. La città, di 15 milioni di abitanti, è silenziosa. Suoni lievi e musichette accompagnano arrivo e partenza della metro, prelievo al bancomat, ricarica di tessere varie. E poi ci sono gli abiti tradizionali. Haori è la giacca di seta che copre la parte superiore del kimono per proteggersi dal freddo. È morbida, cangiante, e se ne possono acquistare di bellissime per meno di dieci euro. Inoltre, si chiude con un piccolo fiocco da fare tra due fettuccine collegate alle estremità. Mica di bottoni stiamo parlando.

10 – Izakaya

Quartiere di Daikanyama_indicazioni

Definirei Tokyo una città accessibile. Dove non arriva la tecnica, compensa l’umano. Che sia per dovere (giri) o per vergogna (haji) o per ospitalità (la già citata omotenashi) sarà difficile ritrovarsi con una propria necessità non soddisfatta, indipendentemente dal gap linguistico (tutte le insegne e le indicazioni sono in kanji/hiragana/katakana, il triplice sistema di ideogrammi giapponesi). Alla bisogna le izakaya, taverne che offrono piatti “semplici” e squisitissimi, vi ospiteranno con le loro economiche prelibatezze e con le loro lanterne accese. Sempre che siate in pochi, così da poter trovar posto in locali che solitamente non sono pensati per poter accogliere più di sei persone. Kanpai!

11 – Kudasai

Quartiere di Harajuko_monaci del tempio Meiji Jingu

Ed eccoci arrivati alla bonus track. Kudasai. Per favore. Ma non proprio per favore. Piuttosto “io ti onoro perché dandomi qualcosa tu mi fai un favore”. Un oggetto in Giappone si porge e si prende con due mani, carta di credito compresa. Un oggetto si affida e si accoglie. Lo sentirete così tante volte (e così tanto a fondo) da non dimenticarlo mai più.

ELENA SORBI


Per approfondire:

Tokyo Stories, di Tim Anderson https://www.edt.it/libri/tokyo-stories

Tokyo Totem. A guide to Tokyo, di Monnik http://www.tokyototem.jp/

Autostop con Buddha, di Will Ferguson https://www.artedellalettura.it/recensione-autostop-con-buddha-will-ferguson/

Your name., film di Makoto Shinkai https://www.mymovies.it/film/2016/yourname/

Giri/Haji, serie televisiva coproduzione BBC/Netflix https://www.netflix.com/title/80190519

 

NATIONAL GEOGRAPHIC CELEBRA LE DONNE CON “WOMEN. UN MONDO IN CAMBIAMENTO”

0
Women. Un mondo in cambiamento_National Geographic_@Brent Stirton

Bologna, dopo “Planet or Plastic?” la mostra denuncia sull’inquinamento da plastiche del pianeta e tesa alla tutela dell’ambiente, ospiterà nell’Oratorio di Santa Maria della Vita, dal 15 febbraio al 17 maggio 2020, “Women. Un mondo in cambiamento” la mostra organizzata da National Geographic in collaborazione con Genus Bononiae. Musei nella città e Fondazione Carisbo, incentrata sul ruolo delle donne nella società attraverso un secolo di fotografia.

Sfacciata nella sua dimensione reale, umana e provocatoria quanto basta, capace di scuotere la sensibilità del pubblico: “Women. Un mondo in cambiamento” è uno sguardo sulla condizione femminile che attraversa ogni latitudine e 100 anni di storia delle donne viste dall’obiettivo dei e delle grandi reporter della National Geographic Society.

La mostra, ordinata secondo parole chiave, è un percorso espositivo articolato in 6 sezioni: Beauty/Bellezza, Love/Amore/Wisdom/Saggezza, Strenght/Forza, Hope/Speranza, e raccoglie una selezione di immagini tratte dallo straordinario archivio del National Geographic disegnando un viaggio attraverso un secolo di storia delle donne in tutti i continenti, dall’occidente all’oriente, con diverse prospettive nei vari paesi ed epoche.

Women. Un mondo in cambiamento_A sx donna con burqa rosso,Kabul, Afghanistan_National Geographic_@Thomas J. Abercrombie 1968, a dx giovane in pausa con sigaretta, Lagos Nigeria_@Robin Hammond 2014

Ogni immagine crea un ritratto di alcuni aspetti dell’esistenza femminile, il modo in cui le donne sono state percepite e trattate, quanto potere o meno hanno avuto, come hanno affrontato le loro sfide passate, guardano al futuro e mostrano nel loro complesso come la rappresentazione delle donne si è evoluta nel tempo.

Così le immagini festose delle ballerine di samba che si riversano nelle strade durante il carnevale di Salvador da Bahia si alternano a quelle delle raccoglitrici di foglie di the in Sri Lanka. E ancora il ritratto di donna afghana in burqa integrale rosso che trasporta sulla testa una gabbia di cardellini, potente metafora di oppressione, si contrappone all’immagine di libertà e bellezza di una ragazza in pausa sigaretta a Lagos, in Nigeria.

Come anche l’immagine della ranger delle Akashinga, un’unità scelta di tutela della fauna selvatica composta da sole donne, in Zimbawe, che sembra rappresentare la forza dirompente di ‘Madre Natura’ che si ribella, oppure l’espressione fiera e impassibile di Yldiz Alpdogan mentre ascolta la sentenza che la condannerà a 12 anni e 6 mesi di reclusione con l’accusa di aver fatto parte del Partito curdo dei lavoratori (PPK).

Women. Un mondo in cambiamento_Yldiz Alpdogan_National Geographic_@Ed Kashi 1992

A 100 anni dall’introduzione negli Stati Uniti del suffragio universale che concesse il diritto di voto alle donne – sottolinea Marco Cattaneo, Direttore National Geographic Italia e curatore della mostra –, la mostra riflette sul passato, presente e futuro delle donne illustrandone alcuni aspetti e incentrandosi sugli obiettivi di sviluppo che le vedono al centro di ogni processo di crescita sociale, politica, economica”. “Personalmente – aggiunge Cattaneo – alle sei tematiche avrei aggiunto il ‘dolore’, perché nelle donne e nel mondo, purtroppo c’è stato e tutt’ora c’è molto dolore”.

In un secolo la condizione femminile è cambiata radicalmente, in alcune parti del mondo ma non dappertutto: in Occidente, sicuramente, anche se ci sono ancora sfide importanti – aggiunge Cattaneo-. La parità salariale, per esempio, sul fronte pratico, ma anche questioni assai più sottili come i pregiudizi radicati nella società sulla violenza sulle donne. Altrove le sfide sono ancora più fondamentali. E se il cammino da percorrere è ancora lungo, in questa mostra abbiamo cercato di raccontare i passi compiuti e di accendere una speranza per un futuro in cui a nessuno siano negati i propri diritti“.

    Women. Un mondo in cambiamento_National Geographic_@David Alan Harvey

Completa la mostra la sezione Portraits/Ritratti, scatti intimi e biografici di un gruppo iconico di attiviste, politiche, scienziate e celebrità intervistate da National Geographic per il numero speciale della rivista di novembre 2019 pubblicato ai tempi della prima donna alla direzione del National, Susan Goldberg: tra esse Nancy Pelosi, Oprah Winfrey, il Primo Ministro neozelandese Jacinda Arden e la Senatrice a vita Lilliana Segre.

In mostra volti di donne famose che hanno fatto storia o che in qualche modo hanno contribuito a dare una svolta positiva a situazioni discriminatorie o di sfavore per le donne, ma anche di donne sconosciute che nella loro quotidianità affrontano le difficoltà e le gioie della vita, che si trovano in diverse parti del mondo a vivere situazioni particolari e di grande impatto.

Women. Un mondo in cambiamento
National Geographic
Bologna, Oratorio di Santa Maria della Vita
dal 15 febbraio al 17 maggio 2020

www.genusbononiae.it

Teatro Rosaspina presenta Vite Senza Permesso, Trame Migranti

0

Continua la rassegna Oltremisura del Teatro Rosaspina di Montescudo – Monte Colombo. Il prossimo appuntamento, fissato per domenica 16 febbraio alle ore 18, vede sul palco la Compagnia Senza Confini nello spettacolo Vite Senza Permesso, Trame Migranti.

Vite Senza Permesso, Trame Migranti, diretto da Michele Zizzari e realizzato nel corso del laboratorio “Il Teatro che ti dà la mano” a cura dall’Ass.ne Orizzonto Nuovi in collaborazione con Vite in transito e la Coop. CAD, è una vera e propria sequenza di quadri e suggestioni sceniche, canzoni e scenografie. L’obiettivo è quello di raccontare storie reali, aspirazioni, speranze, illusioni, delusioni e motivazioni dei cosiddetti Nessuno dei nostri tempi, spinti a migrare ogni giorno, ad attraversare i mari, i confini e le terre straniere con la speranza si scoprire nuovi e più sicuri orizzonti per la loro esistenza.

info: lattoscuro.it, 347 5838040, 347 5267727, 339 6512980, info@lattoscuro.it