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Una settimana al Ravenna Festival. Una piccola invettiva, a partire dal Leone d’Oro a Alessandro Sciarroni

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Il Giardino Armonico - foto di Zani-Casadio

 

«Ringrazio in particolare tutti quegli artisti i quali hanno capito quanto fosse necessario uscire dai confini della propria disciplina per raccontare la complessità della contemporaneità»: un frammento del discorso di ringraziamento di Alessandro Sciarroni, pronunciato a Venezia alla cerimonia di consegna del Leone d’Oro alla carriera alla Biennale Danza 2019, può essere utile a introdurre il nostro piccolo discorso su uno dei molti paradossi che attraversano la scena performativa contemporanea, in una temperie che l’attuale direzione artistica di Santarcangelo Festival ha sintetizzato con l’efficace formula di «post-disciplinare» (in una densa intervista di presentazione del Festival 2019 che chi vuole può leggere qui).

Il non addetto ai lavori che si affacciasse per un attimo su tale blasonato panorama ne avrebbe, quanto meno, la percezione di un’attitudine aperta, accogliente, ibrida.

E invece: un autodistruttivo, miope narcisismo (per il quale si pone attenzione solamente a ciò che direttamente, e da molto vicino, rimanda una chiara immagine di sé) domina la quasi totalità di coloro che, con diverse funzioni, abitano l’odierno sistema delle arti.

Ne abbiamo avuto riprova durante l’ultima, straordinaria settimana al Ravenna Festival, durante la quale abbiamo incontrato quattro forme diversissime fra loro (torna l’«aperto» del claim 2019), ciascuna a suo modo espressione di un sapere e di una tradizione altissimi.

Crediamo utile dar conto (seppur brevemente) di queste proposizioni là dove esse eccedono il confine della disciplina a cui appartengono “di diritto”: questo sia perché riteniamo ridondante aggiungere parole a commento del percorso di artisti solidamente storicizzati (o comunque conclamati), sia perché la feconda, nutriente molteplicità di riferimenti e mondi di cui si fanno portatori si è rispecchiata ancora una volta nell’annichilente assenza di pubblici e addetti ai lavori non afferenti all’una o all’altra specifica disciplina. Nel loro assordante silenzio.

 

The Tallis Scholars alla Basilica di San Vitale – foto di Luca Concas

 

Domenica 16 giugno The Tallis Scholars, il complesso vocale di musica polifonica più celebre al mondo, ha proposto un percorso di sette concerti nelle Basiliche della città.

Da noi ascoltati per la prima volta, sempre grazie al Ravenna Festival, tre anni or sono (qui il racconto del nostro primo incontro con la «cosa più vicina a una esperienza extraterrestre che potete provare seduti in una sala da concerti», come scrisse The Observer), nel 2019 hanno dato voce, letteralmente, alla Liturgia delle ore, «uno dei riti musicali più antichi e una delle esperienze più spiritualmente ed esteticamente significative del mondo occidentale, per secoli tratto distintivo della vita monastica (ma non solo)».

Dei sette concerti in programma, siamo riusciti a seguire gli ultimi due: l’ufficio dei Vespri, nella Basilica di Sant’Apollinare Nuovo, e il Compieta, nella Basilica di San Vitale.

Il canto piano è stato affidato al Coro da camera 1685 che, almeno nei due momenti a cui abbiamo partecipato, lo ha eseguito lontano dalla vista della platea, celato da drappeggi e architetture: un’esperienza puramente acustica di incontro con una vocalità (dis)incarnata che fa pensare al Vuoto praticato da Yves Klein oltre sessant’anni fa.

«Iris Clert vi invita ad onorare, con tutta la vostra Presenza emotiva, l’avvento lucido e positivo d’un indubitabile regno del sensibile» si leggeva nell’invito alla celebre performance parigina del 28 aprile 1958 «Questa manifestazione di sintesi percettiva sancisce con Yves Klein la ricerca pittorica d’un emozione estatica ed immediatamente comunicabile»: sintesi perfettamente pertinente anche della proposizione ravvenate alla quale, almeno per quanto abbiamo potuto verificare, si è registrata la pressoché totale assenza di professionisti di altre arti.

Come se i Tallis Scholars non avessero nulla da insegnare a chi si occupa di vocalità in scena. Come se il loro amplificare la percezione dell’ascoltatore (per cui il minimo ticchettio del ventaglio della signora seduta di fianco a noi diventa un rumore assordante e insopportabile) non fosse esperienza estetica che riguarda chiunque si aspetti che altri umani dedichino loro attenzione.

Per parte nostra, siamo stati ancora una volta grati per il Theatrum Mundi che abbiamo avuto la possibilità di sbirciare.

Per la rondine svolazzante sulle nostre teste a Sant’Apollinare Nuovo: echi pasoliniani, natura e cultura, guizzo e struttura.

Per la commozione che ci ha pervaso, un po’ come all’inizio di Parla con lei di Pedro Almodóvar, quando i Tallis Scholars in San Vitale (uno dei posti più belli dell’universo mondo) hanno eseguito Nunc dimittis di Arvo Pärt: al di là di ogni narrazione, contenuto, rispecchiamento autobiografico, commozione della (e per la) pura forma.

 

Martha Graham Dance Company – foto di Zani-Casadio

 

Lunedì 17 giugno abbiamo assistito a uno spettacolo della Martha Graham Dance Company.

Delle cinque coreografie presentate, che hanno costituito una summa dei proteiformi modi / mondi attraversati dalla coreografa americana, quello che forse più di tutti ha incarnato l’annosa questione dell’eredità, dunque della trascendenza, nell’arte coreutica è stato Lamentation Variations: «Ideato come evento per l’anniversario dell’11 settembre, Lamentation Variations debutta in quella data nel 2007» si legge nel ricco programma di sala «Pensate e costruite in condizioni creative specifiche, le Variazioni si aprono con un filmato dei primi anni Quaranta in cui la stessa Graham danza l’allora nuovissimo e ormai iconico assolo Lamentation. Ai tre autori di oggi si è chiesto di creare coreografie spontanee in reazione al filmato della Graham, attenendosi alle seguenti regole: 10 ore di prove, musica non originale o silenzio, costumi e luci ridotti al minimo. Pur se pensato per quell’unica rappresentazione, il successo fu tale da proiettare a buon diritto la pièce nel repertorio permanente della Compagnia».

Lamentation, sia detto per i non addetti ai lavori, è un assolo del 1930 della durata di quattro minuti in cui un’interprete seduta su un basso panchetto e avvolta in un tubo di stoffa elastica propone un movimento brusco e spigoloso, antisentimentale e antigrazioso. Non racconta una storia, manifesta linee: attraverso di esse rende visibile il dolore.

Uomini e donne di teatro, soprattutto in un’epoca che a causa delle precarie condizioni produttive vede il proliferare di monologhi con scenografia inesistente (per non parlare dell’ormai trito stilema del narratore su una sedia) non avrebbero nulla da imparare, qui?

Esponenti delle (e appassionati alle) arti visive non avrebbero nulla da guardare, relativamente alla composizione di linee e volumi, di pieni e vuoti della quale Graham è stata maestra assoluta?

Chiunque si occupi del corpo in una condizione di rappresentazione non trarrebbe giovamento da tali proteiformi esempi di contraction e release, allungamenti e opposizioni, figure classicheggianti e frammenti astratti e, soprattutto, di un movimento che origina (e in alcuni casi si compie) all’interno della struttura somatica con una precisione e una chiarezza, a tratti, da manuale di anatomia?

 

Il Giardino Armonico – foto di Zani-Casadio

 

A proposito: del concerto de Il Giardino Armonico (con Katia e Marielle Labèque al fortepiano) ascoltato e visto mercoledì 19 giugno, nella prospettiva assunta da queste poche righe crediamo utile ricordare almeno due elementi.

Il primo: fin dall’ ouverture de L’isola disabitata di  Franz Joseph Haydn, che ha aperto la serata, il direttore Giovanni Antonini ha dato prova di un rapporto fisico con la musica così materico e plastico da far impallidire la maggior parte dei danzatori e delle danzatrici che calcano le nostre scene.

Mediante bruschi e al contempo precisissimi segni di busto, braccia, polsi, mani e dita, Antonini dà attacchi, guida intensità e colori. Ma, soprattutto, plasma la materia sonora, facendola percepire fisicamente alla platea per quale essa è: materia, appunto.

Corpo fisico e corpo sonoro, in un dialogo struggente e carnoso, lirico e feroce.

Come non pensare a Kazuo Ōno?

Tralasciando l’analisi musicale della partitura e della vibrante esecuzione che ne ha dato l’ensemble da lui diretto, così come il suo sterminato curriculum, vedere Antonini in scena è stato un esempio a nostro avviso altissimo di arte: coreutica, oltre che musicale, appunto.

Danzatori in sala: nessuno.

Il concerto si è chiuso con la celeberrima Sinfonia degli addii di Haydn nel cui ultimo movimento, com’è noto, gli orchestrali uno alla volta escono dalla sala. Forse non tutti ricordano che il compositore la creò come forma di protesta per le condizioni di lavoro a cui gli strumentisti suoi collaboratori erano assoggettati, nella residenza estiva in cui il principe Nikolaus, loro “datore di lavoro”, li obbligava. La vicenda è piuttosto lunga e articolata, impossibile da riportare qui. Ma persone interessate alla storia, o ai diritti civili, avrebbero certo beneficiato di un tale ascolto, tematicamente affine ma linguisticamente, vivaddio, altro.

 

Enzo Avitabile – foto di Luca Concas

 

Infine: venerdì 21 giugno nel parco di Palazzo San Giacomo, a Russi, abbiamo assistito al “concertone” di Enzo Avitabile, con ospiti Francesco De Gregori, Tony Esposito e i Bottari di Portico.

Circa tremila persone sedute sul prato, stand con cibo e vino, Avitabile impegnato in un’ininterrotta opera di coinvolgimento del pubblico, chiamato a battere le mani e a ripetere parole, sillabe e vocalizzi, su un energico tappeto di percussioni e fiati, in un’ibridazione di italiano, dialetti del sud e lingue africane.

Non abbiamo molto apprezzato né l’un po’ predicatorio indulgere sulla tematica interculturale / di accoglienza, ancorché ovviamente ci trovi d’accordo, né l’esecuzione del Nostro (se si tratta di acrobazie vocaliche Bobby McFerrin, ad esempio, è davvero un’altra cosa), né l’insistita enfasi davvero troppo sentimentale che ha colorato ogni momento dell’esibizione, come fosse un concerto fatto tutto di bis.

Ma, al di là del nostro gusto personale, le dinamiche di relazione attivate sono state certo efficaci e degne di attenzione.

Come non pensare al teatro rasico? Ai mille progetti di Audience Engagement?  All’orizzonte popolare e comunitario sbandierato da tanti uomini e donne di scena?

Studiosi e professionisti delle arti performative seduti fra l’erba: nessuno, o quasi.

 

The Tallis Scholars a Sant’Apollinare Nuovo – foto di Luca Concas

 

Gli studi sulla ricezione, com’è noto, interrogano i modi in cui le comunità (di spettatori, addetti ai lavori, critici, …) influenzano, creano, modificano l’identità degli oggetti culturali.

Ciò dice qualcosa, come abbiamo provato a fare in queste righe, in parte sugli oggetti culturali stessi, in parte sulle comunità che li incontrano (un caso emblematico, di cui tutti abbiamo memoria: la fatwa contro Rushdie, quando ormai trentun anni or sono vennero pubblicati i suoi Versi Satanici, raccontò qualcosa sulla società di allora, non solo e non tanto sul libro).

L’augurio (l’utopia) è che il comune frequentare le arti sia stimolo e esercizio di apertura, non solamente ennesima occasione per erigere steccati, a delimitare territori sempre più stretti, asfittici, mortiferi.

Chissà se ne saremo mai capaci.

 

MICHELE PASCARELLA

 

info: ravennafestival.org

 

Cattolica si tinge di giallo e di mistero con il MystFest

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Lucarelli

Dal 26 al 30 giugno torna a Cattolica MystFest, il festival dedicato al giallo e al mistero, con un ricco calendario di appuntamenti, tra spettacoli, performance, letture, proiezioni e talk. Il Festival si apre con un’anteprima, martedì 25 giugno al Lamparino, in piazza del Tramonto con un party di benvenuto in compagnia dei The Gangstar (Quentin Tarantino tribute) e dj Duba, Gale e Gerbo.

Il Festival si apre mercoledì 26 giugno con una prima assoluta in Piazza 1° Maggio: si tratta dello spettacolo per voce, chitarra e disegni “Negativa”, tratto dal libro di Alessandro Baronciani. Uno “spettacolo disegnato” che metterà in scena la graphic novel horror Negativa, illustrato dal vivo con gli interventi di Carlo Lucarelli e la colonna sonora di Colapesce. Il programma di Piazza 1° maggio continua giovedì 27 giugno con un dibattito su Diabolik, “il Re del Terrore”, riflettendo sulle sue autrici, le sorelle Giussani, grazie all’intervento di Patricia Martinelli. In seguito, gli scrittori Davide Barzi, Andrea Carlo Cappi, Carlo Lucarelli e il regista Giancarlo Soldi, presenteranno la nuova edizione del libro di Barzi dedicato alle Giussani, “Le Regine del Terrore”. A chiudere la serata sarà il docufilm Diabolik sono io, diretto da Soldi, che affianca diversi materiali d’archivio nel tentativo di svelare la verità sul mistero legato a Angelo Zarcone, disegnatore delle tavole del primo albo di Diabolik scomparso dopo il suo lavoro.

Venerdì 28 giugno Maurizio De Giovanni, l’autore della “giustiziera” Sara, terrà il reading musicale “Le parole di Sara” insieme a Valentina Lodovini, attrice di cinema e tv, e con l’accompagnamento musicale di Marco Zurzolo al sax e Davide Costagliola al basso. Nel corso della stessa serata inoltre, Antonella Boralevi presenterà il suo romanzo “Chiedi alla notte”, un thriller che prende il via durante la serata di gala della Mostra del Cinema di Venezia. Il programma continua sabato 29 giugno in compagnia di un altro reading tenuto dallo scrittore Giancarlo De Cataldo e Angela Baraldi, cantante e attrice bolognese, che leggeranno alcuni brani dal romanzo di De Cataldo “Alba Nera”.

Piazza 1° maggio farà anche da scenario alle premiazioni dei diversi concorsi previsti per questa edizione del MystFest. Primo tra tutti la competizione del Gran Giallo Città di Cattolica, la cui giuria è composta dagli scrittori Cristiana Astori, Annamaria Fassio, Franco Forte, Carlo Lucarelli, Valerio Massimo Manfredi, Marinella Manicardi e da Simonetta Salvetti. Al Gran Giallo si aggiungono il premio Alberto Tedeschi, importante traguardo per aspiranti scrittori del genere, e la seconda edizione del premio Alan D. Altieri, dedicato alla memoria dello scrittore prematuramente scomparso. Quest’anno inoltre esordisce il premio dedicato a Andrea G. Pinketts. La cerimonia di premiazione si terrà domenica 30 giugno: a ritirare il premio sarà Joe R. Lansdale, autentico monumento della letteratura americana, mentre nel corso della cerimonia interverranno Seba Pezzani, traduttore dei più importanti autori di thriller e noir e collaboratore di Lansdale e lo scrittore americano Lewis Shiner. A chiudere la serata sarà Andrea Carlo Cappi con la presentazione di “E dopo tanta notte strizzami le occhiaie”, l’ultimo libro di Pinketts, insieme al filosofo Giulio Giorello e l’illustratrice del libro Alexia Solazzo.

Nel corso della manifestazione continuano gli eventi dislocati per tutti i locali della città che lo hanno aperto in anteprima: venerdì 28 giugno al Lounge Bar si terrà a partire dalle ore 18.30 un “Cocktail in giallo” in compagnia di Carlo Lucarelli. Franco Forte e Guido Anselmi che presentano “Romolo. Il primo re”, il romanzo storico dedicato all’antica Roma e alle origini dell’impero che conquistò il mondo. Gianfranco Nerozzi presenterà invece il thriller “Bloodyline”, mentre Marco Ori con “Adriatica crime” racconta le gesta di Arrigo Beccalossi, netturbino seduttore che si troverà al centro delle indagini su bische clandestine, mafia cinese e riciclaggio. Infine, sabato 29 giugno alle ore 11 al Geb Openspace avrà luogo la “Colazione in giallo”, in compagnia di Paolo Regina che presenta “Morte di un antiquario”.

Il Festival dedicato al giallo e al mistero non può però limitarsi alla letteratura senza sfociare naturalmente nel cinema con la retrospettiva “Cinque volti della paura” al Salone Snaporaz: dal 26 giugno tutte le sere alle ore 23.30 la dedica al maestro Mario Bava ospita le pellicole di Sei donne per l’assassino, Diabolik, La ragazza che sapeva troppo, La maschera del demonio e Operazione paura.

Letteratura, cinema e infine anche arte con la mostra “Enjoy your Monsters” di Alexia Solazzo il cui vernissage si terrà sabato 29 giugno presso l’Hotel Kursaal. La mostra si compone di alcune opere originali contenute nell’ultimo libro di Andrea G. Pinketts “E dopo tanta notte strizzami le occhiaie”. Domenica 30 giugno (ore 18.30) in viale Bovio sarà invece inaugurata la mostra fotografica “Andrea G. Pinketts, lo sceriffo di Cattolica” che testimonia 30 anni di amore di Pinketts per la Regina dell’Adriatico.

Dal 25 al 30 giugno, MystFest, Cattolica – info: 0541966778 – www.mystfest.com 

OoopopoiooO in concerto all’Area Sismica

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All’Area Sismica di Forlì continuano gli appuntamenti con la rassegna di musica inaudita: domenica 30 giugno protagonisti del palco saranno gli OoopopoiooO che, con la loro musica e il loro stile, riscrivono cent’anni di elettromagnetismo. Il nuovo live è all’insegna della totale libertà di espressione che mette insieme la fantasia visionaria e giocosa e il surrealismo lo fi.

Il duo Vincenzo Vasi e Valeria Sturba con i loro theremin e le loro voci abbinate a violino e elettroniche portano sul palco un’energia esplosiva che combatte noia e monotonia in un sound che supera i confini tra i generi musicale, creando un miscela pop in cui convergono musica contemporanea, minimalismo, tarantelle techno, rap, musica popolare e filastrocche. Il tutto in perfetto equilibrio armonico. In questo loro lavoro, la voce è una sorta di new entry in grado di plasmare la lingua attraverso storpiature e pronunce particolari, fino alla vera invenzione di idiomi. Essa è spesso abbinata all’utilizzo di giocattoli: tastierine, giocattoli colorati, antenne, archi e corde magicamente si trasformano in strumenti acustici ed elettronici utilizzati di per sé o per creare effetti sonori unici.

Domenica 30 giugno, OoopopoiooO, Area Sismica Forlì, cena a partire dalle ore 20 (gradita la prenotazione) – info: info@areasismica.it, www.areasismica.it

Cesena in Fiera tra musica, gastronomia, spettacoli e arte

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Dal 21 al 24 giugno nel centro storico torna Cesena in Fiera, quattro intere giornate dedicate al santo patrono della città con un ricco cartellone di eventi dalla gastronomia agli spettacoli dal vivo, dalle mostre all’arte, dalla storia al recupero di tradizioni popolari; il tutto immerso nell’ormai caratteristico e tradizionale profumo di aglio e lavanda.

Le bancarelle di cibo, artigianato e vivaisti si dislocano per tutte le strade del centro creando un percorso ad hoc per i partecipanti che potranno perdersi tra le numerose proposte offerte. In corso Garibaldi e corso Mazzini ritornano gli stand della Campionaria, mentre le vie Battistini e Battisti ospitranno numerose bancarelle di artigianato e vivaisti. I punti ristoro sono sparsi in varie zone e le vie della Magia, nei dintorni di piazza Amendola, in Piazza della Libertà con Il Pesce Fa Bene…ficenza in Piazza della Libertà e i numerosi street food e food truck dislocati in viale Mazzoni, Piazza della Birra e piazza Bufalini. In piazza Aguselli invece si dà maggiore spazio alla tradizione grazie al villaggio Romagna, con proposte di piatti tipici e ballo.

Cesena in Fiera non è però solo buon cibo, ma anche buona musica: ogni piazzetta della città si anima d’iniziative e spettacoli, valorizzando gli spazi più nascosti e costringendo cesenati e turisti alla loro riscoperta. In piazza Bufalini, dal 21 al 24 giugno, dalle 18.30, Elio, storico protagonista del Velvet, anima la Piazza con il suo dj set: musiche, ricordi e sogni dei decenni passati. A seguire, dalle 21.30 si succedono quattro mini band: i Brutti Sbarbi Sanitari, una formazione di medici ed infermieri cesenati che suona un repertorio di blues e country rock (21 giugno); il gruppo Noi Duri (Italian Swing e Carosone – 22 giugno); i The Silver Combo con il loro Rock’n’Roll e Rhytm and Blues (23 giugno); e si chiude con il jump, Swing e Manouche dei Ring Of The Swing (24 giugno). Spazio alla musica anche al Baricentro, in Piazza Amendola, dove affianco a freschi pestati e sushi si esibiranno i Bocanegra di Sasso Battaglia (21 giugno), con le loro fusioni di blues, ritmi beatbox ed hip hop, e i Cumbia Poder di Carlo Forero che nelle tre serate successive proporranno musiche tradizionali colombiane, cubane ed argentine e l’allegria della cumbia. Nell’ambito musicale si inserisce anche la 18a edizione “Cesena In Coro”, la rassegna di Canto Corale che sabato 22 giugno alle ore 21 nella Chiesa di San Rocco vede esibirsi diversi cori, tra cui, oltre ad Alio Modo Canticum, anche il Faith Gospel Choir di Carpi.

Accanto alla musica un pizzico di magia con Le Vie della Magia popolate di cartomanti, oroscopi, speziali, bottegai, artisti, musici e cibi di strada, che a partire da Piazza Amendola si diramano nei vicoli vicini. All’ingresso della Piazza, i partecipanti incontreranno un artigiano speciale, Fabiano Sportelli, che con i suoi fischietti creativi inventa suoni ed emozioni fatti di ceramica. Le cartomanti sono disposte a partire dalle ore 18 in via Righi, via Albizzi, Vicolo Caporali e via della Pescheria, mentre Piazza Amendola, la notte del 23 giugno dalle ore 18, ospiterà la Confraternita della Fenice e i suoi racconti delle Streghe ad San Zvan: storie di antichi misteri, erbe magiche, amuleti, incantesimi, riti benaugurali, stregoneria, inquisizione, processi e roghi. Dedicata al tema della magia è anche la mostra “Magia dell’Arte Manuale”, allestita in via Verzaglia, lungo la quale diversi artisti talentuosi mostreranno la loro arte.

Cesena in Fiera fa da sfondo anche a numerose altre iniziative, come quella di Cortili Aperti, l’ormai tradizionale rassegna presso il chiostro dell’ex Roverella dove per l’occasione vengono proposte tre giornate di musica, appuntamenti per bambini e la Mostra fotografica “Immersi”, la Via delle Stelle.Tra gli spettacoli, sabato 22 giugno alle ore 21 la Corte ospiterà “Risate con… Maria Pia Timo” che racconta storie della città di Faenza. A seguire, domenica 23 giugno si terrà il concerto di musica argentina con Ema Yazurlo y Quilombo Sonoro, mentre lunedì 24 giugno quello della 3monti Band, l’Orchestra di Montiano.

Tra le iniziative collaterali si ricorda anche Poeti a San Giovanni, la manifestazione dedicata ai poeti romagnoli: venerdì 21 giugno, il Salone di Palazzo Ghini ospiterà a partire dalle ore 21.15, un omaggio a Bruchin, poeta dialettale di piazza vissuto dal 1879 al 1953, e le cui opere saranno lette da Ilario Sirri, Franco Casadei e Sergio Lucchi. Nel corso della serata verrà presentata anche la raccolta “Donna di mare” di Franco Casadei. Poeti a San Giovanni inaugura anche il ciclo di appuntamenti proposti dalla Festa della Famiglia Diocesana, che prosegue sabato 22 alle 21 al Chiostro di san Francesco con lo spettacolo “Giuseppe il misericordioso” con l’attore Pietro Sarubbi.

Per finire, sabato 22 e domenica 23 giugno Il Vicolo Interior Design propone “Milonga in Vetrina”, una performance collettiva di tango argentino curata dall’Associazione HoTango, con la regia di Agnese Franceschi e Christian Santi e con il contributo artistico del coreografo argentino Leonardo Cuello. In vista di questa speciale occasione, al numero 16 di Via Carbonari viene ricreato lo spaccato di un tipico locale da ballo argentino. Presso Il Vicolo si potrà poi partecipare alle presentazioni dei libri “La vera storia del Fischietto di San Giovanni” di Gabriele Papi (venerdì 21 giugno) e “Il Pacifista” di Francesco Gabellini (lunedì 24 giugno). Trattandosi di una galleria, non mancherà neanche un’esposizione artistica allestita al numero 6 di Contrada Chiaramonti: “Keramikos” è dedicata ad otto artisti che realizzano le loro visioni attraverso opere fatte di “terra”, rinnovando la tradizione antica della ceramica.

A questa si aggiungono altre due esposizioni: “Storie di Calcio” allestita nella Pescheria e ispirata al Campionato Europeo Under 21 di Calcio, che vede in esposizione diversi cimeli, curiosità e documenti relativi alle tre Nazionali,Francia, Inghilterra e Romania, che giocheranno allo Stadio Manuzzi; la seconda dal titolo “Estati di Cinema Italiano. Da Visconti a Sorrentino” verrà inaugurata venerdì 21 giugno alle ore 17 presso la Galleria del Ridotto e raccoglie reperti fotografici che documentano come il nostro grande cinema ha raccontato l’estate. Infine, nella Chiesa di S. Agostino l’Adarc i visitatori potranno trovare “Un tocco di rosso”, un omaggio al colore di uno dei simboli della Fiera: il fischietto di zucchero rosso. Saranno presenti le opere inedite di 45 artisti; pittori, fotografi, scultori e mosaicisti; tutti provenienti da Cesena e dintorni.

Dal 21 al 24 giugno, Cesena in Fiera, Cesena centro storico – info: www.cesenafiera.com, www.comune.cesena.fc.t/cesena/turismo

Calici d’Estate, degustazioni enogastronomiche a Cesenatico

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Gli appuntamenti dell’estate a Cesenatico non finiscono mai: dal 21 al 23 giugno al già vasto cartellone di eventi si aggiunge anche la prima edizione di Calici d’Estate” che animerà il centro della città con degustazioni enogastronomiche di produttori e cantine provenienti da tutte le regioni d’Italia.

Le tre giornate dedicate al buon vino e al buon cibo si apriranno alle ore 18 lungo via Garibaldi: a ogni partecipante verrà consegnato un parta calice, un calice di vetro e dieci gettoni con i quali potranno acquistare i piatti, tra antipasti, primi e dolci, e i calici di vino da loro scelti. I partecipanti avranno la possibilità di assaggiare i gustosi mini piada-burger, il risotto gourmet, gli arrosticini o la pizza più tradizionale, accompagnandoli a un buon calice di vino, frizzante o fermo, bianco o rosso, a scelta tra le diverse offerte della MoretVini, della Dvino Wins, dell’Azienda Vinicola Zanardo, del Nero del Bufalo, del Pettyrosso, di Casadio, di Pezzalunga, dell’Az. Agricola Diubaldo, del Barone di Bolaro e di Angelo Maffione Vini. Per gli amanti della birra invece, il Birrificio San Biagio offre la degustazione della propria birra artigianale.

Accanto alle degustazioni non mancheranno gli incontri: un apposito spazio denominato il “salotto del vino” ospiterà infatti numerose presentazioni e degustazioni pubbliche nel corso di tutte e tre le serate.

Dal 21 al 23 giugno, Calici d’Estate, Cesenatico, dalle 18 alle 24 – info: cesenatico.it;coupon sconto fino a esaurimento scorte: https://www.feshioncoupon.it/coupon/calici-di-estate/ 

Funk Shui Project & Davide Shorty aprono l’estate a San Bernardino

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A partire da venerdì 21 giugno entra nel vivo San Bernardino Estate, il programma di eventi, attività e incontri presso i Poderi del Monte che prevede tre eventi dove i giovani talenti locali faranno da protagonisti alternandosi ad artisti emergenti nazionali, con concerti musicali e spettacoli comici, mostre fotografiche, design market e dialoghi sull’innovazione.

Il primo appuntamento si terrà venerdì 21 giugno, con il concerto del trio Funk Shui Project & Davide Shorty, che vede sul palco il collettivo di musicisti e produttori torinesi esibirsi insieme a Davide Shorty, palermitano residente a Londra che si è distinto a X-Factor grazie alle sue sonorità innovative che uniscono soul, funk e rap. Il trio presenta il suo ultimo album intitolato “Terapia di gruppo”, mentre in apertura si terrà un incontro-intervista con Moder, il rapper ravennate noto a livello nazionale.

Venerdì 26 luglio il programma estivo continua con lo spettacolo di Stand Up Comedy di David Shushan, intitolato “Di Dove Sei?”. Da regista a chef, oggi Shushan è riconosciuto come comico a livello nazionale e particolarmente apprezzato per i suoi lavori attraverso i quali porta sul palco l’importate tema dell’esperienza migratoria sfruttando l’utilizzo di diverse lingue. In apertura avrà luogo il laboratorio e performance di Francesco Bentini, emergente talento faentino di improvvisazione teatrale e comica.

A chiudere il programma estivo, l’intera giornata di domenica 15 settembre sarà dedicata all’arte dell’espressione e del racconto sulla creatività del territorio: si alterneranno così diversi dialoghi sull’innovazione, con esperti su temi di food innovation, imprenditoria sociale e benessere; un design market con allestimenti di varie opere e momenti di confronto con gli artisti e artigiani presenti; laboratori di filosofia dell’arte per adulti e di educazione sensoriale per i più piccoli.

Nel corso di tutte e tre le giornate, San Bernardino ospiterà una mostra fotografica di Marco Piffari, Sonia Formica e la Fototeca Manfrediana, tre emergenti talenti fotografici faentini: si tratta di tre diversi percorsi fotografici che affrontano e raccontano il tema del territorio, inteso come spazio fisico delimitato da confini e come spazio storico, sociale e culturale. Non mancherà ovviamente l’accompagnamento degli eventi con offerta food & drink sarà gestita da diversi ristoratori del territorio.

Dal 21 giugno, Estate a San Bernardino Faenza, Via Monte di Pietà – info: https://fondazionemontefaenza.it/contamination-lab/san-bernardinohttps://www.facebook.com/pg/SanBernardinoFaenza/https://www.instagram.com/sanbernardinofaenza

I magnifici fallimenti di Oliviero Toscani al MAR di Ravenna

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Negli anni ’80 la pubblicità in Italia era il paradiso. Case accoglienti e luminose, automobili luccicanti, vestiti eleganti e mamme sorridenti che ogni giorno ti davano una merendina nuova. In questo stucchevole contesto esplode, anticonformista e provocatorio fino ad essere urticante, il fenomeno Oliviero Toscani. Con la ventennale campagna realizzata per Benetton, il ruvido e sovversivo fotografo contraddice la regola-base dell’advertisement: mai collegare il tuo prodotto ad un’immagine negativa… E rovescia il tavolo, piazzando, negli indorati spazi pubblicitari, fotografie dissacranti, irriverenti, scioccanti. Che raccontano i problemi sociali e la cruda realtà, e toccano i nervi scoperti della cultura moralista e benpensante. Gioca coi tabù, Toscani. Il razzismo, il sesso, la religione, il trauma della nascita, l’angoscia della morte, la fame, la guerra, l’AIDS, in una escalation di temi che lui affronta con il cinismo dello scienziato e la comprensione dell’umanista. E noi scopriamo che certe immagini, a cui nella cronaca siamo abituati, una volta trasferite nella cornice dello spazio pubblicitario, ci colpiscono come un pugno allo stomaco… Naturalmente sono scandali a ripetizione, collezioni di proteste, denunce e censure. Nel ’91 la famosa fotografia del Bacio fra prete e suora viene censurata il giorno stesso dell’affissione, ma finisce su tutti i giornali del mondo e a Londra vince il prestigioso Eurobest Award. Oggi, possiamo dire che il suo lavoro è entrato nella storia – non solo dell’advertisement – e che certamente ha stimolato l’opinione pubblica e scosso le coscienze di diverse generazioni, in tutto il mondo. Oltre ad una carrellata sul suo percorso professionale, la mostra presenta il progetto La Razza Umana (una serie di ritratti in grande formato in cui l’autore mette a fuoco le differenze dell’umanità e la bellezza che ne deriva), il focus Newyorchese (con scatti degli anni ’70 che ritraggono Andy Warhol, Mick Jagger, Lou Reed ed altri), ed alcuni video di approfondimento.

Roberto Ossani

Fino al 30 giugno, Oliviero Toscani – Più di 50 anni di magnifici fallimenti, MAR, Ravenna, via di Roma 13. Info: mar.ra.it

Da Cannes a Bologna avec amour, il documentario di Mario Sesti su Bertolucci visto da noi

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Cinecittà – I mestieri del cinema. Bernardo Bertolucci: no end travelling di Mario Sesti appartiene a quel manipolo di film che il Biografilm ha acquisito quest’anno da Cannes (insieme all’anteprima italiana di Diego Maradona di Asif Kapadia). Applaudito all’anteprima francese, il film ha avuto il 4 giugno al Maxxi di Roma la sua première nazionale e sarà trasmesso a novembre su Sky Arte.

Inizia con una sequenza mai montata di Novecento, con le immagini di un treno in corsa verso lo spettatore, zeppo di bandiere rosse, questo documentario, che è un omaggio sia al cineasta parmense che al cinema. Perché “Il cinema inizia con un treno, ecco ti regalo l’inizio del cinema”, dice affettuosamente Bertolucci.

 Ma in uno scambio di doni, è anche un regalo di Bernardo Bertolucci all’amico Mario Sesti. Il documentario si dipana attorno a un’inedita lunga e recente intervista, al centro di un’opera che nasce quale primo episodio di una serie dedicata ai mestieri del cinema pensata e prodotta da Istituto LuceCinecittà con Sky Arte. Ma come ci dice lo stesso Sesti prima della proiezione, questo non sarà un episodio, bensì rimarrà un unico, per la portata del personaggio che contiene il cinema stesso.

Partendo da un treno lanciato sul pubblico del 1896, il treno attraversa l’intera storia della settima arte e percorre trasversalmente tutti i generi cinematografici. È il luogo ideale per cominciare una riflessione su di essa. Da qui parte Mario Sesti, critico e regista, che fa tesoro di un frammento per scrivere un discorso amoroso (anche) sul cinema di Bernardo Bertolucci.

Attraverso l’autore, morto a Roma il 26 novembre del 2018, passiamo attraverso le epoche del lavoro di una vita. L’idea del dono è palpabile nello spirito dell’opera e nel suo tono di voce: un racconto personale e privato (la conversazione avviene nella casa romana di Bertolucci), dove il regista snocciola ricordi di una vita, attraverso aneddoti, riflessioni, fantasie.

Da quando vomitò su Jean-Luc Godard, a quando faceva esperienza del rapporto tra la cultura italiana e quella americana, quando la notte degli Oscar dal palco dove ritirò 9 Oscar per L’ultimo imperatore, definì Los Angeles “the big nipple”, controcanto di New York. Ci fu il gelo. Almeno per un’interminabile manciata di secondi. A un ricchissimo repertorio di teoria e tecnica del suo modo di fare cinema, e di vivere e convivere con la sua tribù. Ovvero i suoi collaboratori sui suoi set, la sua bolla, dove si sentiva sicuro e protetto.

 È palpabile la differenza tra la pacata misura del Bertolucci settantenne con il Bertolucci giovane, spaccone e sfrontato della prima parte del documentario. Dove dichiara convinto che “da giovane rivoluzionario” quale si sentiva, aveva giurato a sé stesso che se mai avesse vinto un Oscar l’avrebbe rifiutato, come Sartre col Nobel (salvo poi fare tutto il contrario nell’88).

Bertolucci è anche questo, una contraddizione sanabile tra la prediletta Nouvelle Vague e Hollywood. Un autore la cui statura rende assoluta anche un’affermazione relativa, ovvero che “fare cinema altro non è che la ripetizione di quel gesto criminale del bambino che spia nella camera da letto dei genitori”.

di Marina Ruiz

visto al Biografilm Festival di Bologna

 

 

Solstizio d’Estate: a Ca’ Colmello, sulle colline bolognesi, si festeggia con fiabe dal mondo e musica d’Africa

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Dal pomeriggio fino a notte, un accogliente programma di attività per bambini e adulti.

Un invito a rallentare il ritmo, nel giorno più lungo dell’anno: per festeggiare il solstizio (termine che, forse vale ricordarlo, deriva dal latino solstitium, composto da sol-, “Sole” e -sistere, “fermarsi”), sabato 22 giugno l’associazione culturale Baba Jaga organizza alla Casa Laboratorio Ca’ Colmello di Sassoleone, sulle colline sopra a Bologna, una giornata dedicata a bambini e adulti.

Le attività, in programma dalle ore 16 fino a notte inoltrata, sono parte della settima edizione della rassegna di laboratori e spettacoli S.I.A – Sottili Innesti Amorevoli.

«Tempo di sole, di storie, verde e merenda sotto gli alberi, di intrecci e musica…» suggerisce la direttrice artistica Chiara Tabaroni «Per grandi e piccoli un tempo di meraviglia e ascolto per accogliere l’estate che giunge. Alle 17.30 è in programma Il giardino delle storie. Fiabe tra gli alberi, parole e passeggiate nel verde in libertà, libri ed albi illustrati per chi ha voglia di leggere all’ombra degli alberi, angolo colori per bimbi e al calar del sole, alle 21.30, nell’anfiteatro in calanco presenteremo il concerto di Jabel Kanuteh Heart of kora – Suoni d’Africa. Nato in Gambia, primogenito di dieci figli, come suo padre e suo nonno Jabel è un griot: poeta e cantore, “colui che ha il dono della parola”. Suona la kora, un’arpa a 21 corde tipica del suo Paese natale».

 

 

Fatevi un regalo: salite in collina.

 

22 giugno, dalle ore 16 – Casa Laboratorio Ca’ Colmello, via Gesso 21, Sassoleone (BO) – ingresso € 12 – la prenotazione è obbligatoria – info e prenotazioni: 349 2826958, 340 7823086, info@babajaga.it, www.babajaga.it.

 

Sam Paglia presenta “Live in Italy” a Longiano

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Un’estate piena di concerti per Sam Paglia: col suo tanto vintage quanto magico organo Hammond, per il musicista di Cesenatico si profila un nutrito tour estivo anche ben oltre l’area romagnola. Il 19 luglio il trio sarà a Longiano, ospite della rassegna ‘Mercoledì d’autore’ organizzata dalla Municipalità con Fondazione Balestra. In una delle piazze più belle -lassù al Castello Malatestiano- alle 21,30 il trio di punta della scena exotica italiana presenterà il nuovo CD “Live in Italy” e riproporrà alcuni brani del vasto repertorio soul-jazz-bossanova.
Insieme al percussionista Michele Iaia ed al chitarrista Peppe Conte, Sam Paglia tornerà a far emozionare un pubblico sempre più affezionato ed attento. Dopo13 album tra reinterpretazioni di evergreen e tanti inediti, colonne sonore indimenticabili e apprezzatissime, incursioni in generi ed àmbiti originali, ogni volta è un viaggio appassionate.
Tra mix di stili e ricami sonori, infatti, si viene trasportati con grande maestrìa tecnica e slancio fantasioso che hanno sempre fatto volare le dita di Sam su quella doppia tastiera data per antiquata con l’avvento, più o meno trent’anni fa, dei primi strumenti super-leggeri. Come se si potesse misurare a peso la suggestione sonora!
La serata longianese si apre alle 19.30 con ‘Mercanti in Corte’, mostra-mercato delle eccellenze enogastronomiche nostrane; quindi spazio ai ritmi ed ai ricami musicali del trio. Sarà poi disponibile il CD, la cui grafica curata da Sam Paglia stesso (di professione illustratore) ed il libro “I diari della Taunus”,esperimento editoriale fresco di stampa che aiuta, in modo piacevolmente sincero, ad entrare nel mondo quotidiano del giramondo musicista.
I prossimi appuntamenti a breve di Sam Paglia con questo spettacolo sono: il 20 giugno al ‘Mosca Bianca’ di Riccione, il 27 a Saltara (PU) per il Festival Jazz, il 2 luglio al ‘Micro’ di Cervia, il 5 ad Urbino per il jazz festival, il 17 alla ‘Lampara’ di Pescara ed il 21 in piazza a Bertinoro per il Blue’Jazz festival.
Diverse altre date sono in via di conferma.
Monica Andreucci

Ultimi giorni per vedere La Vida es Sueño di Lenz Fondazione al Complesso Monumentale della Pilotta di Parma

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Lenz Fondazione, La Vida es Sueño - foto di Francesco Pititto

 

Nell’Ala Nord della Galleria Nazionale quindici performer di età compresa tra gli otto e gli ottant’anni daranno corpo alla riscrittura scenica delle visioni di Lenz ispirate a Calderón de la Barca. In programma anche un incontro con il pubblico e la performance Hypógrifo, creata ad hoc per l’Anteprima di Parma Capitale Italiana della Cultura 2020. 

«Gli aspetti allegorici vengono assorbiti dalla verità dei corpi: uno spettacolo commovente ed emozionante. La Maestri e Pititto rileggono il testo più noto di Calderón de la Barca tra monologhi dolenti e vortici estetici»: la critica teatrale Valeria Ottolenghi recensisce La Vida es Sueño di Lenz Fondazione, installazione site-specific nell’Ala Nord della Galleria Nazionale nel Complesso Monumentale della Pilotta di Parma, in scena ancora da martedì 18 a sabato 22 giugno, tutte le sere alle ore 21.

La Vida es Sueño, seconda parte del progetto triennale Il Passato Imminente ideato da Maria Federica Maestri e Francesco Pititto in dialogo con le composizioni elettroniche del musicista Claudio Rocchetti, è interpretato da quindici performer: gli attori sensibili Paolo Maccini e Franck Berzieri, Sandra Soncini, storica protagonista delle creazioni di Lenz, gli attori/cantanti over settanta Giuseppina Cattani, Maria Giardino, Elena Nunziata, Mirella Pongolini, Cesare Quintavalla e Valeria Spocci e i bambini Matteo Castellazzi, Lorenzo Davini, Martina Gismondi, Agata Pelosi, Margherita Picchi e Giada Vaccaro dell’Associazione Ars Canto G. Verdi.

 

Lenz Fondazione, La Vida es Sueño – foto di Francesco Pititto

 

L’installazione de La Vida es Sueño è costituita da quattordici letti ospedalieri di metallo, reclinabili, posti uno di fianco all’altro lungo la Galleria, in nitido rispecchiamento con i gruppi scultorei e le grandi tele di fine Seicento raffiguranti Compianti, Deposizioni e Annunciazioni e in stretto dialogo materico con l’imponente cielo-traliccio in tubi innocenti creato dall’architetto Guido Canali negli anni Settanta, all’epoca della ristrutturazione della Pilotta, mentre sulle tre pareti espositive vuote si imprimono le imagoturgie nelle quali la figura di Giobbe, dal dipinto di Antonio de Pereda presente in una sala adiacente, si sovrappone a quelle di alcuni performer dell’auto sacramental.

Giovedì 20 giugno dalle ore 17 alle ore 19, al Complesso Monumentale della Pilotta, è inoltre previsto un nuovo incontro di Campo Lenz, ciclo di appuntamenti rivolti agli spettatori di riflessione attorno ai temi dominanti nelle nuove creazioni della Compagnia. Al dialogo prenderanno parte Pietro Pellegrini direttore DAI SM-DP Ausl Parma, Silvia Mei curatrice teatrale e studiosa di live arts, Enrico Piergiacomi filosofo, Università degli Studi di Trento, Carlo Mambriani docente di Storia dell’Architettura, Università degli Studi di Parma, Maria Federica Maestri e Francesco Pititto Direttori Artistici di Lenz Fondazione. Ingresso libero.

 

Lenz Fondazione, La Vida es Sueño – foto di Francesco Pititto

 

Infine: sabato 22 giugno alle ore 18.30 nel Chiostro della Pinacoteca Stuard (Borgo del Parmigianino 2, Parma) nell’ambito del programma di iniziative del Comune come Anteprima di Parma Capitale Italiana della Cultura 2020, Lenz Fondazione presenterà Hypógrifo { My Violent Hippogriff }, frammenti da Pedro Calderón de la Barca interpretati da Sandra Soncini. Ingresso libero.

 

18-22 giugno, ore 21 – Parma, Complesso Monumentale della Pilotta – info e prenotazioni: 0521 270141, 335 6096220, info@lenzfondazione.it

 

BERTOLUCCI E KUBRICK SCENDONO NELL’ARENA

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Non esiste estate senza il cinema dell’Arena Borghesi: anche quest’anno, lo spazio faentino conferma il suo impegno nel proporsi come luogo di incontro tra gli spettatori e il grande schermo.

La programmazione presenta alcune ricorrenze, ma anche interessanti novità. Si confermano i lunedì dedicati al cinema classico, per gustarsi il piacere della qualità dell’immagine offerta dal grande schermo. Non mancano gli appuntamenti con le migliori pellicole della passata stagione cinematografica, dando la possibilità agli spettatori di fruire di numerosi film non usciti in sala, nonché le numerose collaborazioni con le associazioni del territorio che organizzano serate incentrate su tematiche a loro care.

Un’ulteriore conferma è la rassegna Accadde Domani, dedicata al cinema italiano, che permette al pubblico di incontrare attori e registi delle migliori opere nostrane. Il 2019 è anche un anno di ricorrenze, prima tra tutte i 50 anni dall’allunaggio, per la cui commemorazione il Gruppo Astrofili propone due serate di osservazione del cielo.

Inoltre, alcune serate sono dedicate al ricordo di due grandi registi, Bernardo Bertolucci, scomparso pochi mesi fa e che ha regalato al nostro cinema alcune delle sue più mirabili prove d’autore, e Stanley Kubrick, di cui quest’anno ricorrono i 20 anni dalla morte. Proprio con Full Metal Jacket, mercoledì 19 giugno si inaugura l’intera rassegna estiva.

La novità assoluta riguarda due serate di formazione: le masterclass si sostituiscono alle proiezioni ospitando il professor Manzoli in un incontro sui kolossal d’autore, e Antonio Gramentieri che parlerà della relazione tra musica e immagini. Una terza serata speciale è dedicata alla sonorizzazione dal vivo di Lorenzo Travaglini su una selezione di cortometraggi del periodo muto. L’obiettivo finale, tra conferme e novità, è ancora una volta quello di offrire al pubblico un spazio culturale di interazione, di incontro con il cinema, con le sue opere e con i suoi protagonisti.

Dal 19 giugno all’1 settembre, Arena Borghesi, Faenza, viale Stradone. Info: facebook.com/cineclubfaenza

I giorni del rock e delle rose, per sempre

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Eccoci qui a parlare di rock, perché è sempre il momento di parlare di rock and roll. Soprattutto di questi tempi. These times, appunto, è l’ultimo disco dei Dream Syndicate, esponenti di spicco della scena rock psichedelica californiana degli anni Ottanta. Steve Winn e soci mettono in scena la loro rappresentazione della società ai tempi di Trump, economia globale e devoluzione umana. Lo fanno con una manciata di canzoni che segnano un percorso coerente, una linea tracciata nel 1982 dal loro disco capolavoro intitolato The days of wine and roses, un album ruvido che mescolava psichedelia, rock e il folk di Dylan e che li ha portati a questo ultimo che si presenta con la copertina che rimanda alle produzioni progressive dei Settanta, con un pizzico di surrealismo di scuola Dalì.

È una dichiarazione d’intenti che si snoda in canzoni amare. I pezzi alternano un gusto agrodolce all’oscurità reazionaria americana dei giorni nostri. Un sole californiano oscurato da migliaia di occhi che controllano la vita e i desideri delle persone, come per esempio in The whole world’s watching dove il basso pulsante scandisce la condizione patibolare dell’umano, espressa in un funk distopico che risente della produzione di John Agnello (già con Dinosaur Jr e Okkerville River) e che ne esalta la presa emozionale del brano.

In Recovery mode, fanno capolino i migliori R.E.M. del periodo di Monster e New Adventures in Hi-Fi, il tutto miscelato in un sound solido e ben arrangiato, una scrittura tesa dove l’ottima penna di Steve Winn, libera di sprigionare tutto il suo talento, trova un connubio ideale tra Bob Dylan e gli ultimi e lisergici Byrds, di quando oramai il sogno hippie americano era già andato in fiamme nelle foreste del Vietnam. Nel video di Way in, si legge il testo della canzone, espressione tardo romantica di un sognatore costretto a vivere tempi di ingiustizie e inganni politici e che non può farsi da parte ma deve lottare «…I’m a lover, I’m not a figher», una persona che vive il disagio della confusione e sente il bisogno di riconciliarsi al contempo con il proprio presente.

Da quel lontano 1982, da quei giorni di rose e vino a questi di lotta e disperazione, i Dream Syndicate si confermano narratori di un divenire epico tra le strade blu di questo villaggio globale. A giugno sono in tour in Italia. Alle nostre latitudini aprono il festival Ribalta Marea a Cesenatico il 20 giugno. È giunto il momento di andare a lezione di rock and roll.

MARCO BOCCACCINI

20 giugno, Ribalta Marea, THE DREAM SYNDACATE, Cesenatico (Fc), Teatro all’Aperto di Largo Cappuccini 1, ore 21.15 – Info: 0547 79274, cultura@cesenatico.it

Archeologia del presente, nel ghetto di Terezín

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Brevi note su L’imperatore di Atlantide di Viktor Ullmann e Petr Kien di Enrico Pastore.

Libro chiama libro. Vien da pensare a Ernst Bloch, al suo Lo spirito dell’utopia, a una idea di arte (e in particolar modo di musica) che non realizza l’utopia, ma la preannuncia: la musica, per Bloch, è forma che prelude all’espressione, lingua non ancora formata, «balbettio di bimbo» che tende alla condizione di linguaggio.

Libro chiama libro. Come non ricordare la raccolta poetica di Andrea Zanzotto, La beltà? Siamo nel 1968, a far rivoluzioni dentro e attraverso la lingua. Parola come istanza di liberazione dalla repressione e dalla scontata omogeneità dell’idioma ufficiale, alla ricerca del dire primordiale: il balbettio del petèl è l’incarnazione linguistica del desiderio.

Libro chiama libro. Desiderio e morte si agitano nella Fenomenologia dello spirito di Hegel, nell’incessante lavorìo volto a identificare le manifestazioni (la “scienza di ciò che appare”: fenomenologia, appunto) attraverso le quali lo spirito si innalza dalle forme più semplici di conoscenza a quelle più generali.

Si potrebbe a lungo continuare, tanto è feconda di stimoli e sviluppi rizomatici quest’opera minuscola e monumentale di Enrico Pastore, intellettuale piemontese che con rigorosa attitudine da «storico immediato del reale» racconta la vicenda del «ghetto modello» di Terezín attraverso la lente de L’imperatore di Atlantide di Viktor Ullmann e Petr Kien, «una di quelle rare opere che hanno il potere di portare alla luce un frammento di verità abbagliante», come lo stesso autore annuncia in Premessa (p. 7).

 

 

Il libro di Pastore parla di Terezín, «il ghetto modello voluto da Eichmann per ingannare il mondo» (p.9), e lo si fa con solida attitudine scientifica, affondando con precisione analitica nel «campo nelle menzogne», nelle biografie degli autori, nelle paradossali condizioni produttive, per poi analizzare da molteplici punti di vista l’opera e riportarne, infine, il libretto.

Vien da pensare a Foucault, alla sua Archeologia del sapere, a un’idea e una prassi di cultura che mette al centro le conoscenze imperfette, le lingue fluttuanti.

Il grande merito di questo saggio, si può forse sintetizzare, è quello di aprire una quantità di fonde domande sull’oggi e sul nostro essere attraversati dal (e costituiti di) linguaggio, mediante il rigoroso affondo in una vicenda storica e dunque, a rigore, affatto altra da noi.

Come non istituire un feroce parallelo tra «l’illusione messa in scena per raggirare il mondo» (p. 17) e la manipolazione della quale tutti oggi siamo oggetto nella «società dello spettacolo» (Debord docet), anche se con mezzi più suadenti e sottili?

Come non accorgersi che i modi di reagire all’infida, bipolare, sbandierata opportunità di praticare le arti nel Campo di Concentramento Theresienstadt, tra coloro che «dimenticarono il ghetto e si gettarono nell’attività artistica come se si trovassero sui palcoscenici di Praga o Berlino prima dell’avvento del nazismo» (p.17) e quelli che «continuarono a utilizzare l’arte come forma di diniego e resistenza all’orrore nazista a rischio della propria incolumità» (ibidem), rispecchia esattamente le analoghe, opposte attitudini degli uomini e delle donne di scena d’oggi?

«Gli strumenti musicali furono da principio vietati e il loro solo possesso passibile di pena capitale» si legge a p. 56 «Solo in un secondo momento, quando i nazisti realizzarono di poter sfruttare le attività spettacolari per i loro fini di propaganda essi furono resi disponibili, anche se spesso erano di cattiva, se non pessima, qualità»: come non pensare alle dinamiche familistiche, se non di smaccata convenienza, che regolano le scelte di coloro i quali, nelle odierne posizioni di potere, hanno la possibilità di decretare la (s)fortuna, se non addirittura la sopravvivenza, di questo o quel soggetto artistico?

Detto altrimenti: questo affondo su L’imperatore di Atlantide dà la possibilità di «rovesciare il piano estetico della composizione e dell’esecuzione su quello etico», come efficacemente sintetizza Marida Rizzuti nella densa Guida all’ascolto (p. 120).

 

 

Un libro che ci sentiamo di consigliare con calore a tutti: per conoscere meglio una vicenda non abbastanza nota e, attraverso di essa, porsi molteplici, salutari domande sul nostro sghembo, smemorato presente.

Chapeau. 

MICHELE PASCARELLA

 

Enrico Pastore, L’imperatore di Atlantide di Viktor Ullmann e Petr Kien, Miraggi edizioni, Torino, 2019, 208 pagine, € 18

 

Opentour 2019. L’Accademia di Belle Arti si mette in mostra

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Mostre, spettacoli, performance: dal 17 al 22 giugno torna l’Opentour, la settimana della festa dell’arte organizzata dall’Accademia di Belle Arti di Bologna in collaborazione con le più importanti Istituzioni e gallerie cittadine. Decine di appuntamenti per festeggiare il quinto anno di una manifestazione che riscuote sempre più interesse e successo di presenze. Con l’appuntamento di Opentour alla fine dell’anno di lezioni l’Accademia apre le sue porte alla città e offre al pubblico l’occasione di scoprire i risultati dell’attività creativa di studenti e docenti. Con una proposta che non si
limita alle aule, ma “invade” numerose altre sedi cittadine, in collaborazione con
diverse realtà e istituzioni pubbliche e private.

Si inizia lunedì, 17 giugno al Museo Civico Medievale, in via Manzoni 4 con ESERCIZI DI STILE 5. READY-MAYBE. Una riflessione museografica contemporanea sul ruolo e sulla funzione dei musei del XX e XXI secolo ha dato forma alla happening-exhibition Ready-maybe in cui convergono, di crasi in crisi, i più recenti linguaggi artistici e la tradizione. Il Musée de l’OHM di Chiara Pergola, situato all’interno del museo, è un ready-made divenuto opera attraverso il suo spostamento nello spazio espositivo. Ma è, inoltre, un museo dove in una forma di indecisione o animismo oggettuale si ritrovano a gravitare le opere e le azioni di Ilaria Minelli, Golzar Sanganian, Agata Torelli e Li Zhuwei, studenti dell’Accademia che oltrepassano il diaframma della teca e abitano il luogo con armi piumate, bachi annidati, atti architettonici e morsi pietrificati.

Andrea Galvani, Mostra EX3

Inaugura martedì 18 giugno alle 17.30 la mostra EX3, dedicata agli ex studenti che hanno consolidato nel tempo la loro carriera, e che quest’anno vede protagonisti Andrea Galvani e Andrea Nacciarriti in una mostra a cura di Carmen Lorenzetti all’Opificio Golinelli. Galvani propone una spettacolare installazione composta di sculture al neon, dal
titolo Instruments for Inquiring into the Wind and the Shaking Earth. Nacciarriti
presenta 30 00 30 00 00 [hold on please]: un’opera che scandisce impietosamente il
tempo con il conto alla rovescia, in giorni, ore, minuti, secondi, centesimi di
secondo, fino al termine della mostra. L’esposizione è accompagnata dai workshop
degli artisti che sveleranno agli studenti i segreti del loro successo.

Nella stessa giornata, alle Serre dei Giardini Margherita, alle ore 11, sarà presentata STIAMO LAVORANDO PER VOI, l’esposizione raccoglie i progetti di mostre sviluppati dagli studenti del corso di Comunicazione e Didattica per l’Arte del Triennio e alle 18.30 in via Ugo Bassi 15 saranno svelati i nomi dei vincitori del ABABO OREA MALIÀ LOGO CONTEST, lo storico “tempio del look” bolognese che festeggia 40 anni di attività con un nuovo logo realizzato dagli studenti dell’Accademia.

Mercoledì 19 alle 16.30, MAMbo Museo d’arte moderna di Bologna, Lelio Aiello presenta REN.CON.TRE, il volume che raccoglie testi critici e le testimonianze di trentatré artisti intervenuti, tra il 2007 e il 2017, ai seminari ren.con.tre in Accademia di Belle Arti: un testo che si configura come strumento di ricerca e autorevole rassegna dell’arte e degli artisti attivi in Italia negli ultimi decenni. Segue alle 20.30 nella Sala B del Cinema Odeon CINECLUB ACCADEMIA, proiezione di film, cortometraggi, animazioni e altre visioni multiformi realizzate dagli studenti del corso di Linguaggi del cinema e dell’audiovisivo.

Appuntamento imperdibile è LA NOTTE DELLE GALLERIE, una festa che percorre tutta la città e che coinvolge le principali gallerie d’arte e spazi privati prevista a partire dalle ore 16 giovedì 20 giugno. In parallelo all’iniziativa ritorna per la seconda edizione Art Up | Premio della Critica e dei Collezionisti, promosso e organizzato da Fondazione Zucchelli in collaborazione con l’Accademia e le gallerie d’arte bolognesi, con il sostegno economico di Banca di Bologna e di diversi collezionisti privati. Il Premio Art Up consiste in due distinti riconoscimenti che, dopo una selezione tra le opere esposte dai giovani artisti nella Notte delle Gallerie, verranno assegnati da una giuria di esperti costituita da Lorenzo Balbi, Paola Giovanardi Rossi e Simone Menegoi. La premiazione si terrà nell’Aula Magna dell’Accademia sabato 22 giugno alle ore 19.

E’ QUI ph Luca Bacciocchi

Venerdì 21 e sabato 22 giugno 2019, ore 21, Aula Teatro, via delle Belle Arti 54
THE BEGGAR’S OPERA. Gli studenti dell’Accademia, dopo un lungo lavoro condotto
con i docenti della scuola di scenografia, portano in scena una rivisitazione
dell’Opera del mendicante di John Gay. In Pinacoteca, sabato 22 giugno si svolgerà l’edizione 2019 del Premio Morandi e seguita dall’inaugurazione di È QUI. UN PERCORSO FRA LUOGHI, PERSONE E ARTE a cura di Vanna Romualdi e Nadia Stefanel,
che propone un suggestivo percorso fra immaginario e memoria, restituendo al progetto una nuova sede espositiva in un percorso visivo e sonoro legato al tema: Luoghi / Persone. Il luogo di lavoro come seconda casa e la persona come spazio della memoria e della relazione. Nel progetto di ricerca, dedicato all’abitare, l’archivio dei segni e il patrimonio orale dei ragazzi delle cooperative sociali La Fraternità e Arca di Noè di Bologna sono stati raccolti e rielaborati dagli studenti del Corso di Decorazione per l’architettura dell’Accademia. Prodotto in occasione dell’Anno Europeo del Patrimonio Culturale (2018), in collaborazione con l’Istituzione Bologna Musei/Musei Civici d’arte antica, il progetto è sostenuto dall’Accademia di Belle Arti di Bologna, dalla Dino Zoli Textile di Forlì, dal Progetto Recooper e dalla Cooperativa Sociale La Fraternità di Bologna.Sarà anche la volta dell’ OPENTOUR ART FEST una non-stop tra Pinacoteca e Accademia.

Dal 17 al 22 giugno. OPENTOUR, Accademia di Belle Arti e luoghi vari a Bologna, per info e programma completo: www.ababo.it

L’arte del gol

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l'arte del goal
Marco Lodola, La grande squadra, 2019 Plexiglass e led, 355 x 598 x 10 cm

Calcio e Arti Visive sono due realtà davvero così inconciliabili? Apparentemente distanti, oggi come ieri questi due mondi intrecciano le loro strade in più occasioni, in un rapporto dinamico e del tutto inaspettato. Facciamo un esempio. Avreste mai immaginato che un portiere della Juventus potesse anche essere protagonista di un movimento di spicco della pittura italiana? E che un calciatore esponesse per anni regolarmente alla Biennale di Venezia? Queste e altre inaspettate connessioni sono raccontate in una mostra inedita, a Palazzo Magnani di Reggio Emilia, dal titolo L’arte del gol. Pittura, scultura, fotografia e il gioco più bello del mondo promossa dalla Regione Emilia Romagna, in collaborazione con Comune di Reggio Emilia e Fondazione Palazzo Magnani, per evidenziare le connessioni tra mondo creativo e sportivo a partire dalla fine del XIX secolo alla contemporaneità.
L’idea è nata in occasione dell’Europeo di calcio under 21 che si svolgerà in Italia e San Marino, e che tra le varie città coinvolgerà anche Bologna, Cesena e Reggio Emilia. A partire dal primo scudetto e dai primi esempi del calcio come torneo nazionale, la mostra ripercorre la storia dello sport più amato nei suoi intrecci con gli avvenimenti storico
artistici e le tendenze che hanno reso grande l’arte italiana, dal Futurismo ai giorni nostri. I Chiostri di San Domenico si preparano quindi ad ospitare una cavalcata nell’arte italiana del XX secolo, con oltre 60 opere provenienti da importanti collezioni museali e private, tra cui quella del MART di Rovereto, del Museo del Novecento di Milano e del Museo Ettore Fico di Torino. Tanti i nomi illustri: da Fortunato Depero ad Adalberto Libera, da Renato Guttuso a Mario Schifano, Franco Angeli. Fino ai protagonisti di oggi: Aldo Mondino, Ugo Nespolo, Titina Maselli, Letizia Battaglia, Giacomo Costa, Olivo Barbieri, Paolo Canevari, Maurizio Cattelan e ancora molti altri. L’arte del gol è una mostra che ci sorprende, dove il calcio gioca la partita da protagonista testimoniando come in fondo, al suo fascino, nessuno è davvero immune, intellettuali e artisti compresi.

Fino all’8 settembre, L’arte del gol, Reggio Emilia, Chiostri di San Domenico, via Alighieri 11. Info: 0522 444446

Visto (e fatto) da noi: Zorba il greco e Concerto Trekking, per iniziare il Ravenna Festival

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Zorba il greco - ph. Angelo Palmieri

 

L’edizione del trentennale si è per noi aperta con due esperienze inclusive e diversissime. Alcune note, a partire da Goethe.

«Chi conosce sé e gli altri sa bene anche questo: l’Oriente e l’Occidente non sono più da separare. Prendo come regola di stare in un sapiente equilibrio fra i due mondi, e perciò la scelta sia sempre il moto fra Est ed Ovest»: due quartine di Johann Wolfgang Goethe paiono appropriate a sintetizzare lo spirito che ha intriso le prime due proposizioni da noi incontrate nell’edizione 2019 del Ravenna Festival, la numero trenta.

Si è trattato, nel primo fine settimana di programmazione, di Zorba il greco (Zorbas), suite da balletto in ventitré scene per contralto, coro misto e orchestra da camera proposto alla Chiesa di San Giacomo di Forlì, e un partecipatissimo Concerto Trekking (Tra argini e capanni), che due giorni dopo si è articolato, partendo da Lido di Dante, come «percorso musicale e gastronomico tra gli argini e la foce dei Fiumi Uniti».

Entrambe le proposte, Goethe docet, sono state caratterizzate dal farsi luogo, letteralmente, di mondi sonori (o più in generale artistici, o ancor più in generale filosofici) affatto proteiformi. Finanche opposti.

Spiega Susanna Venturi nell’utile programma di sala di Zorba il greco: «La storia, che dalla vita vera trasmigra al romanzo, poi al cinema fino al balletto (ma non disdegna neppure il musical di Broadway, nel 1968, versi di Fred Ebb e musica di John Kander), disegna l’incontro tra due mondi: l’Oriente di Zorba, uomo libero, avventuriero sanguigno e generoso, di antica saggezza, e l’Occidente dell’intellettuale John, lo straniero, che della vita in fondo non sa nulla».

 

Zorba il greco – ph. Angelo Palmieri

 

La partitura di Mikīs Theodōrakīs, a Forlì eseguita con brillante vigore dall’Orchestra Arcangelo Corelli diretta da Jacopo Rivani, realizza questo incontro di mondi lontanissimi attraverso un «sapiente equilibrio» (Goethe, ancora) di opposti, con precise variazioni di timbro, dinamica e colore: nerbo e morbidezza, intimismo e solennità, fendenti e ricami, rombi e sussurri, unisoni e dissonanze, il Romanticismo ottocentesco e le Avanguardie del primo Novecento, ecc.

Tutto ciò a costituire un sistema auto-sufficiente ed auto-significante nel quale la musica non è chiamata a rappresentare contenuti narrativi o tematici (in questo caso: la vicenda di Zorba, l’incontro fra Oriente e Occidente) ma, semplicemente e oggettivamente, a manifestarne la dinamica.

Da qualche secolo l’Estetica musicale si interroga sulla reale, oggettiva possibilità della musica di narrare un contenuto referenziale. Non ci addentreremo ora in questo terreno, tanto proteiforme quanto affascinante: ai fini del nostro piccolo discorso è sufficiente notare, crediamo, come il dato puramente sonoro sia stato il luogo di questo incontro fra opposti. Senza imitazioni e al di là di ogni supposto contenuto referenziale.

Sineddoche di ciò può forse essere il celeberrimo syrtaki finale: pura gioia del ritmo che aumenta (o meglio, accade) al di là (o meglio, prima) di ogni simbolo, significato, narrazione.

Una esperienza di ascolto ricchissima e, come si accennava, autoportante: che tende a contenere al proprio interno la moltitudine di elementi che la costituiscono.

 

Concerto Trekking – © Luca Concas

 

Di segno diametralmente opposto è stato il Concerto Trekking da noi esperito, assieme a qualche centinaio di ascoltatori-camminatori, due giorno dopo.

Il percorso, di circa sette chilometri, è stato puntellato da un susseguirsi di momenti spettacolari di diversissima origine e forma: dalle letture del poeta romagnolo Nevio Spadoni al duo «italo americano» composto dal percussionista Vince Vallicelli e dal chitarrista Don Antonio, dai racconti del marinaio e scrittore Fabio Fiori ai concerti di Marco Zanotti con Alejandro Oliva e del Trio “Al Caravèl”, tra dialetto romagnolo e percussioni etniche, fino ai suoni delicatissimi della m’bira e del canto di Stella Chiweshe, musicista dello Zimbabwe molto nota fra gli appassionati di world music la cui performance è più simile (nella forma e forse anche negli intenti) a un rituale propiziatorio che a un semplice concerto.

Il tutto arricchito dalla possibilità di assaggiare una serie di prelibatezze gastronomiche.

È esattamente in questo termine, «arricchito», l’essenza (e, a nostro parere, il limite) di questo pur apprezzatissimo percorso.

 

Concerto Trekking – © Luca Concas

 

Senza entrare nel merito delle diverse performance, tutte eseguite con professionalità e competenza, viene da pensare a quale funzione esse dovessero avere: probabilmente, e legittimamente, quella di arricchire, appunto, una camminata «tra argini e capanni» in una domenica pomeriggio di inizio estate.

La domanda che sorge è duplice, e riguarda da un lato il tipo di rapporto che queste proposizioni performative hanno instaurato con il luogo in cui si sono svolte e dall’altro, più radicalmente, la necessità (o l’opportunità) di arricchire una esperienza di immersione nel paesaggio per renderla più efficace , giacché di questo con ogni probabilità si trattava (altrimenti le stesse performance avrebbero potuto essere proposte in qualunque sala da concerto o da spettacolo).

Sul primo punto: a noi è parso che la scelta sia stata almeno in parte guidata da principi di tipo decorativo, con il paesaggio trattato come sfondo, un po’ come avveniva con le scenografie dipinte nel teatro rinascimentale la cui funzione era quella al contempo di compiacere il guardante e di convogliare la sua attenzione sul dicitore che vi si poneva di fronte.

Sul secondo punto, per restare su un piano di concretezza: si è posta più attenzione ai musicisti e ai dicitori o al paesaggio che li avvolgeva? O più esattamente: i loro suoni e le loro parole erano finalizzate a stimolare nello spettatore una diversa percezione del luogo in cui si trovava?

 

Concerto Trekking – © Luca Concas

 

Da tempo gli studi più avanzati sulle performing arts si interrogano sulla possibilità di alcune proposizioni artistiche di produrre spaesamenti, anche piccoli, per cercare di cambiare il modo di guardare la realtà circostante (sia essa naturale, urbana, sociale, …) e quindi ciò che si vede in essa.

Per accorgersi della postura che si assume nel proprio rapporto con il mondo.

Per la possibilità di incontrarlo in quanto tale: senza arricchimenti, abbellimenti, migliorie.

Nessuna «realtà aumentata», dunque, ma occhi e orecchie ripuliti per percepire lo smisurato reale che ogni giorno, e spesso distrattamente, attraversiamo: «Happy new ears», direbbe John Cage.

Noi, grati per le esperienze e le domande che Ravenna Festival ci ha fatto e farà vivere e sorgere, ci prepariamo ai prossimi ascolti, incontri, visioni.

Per l’alto mare aperto.

 

MICHELE PASCARELLA

 

Zorba il greco, 7 giugno 2019 – Concerto Trekking, 9 giugno 2019 – info: ravennafestival.org

 

SOFFIANO VENTI DI ZOLA JAZZ&WINE

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Compie 20 anni il Zola Jazz&Wine, la tradizionale rassegna estiva promossa dal Comune di Zola Predosa sotto l’accurata direzione artistica di Egea, etichetta discografica jazz, e con la preziosa collaborazione delle cinque cantine vitivinicole presenti nel comune.

Per quattro weekend, dal 15 giugno al 6 luglio, la rassegna offrirà un’esperienza indimenticabile sulle colline del Pignoletto, tra i filari di un vitigno sempre più apprezzato a livello nazionale e internazionale. Il cartellone prevede tre concerti eseguiti da artisti di primo livello abbinati ad un pic-nic gourmet che porterà la firma dello chef stellato Marcello Leoni, fiore all’occhiello della ristorazione bolognese che, per l’occasione, collaborerà con la giovane realtà zolese, La Mandria burger bar. Anche le serate in cantina vedranno concerti di ricerca, mentre la proposta gastronomica sarà curata da Sardina – La Bottega di Mare, con finger food di pesce.

Sabato 15 giugno alle 19 si inizia nella storica azienda Vigneto delle Terre Rosse con il concerto dei Further Definition Combo in omaggio a Benny Carter, maestro del sax alto. Il secondo appuntamento è per sabato 22 giugno presso la vigna dell’Azienda Bortolotti con il Nico Gori Trio che proporrà rivisitazioni di alcuni dei più celebri standard del songbook americano e alcuni brani della tradizione jazzistica, lasciando libero spazio all’improvvisazione e all’interplay. Sabato 29 giugno sarà la cantina Manaresi a fare da sfondo al trio al femminile composto da Silvia Donati, Camilla Missio e Francesca Fattori. Venerdì 5 luglio i Bartoli-Landscape trio eseguiranno il nuovo lavoro discografico del contrabbassista Roberto Bartoli candidato a Miglior disco di jazz italiano del 2019 nell’aia dell’Azienda Gaggioli Vini. Chiuderà la rassegna, sabato 6 luglio, il concerto per chitarra e fisarmonica di Joe Pisto e Fausto Beccalossi presso la vigna dell’Azienda Lodi Corazza.

dal 15 giugno al 6 luglio, ZOLA JAZZ&WINE, Zola Predosa (Bo), cantine del territorio – Info e prenotazioni: IAT 336 8982707, zolajazzwine.it

AH MO’ CIÒ Ê MAH JONG!

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«Burdèl, va con’i tu amìg c’mè a’io da zughè a Magiò»: nei bagni del litorale ravennate il Mah Jong è un appuntamento fisso. Gerardo Lamattina racconta come, un giorno, trovandosi al mare con sua figlia, ha scoperto un gruppo di bambini abbandonati dai genitori presi dal gioco e ha cominciato a immaginare un film che raccontasse questa strana tradizione ludica di origine cinese.

«Mi ha incuriosito l’aspetto sociale» racconta il regista «perché è un gioco a quattro, dove si crea una relazione diretta tra i giocatori e nascono una serie di riti. Soprattutto mi intrigava l’ibridazione culturale tra la Cina e la Romagna».

Il Drago di Romagna unisce fiction e documentario: la storia della signora Luisa, appassionata di Mah Jong che sogna un giorno di poter andare in Cina, si intreccia liberamente con persone e personaggi che raccontano il bizzarro mondo del Magiò romagnolo, tra leggende e curiosità.

Una mancanza di netta distinzione che definisce anche il rapporto tra sogni e realtà. «Il sogno di Luisa diventa l’incubo della figlia e il sogno della figlia diventa l’incubo della madre. I sogni possono trasformarsi in incubi a seconda del punto di vista da cui si guardano».

Un ibrido che incontra l’interesse della POPCult, casa di produzione indipendente bolognese: «Dell’idea ci piaceva moltissimo questo carattere di localismo e allo stesso tempo questo ponte con la Cina» racconta la produttrice Giusi Santoro «In effetti, si tratta di uno dei temi principali della produzione ad oggi e si inserisce nel contesto sociale di questa via della seta che si sta sviluppando a livello nazionale e internazionale tra l’Italia e la Cina». Grazie alla vittoria del bando regionale il film può essere realizzato: le riprese avranno inizio quest’estate a Ravenna e dintorni e, grazie alla collaborazione della casa di produzione cinese nata a Milano, la Micromedia Communication Italy, il film sarà il primo ad uscire in Italia sottotitolato in cinese. A questo quadro manca solo un piccolo tassello: la possibilità di realizzare davvero il sogno «della» Luisa e di girare in Cina alcune scene, per la cui realizzazione si è avviata la campagna di crowdfunding. Allo stesso scopo, la produzione del film si accompagna a una serie di eventi che vedono come protagonisti il Mah Jong, la tradizione gastronomica dei cappelletti romagnoli e il karaoke.

Non resta dunque che attendere il Capodanno Cinese 2020 per vedere ultimato il progetto, mentre nel frattempo tutti in spiaggia a «zughè per fè un massum».

IL DRAGO DI ROMAGNA di Gerardo Lamattina  – Gli eventi si terranno il 16 giugno alle Serre dei Giardini Margherita (Bologna) e il 30 giugno all’Agriturismo La Valletta (Sant’Alberto, Ravenna). Info: facebook.com/ildragodiromagna, popcultdocs.com, e per il crowdfunding it.ulule.com/dragodiromagna

Torna il Festival della Fiaba dedicato agli adulti

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A partire da venerdì 14 fino a domenica 16 giugno torna a Modena l’ormai famoso Festival della Fiaba, l’unico evento nazionale dedicato a questa tematica e rivolto non tanto ai bambini quanto agli adulti, che si pone come obiettivo quello di celebrare il rito della narrazione e l’importanza dell’ascolto e dell’identificazione personale e collettiva. Il programma si compone di una serie di conferenze, narrazioni, spettatoli, perfomance e workshop incentrati principalmente sul tema di questa sesta edizione, la follia, declinata in tutti i suoi diversi aspetti e sfumature. Tutti gli eventi avranno luogo presso il circolo culturale Filatoio e in varie luoghi del  Quartiere adiacente al Museo casa Enzo Ferrari.

Agli incontri e alle conferenze prenderanno parte alcuni importanti protagonisti quali lo scrittore Mario Ferraguti, che parlerà della figura del lupo nelle fiabe, Ivonne Donegani, da anni, è impegnata nei percorsi di de-istituzionalizzazione, promozione della salute e inclusione sociale, e Nicola Bonazzi, drammaturgo e regista.

I luoghi che ospiteranno i diversi eventi del Festival sono tutto tranne che casuali, disegnando l’intenzione di creare un rapporto e un dialogo stretto tra lo spazio che fa da cornice e gli appuntamenti ospitati. In questa ottica, la camera 22 dell’hotel La Pace si configura come perfetta per ospitare la storia di Cappuccetto Rosso e lo spazio Progetto Lavoratorio per accogliere alcune conferenze. Numerose fiabe ed eventi si dislocheranno invece tra il Loom coworking di Laura Turrini, la Factory 107, il Ron Varadero, l’Atelier di Andrea Cappucci, lo spazio di Marco Brunetti, l’Officina di restauro di auto e moto d’epoca El Grippo e le botteghe di alcuni artigiani. Infine, anche il salone di un appartamento privato diventerà un luogo ideale dove poter ascoltare una fiaba inseriti all’interno di un contesto e di un’atmosfera casalinga.

Il pubblico, spostandosi da un luogo all’altro della manifestazione potrà assistere alla narrazione delle diverse fiabe della tradizione raccontate a voce semplice e in spazi dalla capienza limitata che cercano di ricostruire quell’atmosfera intima del focolare tipica della narrazione fiabesca. Accanto alla narrazione non mancherà lo spettacolo e la performance. Tra questi “Il Sapere perduto: un viaggio tra caduta, compimento e metamorfosi”: un percorso itinerante, ideato e diretto da Nicoletta Giberti, dedicato ai disegni di Gea Zoda – figlia dell’artista e incisora Andreina Bertelli e del pittore Italo Zoda – che per la prima volta mostra le sue opere al grande pubblico. Oltre alla particolare performance itinerante pensata per uno spettatore alla volta che avrà luogo nel giardino della cultura turca, numerosi saranno le performance pensate per il grande pubblico, come quella della narratrice Anna Tondelli dedicata a Barbablù e le fiabe della tradizione.

Come ad ogni evento, anche al Festival della Fiaba non può mancare un carattere enogatronomico tematico: alla Caffetteria del Filatoio sarà infatti servito l’assenzio, la bevanda offerta dalla fata verde ai poeti maledetti ispirati dalla perdita della ragione e dalla follia, mentre nel Giardino del circolo si potranno gustare diverse prelibatezze mentre si attende e si scambiano opinioni e suggestioni.

Dal 14 al 16 giugno, Festival della Fiaba, Modena – info: 340 3191825, www.festivaldellafiaba.com