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La Locandiera, un classico al Teatro della Regina

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L’Epifania decreta la fine delle feste natalizie, ma anche il nuovo inizio delle stagione teatrali, che riprendono le loro programmazioni aprendo le porte del teatro al pubblico del nuovo anno. Il Teatro della Regina di Cattolica saluta questo 2020 con un grande classico della drammaturgia italiana: giovedì 9 gennaio alle ore 21.15 andrà infatti in scena la Locandiera di Carlo Goldoni, nella forma conferitagli dall’adattamento di Francesco Niccolini, che propone un linguaggio più aggiornato e uno scavo psicologico dei personaggi più approfondito. La direzione della frivola ma ingegnosa Mirandolina, la protagonista interpretata da Amanda Sandrelli, spetta a Paolo Valerio, così come anche quella degli altri attori in scena: Alex Cendron (Cavaliere), Giuliana Colzi (Dejanira), Andrea Costagli (Marchese), Dimitri Frosali (Conte), Massimo Salvianti (Fabrizio), Lucia Socci (Ortensia).

La storia è nota ai più: la locanda di Mirandolina a Firenze è il luogo di incontro di una serie di personaggi: un marchese caduto in rovina, un ricco volgare, un cavaliere misogino, due pessime attrici, un servo innamorato della sua padrona. Ognuno a suo modo è impegnato ad esprimere al meglio l’essere toscano, attraverso debolezze, contraddizioni ma anche inganni e violenze. Ciò che condividono è un gravitare costante attorno alla figura della protagonista. Il cavaliere è la vittima prescelta di Mirandolina: un seduttore arrogante che tratta male le donne merita di essere umiliato, se non fosse che la stessa locandiera rischia di cadere nella sua stessa trappola, innomorandosi di lui.

Ciò che però ha fatto la fortuna dell’opera di Goldoni è senza dubbio la sua protagonista, Mirandolina: un nome dolce che trae in inganno, come suggerisce il suo stesso autore. La bambina orfana è divenuta una donna piena di energia, costantemente felice ed estremamente esuberante, ma è anche dotata di un carattere particolarmente forte, abituata a lottare per il suo lavoro e per la sua dignità in quanto donna, a difendersi e soprattutto a comandare. Ad interpretarla sul palco è Amanda Sandrelli, figlia di Stefania con la quale ha debuttato al cinema in L’attenzione. Compare successivamente nel film di Massimo Troisi, Non ci resta che piangere e duetta con il padre Gino Paoli nella canzone La bella e la bestia tratta dall’omonimo film prodotto dalla Walt Disney Pictures. La sua carriera continua nel cinema con la fiction Io e mamma e il primo film da regista di sua madre, Christine Cristina. Nel 2004 ha debuttato come regista con il cortometraggio Un amore possibile e nel 2007 ha realizzato anche il documentario Piedi x terra. A teatro a lavorato come regista per lo spettacolo de Il piccolo principe (2016).

Giovedì 9 gennaio, Locandiera, Teatro della Regina Cattolica, ore 21.15 – info: 0541/966778 – e-mail: info@teatrodellaregina.it; teatrodellaregina.it

Mastro Don Gesualdo al Teatro Testori

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Gesualdo Motta è un manovale, mal tollerato dalla maggior parte delle persone: chi non lo odia e lo tratta con disprezzo, lo fa con ironia. Ma Gesualdo è un uomo ostinato, tanto che è riuscito da solo ad arricchirsi grazie al proprio lavoro. Sarà l’attore Enrico Guarneri ad interpretarlo sul palco del Teatro Testori di Forlì dove, sabato 11 gennaio alle ore 21, andrà in scena la produzione dell’Associazione Progetto Teatrando, Mastro don Gesualdo.

La sua vis comica, la perfezione tecnica e la poliedricità delle sue interpretazioni fa di Enrico Guarneri l’attore perfetto per incarnare questo personaggio, passando in maniera disinvolta dal tono drammatico a quello grottesco. Ad arricchire lo spettacolo, oltre alla sua magistrale interpretazione, è anche la sua trasposizione resa più attuale dalla messinscena del regista Guglielmo Ferro, che da anni si dedica alla drammaturgia contemporanea, con un gusto prettamente minimalista, moderno e profondamente europeo.

La rielaborazione drammaturgica  invece si deve a Micaela Miano, che ricontestualizza il centrale ‘concetto di roba’ del romanzo, nonché l’incessante e frenetica attività di speculazione di un mondo materialista e privo di sentimenti, in un mondo senza spazio e tempo, in cui i personaggi vanno incontro al proprio immutabile destino.

Sabato 11 gennaio, Mastro Don Gesualdo, Teatro Testori Forlì, ore 21 – info: 0543722456, www.teatrotestori.it, teatrotestori@elsinor.net

Kamigata-e: il coloratissimo mondo delle stampe di Osaka

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La produzione di stampe teatrali di Osaka rappresenta un capitolo a sé stante della lunga e gloriosa storia dell’ukiyo-e. Trascurate per molto tempo dagli studiosi e dal grande pubblico, negli ultimi decenni del secolo scorso queste stampe sono diventate oggetto di ricerche approfondite e di mostre importanti, che hanno permesso di far luce su una produzione relativamente poco abbondante, ma di grande originalità e di una straordinaria qualità esecutiva.

Con la mostra Kamigata-e: il coloratissimo mondo delle stampe di Osaka, il Museo di Palazzo Poggi – Sistema Museale di Ateneo, in collaborazione con il Centro Studi d’Arte Estremo-Orientale, invita a scoprire la cultura vivace e originale che si respirava a Osaka nel primo Ottocento, attraverso un selezione di 29 xilografie provenienti dalle collezioni del Centro Studi d’Arte Estremo-Orientale e della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, in comodato d’uso all’Università di Bologna.

 

Fino al 01 marzo 2020

Bologna,  Museo di Palazzo Poggi, via Zamboni 33. Info & Orari: sma.unibo.it

U.MANO. ARTE E SCIENZA: ANTICA MISURA, NUOVA CIVILTÀ

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U.MANO è la nuova mostra di Fondazione Golinelli curata da Andrea Zanotti con Silvia EvangelistiCarlo Fiorini e Stefano Zuffi, in esposizione al Centro Arti e Scienze Golinelli fino al 9 aprile 2020.

Il percorso espositivo è dedicato alla mano e sviluppato su più piani di lettura: dall’esplorazione dell’interiorità dell’uomo all’aprirsi alla comprensione dell’universo che gli sta intorno, in stretto e inevitabile collegamento con il cervello. La mano è l’elemento di raccordo tra la dimensione del fare e quella del pensare ed è quindi rappresentativa della prospettiva di azione di Fondazione Golinelli nel recuperare il segno di un legame oggi perduto: quello tra arte e scienza, che proprio nella cultura italiana ha raggiunto il suo culmine.

In mostra i maestri del passato dialogano con il presente attraverso installazioni, esperienze di realtà aumentata, rimaterializzazioni, innovazioni robotiche applicate e postazioni interattive. Da Caravaggio a Guercino, da Carracci a Pistoletto, i visitatori compiono un viaggio unico e irripetibile tra passato, presente e futuro. La riflessione sul tema della mano consente così di indagare il ruolo dell’uomo in un presente dominato dalla tecnologia.

Fino al 9 aprile 2020

Bologna, Opificio Golinelli – Centro Arti e Scienze, Via Paolo Nanni Costa, 14 Info & Orari: fondazionegolinelli.it

I concerti alla Camera Jazz Club di Bologna

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Tom Kirkpatrick

Le festività volgono velocemente al termine e le attività dei diversi locali del territorio riprendono le loro tradizionali attività. Lo stesso accade alla Camera Jazz Club di Bologna che a partire da mercoledì 8 gennaio accoglierà sul suo palco nuove band e concerti.

Mercoledì 8 gennaio è il turno del Nico Menci Trio “House Band”, formato da Nico Menci al pianoforte, Stefano Senni al contrabbasso e Peter Seller alla batteria. Il loro concerto propone una selezione di arrangiamenti originali di brani della tradizione be bop e hard bop, abbinati ad altri tratti dai musical di Broadway.

Si continua giovedì 9 gennaio con la ERJ Orchestra, mentre venerdì 10 gennaio sarà il turno dei Martirani Gipsy Swing. Il trio acustico, formato da Giampiero Martirani e Nicolò Scalabrin alla chitarra e Max Turone al contrabbasso, propone brani di Django Reinhardt, musiche tradizionali del jazz e brani in stile swing europeo anni Trenta, frutto della fusione tra jazz americano, valzer musette francese e tradizione tzigana.

A chiudere la settimana, sabato 11 gennaio, sarà il Tom Kirkpatrick 4et, formato da Tom Kirkpatrick  alla tromba e voce, Emiliano Pintori al pianoforte, Filippo Cassanelli al contrabbasso e Alberto Chiozzi alla batteria. Nato a Springfield da una famiglia di musicisti, Tom Kirkpatrick si trasferisce a New York nel 1977 tentando la fortuna nel jazz; una scommessa vinta che lo ha portato ad essere oggi uno dei più importanti musicisti jazz.

Dall’8 all’11 gennaio, Camera Jazz&Music Club Bologna – info: 391 1682442, reservations@camerajazzclub.com, camerajazzclub.com

Una nuova stagione per il Ridotto del Teatro Masini

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Un nuovo anno è iniziato e il Ridotto del Teatro Masini si accinge ad aprire nuovamente le sue porte per ospitare una nuova ed emozionante stagione che, tra conferme e novità, si prospetta ancora una volta essere una tra le più interessanti per ogni tipo di pubblico.

Tra le conferme spiccano gli appuntamenti con Il Cinema della Verità, realizzato in collaborazione con Cineclub Il Raggio Verde, con la Società Cooperativa di Cultura Popolare, con la D.E-R Associazione Documentaristi dell’Emilia-Romagna e con Cinemaincentro. In programma per questa nuova edizione si prospettano ben otto docu-film: La battaglia dei sessi di Jonathan Dayton e Valerie Faris (21 gennaio), “Sguardo” oltre il muro, una selezione di cortometraggi nell’ambito del Nazra Film Festival (12 febbraio), Solo no di Lucilla Mininno (26 febbraio), Hambachers di Leonora Pigliucci e Claudio Marziali (3 marzo), La scomparsa di mia madre di Beniamino Barrese (17 marzo), I racconti di Parvana di Nora Twomey (31 marzo), L’apprendistato di Davide Maldi (14 aprile), Allah Loves Equality di Wahahat Abbas Kazmi (28 aprile). Tutti i film vedranno, come ormai da tradizione, la partecipazione in sala dei rispettivi registi o autori per un momento di confronto.

Momenti di confronto che si estenderanno anche agli Incontri con gli Artisti delle prossime Compagnie ospitate nel cartellone di Prosa del Teatro Masini: si inizia sabato 18 gennaio con Enrico Guarneri e la compagnia di Mastro Don Gesualdo, seguito mercoledì 19 febbraio dall’incontro con Massimo Lopez e Tullio Solenghi; mercoledì 11 marzo il pubblico avrà occasione di incontrare gli attori del Teatro Biondo di Palermo, interpreti di Chi vive giace, mentre mercoledì 25 marzo sarà presente Vincenzo Salemme e la compagnia di Con tutto il cuore. Gli incontri terminano mercoledì 8 aprile con Giuseppe Cederna, Vanessa Gravina, Roberto Valerio e la compagnia di Tartufo.

Altra conferma di questa nuova stagione è l’attenzione al contemporaneo con l’omonima rassegna che vede due protagonisti d’eccezione. La prima, domenica 26 gannaio è la cantante Paola Sabbatani che, in occasione del Giorno della Memoria, insieme al contrabassista Roberto Bartoli e al chitarrista Daniele Santimone, presenterà il concerto Uno strano e amaro raccolto. Uno spettacolo che racconta, attraverso arrangiamenti originali di brani di vari autori, da Dylan a Gaber, da Jannacci a Testa, le storie di chi ha subito, nel corso del Novecento, le conseguenze del razzismo. Martedì 25 febbraio seguirà invece Vincenzo Pirrotta con Storia di un oblio, uno spettacolo tratto da Quel che io chiamo oblio di Laurent Mouvigier e diretto da Roberto Andò. Si tratta di un intenso e profondo monologo che racconta la tragica e insensata fine di un uomo, tratta da un fatto di cronaca.

La novità assoluta di quest’anno è invece rappresentata dal cartellone Stand Up che porterà in città alcuni nomi di spicco della nuova comicità emergente di stampo Stand Up Comedy: sul palco del Ridotto si alterneranno le performance dal vivo di Saverio Raimondo, che apre la stagione l’8 gennaio, Davide Calgaro (21 febbraio), Velia Lalli (23 marzo) e Alessandro Ciacci (7 maggio).

Dall’8 gennaio, Ridotto del Teatro Masini, Faenza – info: accademiaperduta.it

Brutture Moderne, un concerto collettivo al CISIM

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Dopo la pausa natalizia riprendono le serate musicali al CISIM: il nuovo anno si apre sabato 4 gennaio alle ore 21 con un’intera serata dedicata all’etichetta discografica romagnola Brutture Moderne Social Club.

Si tratta di un vero e proprio concerto corale che vede coinvolti una parte gli artisti che collaborano con l’etichetta, vale a dire Giacomo Toni, Francesco Giampaoli, Enrico Farnedi, Darmamusic, Moder, Cacao, Manuel Pistacchio, Diego Sapignoli, Max Penombra feat. Le visioni di Cody. Per questa occasione speciale, i brani dei singoli artisti saranno non solo raggruppati, ma anche ri-arrangiati in un’ottica collettiva.

Si tratta inoltre di una sera che intende celebrare e festeggiare l’ormai annuale collaborazione instauratasi tra il CISIM e l’etichetta musicale creata da Francesco Giampaoli. Sono infatti ormai 10 anni che le due realtà realizzano insieme concerti e progetti, con l’obiettivo condiviso di promuovere non solo artisti locali e internazionali, ma anche un tipo di offerta musicale alta e altra, che spazia dalla musica cantautorale a quella strumentale o d’autore.

Sabato 4 gennaio, Brutture Moderne, CISIM Lido Adriano (RA), ore 21 – info: ccisim.it / 389 669 7082 / cisim.lidoadriano@gmail.com

Nuovi eventi targati Mama’s Club in arrivo a Ravenna

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Con l’anno nuovo appena iniziato riprendono anche le serate al Mama’s Club di Ravenna.

Venerdì 3 gennaio, alle 21.30, andrà in scena Madama Butterfly Bonsai (da Giacomo Puccini), che vede il ritorno sul palco dell’ensemble “Opera de Poche”. Un’edizione “critica” in playback della Madama Butterfly di Puccini con i brani più importanti dell’opera. Protagonisti Gabriella Ceccaroni Riccardo Zoffoli , consumati attori con le voci di altri, aiutati da un piccolo gruppo di appassionati.

Sarà il kimono l’oggetto del desiderio e della nippo-seduzione intorno al quale ruoterà il tutto e anche uno dei protagonisti di una mostra, fruibile al termine dell’evento con visita guidata, dove saranno esposti alcuni pezzi della Collezione Ceccaroni.

Sabato 4, invece, saliranno sul palco gli Amar Corda, band formata da Tosca Zampini (voce), Tolga During (chitarra), Matteo Zucconi (contrabbasso) e Riccardo Frisari (batteria). Il gruppo propone un repertorio che spazia dai grandi classici dell’era dello swing italiano fino ad arrivare ai giorni nostri, con brani di autori più contemporanei e composizioni originali. Tutti i pezzi sono riarrangiati appositamente per la formazione.

Ingresso riservato ai soci.
Madama Butterfly Bonsai (3 gennaio, ore 21.30), Amar Corda (4 gennaio, ore 21.30), Mama’s Club, Ravenna, via S. Mama 75. Per info: 331 9118800

 

“Muntadas. Interconnessioni” in mostra a Bologna dal 18 gennaio

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Villa delle Rose (Bologna) propone, dal 18 gennaio al 22 marzo, “Muntadas. Interconnessioni”, la prima personale, in Italia, di Antoni Muntadas, a cura di Cecilia Guida e Lorenzo Balbi.

Grazie ai suoi media landscapes, Muntadas è considerato il precursore della Media Art: nuovi paesaggi determinati dalle tecnologie, in quanto, secondo l’artista, il sistema dei media crea scenari diversi da quelli individuati di solito dalla storia dell’arte come rappresentazione della natura.

Muntadas esplora la complessità del presente analizzando i contesti, soffermandosi sulle contraddizioni e adattandosi di volta in volta alla situazione specifica.

L’allestimento di Villa delle Rose è stato pensato proprio in relazione alla dimensione “domestica” della dimora settecentesca, andando a creare un percorso intimo con il visitatore. Più di venti opere divise tra fotografie, video, pubblicazioni, web, installazioni, interventi urbani e alcuni temi ricorrenti come la globalizzazione, il capitalismo transnazionale, la nozione di dispositivo, la relazione pubblico/privato, i rapporti tra monumenti e memoria, le “microfisiche” del potere, l’interrogazione dell’archivio, i processi della traduzione, la circolazione delle informazioni, l’immaginario politico veicolato dai media.

Coerentemente con l’attenzione al tema dello spazio pubblico e all’apertura verso il contesto in cui agisce, Muntadas si apre al dialogo con Bologna attraverso due operazioni, una in un luogo altro dalla villa, la seconda a partire dalla storia della città. La prima si trova alla Fondazione Federico Zeri dell’Università di Bologna e completa l’esposizione presentando diversi materiali su tre grandi progetti recenti, quali “Asian Protocols” (2011-2018), “About Academia” (2011 e 2017) e “La construcción del miedo” (2008-2013). La seconda, intitolata “On Translation”, è un’idea per un intervento pubblico site specific; oggetto dell’opera sono i piedistalli di 59 busti di uomini illustri ritirati dal Parco della Montagnola a causa di atti vandalici. La scelta dei piedistalli è da considerarsi come una metafora del potere nelle sue varie forme: politico, culturale e religioso.

In occasione di Muntadas. Interconnessioni è stata realizzata una pubblicazione per Corraini Edizioni, con testi critici di Beatriz Herráez, Lorenzo Balbi, Cecilia Guida, Arturo fito Rodríguez Bornaetxea, Roberto Pinto e Gabriel Villota Toyos.

La mostra sarà inoltre accompagnata dall’attività di mediazione del Dipartimento educativo MAMbo per una migliore fruizione del percorso espositivo da parte del pubblico di ogni fascia d’età.

Muntadas. Interconnessioni è promossa da Istituzione Bologna Musei | MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna ed è uno dei Main project di ART CITY Bologna 2020.

Muntadas. Interconnessioni, dal 18 gennaio al 22 marzo, Bologna, Villa delle Rose, via Saragozza 228/230. Per info: 051 436818 / 6496611, info@mambo-bologna.org

 

 

Teatro di Gambettola, un buon anno Gospel

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Mercoledì 1 gennaio alle ore 18 il Teatro Comunale di Gambettola augura a tutti gli spettatore un felice buon anno con il concerto del quintetto Spirit Rejoice Gospel Choir, che aprirà il nuovo anno con un repertorio di musica, canti e cori.

Gli Spirits Rejoice Gospel Choir si sono formati attraverso anni di esperienze e collaborazioni con molti nomi di spicco della scena musicale internazionale. Il loro repertorio propone sia alcuni dei brani più significativi e conosciuti della tradizione Gospel e Spiritual, sia alcuni brani del Gospel Moderno nero-americano. Il Gospel è una delle tradizioni musicale più radicate ed apprezzate della cultura nero-americana, tanto che ha dato vita a una vera e propria scuola dove di sono formate molte voci famose del Jazz, del Soul e del R&B.

Il concerto proposto dagli Spirits Rejoice Gospel Choir richiama la tipicità del canto corale d’insieme, carico di intensità e di calore, un grado di esprimere allo stesso tempo gioia e riflessione, ispirazione e difficoltà della vita quotidiana. Pur essendo di natura corale, non si manca di mettere in luce le doti vocali ed interpretative delle singole voci soliste che si alternano.

Capodanno a Cesenatico tra musica e spettacoli

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Continuano gli appuntamenti festivi di Cesenatico: un ricco programma di eventi attende i turisti per passare in compagnia un’allega Notte di San Silvestro, tra musica e spettacoli.

La musica è come ogni anno al centro di tutti i festeggiamenti: l’evento clou è infatti, come da tradizione, il “Capodanno sul Porto”, vale a dire il concerto in Piazza Ciceruacchio che quest’anno avrà come protagonisti i Joe Dibrutto e la musica di Radio Bruno. La serata avrà inizio alle ore 22.30, in compagnia di dj Lori Zama e dello speaker Roxy Vocalist, che presenteranno una selezione dei migliori successi pop e commerciali degli anni ’80 e ’90.  In seguito, protagonisti del palco saranno i Joe Dibrutto, la storica band bolognese formata da 7 elementi dal look anni ’70 e ’80, con un repertorio ricco di tutti i classici della disco music, con incursioni nel funky, nel pop e nel soul, oltre a diversi brani originali. La musica proseguirà anche dopo il concerto, con il dj set di Radio Bruno che andrà avanti fino alle ore 2.30 circa.

Per chi invece vuole passare una serata a teatro e dilettarsi con le musiche del cinema, alle ore 21 al Teatro Comunale avrà luogo la “Grand Soirée CINEMA”, un viaggio sonoro e canoro nel Grande Cinema di tutti i tempi, con le colonne sonore degli indimenticabili successi cinematografici internazionali. Un viaggio che avrà inizio con l’Epoca dei Telefoni Bianchi, per poi passare alle sognanti Ma l’amore no, Parlami d’amore Mariù e altri italici successi, fino a giungere alle hit di Broadway come West Side Story, Il Mago di Oz o Moulin Rouge.  Ovviamente, accogliendo il centenario del grande Maestro Fellini, non potrà mancare un omaggio alle musiche dei suoi film: l’attrice Stefania Stefanin guiderà il pubblico in un viaggio musicale insieme alle voci di Eleonora Mazzotti e Mirco Rocchi.

I festeggiamenti non si chiudono però con il 31 dicembre, ma continuano mercoledì 1 gennaio, con diverse attività di svago e di intrattenimento. Si parte nel pomeriggio, alle ore 15.30 sul Porto canale, dove verrà rappresentato lo spettacolo itinerante “Carillon vivente”, mentre alle ore 16, presso la Chiesa Parrocchiale di San Giacomo, si rinnoverà l’appuntamento con il tradizionale concerto in onore di “Maria Regina della Pace” del Coro Terra Promessa diretto dal Maestro Marco Balestri.

Come nei passati giorni di Festa, si potrà far visita al Presepe galleggiante, allestito sulle antiche barche del Museo della Marineria, e al caratteristico Presepe delle Conserve nell’omonima piazzetta. Passeggiando sul porto canale e per le vie del centro storico si potrà anche acquistare idee regalo e oggettistica nelle bancarelle del mercatino di Natale e del Mercatino dei Creativi. Tra gli appuntamenti che continuano c’è anche la possibilità di visitare le mostre  “Luciano Nanni fotografo. Sguardi oltre la bottega” al Museo della Marineria, “Nel mattino che par sera. Immagini, carte, libri di Marino Moretti crepuscolare” a Casa Moretti  e “Vexilla Regis. “Pareci”, vele e fondi di magazzino di Berico” in Galleria Comunale “Leonardo Da Vinci”.

Martedì 31 dicembre e mercoledì 1 gennaio, Capodanno a Cesenatico – info: 0547 79420-79407, turismo@comune.cesenatico.fc.it, cesenatico.it, facebook.com/visitcesenatico

Antoni Muntadas. Interconnessioni

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Antoni Muntadas, Mirar Ver Percibir, 2009 Veduta dalla mostra / Exhibition View Muntadas: Entre/Between, Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, Madrid, Spagna / Spain, 2011 Foto / Photo: Román Lores Riesgo; Joaquín Cortés

Villa delle Rose prosegue l’attività di valorizzazione di artisti attivi nella scena internazionale proponendo, dal 18 gennaio al 22 marzo 2020, la prima personale in un’istituzione museale italiana di Antoni Muntadas (Barcellona 1942), dal titolo Muntadas. Interconnessioni, a cura di Cecilia Guida e Lorenzo Balbi.

Promossa da Istituzione Bologna Musei | MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, in collaborazione con Artium, Centro-Museo Vasco de Arte Contemporáneo di Vitoria-Gasteiz, Álava, con la partnership della Fondazione Federico Zeri e il patrocinio del Dipartimento delle Arti dell’Alma Mater Studiorum Università di Bologna, la mostra segue sul piano temporale la personale allestita nel museo basco d’arte contemporanea dal 4 ottobre 2019 al 12 gennaio 2020. Le due esposizioni gemelle si differenziano per il peculiare rapporto con gli spazi espositivi. L’allestimento di Bologna è stato pensato appositamente per la dimensione “domestica” della settecentesca Villa delle Rose, dando vita a un percorso che favorisce un rapporto intimo con il visitatore, a partire dall’avvertenza che lo accoglie all’entrata “Attenzione: la percezione richiede partecipazione”.

Muntadas. Interconnessioni è uno dei Main project di ART CITY Bologna 2020, il programma istituzionale di mostre, eventi e iniziative speciali promosso dal Comune di Bologna in collaborazione con BolognaFiere in occasione di Arte Fiera. La mostra presenta un’analisi trasversale del lavoro dell’artista, che va dai primi anni Settanta a oggi, stabilendo nuovi campi di significato e relazioni puntuali tra i temi ricorrenti nella sua analisi interdisciplinare: la globalizzazione, il capitalismo transnazionale, la nozione di dispositivo, la relazione pubblico/privato, i rapporti tra monumenti e memoria, le “microfisiche” del potere, l’interrogazione dell’archivio, i processi della traduzione, la circolazione delle informazioni, l’immaginario politico veicolato dai media. Il titolo si riferisce a una frase dello storico dell’arte e dell’architettura Mark Wigley che definisce l’artista come “una città, piuttosto che una persona, una rete di spazi di scambio che opera per lunghi periodi, piuttosto che un individuo”, evidenziando il carattere di viaggiatore nomade e instancabile networker che ha contraddistinto Muntadas nel corso della sua lunga carriera.

La ricerca di Muntadas, che con i suoi media landscapes è considerato un pioniere della Media Art nell’ambito dell’arte concettuale, esplora fin dagli esordi arte, scienze sociali, sistemi di comunicazione e le loro reciproche interconnessioni. La metafora del paesaggio, secondo l’artista, descrive come il sistema dei media (giornali, radio, tv, web, canali digitali) crei scenari diversi da quelli tradizionalmente individuati dalla storia dell’arte come rappresentazione della natura: si tratta di paesaggi nuovi, determinati dalle tecnologie.

Muntadas, tenendosi a distanza da facili generalizzazioni, lavora per singoli progetti, analizzando i contesti e adattandosi ad essi secondo un approccio site specific e time specific. Ciò gli consente di esplorare la complessità del presente e di analizzare in maniera approfondita le contraddizioni del sistema. Il mezzo che, di volta in volta, meglio si adatta all’opera non è deciso a priori ma si determina nel corso del processo artistico. Il percorso espositivo a Villa delle Rose ci mostra come Muntadas sia in grado di spaziare tra differenti media: fotografia, video, pubblicazioni, web, installazioni e interventi urbani. Gli oltre 20 lavori in mostra si pongono come artefatti complessi che, nella relazione con il visitatore, possono essere attivati generando senso: se le opere degli anni Settanta costituiscono il background contestuale, quelle recenti portano l’attenzione sulla ricerca attuale, affrontando questioni sociali, politiche, di comunicazione e smascherando i casi in cui i canali di informazione spacciano per vera un’oggettività inesistente mentre censurano o promulgano idee, fino ad arrivare a fenomeni quali le fake news.

Coerentemente con l’attenzione al tema dello spazio pubblico e all’apertura verso il contesto in cui agisce, Muntadas si apre al dialogo con Bologna attraverso due operazioni, una in un luogo altro dalla villa, la seconda a partire dalla storia della città.

La prima è uno spazio di documentazione presso la Fondazione Federico Zeri dell’Università di Bologna (Piazzetta Giorgio Morandi 2), che completa l’esposizione presentando diversi materiali su tre grandi progetti realizzati dall’artista negli ultimi anni, quali Asian Protocols (2011-2018), About Academia (2011 e 2017) e La construcción del miedo (2008-2013).

La seconda è un’idea per un intervento pubblico site specific dal titolo On Translation: I Piedistalli. Il progetto prende spunto da 59 busti di uomini illustri un tempo situati nel Parco della Montagnola, ritirati a causa di atti vandalici e, dal 1998, conservati nel sottotetto di Villa delle Rose in attesa di futuri restauri. Nella proposta concettuale di Muntadas non saranno però le effigi a diventare oggetto dell’opera bensì i piedistalli che le sostenevano, poiché tali supporti possono essere considerati una metafora del potere nelle sue diverse forme: politico, culturale, economico, religioso. Il piedistallo, nella sua autonomia di significante portatore di significato, ricollocato nello spazio pubblico, si fa dispositivo in grado di riattivare un dialogo storico e culturale con il tessuto della città.

Dal 18 gennaio al 22 marzo 2020

Villa delle Rose, Bologna, via Saragozza 228/230. Info & Orari: www.mambo-bologna.org/villadellerose/

Through time: integrità e trasformazione dell’opera allo CSCA di Parma

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Lo CSAC – Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma riapre gli spazi rinnovati e restaurati dell’Abbazia di Valserena con Through time: integrità e trasformazione dell’opera, un programma di mostre e residenze d’artista realizzato in occasione di Parma Capitale Italiana della Cultura 2020, che vedrà la partecipazione di Massimo Bartolini, Luca Vitone ed Eva Marisaldi.

L’Archivio-Museo CSAC conserva a partire dal 1968 oltre 12 milioni di pezzi suddivisi in cinque sezioni: Arte, Fotografia, Media, Progetto e Spettacolo. Un patrimonio preziosissimo su cui gli artisti invitati a riflettere proponendone una propria lettura, una collezioni di archivi con cui hanno potuto confrontarsi e interagire per ideare delle installazioni che saranno visitabili nel corso del 2020, accompagnate da un progetto editoriale.

Il primo capitolo di Through time: integrità e trasformazione dell’opera vedrà protagonista Massimo Bartolini con un progetto dal titolo On Identikit che inaugura il 16 febbraio 2020 (fino al 22 marzo 2020) negli spazi della grande Chiesa dell’Abbazia.Le opere di Massimo Bartolini, spesso pensate a partire da un contesto specifico ­– un’opera, una collezione – vivono in stretto legame con il luogo che le ospita. L’artista interviene sullo spazio in maniera del tutto antimonumentale, modificandolo, interpretandolo e definendolo. Nel corso della sua residenza allo CSAC, Bartolini si è focalizzato sulle opere di due grandi maestri come Luigi Ghirri e Luciano Fabro, presenti nelle collezioni degli archivi CSAC. Nella fase preliminare del progetto, Bartolini si è concentrato nella ricerca di tutti i dischi in vinile fotografati da Ghirri nella serie “Identikit” (1979), dove l’artista emiliano restituiva in maniera veritiera e implacabile un ritratto di se stesso attraverso quello della propria libreria. I titoli dei vinili, spesso erosi dall’uso e quasi illeggibili sulla spina dei 33 giri, hanno istigato a Bartolini una “curiosità da archeologo”, per poter sfilare finalmente i dischi dalla bidimensionalità dello scatto fotografico e ascoltarli in compagnia dell’opera Lo Spirato di Luciano Fabro (1972), allestita in una delle cappelle nobiliari della Chiesa, “forse per consolare, come quando si porta un mazzo di fiori su una tomba o per rallegrare, come quando si vuole smuovere una energia o per modificare, come, grazie ad un sortilegio, rendere organico l’inorganico”.

Il secondo capitolo di Through time coinvolge Luca Vitone, già protagonista di una residenza presso lo CSAC nel 2017 in occasione del progetto #GrandTourists, artista che da sempre lavora sull’idea di luogo, produzione culturale e memoria. Il progetto espositivo dal titolo Il Canone che apre il 4 aprile 2020 (fino al 30 maggio 2020) prevede la messa in mostra del furgone utilizzato fino ai primi anni 2000 dallo CSAC per il trasporto delle opere e degli archivi in occasione delle donazioni, che sarà allestito nella navata della Chiesa dell’Abbazia di Valserena seguito da una lunga “parata” di lavori e progetti che rappresentano un ampio spettro della ricerca artistico-culturale italiana del Novecento, selezionati dall’artista con un criterio del tutto personale, quasi a ricostruire immaginari legami tra le opere conservate allo CSAC e le proprie vicende biografiche.  Per Vitone, “entrare nell’archivio del CSAC è come immergersi in un mare tropicale […] Impossibile non rimanerne affascinati, anche se non si riconoscono i pesci si è frastornati dai colori, dalle forme e soprattutto dalla quantità di animali da osservare”. Tra gli autori scelti da Vitone negli archivi CSAC figurano Ugo Mulas, Alighiero Boetti, Gianni Colombo, Lucio Fontana, Mario Schifano, Mario Nigro, Pietro Consagra, Alberto Rosselli, Afro Basaldella, Luigi Ghirri, Archizoom Associati/Lucia Bartolini, Walter Albini, Giosetta Fioroni, Michelangelo Pistoletto, Maddalena Dimt, Franco Albini, Danilo Donati/Sartoria Farani, Ettore Sottsass jr., un anonimo (imitazione di Magistretti), Andrea Branzi, “Il Male” e infine un monocromo eseguito dallo stesso Vitone con le polveri del CSAC: una sorta di retino, di quelli usati dai bambini per catturare granchi e pesciolini, ma spesso portante vuota acqua salata.

Il capitolo conclusivo di Through time inaugura il 5 settembre 2020 (fino al 17 ottobre 2020) e avrà come protagonista Eva Marisaldi, artista che aveva già lavorato sugli archivi CSAC nel 2017 nell’ambito del progetto L’Abbazia per tutti, finanziato dal MIUR, quando aveva prodotto, con la collaborazione di Enrico Serotti, l’opera audio-video Jukebox rivolta al pubblico disabile e non, nell’ottica di un approccio inclusivo all’Archivio-Museo. Eva Marisaldi si esprime attraverso un linguaggio artistico poliedrico mediato tra fotografie, manufatti, azioni, video, animazioni, installazioni, alternati a tecniche di ricamo e di disegno. Altresì i suoi lavori sono caratterizzati da una raffinata vena narrativa. Nella sua ricerca prende spunto dalla realtà ma si concentra su aspetti nascosti delle situazioni quotidiane, analizzandoli attraverso il suo modo di fare arte, un processo giocoso che si addentra nella sfera della fantasia e dell’immaginazione. Interrogandosi su tematiche quali il dialogo e la comunicazione, Eva Marisaldi indaga le possibilità di riflessione individuale e collettiva all’interno dello spazio espositivo, rapportandosi con esso in maniera sempre delicata ed elegante. Le sue opere di conseguenza non producono un impatto immediato, i suoi interventi sono complessi e si contraddistinguono per un iniziale senso di spaesamento, richiedendo lunghe pause di riflessione ed un’attenta osservazione.

A partire dal 16 febbraio 2020

Parma, CSAC – Centro Studi e Archivio della Comunicazione, Abbazia di Valserena, Strada Viazza di Paradigna, 1 Info: csacparma.it

‘Lo Schiaccianoci’ , al Duse la favola di Natale

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Lo Schiaccianoci_Russian Classical Ballet_Teatro Duse Bologna_@Nutcracker

Sarà ‘Lo Schiaccianoci‘, la favola di Natale per antonomasia a permeare di magia il palco del Teatro Duse di Bologna la sera del 30 dicembre, ore 21,00.
Ad interpretare sulle punte una fiaba che incanta da sempre grandi e piccini saranno i migliori ballerini e solisti del Russian Classical Ballet. La compagnia, diretta da Evgeniya Bespalova, è composta da un cast di stelle del balletto russo, selezionato nelle più prestigiose scuole coreografiche di Mosca, San Pietroburgo, Novosibirsk e Perm.

Il balletto, che trae origine dalla fiaba‘Lo schiaccianoci e il re dei topi’, del tedesco E.T.A. Hoffmann, è basato sulla versione più romantica, firmata dallo scrittore francese Alexandre Dumas e ripropone le celebri coreografie originali di Marius Petipa e Lev Ivanov.

Lo Schiaccianoci_Russian Classical Ballet_Teatro Duse Bologna_@Nutcracker_09

È la notte Natale, siamo nella Germania del primo Ottocento, al centro della storia Clara, una ragazzina che sogna di incontrare un principe. Attorno al grande albero addobbato, Clara, il fratello Fritz e i loro amici partecipano ad una festa da ballo, quando arriva Drosselmeyer, zio di Clara, che porta doni a tutti i piccoli invitati e mostra la sua abilità di mago con alcuni giochi di prestigio. Il regalo dello zio per Clara è uno schiaccianoci a forma di soldatino. Al termine del ballo, la bambina resta sola e si addormenta. Inizia qui il sogno di Clara, popolato da giocattoli giganti e da un agguerrito esercito di topi che cerca di rubarle lo Schiaccianoci. Nel pieno della battaglia il giocattolo improvvisamente si anima e combatte al fianco di Clara, sconfiggendo il Re dei Topi. Non appena questi muore, lo Schiaccianoci si trasforma in un principe, che conduce la ragazza prima in una meravigliosa foresta innevata, poi nel suo regno, il Regno dei Dolci, dove la Fata Confetto e tutta la corte accolgono Clara a palazzo danzando.

Tra il ‘Valzer dei fiocchi di neve’che chiude il primo atto, la ‘Danza della Fata Confetto’ ed il celeberrimo ‘Valzer di fiori’ che segna la fine del viaggio onirico, ‘Lo Schiacconoci’ è un trionfo di fantasia e romanticismo esaltato dalle note immortali di Pyotr Ilyich Tchaikovsky. Un balletto da godersi con tutta la famiglia nella magica atmosfera del Natale, quando svaniscono le paure ed i sogni diventano realtà, anche solo per il tempo di una sera a teatro.

teatroduse.it

Guardarsi guardare. Pensando a Petrolini

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Ettore Petrolini

 

Dalla mostra di Gianluigi Colin al Palazzo del Governatore di Parma all’Amleto di Michele Sinisi visto al Teatro Testori di Forlì. Da Picasso. La sfida della ceramica al MIC di Faenza al saggio Che cos’è la video-estetica di Alessandro Alfieri (Roma, Carocci, 2019): note su alcune belle occasioni per nutrire la rivoluzione degli / negli occhi.

Da ragazzino – potevo avere undici o dodici anni – se vedevo un funerale, immediatamente mi accodavo. Poi, piano piano, m’intrufolavo fino ad essere vicino ai parenti del morto; assumevo un’aria afflitta e fingevo di commuovermi fino alle lagrime, per farmi compatire dalla gente.

– Povero figlio…
– Quanto mi fa pena…
– Chi sarà?…
– Sarà un nipote…
– No; deve essere il figlio…
– Ma non aveva figli…
– Allora sarà il figlio del portiere di casa sua…
– Non credo. Guardalo come piange…
– Ma chi è? Sarà il figlio di sua sorella…
– Sarà il figlio della serva…
– Tu lo conosci? Ma di chi è figlio?
– Sarà il figlio della colpa…

Tutte queste cose veramente non le dicevano: io, però, m’immaginavo che le dicessero.
Ma perché facevo tutto questo?
Facevo il teatro.

L’incipit del gustoso libretto di memorie Modestia a parte… di Ettore Petrolini (Bologna, Cappelli, 1932) pare perfetto per dare avvio a un pur veloce resoconto di alcune forme culturali in cui ci siamo imbattuti nelle ultime settimane, diverse per medium utilizzato eppure accomunate da una medesima interrogazione alla postura (del) guardante nello smuovere con diversi gradi di ironia (dunque, socraticamente, di distanza) il rapporto dell’immagine con il proprio farsi.

Due mostre, uno spettacolo e un libro: tutti lì a «guardarsi guardare», per dirla con Merleau-Ponty.

Immagini che interrogano immagini.

L’argomento, va da sé, è smisurato, la ricchezza di pensiero ed esperienza di cui queste proposizioni sono traccia affatto imponente: non v’è dunque alcuna pretesa di esaustività, in queste poche righe, solo il desiderio di restituire per lacerti e lampi alcune visioni, come semplice invito a costruirne di personali.

 

Emilio Isgrò, Primo numero, 2013

 

Al Palazzo del Governatore di Parma abbiamo visitato, nel penultimo giorno di apertura, la mostra Costellazioni Familiari – Dialoghi sulla libertà, che ha messo in forma di immagine gli stratificati rapporti dell’artista visivo ed «agitatore culturale» Gianluigi Colin con giganti del calibro di Getulio Alviani, Nanni Balestrini, John Berger, Mario Dondero, Emilio Isgrò, Jannis Kounellis, Mimmo Paladino, Claudio Parmiggiani, Mimmo Rotella, Mario Schifano, Federico Tavan e Franco Vaccari, tra gli altri.

Oggetto dell’esposizione, nomen omen, sono state le fecondanti reciproche citazioni (termine da intendersi come attitudine a inserire l’altrui discorso nel proprio, modificandone segno e significato) che le diverse biografie artistiche hanno generato.

Tema specifico di indagine: il rapporto fra immagine e parola, che nel caso dell’occasione parmigiana si è inverato in almeno due precise direzioni.

La prima: opere che (rap)presentano parole, elidendole. Da Kounellis che con una larga pennellata nera copre la scritta «W la libertà W Gericault» in apertura fino alle celebri cancellature di Isgrò, passando dalle traps dello stesso Colin in cui decine di trappole per topi sparse sul pavimento imprigionano alcune parole-simbolo dell’oggi, tratte da pagine di giornali americani.

La seconda: in aggiunta alle consuete didascalie (con nome dell’autore, titolo, tecnica utilizzata, data e misure) a quasi tutte le opere è giustapposta una piccola narrazione in prima persona in cui Colin racconta l’occasione della creazione dell’opera e/o il proprio personale rapporto con l’artista. «In un giorno di primavera del 2014, con Maria Nadotti sono andato a trovare John Berger nella sua fattoria nello sperduto villaggio di Quincy, sotto il Monte Bianco»: così inizia ad esempio la nota a fianco di Texte d’oignon del geniale critico, scrittore e artista inglese che «il giorno prima aveva invitato un vicino a far nascere un vitello».

Al di là del gusto per l’aneddoto e l’ineludibile rete di relazioni che si origina in qualsivoglia società o consorzio umano, pare interessante notare come questa rigorosa e complessa ricerca artistica si nutra di mondo -non solo di accademia- e l’opera non si pone tanto come rappresentazione del mondo (o della vita), quanto come un suo peculiare frammento.

 

Michele Sinisi

 

Un po’ come il Petrolini citato in apertura, anche l’Amleto di Michele Sinisi, visto al Teatro Testori di Forlì, gioca senza posa con la percezione del reale.

A partire dal capolavoro di Shakespeare, lo spettacolo ingaggia una dinamica «ludica» di relazione con le aspettative dei guardanti, resa possibile dall’estrema notorietà del testo di partenza. In questo «gioco delle variazioni», in cui il dato di interesse proviene non dal ricevere una immagine (o storia) sconosciuta, quanto dal vedere come viene raccontata una vicenda già nota, Sinisi dà ennesima prova di grande istrionismo, termine qui da intendersi in senso etimologico del prevalere del corpo e della cinesi sulla parola.

È infatti attraverso il movimento che la molteplicità di Figure che abitano il testo prendono vita, in una scena composta unicamente di alcune sedie (sui cui schienali è scritto brutalmente il nome dei personaggi), un telefono cellulare con cui l’attore di tanto in tanto fa ascoltare una musica e un po’ d’acqua.

In questo Amleto l’artista pugliese propone suoi consolidati stilemi: abbassamento del lirismo nella direzione della colloquialità, uso di oggetti pop, picchi improvvisi del volume della voce, cadenza dialettale, dialettica fra presentazione e rappresentazione, messa in evidenza del dispositivo e della lingua scenica, reiterazioni per creare tensione drammatica oggettiva, ecc.

In questo esercizio di re-citazione (dunque di ri-nominazione), al centro del teatro che ciascuno spettatore va costruendosi nella mente sta la distanza tra ciò che si sa e ciò che è dato a vedere – in tal senso pare appropriata la scelta di restituire la vicenda per frammenti, con un senso della variazione a farsi decostruzione, più che mera esibizione di inventiva.

Sinisi senza posa sfila / smonta davanti agli occhi dello spettatore ciò che vede e sa, con un’attitudine che se altrove abbiamo definito post-drammatica in questo caso potremmo nominare almeno post-moderna.

 

Pablo Picasso

 

Al Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza abbiamo visitato la mostra Picasso. La sfida della ceramica (visitabile fino al 13 aprile 2020), in cui sono esposti cinquanta pezzi unici provenienti dalle collezioni del Musée National Picasso-Paris.

Raccomandando con forza al lettore di cogliere l’occasione per visitare la straordinaria collezione permanente del MIC, che raccoglie fascinosi manufatti di un’ampissima gamma di provenienze ed epoche, la mostra dedicata al celeberrimo artista spagnolo pare aggiungere al piccolo discorso sull’immagine che stiamo approntando in queste righe un’ulteriore esemplificazione.

Posta la dimensione economico-commerciale di una produzione affatto distante da ogni pretesa romantica di arte come insopprimibile necessità di espressione del sentimento (con l’aiuto fondamentale del ceramista Jules Agard al tornio, Picasso nel solo anno 1948 ha creato ben 2.000 pezzi unici ceramici – ai quali vanno aggiunti gli altri circa 3.000 creati successivamente e la gran quantità di multipli), le opere in mostra a Faenza rispondono ad almeno due logiche, nel rapporto con l’immagine.

La prima: in alcuni casi Picasso utilizza il supporto come fosse una tela (fino a dipingere sui bordi i chiodi che normalmente fissano questo tessuto alla cornice di legno), ponendo di fatto una distanza tra l’immagine ed il medium utilizzato.

La seconda: dal materiale scaturisce l’immagine, come nel caso di una bottiglia che, ritorta, diviene colomba.

Ai fini del nostro discorso questa trasformazione (da bottiglia a colomba) è utile in quanto pertiene la non identità tra estetico e artistico.

Se è vero che gli oggetti estetici includono sia gli elementi naturali che gli artefatti, un’opera d’arte non è che un artefatto a funzione estetica la cui qualifica è data da una relazione.

Detto altrimenti: qualsiasi oggetto può risultare estetico per un soggetto, ma nessun oggetto può dirsi artistico in sé.

Ancor meglio: affinché un oggetto possa dirsi opera d’arte occorrono 1) la volontà dell’autore 2) un sistema sociale che lo qualifichi come tale 3) una sufficiente attenzione e disposizione del fruitore per accoglierlo.

Un’analoga «bottiglia ritorta» vista altrove (e non in un Museo) sarebbe egualmente classificabile come opera d’arte?

Al di là delle sempre opinabili risposte, crediamo di interesse l’invito dell’occasione faentina a «guardarsi guardare» l’arte e il mondo.

 

 

Di questi ed altri temi, con profondità e ampiezza impossibili da riassumere qui, si occupa il recente Che cos’è la video-estetica di Alessandro Alfieri (Roma, Carocci, 2019).

Il saggio con visionario rigore analizza, con una quantità di esempi e riferimenti, i rapporti reciprocamente nutrienti tra ricerca artistica e settori commerciali, in special modo nell’ambito dei videoclip musicali, studiando «lo strano rapporto schizofrenico e irrisolto tra sperimentazione audiovisiva e applicazione commerciale nel settore videomusicale» (p.97).

A partire da un sintetico ma certo indispensabile inquadramento storico, che fa originare la video arte nel movimento Fluxus (anni Cinquanta / Sessanta) che si poneva in continuità con il Dadaismo di inizio Novecento, il saggio analizza il lavoro di diversi autori con una ampiezza di riferimenti e di sguardo da renderlo di grande interesse non solo per gli appassionati del settore o per gli addetti ai lavori, ma per tutti coloro che si trovano a guardare le forme (culturali) del mondo: cioè tutti.

Mandando al diavolo la consueta quanto sterile distinzione tra cultura alta e bassa, tra ciò che è arte e ciò che arte non è, il saggio di Alessandro Alfieri propone una salutare rivoluzione dello sguardo: «La totale assuefazione e il radicale intorpidimento nei confronti dell’orizzonte massmediale sembrano essersi compiuti proprio quando, come accade oggi, l’arte stessa, deputata storicamente alla comprensione critica del mutamento antropologico derivante dagli sviluppi tecnologici, rinuncia a questa sua funzione, preferendo rispecchiare la realtà instaurando un circolo di perpetua identità: il capovolgimento dialettico e paradossale è che proprio l’arte, che ambisce più di ogni altra espressione culturale a recuperare l’esperienza della Avanguardie storiche, che si affida all’assolutizzazione della forma e dell’autonomia e che intende opporsi all’odierno orizzonte-socio-culturale attraverso la forza dell’isolamento, in realtà ottiene proprio il risultato di mantenere lo stato delle cose (arrivando persino ad abbellirle tramite l’ornamentalità), mentre la forza veritativa e critica viene recuperata, dialetticamente, negli episodi culturali nei quali la sperimentazione dell’arte digitale ha trovato ambiti applicativi appartenenti alla dimensione della popular culture» (pp. 66-67).

Quattro occasioni per nutrire la rivoluzione degli / negli occhi.

Dire grazie, almeno.

 

MICHELE PASCARELLA

 

info: https://www.comune.parma.it/cultura/evento/it-IT/Mostra-Costellazioni-Familiari-Dialoghi-sulla-liberta.aspx, http://www.colin.it/, https://www.teatrotestori.it/, https://www.facebook.com/michele.sinisi.9, http://www.micfaenza.org/it/mostre/394-picasso-la-sfida-della-ceramica.php, https://www.facebook.com/alessandro.alfieri.129, http://www.carocci.it/

 

I Ponzio Pilates chiudono il 2019 del Bronson

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Il 2019 del Bronson si chiude sabato 28 dicembre alle ore 21.30 con il concerto dei Ponzio Pilates che presentano al pubblico il loro ultimo album, Sukate, uscito per Brutture Moderne.

L’esplosivo psycho-combo originario di Igea Marina torna a stupire il proprio pubblico con il loro mix di low fi rock e ritmi ossessivi. Sukate è il primo full-length della band e s’impone come uno dei lavori meno classificabili a livello di genere dell’intero anno. Le sue atmosfere musicali passano dallo stridente e furioso al dolce e sinuoso, come in una sorta di flusso serrato e frenetico, che ben si adatta ai nostri tempi. L’album si compone di brani che risalgono al loro primo periodo, affiancati da altri che sono invece il frutto di nuove esperienze.

L’editing e il mixaggio sono stati possibili grazie all’aiuto di Andrea Lepri, mentre nell’arrangiamento si può sentire il tocco di Watashi che, insieme a Ciocobiscotto, rappresentano la parte del disco in cui si percepisce maggiormente l’amore dei Ponzio Pilates per i videogiochi, l’8bit e le avventure digitali.

Sabato 28 dicembre, Ponzio Pilates, Bronson Madonna dell’Albero Ravenna, ore 21.30 – info: 333 2097141, www.bronsonproduzioni.com

Teatro Bonci festeggia il 2020 con la magia circense

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Il Teatro Bonci di Cesena festeggia l’arrivo del nuovo anno con un’atmosfera magica e da circo: il 30 e il 31 dicembre alle ore 21 il palco del teatro ospiterà infatti l’ultimo spettacolo di Victoria Chaplin, intitolato Bells and Spells che vede in scena la figlia, Aurélia Thierrée, accompagnata dal danzatore Jaime Martinez.

Lo spettacolo si svolge in un atto unico, composto da un susseguirsi di scenari, con Aurélia nei panni di un’inguaribile e abile cleptomane, totalmente in balia degli oggetti di cui cerca di impadronirsi. Un vero e proprio gioco teatrale immerso in un’atmosfera d’incanto, un sogno che diventa realtà grazie al lavoro di reinterpretazione di artisti straordinari in grado di guidare gli spettatori di questo quasi 2020 in un immaginario mai realmente perduto, fatto di meccanismi improbabili, incontri stravaganti, carillon impazziti e mille altre sorprese.

Bells and Spells è un susseguirsi di quadri onirici mascherati da “vita reale”, dove però tutto ciò che sei in grado di immaginare diventa possibile: gli oggetti si spostano autonomamente e godono di vita propria, i personaggio fuoriescono dalla pareti, i dipinti prendono vita, gli oggetti si trasformano in esseri viventi, piccoli animaletti innocui o grandi draghi che una giovane fanciulla può cavalcare.

30 e 31 dicembre, Bells and Spells, Teatro Bonci Cesena, ore 21 – info: 0547 355959, info@teatrobonci.it, cesena.emiliaromagnateatro.com, www.emiliaromagnateatro.com

“After Miss Julie” in scena a gennaio al Teatro Galli di Rimini

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foto di Noemi Ardesi

Al Teatro Amintore Galli di Riminidal 7 al 9 gennaio, andrà in scena After Miss Julie, l’opera di Patrick Marber (sceneggiatore già candidato all’Oscar 2005 per “Closer”) che vede i protagonisti Gabriella Pession Lino Guanciale guidati dal regista Giampiero Solari.

Lo spettacolo è il primo allestimento italiano di After Miss Julie, riscrittura del classico di August Strindberg.

È la notte del 29 aprile 1945 e a Milano sono in corso i festeggiamenti per la Liberazione dall’occupazione nazifascista, momento storico apripista dei grandi cambiamenti che segneranno i costumi e la società italiana. I contrasti tra le classi sociali e il desiderio di autodeterminazione delle donne sono i due motori di questa storia.  

Nella cucina di un’antica villa, in uno spazio seminterrato, una donna dell’alta società italiana, la signorina Giulia (interpretata magistralmente dalla Pession) decide di abbandonarsi alla più completa trasgressione. Spinta da un’irrazionale ribellione, la ragazza tenta di sedurre Gianni (Lino Guanciale), autista e capo della servitù, di fronte a Cristina (interpretata da Roberta Lidia De Stefano), cuoca e sua promessa sposa.

Un crescendo angoscioso di conflitti che culmina in un finale crudo e violento.

Uno spettacolo che sta riscuotendo un enorme successo sia di critica che di pubblico, registrando svariati sold out.

After Miss Julie, dal 7 al 9 gennaio, ore 21, Teatro Amintore Galli, Rimini, piazza Cavour 22. Per info: 0541 793811, teatrogalli@comune.rimini.it

Torna “Bollicine”, l’appuntamento di fine anno con l’Orchestra Senzaspine

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Non c’è dicembre che si rispetti senza Bollicine, l’ormai tradizionale appuntamento di fine anno con l’Orchestra Senzaspine che si terrà venerdì 27 e sabato 28 dicembre al Teatro Duse di Bologna (con replica, per la prima volta, domenica 29 al Teatro Michelangelo di Modena).

L’Orchestra, diretta da Matteo Parmeggiani Tommaso Ussardi, con la voce del soprano Eva Macaggi, proporrà brani celebri del repertorio viennesi e i grandi classici dell’opera italiana. Si potranno ascoltare la Sinfonia della Luisa Miller di Giuseppe Verdi, l’aria “È strano! È strano!” da La Traviata, la Sinfonia da I Vespri siciliani, i Preludi dall’atto I e II di Un ballo in maschera e alcune melodie di Johann Strauss come l’Ouverture dal Die FledermausUnter Donner und Blitz, Kaiser-WalzerMaskenball-QuadrilleFrühlingsstimmen e l’immancabile Sul bel Danubio blu.

Anche quest’anno il pubblico sarà invitato a cantare assieme all’Orchestra e a partecipare al brindisi finale offerto dall’azienda agricola Benotto Luigino.

Lo spettacolo è realizzato in collaborazione con il Teatro Duse.

27 (ore 21) e 28 dicembre (ore 16 e ore 21), Teatro Duse, Bologna, via Cartoleria 42.  Per info: 051 231836, info@senzaspine.com

29 dicembre (ore 21), Teatro Michelangelo, Modena, via Pietro Giardini 255. Per info: 059 343662, info@senzaspine.com

Camera Jazz Club, gli appuntamenti delle feste

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Dopo il giorno di Natale e di Santo Stefano, si continua a fare festa presso la Camera Jazz Club di Bologna con due concerti alle ore 21.45: il primo, nella serata del 27 dicembre, sarà in compagnia del Nico Menci Trio; il secondo invece si terrà il 28 dicembre con The House Band.
Nico Menci Trio sono Nico Menci al pianoforte, Stefano Senni al contrabbasso e Peter Seller alla batteria. Il trio propone una selezione di classici della tradizione be bop e hard bop, nonché alcuni brani tratti dai musical di Broadway, eseguiti con arrangiamenti originali del leader del gruppo. Il suono raffinato dà vita ad un concerto di grande atmosfera, costantemente sostenuto da un notevole interplay e dalla perizia tecnica dei singoli componenti.
Bolognese, classe 1971, Nico Menci si avvicina al pianoforte all’età di sette anni, per poi iniziare a suonare professionalmente nel 1992, collaborando in primis con musicisti quali Jimmy Villotti, Piero Odorici, Carlo Atti, Marco Tamburini, Roberto Rossi e Giancarlo Bianchetti. Il percorso intrapreso lo conduce in breve tempo a partecipare a numerose rassegne e ad esibirsi nei migliori jazz club Europei al fianco di protagonisti del jazz internazionale come Steve Turre, Buster Williams, Lenny Withe, Joe Farnsworth, Elliot Zigmund, Steve Ellington, Slide Hampton, Eddie Henderson, Eric Alexander solo per citarne alcuni.