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Tra passato, presente e futuro: Ricordi? di Valerio Mieli

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L’adesso non esiste perché nel momento in cui lo pronunci è già prima. Questa è la filosofia del giovane protagonista di Ricordi?, il film di Valerio Mieli che all’ultima Mostra Internazionale dell’arte cinematografica di Venezia si è guadagnato il premio FEDIC (Federazione Italiana dei Cineclub) e quello del pubblico.
È proprio la filosofia del protagonista, Paolo (Luca Marinelli), a rappresentare la chiave di lettura di tutto il film. A guardare il trailer si potrebbe infatti restare ingannati dall’idea di una semplice, seppur travagliata storia d’amore. E in parte è così, ma ciò che stupisce e conquista del film è come al storia d’amore è costruita.
L’affermazione del protagonista precede la comparsa sul grande schermo del titolo del film e già fin dall’inizio il regista abitua lo spettatore al gioco di intreccio tra passato, presente e futuro giustificato narrativamente dall’attitudine dei personaggi che costruiscono la loro relazione su un gioco di evocazione continua di ricordi. Il risultato è un turbine di immagini, nel quale lo spettatore si trova completamente coinvolto nel tentativo di ricostruire una linea cronologica della narrazione, aiutato dal regista dall’uso di filtri di colore (blu, giallo, rosso e verde) che definiscono i tempi della narrazione.
Oltre ai continui rimbalzi tra l’adesso, i ricordi e le previsioni, il film gioca anche sull’idea psicologica di ricordo, che è sempre una distorsione della realtà, o meglio una sua interpretazione. Quando ricordiamo un evento che abbiamo vissuto lo personalizziamo, ecco perché il colore dell’abito di Ginevra (Linda Caridi) cambia colore nel corso del primo incontro ed ecco perché i ricordi talvolta si fanno confusi ed è difficile dire quale sia stata effettivamente la verità.
Quella che poteva essere una banale storia d’amore complicata diventa così in interessante gioco di incastri dove lo spettatore è chiamato in prima persona un po’ a giocare e un po’ anche a godersi semplicemente l’estetica e la componente plastica del film, che sfrutta in particolar modo l’effetto cromatico.

Appuntamento con il Cinema Ritrovato: Enamorada

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A partire dall’8 aprile, in numerose sale dell’Emilia-Romagna e di tutta Italia arriva l’ultimo lavoro di restauro promosso dal Cinema Ritrovato della Cineteca di Bologna: Enamorada, di Emilio “El Indio” Fernández.
Enamorada esce per la prima volta nelle sale nel 1946, nel bel mezzo dell’epoca d’oro del cinema messicano che a partire dalla seconda guerra mondiale ha vissuto un incremento della sua produzione. Si poteva dire essere nata una vera e propria industria, con società nazionalizzate volte a promuovere i film su tutti i possibili mercati, anche se la produzione era ristretta a un certo numero di registi, quasi mai giovani esordienti, a cui era imposta la realizzazione di film di genere, a basso budget e girati nel minor tempo possibile. Solo i progetti per cui si prevedevano grandi incassi potevano aspirare al grande schermo, e quindi ad incontrare il grande pubblico.
Da questo particolare contesto storico deriva probabilmente l’aderenza ai generi del cinema hollywoodiano che entrano anche nel film di Fernández, abile però nel maneggiarli, mescolarli ed inserirli all’interno di una messa in scena e regia che fanno del film uno splendido esempio di cinema messicano. Ecco dunque che la trama di Enamorada si snoda tra melodramma, nella storia d’amore contrastata e nella presentazione classica dei personaggi, western e screwball comedy. Accanto ai canoni che questi generi si portano inevitabilmente dietro non mancano però punte di particolare originalità: Maria Félix (che interpreta Beatriz) è di certo presentata con un primo piano che esalta la sua bellezza, ma è anche una donna anomala, si potrebbe dire quasi una femminista, che non ha bisogno e non vuole sottomettersi a un uomo, ma sa cavarsela da sola. A questo bene si abbina la fotografia di Gabriel Figueroa, che elabora immagini pittoresche di panorami con un’ampia profondità di campo.
La storia d’amore tra Beatriz e il generale ribelle José Juan Reyes (Pedro Armendáriz) si inserisce all’interno della cornice della rivoluzione messicana del 1917 alla quale lo stesso regista ha preso parte e che probabilmente per questo motivo si fa non solo sfondo ma anche in qualche modo protagonista di una storia che celebra i soldateras, vale a dire le mogli dei soldati che durante la rivoluzione seguivamo i loro uomini talvolta anche sul campo di battaglia.
Dall’8 aprile, Enamorada – info: distribuzione.ilcinemaritrovato.it

SOLD OUT! PER IL LAGO DEI CIGNI DEL CORPO DI BALLO DEL SAN CARLO DI NAPOLI

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Trepidante attesa e tutto esaurito per Il lago dei cigni di Pëtr Il’ič Čajkovskij, grande classico ottocentesco che apre la Stagione di Danza 2019 venerdì 5 aprile alle 20.30, con replica sabato 6 aprile alle 18.00, al Teatro Comunale di Bologna.

Capolavoro del tardo Romanticismo eseguito per la prima volta al Teatro Bol’šoj nel 1877 con la coreografia di Julius Reisinger, Il lago dei cigni ottenne un vero successo soltanto nel 1895 grazie all’allestimento di Marius Petipa e Lev Ivanov al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo. Manterranno il fascino della fiaba russa originaria, in questa produzione, le scenografie di Philippe Binot ispirate alla pittura di fine Ottocento.

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Il balletto è eseguito dal Corpo di Ballo del Teatro di San Carlo di Napoli diretto da Giuseppe Picone, al suo debutto al Comunale, ed è proposto nella rivisitazione storica del coreografo cubano Ricardo Nuñez, che con questa produzione vinse a Venezia il premio della critica “Danza & Danza” nel 1994.

«La produzione che presentiamo – dice Giuseppe Picone – è in tutto e per tutto classica, come mi piace per i balletti di repertorio. È stata creata appositamente per il Teatro San Carlo e la riprendiamo in questa stagione dopo quasi un decennio di assenza dal nostro palcoscenico. Arriveremo a Bologna con circa 55 ballerini (solo 24 sono i cigni!), orgogliosi di mostrare un corpo di ballo giovane e di talento».

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Protagonisti sul palco per un doppio debutto bolognese la Prima ballerina del Balletto Nazionale Olandese Maia Makhateli, artista georgiana impegnata nel ruolo di Odette-Odile, ovvero il Cigno bianco e il Cigno nero, adatto a mettere in luce in luce le sue doti tecniche e interpretative, e il solista partenopeo Alessandro Staiano, che interpreta il principe Siegfried, fuoriclasse emergente del Corpo di Ballo del Teatro di San Carlo che si sta affermando sulle scene internazionali per lo stile elegante e la tecnica brillante. Sul podio dell’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna il direttore d’orchestra ucraino Aleksej Baklan.

Bologna, Teatro Comunale
Fondazione Teatro Comunale di Bologna
Largo Respighi, 1 – 40126 Bologna

Programmazione: venerdì 5 aprile ore 20.30, sabato 6 aprile ore 18.00

www.tcbo.it

CAFARNAO – CAOS E MIRACOLI. Il nuovo film di Nadine Labaki

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Ieri sera, mercoledì 3 aprile, Sala Biografilm ha presentato in anteprima un altro capolavoro. Dopo il sorprendente esordio alla regia con “Caramel”, Nadine Labaki firma la regia di Cafarnao – caos e miracoli. Il film, candidato agli Oscar® e ai Golden Globe 2018 per il miglior film straniero e vincitore del Premio della Giuria a Cannes, racconta un’altra storia toccante ed emozionante che coinvolge la complessa realtà del Libano. Interprete del film è Zain Al Rafeea, nato nel 2004 in Siria, a causa della guerra si trasferisce con la sua famiglia in Libano, non frequenta la scuola e lavora come fattorino di un supermercato.

Cafarnao_Luky Red

C’è poi l’incontro con Nadine Labaki che lo sceglie come protagonista del suo Cafarnao – Caos e miracoli.

E così Zain diventa un altro Zain, protagonista di una storia tanto simbolica quanto toccante, raccontata attraverso gli occhi di un bambino privo di identità, che crede nei super poteri di Spider Man e nella forza di Rambo, così, pur non perdendo l’incanto della fanciullezza, sorprende con la sua forza e comprensione delle dinamiche graffianti della realtà adulta tanto da ribellarsi al suo destino portando in tribunale i suoi genitori.

Una vicenda di violenze e soprusi, dove anime diverse si incontrano, si uniscono e si ribellano ad un mondo pieno di caos ma dove, i miracoli, sono ancora possibili. il suo riscatto e coraggio, in un mondo troppo difficile.

Un film di grande commozione e apprezzamento del pubblico.
Se ne consiglia la visione

CAFARNAO – CAOS E MIRACOLI di Nadine Labaki
Libano, 2018, 123′, distribuito da Lucky Red
Uscita: 11 aprile
www.luckyred.it/movie/cafarnao/

www.biografilm.it

Torna il Lugo Vintage Festival

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Sabato 6 e domenica 7 aprile torna a Lugo il Vintage Festival: due intere giornate durante le quali il centro storico della città verrà invaso da capi d’abbigliamento, oggettistica, brocantage e tanto altro, mentre i vinili occuperanno largo della Repubblica in una sezione dedicata denominata Vinyl Mini-Market.

Gli appassionati potranno ritrovare alcuni degli appuntamenti fissi del Lugo Vintage Festival come l’iniziativa “Mani nel sacco” promossa da Angelo Vintage Palace (durante la quale i partecipanti avranno a disposizione 10 minuti per cercare di riempire il più possibile la propria sporta), la  “Ruota” di piazza Mazzini, il furgoncino Wolkswagen T2 che offre al pubblico un’esperienza di shopping vintage, ma anche la sfilata di abiti e accessori vintage a cura dell’associazione San Vincenzo de Paoli.

Tuttavia questa edizione primaverile non manca di novità, tra le quali diverse iniziative dedicate al mondo delle pin up.

Lugo Vintage Festival pullula anche di iniziative artistiche e culturali, come la mostra pittorica itinerante di Enzo Marino, la possibilità di farsi fotografare in stile Vintage per un giorno, il concerto itinerante con il Quartetto Rockabbilly.

Scarlet Lovelace e Ferrara Pin Up School in via Baracca cureranno trucco e parrucco in stile anni ’50, mentre accanto sarà presente la Pin Up Dream – Vintage Photoshooting. In via Vincenzo Monti 20 Silent People presenta i lavori artigianali ispirati al vintage e dalle 18 sarà possibile fare aperitivo.

Il pomeriggio di sabato 6 aprile è dedicato al vinile usato presso Fexi Dischi, mentre domenica 7 aprile si potrà andare alla scoperta dei segreti della posa fotografica in chiave pin up grazie a un workshop a cura di Racy Ros e Ferrara Pin Up School, presso la sala Baracca della Rocca (prenotarsi al 366 1812965). Nel pomeriggio di domenica 7 aprile si darà ancora spazio ai dischi in vinile con “Alta fedeltà”,  sotto alla Logge del Pavaglione. Per tutto il pomeriggio ci sarà un dj set in vinile con giradischi montati da Flexi, che cura l’iniziativa.

Sabato 6 e domenica 7 aprile, Lugo Vintage Festival, Lugo – info: www.vivilugo.it

Tre allegri ragazzi morti in concerto al Bronson

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Sabato 6 aprile alle ore 21.30 saliranno sul palco del Bronson i Tre Allegri Ragazzi Morti per presentare il loro ultimo album “Sindacato dei sogni”.

Sindacato dei sogni” è un omaggio al rock psichedelico dei The Dream Syndicate, il gruppo californiano esponente del movimento musicale paisley underground.

In questa operazione di ritorno al rock e alla psichedelia, il gruppo ha riconosciuto nel musicista e produttore Matt Bordin, già Mojomatics e Squadra Omega, l’interlocutore giusto per la ricerca del nuovo sound. Nello studio di Matt, il gruppo ha registrato durante quattro sessioni di registrazione estive il materiale che ha dato corpo al lavoro.

Sindacato dei sogni” è un ritorno alle sonorità tipiche del gruppo, grazie all’utilizzo di strumenti preziosi, a cominciare dalla batteria, una Ludwig del 1973, affompagnata da chitarre elettriche sognanti e liriche poetiche e ironiche.

Le giornate di registrazione si sono susseguiti tra discussioni attorno a Television, Dream Syndicate, Grateful Dead, tra lunghe sessioni di sfide tra i chitarristi.  Nel luogo di registrazione si è creata una quotidianità, un’affinità che ha dato una significativa spinta alla creatività, tanto che quattro dei dieci brani sono stati scritti in quei giorni.

Il concerto si presenta come occasione  per dare spazio alle nuove canzoni ma anche per riproporre le tracce più belle ed amate scritte in questi anni dai Tre allegri ragazzi morti.

Sabato 6 aprile, Tre Allegri Ragazzi Morti, Bronson Ravenna – Info: 333 2097141
www.bronsonproduzioni.com

I Sunday Morning al Bronson di Ravenna con “Four”, il nuovo disco

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Venerdì, al Bronson di Ravenna, i Sunday Morning presentano il loro nuovo disco, “Four”.

A due anni di distanza da “Let It Burn”, dopo aver aperto, nel 2017, le date italiane di Micah P. Hinson ed essere entrata nel roster di BPM Concerti l’anno dopo, con il brano “Lovers & Tramps” la band di Cesena dà il via a un nuovo capitolo. E, infatti,  proprio dalla voglia di percorrere nuove strade e dall’urgente necessità di cambiamento prendono forma i contorni di questo album. Gli scenari sonori sono un viaggio nelle praterie infinite del Southwest, mentre alle spalle risuona il sound del fiume Mississippi; un viaggio alt/rock partito dalla Louisiana e destinato a tracciare con queste dieci canzoni le sue tappe più significative. Chitarre acustiche, piano e voce sono i veri protagonisti dei brani che risultano più lenti e intensi rispetto a ciò a cui si era abituati.

Andrea Cola, voce della band, ha raccontato che la maggior parte dei pezzi sono nati durantei tre mesi passati a New Orleans, dov’era assistente all’Esplanade Studio. Lì, grazie anche e soprattutto all’opportunità di lavorare a fianco di un grande come Daniel Lanois, ha capito che non esiste un approccio giusto o sbagliato alla realizzazione di un disco e che il modo che funziona ha più a che fare con il giusto spirito, il giusto approccio e le giuste persone che con la tecnica.

Sunday Morning, venerdì 5 aprile, ore 21.30, Bronson, Ravenna, via Cella 50, Madonna dell’Albero. Per info: 333 209 7141, info@bronsonproduzioni.com

Al Teatro della Regina di Cattolica un omaggio a Faber e alla sua poesia

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Venerdì, al Teatro della Regina di Cattolica (Rn), va in scena “Amore che vieni, amore che vai. Fabrizio De André, le donne e altre storie”, una produzione di Ater, Associazione teatrale Emilia Romagna. Sul palco sette artisti immensi: Cristina Donà, alla voce, accompagnata da Rita Marcotulli al pianoforte, da Enzo Pietropaoli alla basso, da Fabrizio Bosso alla tromba, da Javier Girotto al sax, da Saverio Lanza alle chitarre e da Cristiano Calcagnile alle percussioni.

La poetica di De André è nota e cara a molti. Ognuno di noi ha una canzone che tiene chiusa in un cassetto della memoria, spesso un ricordo d’amore, altre volte di una figura vicina o lontana, di un personaggio dall’animo sensibile, ironico, romantico, cinico ma non troppo, portatore di un’etica civile, oggi quasi ignorata. Quella del cantautore genovese è una poetica colta, attenta alle ingiustizie, curiosa, che vede protagoniste le donne e l’amore nei loro confronti. Una dedica all’universo femminile. Tutto. Alle donne che hanno imparato a volare alto, a quelle ancora troppo fragili, alla loro tenacia, alla loro voglia di cambiare il mondo, di cercare la felicità, di combattere per un ideale. Alle loro storie. Le stesse che i sette musicisti raccontano in questo progetto-omaggio a Faber, che non è esclusivamente dedicato alle donne, ma che riserva loro il giusto e meritatissimo spazio.

I brani in programma sono: Amore che vieni amore che vai, Ho visto Nina volare, Hotel Supramonte, Marinella, Ave Maria, Tre madri, Le passanti, Bocca di rosa, Ballata dell’amore cieco, Verranno a chiederti del nostro amore, Don Raffaè, Franziska, Princesa, Rimini.

Venerdì 5 aprile, ore 21.15, Teatro della Regina, Cattolica (Rn), piazza della Repubblica, 28. Per info: 0541/966778, info@teatrodellaregina.it

 

 

 

Fare arte nell’epoca “post internet”: un incontro internazionale a Forlì

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Leandro Estrella - Assisted_Self-Portrait

 

L’appuntamento, a ingresso gratuito, prelude alla quarta edizione di Ibrida Festival delle Arti Intermediali, a cura di Vertov Project.

«L’espressione Post Internet Art fu coniata dall’artista tedesca che vive e lavora a New York Marisa Olson, la quale intendeva indicare, le opere d’arte che produceva dopo aver navigato per ore su internet, sua fonte primaria di ispirazione»: Francesca Leoni e Davide Mastrangelo, Direttori Artistici di Ibrida – Festival delle Arti Intermediali, introducono l’incontro internazionale Post Internet Art: dall’archivio al self broadcasting che avrà luogo come preludio alla quarta edizione del Festival (in programma dal 26 al 28 aprile).

«In seguito, moltissimi artisti del calibro di Jon Rafman e Ryan Trecartin hanno riportato nella realtà materiale del white cube i contenuti virtuali espressi e conservati in internet, espressi principalmente dai social network nella forma del self broadcasting (Youtube) e conservati nei blog e in altri social come Flikr, Instagram, ecc., rivelatisi archivi immensi di materiale scaricabile e manipolabile all’infinito» aggiungono i fondatori di Vertov Project «Scopo della Post Internet Art è porre quesiti sull’utilizzo della rete da parte dell’utenza comune».

All’incontro, a ingresso libero, parteciperanno il critico di arte contemporanea Piero Deggiovanni, Silvia Dal Dosso e Franziska Von Guten del collettivo interdisciplinare Clusterduck e le artiste Mara Oscar Cassiani e Sara Lorusso.

Piero Deggiovanni è docente di Storia dell’Arte Contemporanea e di Storia e Teoria dei Nuovi Media all’Accademia di Belle Arti di Bologna. È critico d’arte con particolare attenzione alla realtà artistica del suo territorio. Ha scritto per diverse riviste tra le quali Tema Celeste, di cui è stato redattore, e la tedesca Nike. Da diversi anni si dedica esclusivamente alla ricerca, concentrandosi sulle relazioni tra arte e nuove tecnologie digitali dedicate alla comunicazione. Attualmente indaga le forme sinestetiche e di integrazione delle arti audiovisive e performative, presentandone i risultati in diverse rassegne accademiche e universitarie.

 

5 aprile, ore 10.30-13, Forlì, Palazzo Romagnoli, Via Cesare Albicini 12 – info: ibridafestival@gmail.com, http://www.vertovproject.com/ibrida-festival.html.

 

“Il magico cerchio di Prospero”: Teatro di Figura a Gambettola

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Sabato 6 aprile alle ore 21 il Teatro Comunale di Gambettola festeggia i quarant’anni di attività con uno spettacolo di Teatro di Figura: la nuova produzione della compagnia Teatro del Drago/ Famiglia d’arte Monticelli Il magico cerchio di Prospero, liberamente ispirato a La tempesta di William Shakespeare.

La compagnia Teatro del Drago da cinque generazioni ormai prosegue un filone artistico basato sul linguaggio del Teatro di Figura, tradizionale (burattini in baracca) e contemporaneo (pupazzi, ombre, animazione a vista). Questa ultima produzione dedicata all’opera del grande autore inglese è frutto di un lavoro di quasi due anni insieme agli attori, Mauro e Andrea Monticelli e Fabio Pignatta, e ai musicisti Andrea Napolitano e Francesco Maestri, che hanno composto le musiche originali che verranno eseguite dal vivo per lo spettacolo.

Liberamente ispirato alla pittura di Marc Chagall, lo spettacolo racconta le vicende de La Tempesta, trasformandole in una serie di immagini poetiche, in un intercalarsi di azioni che si espandono in un enorme quadro. Le immagini sovrannaturali si sviluppano e si susseguono con lo scopo di creare una insieme di azioni e visioni surreali, caratterizzate dai forti colori della pittura espressionista. Come nei quadri di Chagall, si vedono uomini e donne planare “a testa in giù”, spazi dove sembrano non esistere la forza di gravità e le proporzioni. Ciascuna azione appare guidata dal mago Prospero, Il Governatore di Milano, che trasporta il pubblico in una dimensione onirica, popolata da creature sia spirituali che terrene, in un viaggio attraverso luoghi e atmosfere abitati da uomini ed angeli.

Sabato 6 aprile, Il magico cerchio di Prospero, Teatro Comunale di Gambettola, ore 21 – info e prenotazioni  392 6664211, teatrocomunaledigambettola@gmail.com, teatrocomunaledigambettola.it

Ex Africa. Storie e identità di un’arte universale

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Man Ray (1890-1976): Black and White (Noir et Blanche), 1926 . New York, Museum of Modern Art (MoMA) Gelatin silver print, 6 3/4 x 8 7/8 (17.1 x 22.4 cm).

Una grande mostra al Museo Archeologico di Bologna racconta l’Africa e le sue culture. Partendo dall’affermazione di Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia, “Ex Africa semper aliquid novi”, la mostra a cura di Ezio Bassani e Gigi Pezzoli presenta gli intrecci culturali tra Africa ed Europa, narrando “storie” d’arte, di identità, di viaggi e di incontri partendo dalle cronache dei viaggi e dei primi contatti tra europei e africani.

Dedicata alla memoria dello stesso Bassani scomparso improvvisamente durante la preparazione della mostra, Ex Africa non è pensata come una mostra etnografica ma punta ad essere una grande esposizione che supera la dicotomia generalista/specialistica, modulata su storie d’arte, di identità, di potere, di sacralità, di incontri e dialoghi.

Ngbaka, R.D.C. Bois, fibres, métal, cm 40 x 27 x 17 Collection privée, Belgique © Studio Asselberghs

Tante le sezioni in cui si articola: dalla qualità formale espressa in opere di grande e piccola dimensione, agli oggetti antichi dei celebri regni africani insieme alle maschere, alle figure rituali e di potere. Sono inoltre proposte le nuove frontiere della ricerca sull’arte africana: l’antichità di quelle manifestazioni e l’identificazione di alcune “mani dei maestri” e con una sezione di indagine sull’estetica diversa del vodu, un’arte accumulativa impregnata di sacralità nel suo persistente divenire con opere che vengono esposte in Italia per la prima volta.

Ex Africa è resa possibile grazie alla collaborazione di alcuni dei più importanti musei e collezioni internazionali. Nelle sale del museo bolognese si presenta il valore dell’arte africana, ricostruendone il contesto storico e culturale da cui essa trae origine, giungendo alla eredità e influenza nella pittura europea d’inizio Novecento con il primitivismo e la cosiddetta Art Nègre, fino a toccare gli ambiti dell’arte contemporanea africana. Una mostra unica e irripetibile, per una storia da conoscere per riconoscere. Per l’eccezionalità dei prestiti la mostra è pensata appositamente e unicamente per Bologna e non potrà quindi avere altre sedi.

L’ONU ha ritenuto il progetto coerente con gli obiettivi dell’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

Fino al 8 settembre 2019

Bologna, Museo Civico Archeologico, via dell’Archiginnasio 2. Info & orari: www.mostrafrica.it

Random, ode al nuovo “minimalismo cantautoral-pop” del Duo Bucolico

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© Enrico De Luigi

La vita trascorsa a bordo di un furgone, vagando freneticamente qua e là, come la pallina di un flipper, su e giù per i club della Penisola, “tra schiamazzi, visioni, emicranie e gas esilaranti, in preda a un’apparente casualità”? È una vita vissuta “a random” e, se parliamo del Duo Bucolico, il furgone ha messo il turbo. L’irriverente formazione romagnola composta dai cantautori Daniele Maggioli e Antonio Ramberti è infatti entrata nel roster di BPM Concerti, realtà di riferimento nel management musicale italiano, e si prepara ad affrontare un nuovo, intenso tour, che parte sabato 6 aprile a Cesena, al Teatro Verdi, per il Portofranco Closing Party. L’occasione è l’uscita del disco Random, settimo e ultimo lavoro di “cantautorato illogico d’avanguardia”, che vede un Duo Bucolico alle prese con la contemporaneità e con un’umanità dai tratti multiformi e in continua evoluzione (o involuzione), le cui storie prendono pieghe talvolta esilaranti, talvolta agghiaccianti. Storie che sono anche racconti davanti allo specchio, per un confronto lucido, sincero e a volte spietato con le proprie incertezze.

Il disco, uscito a marzo e disponibile anche su Spotify, è stato prodotto da Cinedelic Records, arrangiato dal Duo Bucolico e mixato da Leonardo Fresco Beccafichi (braccio destro storico di Jovanotti in studio e al mixer nei live) al Malkovich Studio di Città di Castello, masterizzato da Andrea Suriani (Calcutta, Salmo, Cosmo, Elisa, Coez, Negrita, Colapesce e altri). Ha uno stile compatto ed essenziale, con arrangiamenti semplici che sorreggono con leggerezza i testi dei brani, densi e ambigui. Lo stile ebbro, ironico, cinico, dal retaggio popolare che caratterizza da sempre il duo, in questo nuovo lavoro lascia spazio a una scrittura più tagliente e scarna, per dieci tracce popolate da personaggi che sono tutti caratterizzati da un’ambiguità di fondo, sempre in bilico tra evanescenza e concretezza, tra riso e cruccio.

Ecco come Daniele Maggioli e Antonio Ramberti ci raccontano la loro settima fatica in studio.

Sette album, concerti in tutta Italia e ora siete anche nel roster della BPM Concerti: vagare a random, in fondo, vi porta bene, no?
Daniele:
In tutti questi anni ci hanno superato in tanti sul piano dell’esposizione, a destra e a sinistra, e tutti sono saliti sui palchi modaioli del momento. Noi siamo rimasti immobili, impassibili. Imperturbabili. Chiusi nel nostro furgone abbiamo difeso la nostra parte creativa. La collaborazione con BPM Concerti è stata una bella sorpresa proprio perché è avvenuta nel momento giusto, forse col nostro disco più maturo, ora che siamo terribilmente lucidi, ed è avvenuta nel rispetto della nostra nudità e integrità.

Dal punto di vista del sound, che novità porta questo disco?
Antonio:
Anche se può sembrare assurdo detto da noi, la serietà nella continua ricerca del modo giusto per far suonare le nostre canzoni è stata la prerogativa dominante negli ultimi anni. Con Random siamo arrivati all’ equilibrio che cercavamo. Pochi suoni ma giusti, senza farsi prendere la mano da sfarzi riempitivi che appaiono belli lì per lì, ma poi creano confusione e distolgono l’attenzione dai testi, che rimangono fondamentali. Dove siamo arrivati oggi? A un “minimalismo cantautoral-pop”. Sempre illogico naturalmente.

Dal vostro primo disco sono passati 11 anni: come siete cresciuti dal punto di vista artistico?
Daniele: Cresciuti? Forse siamo regrediti in uno stato di beatitudine fantastica… Diciamo che abbiamo cercato sempre di più di unire la nostra vena folle con una scrittura pulita e senza sbavature, che invece era molto presente nei nostri primi dischi. Negli ultimi lavori poi stiamo abbandonando la comicità tout-court, introducendo mondi sempre più grotteschi… Insomma, ora preferiamo l’assurdo sul comico, e il ghigno sulla risata, l’allucinazione sulla narrazione e così via.

Quali sono, oggi, i nuovi precetti del “Bucolicesimo”, la “dottrina” musicale che vi ha reso famosi?
Antonio: Non cambieranno mai, sono quelli di sempre. Si è mai sentito di movimenti che cambino i loro testi sacri col passare del tempo? La nostra è l’unica dottrina che non infonde alcuna verità e quindi è buona e giusta. A voler essere attuali (lungi da noi) potremmo aggiungere un precetto sulla musica di questi tempi: meglio la trap di Trapattoni. Togliamo i crocifissi e la musica indie dalle scuole.

MIO NONNO È MORTO IN GUERRA, di e con Simone Cristicchi

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In una scena minimale, arredata solamente da cinque sedie di legno e una chitarra, Simone Cristicchi inizia la sua performance senza recitare: si rivolge al pubblico per spiegare il lavoro di ricerca che si nasconde dietro uno spettacolo che non è invenzione fittizia ma vero e proprio testamento, una raccolta di memorie che alcuni sopravvissuti alla Seconda Guerra Mondiale hanno scelto di consegnare, tramite l’estro creativo del cantautore romano, alle generazioni future.

Primo tassello di questo grande puzzle che Cristicchi si accinge a ricomporre è proprio la storia di suo nonno, Rinaldo Cristicchi, reduce dai campi di lavoro in Russia. Rinaldo torna e, anche se una parte di lui è effettivamente morta in guerra, persa per sempre tra quegli orrori vissuti a -48° C nella neve, con spirito e ironia intrattiene il nipote con i propri racconti.

Un signore russo che, imbattendosi per caso in una coppia di turisti alpinisti, stringe con loro uno strano accordo: venderà loro le centinaia di medagliette militari che ha trovato e collezionato nel tempo, a patto che i due coniugi si impegnino a riportarle ai parenti ancora in vita delle vittime. È così che una signora di 97 anni può finalmente piangere il fratello disperso in guerra dal 1942. Una madre di famiglia che sacrifica se stessa per aiutare i feriti: mette in pericolo la sua vita per raggiungere un pozzo, unica fonte di sollievo per i morenti. Gli abitanti di quei territori – Istria, Dalmazia, Fiume – che l’Italia cede al regime di Tito al termine del conflitto: un viaggio attraverso il Mediterraneo affrontato da chi si sente italiano ma che dall’Italia viene rifiutato, confinato in campi profughi, privato dei propri beni che finiscono in un magazzino, un cimitero di oggetti dimenticati.

Un giovane partigiano deportato nella risiera di San Sabba e sopravvissuto alle rappresaglie solo per tornare a casa e trovare la fidanzata arsa viva insieme agli ideali in cui aveva creduto. Un figlio che non ha mai conosciuto il padre partigiano e che davanti al suo fantasma non può fare a meno che confessare che l’Italia non è ancora pronta per quel cambiamento in cui credevano i giovani della generazione precedente. Un pluridecorato soldato che propone di arruolare, per le future guerre, solo i vecchi: chissà che, tra acciacchi fisici e partite di carte, non si riesca a risparmiare un po’ di cattiveria. Un giovane che ricorda gli anni trascorsi a giocare a pallone e i bombardamenti che hanno interrotto quei giochi, ma non per sempre. Queste sono solo alcune delle storie che Cristicchi ha raccolto, ma numerose altre sono state raccolte in un libro che reca il medesimo titolo dello spettacolo, edito da Mondadori.

I racconti dello spettacolo sono intervallati da canzoni eseguite da Cristicchi con il solo accompagnamento di una chitarra che gli conferisce l’aria di un cantautore degli anni ‘60. Note contro l’orrore, musica contro la crudeltà. Ed un finale fortissimo, con Cristicchi che quasi letteralmente pianta le cinque sedie vuote gridando cinque dei nomi di quanti hanno contribuito con le loro testimonianze alla realizzazione di questo spettacolo.

Il cantautore romano dedica, infine, al pubblico la canzone Abbi cura di me presentata a Sanremo, scherzando – ma forse neanche troppo – sul fatto che se ha accettato in quell’occasione di mostrarsi in televisione è perché aveva realmente qualcosa da dire.  A lui, a quelle cinque sedie e a tutte le migliaia di sedie che le guerre di tutti i tempi hanno lasciato vuote di presenza ma piene di memorie va il nostro applauso.

ANGELA DARCHINI

Visto al Teatro Masini di Faenza, 27 marzo 2019

Il weekend al Cinema di Palazzo Vecchio

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Venerdì 29, sabato 30 e domenica 31 marzo alle ore 21.15 arriva sul grande schermo del Cinema di Palazzo Vecchio di Bagnacavallo il film di Alessandro Genovesi 10 giorni senza mamma

SI tratta di una nuova tragicommedia all’italiana: il protagonista, Carlo (Fabio De Luigi), è un lavoratore stacanovista in un’azienda da quindici anni. Improvvisamente sua moglie, Giulia, decide di prendersi una pausa dalla sua vita da mamma per andare dieci giorni a Cuba,cosicché Carlo si trova a doversi occupare da solo per la prima volta dei suoi tre figli di tredici, dieci e due anni. La partenza della moglie arriva inoltre nel momento meno opportuno, quando un giovane ambizioso rischia di prendere il suo posto nell’ufficio delle risorse umane e Carlo dovrà anche cercare di mantenersi un’occupazione.

La rassegna Cinema Palazzo Vecchio proseguirà venerdì 5, sabato 6 e domenica 7 con il film Domani è un altro giorno di Simone Spada.

Dal 29 al 31 marzo, 10 giorni senza mamma, Palazzo Vecchio Bagnacavallo, ore 21.15 – Info: 320 8381863 – 329 2054014, cinemabagnacavallo@gmail.com, cinemabagnacavallo.blogspot.it

Degustazione di cioccolata per la mostra “Aztechi, Maya, Inca”

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Tazza, terracotta con decorazione geometrica, Perù, cultura Chimu, sec. XIII - XV, MIC Faenza

Domenica 31 marzo alle ore 10.30, come ogni domenica dall’apertura dell’esposizione, continuano le visite guidate alla mostra del MIC di Faenza “Aztechi, Maya, Inca” a cura di Antonio Aimi e Antonio Guarnotta. A questa nuova visita della mostra, che resterà aperta al pubblico fino al 28 aprile, si aggiunge però un particolare evento gastronomico che prevede la degustazione di prodotto a base di cacao.

Il cacao, ora tra le altre piante molto comuni in Europa, fu importato dall’America centrale e meridionale dai Conquistadores spagnoli. Le popolazioni precolombiane consumavano il cacao sotto forma di bevanda e la consideravano al pari di una medicina. Ecco perché la scelta di articolare l’ultima visita del mese di marzo alla mostra come un evento speciale in collaborazione con “La Coccolateria” di Elisa Fiori. Fior racconterà ai visitatori la storia del cioccolato, approfondendo le esperienze di alcune aziende di nicchia italiane, per terminare con una degustazione di prodotti a base di cacao.

Domenica 31 marzo, degustazione di cioccolata alla mostra “Aztechi, Maya, Inca”, MIC – Museo Internazionale delle Ceramiche Faenza, ore 10.30 – info: micfaenza.org, 0546 697311, info@micfaenza.org; prenotazione obbligatoria entro le 17 del 30 marzo

 

Giuseppe Morra: l’oro di Napoli

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Giuseppe Morra

 

Brevi note sul folgorante incontro con un mecenate illuminato.

Siamo fortunati.

Giunti a Napoli per assistere alla pubblica apertura del nuovo progetto performativo del Teatro delle Bambole, del quale parleremo in separata sede, abbiamo avuto la preziosissima opportunità di dialogare, per circa un’ora, con la persona che ha materialmente reso possibile questa occasione d’incontro e che, soprattutto, ha letteralmente fatto una parte della storia delle arti del secondo Novecento: Giuseppe Morra, illuminato mecenate che ha aiutato a esistere molte delle espressioni artistiche più radicali degli ultimi cinquant’anni. Et ultra.

Un’idea, o meglio una prassi di esperienza estetica (dunque conoscitiva: Baumgarten docet) pare guidare la rivoluzione gentile che Giuseppe Morra ha compiuto, e continua a realizzare e immaginare, a favore di forme e autori ben lontani da ogni facile successo commerciale.

 

ph.Amedeo Benestante_Alberi Parlanti, Luca Maria Patella Room_Casa Morra_© Fondazione Morra

 

Attraversando le sale di Casa Morra – Archivio d’Arte Contemporanea a Palazzo Ayerbo D’Aragona Cassano (complesso di 4.200 mq che sarà nel tempo ristrutturato per ospitare la collezione del fondatore, composta da oltre duemila opere), Giuseppe Morra ci racconta l’istintiva vicinanza a modi di intendere il fatto artistico come rapporto dialettico e, appunto, esperienziale col mondo, non certo come sua distaccata imitazione o decorazione.

Un’attitudine, questa, che nei decenni ha aperto all’incontro con i molti (un esempio per tutti, a mo’ di sineddoche: Sculture nella città di Bruno Munari nel 1990, selezione di grandi opere in metallo esposte sul lungomare di Napoli), ben distante dalla prassi esclusiva/escludente comune, ad esempio, ad alcune espressioni del mecenatismo rinascimentale, in particolar modo fiorentino.

Luca Maria Patella, Cesare Pietroiusti, John Cage, Hermann Nitsch, Günther Brus, Urs Lüthi, Gina Pane, Peter Kubelka, Allan Kaprow, Nam June Paik, Nanni Balestrini, Daniel Spoerri, il Living Theatre e tanti, tanti altri: nomi e biografie che gli appassionati di arti contemporanee studiano sui libri, con le quali  quella di Giuseppe Morra si è nel corso dei decenni in molti modi intrecciata, a costruire dialoghi produttivi proteiformi e trasformanti.

 

ph.Amedeo Benestante_Lavori da vergognarsi_Cesare Pietroiusti_ Casa Morra_© Fondazione Morra

 

Arti, si diceva: plurale fenomenologicamente salutare, ad indicare -possibile minimale fil rouge, in una galassia così complessa e stratificata- un’ibridazione dei diversi linguaggi (installazione, video, pittura, collage, assemblage, readymade, suono, happening, fotografia, scrittura, performance, …) atta a risvegliare il fruitore a un qui e ora poetico, dunque fecondo, e politico, dunque irriducibilmente collettivo.

Tra i molti artisti incontrati e sostenuti, un ruolo particolare è rivestito da Hermann Nitsch, esponente massimo del Wiener Aktionismus la cui eversiva biografia artistica è impossibile da riassumere in queste poche righe. A lui Giuseppe Morra ha dedicato un sorprendente Museo Archivio Laboratorio per le Arti Contemporanee, nomenclatura bifronte che suggerisce la lungimirante attitudine del suo fondatore: custodire e valorizzare il passato, con una viva attenzione al presente e al futuro, in un orizzonte letteralmente secolare.

 

ph.Amedeo Benestante_Central Room, particolare, Museo Hermann Nitsch© Fondazione Morra

 

Tanto ci sarebbe da dire sul cristallino rapporto tra organicità e tassonomia nei relitti mozzafiato di Nitsch, sul loro materico incarnare un accadimento che ontologicamente deborda ogni separatezza: happening o happened? Qual è il punctum di queste opere? Detto altrimenti: che cosa le costituisce?

Molto si potrebbe scrivere sulla misteriosa forza trasformante che esse trattengono e al contempo emanano, sull’indifferibile necessità di incontrarle dal vivo per poterle, appunto, esperire.

 

ph.Amedeo Benestante_Central Room , Museo Hermann Nitsch © Fondazione Morra

 

E tanto ci sarebbe (ci sarà) da scoprire, nel luminoso operato di questo coltissimo e al contempo affabile signore: il progetto del Quartiere dell’arte, la vigna San Martino, l’Associazione Shozo Shimamoto, le attività editoriali (con decine di titoli dedicati all’ideatore del Teatro delle Orge e dei Misteri, ma non solo), l’Independent Film Show dalla storia ormai ventennale e molto, molto ancora, di cui ad oggi nemmeno sospettiamo l’esistenza.

«Per fortuna è veramente un viaggio immenso», direbbe Kafka.

Siamo fortunati.

MICHELE PASCARELLA

 

info: fondazionemorra.org

 

Francesco Cusa & The Assassins in concerto all’Area Sismica

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Domenica 31 marzo alle ore 18 arriva un nuovo appuntamento della rassegna Musiche Extra-Ordinarie dell’Area Sismica di Forlì: a salire sul palco sarà Francesco Cusa accompagnato dai The Assassins, in un originale quartetto formato da Giovanni Benvenuti al sax tenore, Valeria Sturba alla voce, theremin, violino, live electronics, Ferdinando Romano al basso e Francesco Cusa alla batteria.

Dopo la scomparsa degli Skrunch, The Assassins è il progetto che eredita l’approccio compositivo del gruppo, fin dalla sua nascita impegnato in un lavoro di esplorazione dei materiali tematici vincolato da schemi poliritmici atti a evidenziare le cellule melodiche, i riff e le modulazioni cromatiche e timbriche. Anche con i The Assassins non manca un rapporto dialettico tra scrittura e improvvisazione, i cui elementi si combinano in un gioco continuo tra tensione e rilassamento, con uno sguardo alla tradizione e uno alla contemporaneità.

Il programma della serata prevede di proporre al pubblico alcuni brani originali di Black Poker e altri invece tratti dall’ultimo disco del gruppo intitolato “Love”.

Domenica 31 marzo, Francesco Cusa & The Assassins, Area Sismica Forlì, ore 18 – info: areasismica.it

I Luminặ arrivano a Fusignano per Crossroads

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Giovedì 28 marzo arriva un nuovo appuntamento per il festival di musica itinerante Crossroads: sul palco dell’Auditorium Corelli di Fusignano, alle ore 21, saliranno i Luminặ, formati da Carla Casarano alla voce; Leila Shirvani al violoncello; Marco Bardoscia al contrabbasso; William Greco al pianoforte; Emanuele Maniscalco alla batteria, percussioni

I Luminặ, quintetto italiano ideato e patrocinato da Paolo Fresu, sarà protagonista del terzo di quattro appuntamenti nella cittadina romagnola. I componenti del gruppo sono stati tutti selezionati da Fresu per creare una nuova vetrina del giovane jazz italiano. I suoi componenti hanno infatti tutti meno di trent’anni e sono stati chiamati a suonare assieme per la prima volta. Fresu ha dato anche loro il battesimo discografico con la sua etichetta Tuk.

La band esplora il tema della luce, declinandolo in dieci composizioni musicali ognuna intitolata “Luce” in lingue sempre diverse. Il progetto ha anche una componente letteraria, con testi originali affidati a Erri De Luca, Lella Costa, Marcello Fois e Flavio Soriga, oltre a prestiti da Emily Dickinson.

Giovedì 28 marzo, Lumina, Auditorium Corelli Fusignano, ore 21 – info: 0544 405666, fax 0544 405656, info@jazznetwork.it, www.crossroads-it.org – www.erjn.it – www.jazznetwork.it

Il Viaggio a Reims. Memorie di uno spettacolo

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Inaugura questa sera, mercoledì 27 marzo alle ore 18,00, al Museo Internazionale e biblioteca della Musica, nella Sala mostre temporanee, all’illustre presenza di Cecilia Gasdia – indimenticabile protagonista de Il Viaggio a Reims nei panni di Corinna e oggi sovrintendente e direttore artistico della Fondazione Arena di Verona -, il progetto espositivo a cura di Giuseppina Benassi e Roberta Cristofori, promosso da Istituto per i beni artistici, culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna in collaborazione con Fondazione Teatro Comunale di Ferrara, Associazione Ferrara Musica e Istituzione Bologna Musei |Museo Internazionale e biblioteca della Musica.

In proseguimento delle celebrazioni per 150° anniversario della morte di Gioacchino Rossini che hanno interessato l’intero 2018, la mostra celebra quello che il giudizio storico della critica riconosce come uno dei maggiori spettacoli del Novecento: Il viaggio a Reims realizzato in prima rappresentazione all’Auditorium Pedrotti di Pesaro nel 1984 con la direzione di Claudio Abbado, la regia di Luca Ronconi e le scene ed i costumi di Gae Aulenti, artefici di uno spettacolo straordinario, rappresentato sui palcoscenici internazionali e poi riproposto al Teatro Comunale di Ferrara nel 1992 con lo stesso Abbado alla guida della Chamber Orchestra of Europe e di un cast di altissimo livello.

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“E’ una mostra che dialoga su diversi livelli: tra rappresentazioni, immagini e testi – introduce Roberto Grandi, Presidente Istituzione Bologna Musei –; tra Rossini ed il Museo internazionale e biblioteca della Musica che ci racconta di un Rossini più personale con l’esposizione delle sue stampe, manoscritti, libretti d’opera e vari oggetti tra i quali la sua vestaglia, la parrucca, l’orologio sino alla bacchetta per la direzione”; tra Rossini e Bologna – prosegue Grandi – perchè il museo è anche lo spazio ideale per conservare il prezioso manoscritto, la lettera ritrovata, datata 28 aprile 1839, che Rossini inviò al Senatore di Bologna per ringraziare ed accettare la nomina a Consulente onorario perpetuo del Liceo Musicale cittadino, carica che manterrà fino al 1861. Possiamo dire, infine, che Rossini abita questo museo. Questa lettera, difatti, testimonia il forte legame tra Rossini e la città – conclude Grandi – considerata al sua patria civitas sino alla rottura del 1848 che oggi, grazie a questo magnifico lavoro espositivo, riprende a dialogare”.

Il nucleo principale della mostra si compone di una sezione di 32 immagini fotografiche realizzate da Marco Caselli Nirmal durante la recita del 1992, che ritraggono i tre protagonisti, documentando così il processo di creazione dello spettacolo e del lavoro quotidiano all’interno del teatro durante la sua progettazione e realizzazione, insieme alle maestranze, agli orchestrali e a un cast che annovera eccellenze quali Cecilia Gasdia, Ruggero Raimondi, Lucia Valentini e Lucio Gallo sino ad arrivare a Placido Domingo.

Gli scatti sono stati selezionati da un fondo di circa 2.800 fotografie appartenenti all’Archivio del Teatro Comunale di Ferrara, composto da oltre 250.000 immagini, oggetto oggi di un processo di catalogazione e digitalizzazione finanziato e coordinato dall’Istituto per i beni artistici, culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna che lo ha reso consultabile su web attraverso l’OPAC del polo bibliotecario ferrarese.

Il Viaggio a Reims_Sala mostre temporanee_ph Lara Congiu

Oltre il materiale fotografico sono esposti 5 bozzetti disegnati da Gae Aulenti per le scenografie, un video e l’installazione di un cavallo e di una carrozza realizzati per la scenografia.

Le preziose memorie di quest’opera rossiniana scomparsa e ritrovata rivivono in catalogo (Longo Editore), curato da Giuseppina Benassi e Roberta Cristofori, ricco di immagini fotografiche di Marco Caselli Nirmal, i bozzetti di scena disegnati da Gae Aulenti e i programmi di sala delle edizioni di Ferrara del 1992 e di Bologna del 2001.

Museo e biblioteca internazionale della musica
Strada Maggiore 34 | Bologna
dal 28 marzo al 5 maggio 2019

Inaugurazione
mercoledì 27 marzo 2019 h. 18,00

Ingresso
per la Sala mostre temporanee: gratuito
per la collezione permanente museo: a pagamento
www.museibologna.it/musica

“Esemplari femminili” al Salone Snaporaz di Cattolica

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Esemplari Femminili è il risultato finale di un processo di ricerca iniziato dalla collaborazione tra Francesca Penzo, coreografa e performer italiana, e Tamar Grosz, coreografa e performer israeliana, che due anni fa hanno iniziato ad investigare sul tema della donna e della femminilità. L’intento era quello di offrire uno sguardo personale sul tema ma anche uno sguardo che potesse essere universale e riferirsi in modo chiaro e poetico ad un pubblico sia maschile che femminile. Tale processo ha visto una prima tappa nella versione breve dal titolo Why are we so f**ing dramatic?.

A questa versione breve è seguito un ampliamento, una necessità di approfondimento, un’indagine meditata sul tema che ha permesso la creazione di una nuova versione, proposta ora nella sua forma compiuta. Il lavoro nasce dalla volontà di comprendere i diversi aspetti che arricchiscono il genere femminile e cosa significhi per due donne essere tali all’interno della società contemporanea. Attraverso la metafora documentaristica, due esemplari femminili si fanno osservare e svelano le dinamiche proprie di un mondo che abitano quotidianamente. La loro è una dichiarazione di femminilità ed esistenza, una primavera annunciata nel loro essere donne. Dopo un inizio scanzonato ed esuberante, lo sguardo si fa più intimo e riflessivo, a voler indagare una maturità, una interiorità che trasporta lo spettatore verso il lato oscuro della femminilità, in una tensione fisica ed emotiva che portata al suo culmine, atterra in un paesaggio onirico, intimo. Il progetto ha visto la collaborazione di diversi artisti che hanno condiviso e contribuito alla visione femminile e femminista che lo caratterizza.

Mercoledì 27 marzo, Cattolica, Salone Snaporaz, piazza del Mercato 14, ore 21.15, info: 0541960456